2.1.6 (segue): Golden powers, principi comunitari e investimenti esteri: il tentativo (difficile) di realizzare uno strumento ultra-selettivo d
2.2 La Golden share in Europa: un’analisi comparata
2.2.1 Il modello britannico
Nel Regno Unito il governo laburista aveva, all‟indomani della seconda guerra mondiale, nazionalizzato una serie di importanti imprese, la maggior parte delle quali operanti nei settori c.d. Public Utilities. Ciò si verificò soprattutto nel periodo 1945 – 1951. Come riporta infatti un celebre studio sul tema condotto da Graveson e Thompson nel 1958(97), l‟area di gestione pubblica dell‟economia era, a quel tempo, articolata principalmente su due livelli: la gestione ordinaria delle imprese statali era affidata a società pubbliche, mentre ai Ministri spettava la fissazione dell‟indirizzo politico generale. Tale esperimento di controllo politico fu in realtà assai criticato e giudicato da qualcuno, si veda a tal proposito lo studio di Richardson e Dudley(98), per lo più fallimentare. Nel 1979 il governo di stampo conservatore guidato dal Primo Ministro Margaret Thacther dette vita ad un intenso programma di privatizzazione, enfatizzando largamente ciò che in parte era già stato fatto prima. Infatti il precedente governo laburista aveva realizzato un tentativo di cessione relativo ad una quota di British
Petroleum. La fase principale delle privatizzazioni ebbe però luogo in Gran Bretagna
successivamente, ovverosia nel 1984, anno in cui si realizzò la vendita di una partecipazione di maggioranza di British Telecom (51% delle azioni). Il procedimento di privatizzazione inglese, è importante ricordarlo, si è basato su un modello di società
dopo, pp. 65 e ss.; BONOMO F., (1997), Ancora sulla golden share, in Energia, 3, pp. 16 e ss.; DUMEZ H. e JEUNEMAIT RE A., (1996), Le privatizzazioni in Francia, in Stato e mercato, pp. 295 e ss.; CIRIELLO P., (1992), Nazionalizzazioni e privatizzazioni nelle esperienze italiana e francese , pp. 55 e ss.. Volendo invece volgere un‟attenzione più meticolosa al caso inglese si richiamano, inter alia, BARONE A., (1992),
Le privatizzazioni in Gran Bretagna, in Riv. Dir. Impresa, pp. 53 e ss.; BONOMO F., op. cit., pp. 14 e ss.; KAY J., Le privatizzazioni nel Regno Unito 1979 -1999, in GRASSINI F. A. (a cura di), op. cit., pp. 19 e ss.. Sulle privatizzazioni in Spagna si faccia riferimento invece a: DEL MAR BUST ILLO SAIZ M., (2006), Notas
sobre la privatizacion de empresas que realizan actividades de interes publico y sobre la “doctrina del le accion de oro, in Revista derecho mercantil, pp. 457 e ss.; RONCOSO REIGADA A., (1997), Privatizacion,
empresa publica y constitucion, pp. 34 e ss.; IDEM , La privatizacion en Espana. Fundamentos
constitucionales y comunitarios, pp. 208 e ss.; NIEVES DE LA SERNA BILBAO, Comentario a la
jurisprudencia del Tribunal de Justicia de la Comunidad Europea en relcion con las denominadas “acciones de oro”;las restricciones a las libertades de la libre circulacion de capitales y de establecimiento, in Revista espanola de Derecho Europeo, pp.529 e ss. Si propongono invece quali
riferimenti bibliografici per uno studio del fenomeno delle privatizzazioni in chiave extraeuropea e più in generale globale: AA.VV., (2000), International deregulation and privatization , Ardsley,pp.283 e ss; HEMMING R. E MANSOR A.M., (1988), Privatization and public enterprise, International Monetary Fund
– Occasional Paper. Si tenga poi come riferimento generale, la sintetica seppur completa opera di
FENUCCI T., op. cit., pp. 7-11
(97) GRAVESON e THOMPSON, (1958), Il problema giuridico della nazionalizzazione e delle imprese
pubbliche nel Regno Unito, pp. 1007 e ss..
