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L’elaborazione dell’illecito comunitario alla luce delle conquiste della giurisprudenza nazionale sulla

III. L’ELABORAZIONE DI UN MODELLO AUTONOMO DI “INVALIDITÀ COMUNITARIA”

2. L’individuazione di un modello plausibile ed unitario di responsabilità per violazione del diritto

2.1 L’elaborazione dell’illecito comunitario alla luce delle conquiste della giurisprudenza nazionale sulla

L’inquadramento dell’ “illecito comunitario” da parte degli organi amministrativi appare in linea con la tesi dominante che riconduce normalmente nel paradigma aquiliano anche la responsabilità della pubblica amministrazione per violazione di norme di diritto interno.

Tale analogia può essere del resto letta come ulteriore, indiretta conferma dell’integrazione dell’ordinamento comunitario e nazionale, con piena assimilazione delle rispettive fonti normative, anche alla luce dell’art. 1, l. n. 241/1990.

Come rilevato già diversi anni fa dalla giurisprudenza di legittimità, il sistema di responsabilità extracontrattuale appare il più idoneo ad esprime il rapporto fra potere autoritativo e cittadini.

286

Cfr. Calzolaio E., op. cit., p. 30 ss., secondo cui “l’opportunità, ma si dovrebbe dire, la necessità di un approccio

comparatistico si coglie già a questo primo livello, giacché si tratta, precisamente di ricostruire la stessa vicenda comunitaria in una prospettiva comunitaria”; peraltro, in tema di rapporti fra ordinamenti “la stessa Corte Costituzionale ha riconosciuto in maniera costante che l’esame della cosiddetta questione di compatibilità comunitaria precede l’esame di costituzionalità sotto un profilo logico prima che giuridico, investendo la stesa applicabilità della disposizione incriminata”.

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È sintomatico di questo “abbraccio mortale” fra diritto comunitario e nazionale lo stesso modo in cui si realizza il primato del primo sul secondo: la specificità della prevalenza del diritto comunitario sul diritto nazionale rispetto ai

rapporti classici fra diritto internazionale e diritto interno appare altresì chiaramente: l’affermazione del “primato internazionale” è completato dalla comunitarizzazione del primato interno, cioè attraverso l’inquadramento comunitario del ruolo del giudice interno, chiamato a svolgere una funzione di “giudice comunitario del diritto

Come rilevato da Cass.Civ., sez. I, 10 gennaio 2003, n. 157 “il modello della responsabilità

aquiliana appare il più congeniale al principio di autorità, laddove la violazione del diritto soggettivo si verifica in presenza di un'attività materiale (comportamento senza potere dell'amministrazione) che abbia leso l'interesse al bene della vita di un qualsiasi soggetto, al di fuori di un rapporto. Ne è corollario l'irrisarcibilità dell'interesse legittimo, nella misura in cui la coincidenza dell'interesse privato con l'interesse pubblico è un mero accidente, che non infirma la preponderanza di questo su quello.”

La tesi della responsabilità extracontrattuale ha inoltre un carattere flessibile ed “aperto”, in virtù della clausola generale ex art. 2043 c.c., tale da dare voce alle istanze risarcitorie correlate alla violazione di tutte le posizioni soggettive meritevoli di tutela, tanto più all’indomani della caduta del dogma dell’irrisarcibilità del danno dal lesione di interessi legittimi (288).

L’ampiezza delle garanzie offerte dal modello aquiliano ha quindi il pregio di estendere a tutto campo l’esigenza del rispetto della legalità da parte della pubblica amministrazione, coprendo pericolosi vuoti di tutela.

È del resto il principio di legalità l’elemento cardine che in Italia ha spinto verso la ricostruzione di un complessivo sistema di responsabilità applicabile alla Pubblica amministrazione.

Peraltro, l’accoglimento di un modello univoco per qualificare la responsabilità della pubblica amministrazione non giunge al termine di un percorso semplice, ma ha visto contrapporsi dialetticamente diverse opinioni: solo di recente sembra registrarsi un certo assestamento sulla tesi extracontrattuale.

Una disamina comparativa delle possibili letture della “responsabilità” dell’amministrazione, anche alla luce delle varie elaborazioni pretorie, appare interessante specie in un momento storico in cui la responsabilità civile della pubblica amministrazione per certi aspetti tende a collocarsi su un piano di “specialità” rispetto alla responsabilità di diritto comune.

comune”: così Simon D., Les fondements de l’autonomie, Actes du Colloque de Bordeaux, in Droit international et droit communautaire, perspectives actuelles. 2000, 207 ss.

288

A favore del superamento del “granitico” orientamento della giurisprudenza di legittimità, la considerazione che precludere al cittadino un “giusto” ristoro in caso di lesione di interessi legittimi pone in stato di inevitabile inferiorità l'interesse legittimo rispetto al diritto soggettivo, in palese contrasto con il dettato costituzionale (particolarmente, con gli artt. 2,3,24,103,113 Cost. alla cui luce la tutela giuridica degli interessi legittimi deve avere lo stesso contenuto di quello garantito ai diritti soggettivi). Sull’equiparazione in giudizio fra le due posizioni soggettive, e sulla centralità della garanzia dell’interesse legittimo nel complessivo sistema di tutele dei privati verso i pubblici poteri, Scoca F.G.,

Riflessioni sui criteri di riparto delle giurisdizioni (ordinaria e amministrativa), in Dir. Proc. Amm., 1989, 2, 549 ss.;

Police A., La tutela del consumatore nel processo amministrativo, in Rivista giuridica quadrimestrale dei pubblici

La vivacità di questo dibattito è significativa anche nell’ottica di individuare un modello univoco di “illecito comunitario” della pubblica amministrazione, e più in generale nella comprensione dei rapporti fra diritto interno e diritto comunitario.

Ciò, sotto un duplice profilo.

In primo luogo, perché l’integrazione fra i diversi sistemi giuridici (comunitario e nazionale) fa sì che l’azione amministrativa si trovi costantemente “schiacciata” fra due distinti livelli di normazione, risentendo anche dei relativi rapporti: è come se questa, dimidiata fra disciplina nazionale e parametri comunitari in una data materia, fosse condizionata anche da eventuali vizi della norma interna rispetto alle fonti sovranazionali.

In secondo luogo, le categorie di diritto interno sono utili soprattutto perché, al di là della risposta sanzionatoria offerta, permettono di cogliere la relazione fra i privati ed un’autorità amministrativa chiamata a gestire il suo potere, spesso facendo uso di discipline di diritto comunitario (289).

Un sistema compiuto di responsabilità della pubblica amministrazione, anche a fronte della violazione del diritto comunitario, offrirebbe pertanto un ulteriore strumento di “tenuta” del primato del diritto comunitario e di effettività delle sue regole.

Una volta individuato un modello di riferimento con le sue precise regole, l’equiparazione della violazione del diritto nazionale a quello comunitario consentirebbe di rispondere all’illegittimità degli organi amministrativi anche nelle forme e nelle sedi proprie della giustizia amministrativa, senza timore di lasciare “scoperte” le istanza di tutela dei privati.

Non a caso, alla base dei vari modelli di responsabilità che mi accingo a ripercorrere, vi è proprio la considerazione primaria del soggetto privato e del suo modo di “dialogare”, più o meno garantito, rispetto all’autorità.

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