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Tra la seconda metà degli anni Sessanta e il decennio successivo il tema della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro fu oggetto di innumerevoli corsi sindacali di formazione, sia di quelli riservati ai quadri dirigenti, quanto di quelli rivolti a delegati di fabbrica, militanti di base e semplici lavoratori. Nel primo caso un ruolo fondamentale fu svolto dal Centro studi e formazione sindacale di Ariccia, istituito nel 1966154. Il Centro, finalizzato a consolidare

un’attività formativa avvenuta sino ad allora in maniera discontinua, nasceva in seguito all’esigenza di qualificare e selezionare la classe dirigente sindacale155. Nel secondo caso il

riferimento è principalmente all’introduzione dei corsi 150 ore, ratificata per la prima volta dal contratto dei metalmeccanici del ‘73, in virtù del quale i lavoratori ottennero un monte-ore retribuito annuo ad uso scolastico e culturale156.

Ad Ariccia il primo incontro in materia di salute e ambiente di lavoro si tenne nel settembre 1969 e inaugurò una fitta serie di corsi sulla prevenzione del rischio industriale. La già citata dispensa L’ambiente di lavoro costituiva un testo di riferimento, ed era indicata come lettura preliminare all’inizio dei corso stesso. Le lezioni avevano carattere seminariale e vertevano sia sulla discussione di documenti confederali in materia sanitaria, quanto sull’analisi di vertenze significative, elevate in quella sede a modello contrattuale157. Il fine

dell’attività svolta ad Ariccia era di incentivare e qualificare l’offerta formativa sindacale, in vista di un’efficace gestione della capacità contrattuale ottenuta all’indomani dell’autunno caldo, in particolare attraverso l’introduzione dei delegati di fabbrica158. La progressiva

diversificazione dei campi di intervento del sindacato, dall’obiettivo di «contrattazione di tutti gli aspetti della condizione di lavoro», all’impegno per le riforme sociali, richiesero competenze specifiche sia a livello di quadri dirigenti, che di quadri intermedi. D’altra parte

154 Per una autonoma formazione dei quadri sindacali, in «Rassegna sindacale» n. 98 del 13 novembre 1966. Angelo Di Gioia fu nominato direttore del Centro, suoi collaboratori furono Isabella Milanese, Carlo Sazio e Claudio Pontacolone.

155 Tale esigenza emerse in particolar modo a partire dal Congresso di Bologna, che si svolse nel 1965: CGIL,

VI Congresso nazionale della CGIL, Bologna 31 marzo-5 aprile 1965, Roma, Editrice sindacale italiana,

1966.

156 Emblematica la copertina di «Inchiesta», luglio-agosto 1973, dove la notizia della conquista contrattuale delle 150 ore era accompagnata da un clavicembalo, a simboleggiare il diritto di scegliere liberamente come utilizzare le ore di diritto allo studio, finanche per imparare a suonare uno strumento musicale. Sull’esperienza delle 150 ore si veda: Pietro Causarano, "La scuola di noi operai". Formazione, libertà e

lavoro nell'esperienza delle 150 ore, in «Rivista di storia dell'educazione», n. 1, 2016, pp. 141-158; Id. Unire la classe, valorizzare la persona L’inquadramento unico operai-impiegati e le 150 ore per il diritto allo studio, in «Italia contemporanea», n. 278, 2015, pp. 224-246.

157 Corso ambiente 22-27 settembre 1969 in ACCGIL, Fondo: Centro studi e scuola sindacale di Ariccia, b. 22, f.138.

158 Mario Didò (a cura di), Per un sindacato nuovo: politica di promozione dei quadri e formazione sindacale, Roma, Visigalli-Pasetti arti grafiche, 1970.