(98) RICHARDSON J e DUDLEY G., (1996), Le privatizzazioni in Gran Bretagna, pp. 235 e ss.. Sempre sul tema delle privatizzazioni in Regno Unito si veda anche CNEL Documenti, (1997), Le privatizzazioni
ad azionariato diffuso, vale a dire un modello societario in cui il capitale è frazionato tra tanti piccoli azionisti(99). Di conseguenza lo strumento di maggior utilizzo per il collocamento delle società pubbliche sul mercato è stato rappresentato dalle O.P.V. (offerte pubbliche di vendita), anche se si sono pure registrati casi di vendita diretta per le imprese più piccole. L‟O.P.V. è stata ritenuta funzionale in Gran Bretagna, come segnalato dallo studio di diversi autori(100), per due diverse ragioni: da una parte l‟obiettivo di diffondere l‟azionariato popolare, dall‟altro il garantire la cessione delle partecipazioni pubbliche ad un prezzo di mercato. A queste va poi aggiunta una terza motivazione, vale a dire la funzionalità dell‟istituto dell‟O.P.V. alla privatizzazione di monopoli naturali. Infatti la trasformazione dei monopoli naturali in imprese private implica un semplice cambiamento nell‟assetto proprietario dell‟impresa ma non nella gestione della stessa, nel senso che il settore rimane gestito in maniera sostanzialmente monopolistica o tutto al più oligopolistica a causa delle barriere economiche, tecniche o regolamentari che impediscono l‟ingresso sul mercato di nuovi concorrenti. La golden
share consentiva così, in un tale ambito, la possibilità per lo Stato di esercitare poteri
speciali nelle assemblee delle società ritenute strategicamente più importanti. Tale azione, solitamente del valore nominale di una sterlina, era detta “d‟oro” in virtù del potenziamento dei diritti del suo possessore (lo Stato)(101) rispetto a quello degli altri soci detentori di azioni comuni. Tra le ragioni che avrebbero spinto il legislatore inglese ad adottare l‟istituto della golden share vi sarebbero: a) impedire scalate di soggetti stranieri, ovverosia evitare l‟assunzione da parte di società estere del controllo degli enti privatizzati (motivazione poi nella prassi scarsamente rilevata); b) consentire di subordinare i soggetti acquirenti a determinate condizioni (motivazione empiricamente più rilevabile); c) garantire la continuità nell‟erogazione dei servizi pubblici essenziali o prevenire il rischio di un eventuale fallimento(102). Da tener presente la natura da sempre transitoria dell‟istituto della golden share inglese, analogamente a quanto si è potuto rilevare pure in Francia fino al 1993(103). Dal punto di vista del profilo applicativo è possibile notare una sostanziale linea di equilibrio mantenuta dal governo inglese. La golden share è infatti stata tipicamente detenuta per periodi limitati e vi è
(99) Sul punto si vedano KAY J., op.cit., p. 25; BERNINI A.M., (1996), Intervento statale e privatizzazioni:
un panorama comparativo, p. 93; FENUCCI T., op. cit., p. 8 (nota 3) (100) Primo fra tutti si veda l‟opera di Kay J. ut. supra.
(101) GRAHAM V. C. e PROSSER T., (1988), Golden shares: industrial policy by stealth? , in Public Law, p. 414
(102 ) Sul punto si veda anche LUPO M., op. cit., pp. 22-23 e p. 34
(103) Da ricordare che il carattere di transitorietà nell‟esperienza francese cessa ufficialmente con l‟introduzione della legge 9 luglio 1993, n. 923.
stato fatto ricorso non tanto per ostacolare acquisizioni delle società privatizzate, quanto piuttosto per ottenere nelle fasi negoziali maggiori garanzie da parte del soggetto acquirente.