l’attività svolta ad Ariccia andava al di là della quindicina di corsi nazionali svolti annualmente; la scuola mirava infatti ad essere un punto di riferimento per l’attività formativa svolta a livello locale. Quanti partecipavano ai corsi erano incoraggiati a diventare istruttori a loro volta presso Camere del Lavoro, aziende o sedi di categoria159. A questo fine facevano

parte dell’offerta formativa anche delle lezioni sulla didattica, volte a ribadire l’importanza di utilizzare linguaggi condivisi comprensibili da tutti gli ascoltatori e la necessità di elaborare un messaggio accessibile a tutti, senza tuttavia banalizzare i contenuti. Un estratto del materiale fornito durante i corsi recitava:

Quali sono gli elementi che permettono l'enucleazione di un problema e la sua corretta interpretazione? La comunicazione in se stessa e il linguaggio usato […] poiché ogni esperienza possa essere catalogata e messa a confronto con altre, il messaggio deve fruire di una standardizzazione del linguaggio, tenuta in certi limiti e senza sminuire l'affettività né la carica emotiva di cui trasmette o riceve.160

Come allora sottolineato da Angelo Di Gioia e Claudio Pontacolone, principali responsabili della scuola di Ariccia, quello dell’ambiente di lavoro fu uno dei temi più ricorrenti all’interno del diversificato ventaglio di argomenti affrontati. In un ampio articolo comparso nel 1972 su «Quaderni di Rassegna sindacale», volto a tessere un primo bilancio dell’attività svolta, i due elogiarono a più riprese l’efficacia didattica dei seminari sull’ambiente di lavoro rispetto a quella degli altri corsi svolti161. Tale efficacia venne

attribuita in particolar modo al rigore espressivo e al «linguaggio visualizzato» tipico della dispensa su L’ambiente di lavoro, che rappresentava in tal senso un’eccezione rispetto alla manualistica sindacale tradizionale162. A Di Gioia e Pantacolone non sembrò quindi azzardato

ipotizzare che l’attività formativa avesse avuto una funzione «anticipatrice e propulsiva» rispetto allo sviluppo dell’azione sindacale in materia di prevenzione della nocività industriale163.

In alcuni casi gli istruttori delle lezioni furono gli stessi Ivar Oddone e Gastone Marri. Molta attenzione fu dedicata alla discussione delle conquiste contrattuali in materia di

159 Ivi

160 Programma del corso sindacale sull’ambiente di lavoro, del 9-19 dicembre 1971, in ACCGIL, fondo Centro studi e scuola sindacale di Ariccia, b. 31.

161 Angelo Di Gioia, Claudio Pantacolone, La scuola di Ariccia negli anni ‘60, in «Quaderni di Rassegna sindacale», n. 37, luglio-agosto 1972, pp. 95-113.

162 A partire dal 1967 all’interno della «Collana di formazione sindacale», vennero pubblicate, oltre al manuale

L’ambiente di lavoro, una serie di dispense dedicate rispettivamente ai temi dell’organizzazione del lavoro,

della contrattazione di tempi e cottimi, e della programmazione economica. Claudio Pontacolone, Angelo Di Gioia, L’organizzazione del lavoro nelle imprese: organici e orari, Roma, Editrice sindacale italiana, 1967; Id. , Tempi e cottimi, Roma, Editrice Sindacale Italiana, 1967; Angelo Di Gioia(a cura di), Nozioni di

economia, Roma, Editrice sindacale italiana, 1968

ambiente di lavoro, all’illustrazione delle modalità di funzionamento di registri sanitari e libretti individuali, all’analisi dei principali fattori di rischio esistenti nei diversi settori produttivi. Fu inoltre presentata l’attività svolta dal Crd ed incoraggiata la nascita di centri di documentazione a livello locale164. A questo si aggiunga che Oddone fu promotore di

un’intensa attività formativa anche all’interno della realtà della Commissione medica torinese, e che Gastone Marri vestì per lungo tempo i panni di istruttore presso la scuola di formazione dell’Inca, della quale fu direttore a partire dagli anni Sessanta165.

Il tema della salute occupò un posto di primo piano anche all’interno dei corsi delle «150 ore per il diritto allo studio», che erano organizzati a livello territoriale a partire dalle istanze espresse dai rappresentanti di fabbrica o per iniziativa delle sedi locali del sindacato. In molti casi le ore di diritto allo studio furono finalizzate a diffondere conoscenze riguardo i fattori di rischio esistenti nei processi di produzione, rappresentando il punto di partenza per indagini sanitarie e ambientali da svolgere all’interno degli stabilimenti166. La strategia rivendicativa

formalizzata dalla dispensa di Marri e Oddone costituì spesso un punto di riferimento a livello teorico, subendo variazioni e riadattamenti da una realtà all’altra, a seconda dei differenti contesti produttivi e delle diverse culture politiche e sindacali167. È interessante notare come

l’immagine «dell’omino» introdotta dalla dispensa fu assunta a simbolo delle mobilitazioni in tema tutela degli ambienti di lavoro, riprodotta dai singoli stabilimenti all’interno di volantini, ciclostilati e materiali informativi distribuiti nel corso delle vertenze in materia di prevenzione del rischio industriale168. Questo non esclude che siano esistite esperienze peculiari in materia

di tutela della salute, che seguirono traiettorie innovative rispetto alla strategia rivendicativa formalizzata dalla dispensa. Il caso più significativo coincise con la rivendicazione di una specificità femminile rispetto alle conseguenze sanitarie dell'inquinamento industriale, rivendicata dai Coordinamenti femminili sindacali emersi in Italia nel biennio 1974-1975. Benché l'esistenza di una questione di genere sia stata imposta ai principali sindacati nazionali dall'indomani del secondo dopoguerra, nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta le

164 Programma del corso sindacale sull’ambiente di lavoro, del 9-19 dicembre 1971, in ACCGIL, fondo Centro studi e scuola sindacale di Ariccia, b. 31.

165 G. Marri, Per il recupero della documentazione delle lotte sulla salute lavorativa, cit. e Pietro Causarano, Franco Carnevale, La salute non si vende (e neppure si regala), in P. Causarano, P. Giovannini, L. Falossi, Il

1969 e dintorni, op. cit.

166 Pietro Causarano, «Il mal che nuoce alla società di noi lavoratori». Il movimento dei delegati di fabbrica, la

linea sindacale sulla prevenzione, e i corsi 150 ore nell’Italia degli anni Settanta, in «Giornale di Storia

contemporanea», n. 2/2016, pp. 61-86. Sulla specificità delle 150 ore femminili si veda anche: Anna Frisone,

Quando le lavoratrici si ripresero la cultura: femminismo sindacale e corsi 150 ore delle donne a Reggio Emilia, Bologna, Socialmente, 2014

167 Pietro Causarano, «Il mal che nuoce alla società di noi lavoratori», cit. 168 Si vedano le immagini n. 3, 4, 5, 6, 7, 8 riportate in appendice.

rivendicazioni specifiche per le donne lavoratrici riguardarono essenzialmente il diritto alla parità salariale169. A metà degli anni Settanta la nascita delle prime aggregazioni di donne nel

sindacato fu stimolata dal contestuale emergere del movimento neofemminista italiano. Quest'ultimo è stato così definito per evidenziare la discontinuità delle istanze da esso avanzate rispetto a quelle tipiche delle organizzazioni femminili attive nel corso dei decenni 1950 e 1960. Rispetto a queste ultime, che erano state animate da un ideale emancipazionista e tese verso il riconoscimento di uguali diritti per uomini e donne, il movimento neofemminista operò una forte rottura sia sul piano teorico che su quello delle pratiche messe in atto. Pur non volendo negare in questa sede la molteplicità e irriducibilità delle esperienze dei collettivi femministi nati nel corso della «stagione dei movimenti», è possibile individuare come elementi comuni e caratteri distintivi del femminismo degli anni Settanta la critica verso gli attori istituzionali esistenti e il forte accento posto sulla «differenza» delle donne rispetto agli uomini, nonché sull'esistenza di una specificità femminile. In quel contesto l'attenzione verso il mondo del lavoro fu declinata soprattutto nei termini della richiesta di riconoscimento sociale ed economico del lavoro domestico, del quale era rivendicata la centralità all'interno delle società industriale170.