L‟esperienza applicativa ha consentito di far emergere diversi profili tipologici della stessa. Questa ha infatti potuto palesarsi, talora, come un potere “quiescente” nel senso di attribuzione allo special shareholder di un diritto di voto in più rispetto alla totalità delle azioni degli altri soci, oltre alla riserva del diritto di convocare l‟assemblea straordinaria in cui poter contare sulla maggioranza realizzata con il precedente criterio e proporvi le proprie risoluzioni (c.d. meccanismo della built in majority)(104); talaltra come “contenuti discriminatori a carattere esplicito”. Tra questi si possono menzionare: il diritto di veto incidente sulla gestione societaria; la facoltà di nomina di amministratori, il più delle volte senza diritto di voto; il potere di opposizione verso l‟assunzione di partecipazioni di controllo e limiti alla partecipazione di investitori esteri. In questo senso, come brillantemente evincibile dagli statuti di British Telecom,
British Steel e dagli Enti gestori dell‟acqua potabile o produttori di elettricità (come National Power o PowerGen), si è previsto ad esempio la limitazione al possesso di
pacchetti azionari (notifica della detenzione di pacchetti azionari maggiori del 5% del totale e la dismissione delle azioni eccedenti il 15% delle azioni con diritto di voto), con conseguente previsione che gli amministratori della società possano, nel momento in cui si rilevi il superamento di tale limite, ottenere dall‟interessato (qualificato in virtù della sua partecipazione come “relevant person”), ad esito di una procedura in contraddittorio che comporta la sospensione dei diritti di voto, durante il suo svolgimento, la cessazione coattiva delle azioni fino al raggiungimento di una soglia massima stabilita dallo statuto. A tal proposito è da osservarsi una particolare attenzione della legislazione inglese più sulla regolazione dei settori privatizzati che sulla disciplina dei poteri speciali riservati all‟azionista pubblico. Ciò si è verificato soprattutto per il fatto che le stesse norme statutarie hanno rinviato non di rado ai medesimi provvedimenti settoriali rispetto ai quali il legislatore si è posto di disciplinare specifici comparti produttivi con lo scopo di aprirli all‟investimento privato e a dinamiche di tipo concorrenziale. Pertanto le sole previsioni rilevanti in materia di golden share si sono limitate, di norma, ad abilitare l‟autorità ministeriale competente, di concerto con il Tesoro, a procedere all‟acquisto di azioni di imprese privatizzate entro una determinata soglia (target investement limit), ad
(104) Si vedano a questo proposito i casi delle privatizzazioni delle società pubbliche BRITOIL e ENTERPRISE OIL nel 1982 e 1984.
esercitare i diritti dell‟azionista anche a mezzo di delegati, e per finire a prescrivere il consenso del Tesoro relativamente alle attività di gestione delle azioni di proprietà pubblica(105). Come si è visto prima, diversi sono stati i fenotipi applicativi della golden
share britannica, in ogni caso le pur variegate forme con cui si è manifestato in concreto
il suo esercizio non debbono impedirci di ricondurci ad un “noumeno” di tale istituto individuabile attraverso l‟analisi delle invarianti storiche di alcuni aspetti. Tra questi possiamo ricordare il fatto che la c.d. “one pound one share” sia: a) un‟azione, come tale regolata dal diritto comune; b) “speciale” ovverosia si distinguerebbe da tutti gli altri titoli azionari per il fatto di attribuire poteri speciali; c) riscattabile; d) del valore nominale di una sterlina e attribuibile alla Corona per interposto Ministro o suo delegato. Per quanto invece concerne l‟aspetto temporale possiamo affermare che il più delle volte “l‟azione d‟oro” inglese ha mantenuto un carattere di transitorietà (in particolare il limite temporale, di norma quinquennale, entro il quale possono essere esercitati i poteri pubblici nelle società privatizzate è genericamente riferita alla fase di transizione dalla proprietà pubblica a quella privata), sebbene non siano mancate situazioni di eccezione nelle quali, in relazione al valore strategico di determinate imprese (e.g. Rolls Royce, Jaguar, British Telecom, British Aerospace), è stata riconosciuta una durata illimitata dell‟azione sociale.