Fu in seguito alla «contaminazione» tra neofemminismo e pratica sindacale che nacquero i primi Coordinamenti femminili sindacali, tra cui il Coordinamento delle donne costituitosi all'interno della Flm fu uno degli esempi più significativi. Si è parlato pertanto di «femminismo sindacale» per descrivere l'attività di femministe sindacaliste che, al pari del neofemminismo, si caratterizzarono nel corso degli anni Settanta per l'accento posto sulla diversità della condizione lavorativa femminile rispetto a quella maschile, inerente la differenza tra il corpo della donna e quello dell'uomo, nonché la specificità del ruolo della donna nella società171.

Benché la vicenda del femminismo sindacale costituisca un aspetto della storia del lavoro e dei movimenti ancora in gran parte da esplorare, è significativo notare come tanto la opere storiografiche esistenti quanto la memorialistica siano concordi nell'individuare nella

169 Maria Luisa Righi, L'azione delle donne nella Cgil: 1944-1980 in Lucia Motti (a cura di), Donne nella

CGIL: una storia lunga un secolo. Cento anni di lotte per la dignità, i diritti e la libertà femminile , Roma,

Ediesse, 2006.

170 Marica Tolomelli, L’Italia dei movimenti. Politica e società nella prima repubblica, Roma, Carocci, 2015, pp. 152-183.

171 Quello del «femminismo sindacale» è un aspetto della storia sindacale e del lavoro assai poco studiato. Sul questo tema si veda: Giovanna Cereseto, Anna Frisone, Simona Varlese, Non è un gioco da ragazze.

Femminismo e sindacato: i coordinamenti donne Flm, Roma, Ediesse, 2009. Si segnali altresì che queste

tematiche sono oggetto della tesi di dottorato di Anna Frisone, il cui progetto di ricerca è visionabile al seguente link: http://bit.ly/2zZ2q9r, ultimo accesso il 30/09/2017.

questione della tutela della salute una delle tematiche qualificanti dell'attività svolta dai Coordinamenti femminili sindacali negli anni Settanta. In un saggio del 1979 curato da Flora Bocchio e Antonia Torchi, dedicato a ripercorrere i temi e le traiettorie che sino ad allora avevano caratterizzato il percorso del femminismo sindacale, si notava come:

sul tema della salute della donna si è centrata una parte importante del lavoro teorico e pratico dei gruppi femministi dentro il sindacato. Ciò per una ragione dichiarata: è questo un terreno di congiunzione agevole tra le tematiche femministe e sindacali […] L'ambiente di lavoro presentava e presenta tali e tanti rischi per la salute della donna da offrire, intuitivamente, due possibilità: l'una di rintracciare, studiandolo, analizzandolo, delle idee per migliorarlo da porre successivamente nelle piattaforme aziendali; l'altra di offrire degli spunti concreti per ragionare su se stesse sulla propria salute, sulla propria sessualità172.

Sia Bocchio che Torchi furono protagoniste delle mobilitazioni per la tutela della salute delle donne e tra le principali organizzatrici, nel 1976, di un convegno svoltosi a Sesto San Giovanni e dedicato alla specificità della condizione femminile in fabbrica173. Negli stessi anni

Bocchio avrebbe notato come il discorso sulla peculiare e specifica relazione tra donna e ambiente di lavoro fosse maturato in seguito all'emergere del movimento neofemminista, mettendo in luce come la specificità della salute e dell'integrità psico-fisica femminile andasse individuata in un pluralità di fattori:

della divisione sociale dei ruoli far i sessi e quindi di tutto il problema del doppio lavoro; del particolare rapporto che la donna ha con il proprio corpo, con se stessa; di come siamo storicamente diverse, cioè noi donne174.

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