Nell’autunno del 1970 le tre confederazioni sindacali stilarono un documento congiunto, volto a enucleare le caratteristiche principali che avrebbe dovuto assumere il futuro Servizio sanitario nazionale. L’elemento principale della proposta di riforma coincideva con l’istituzione delle Unità Sanitarie Locali presso ogni Comune o consorzio di Comuni, volte a offrire servizi di medicina scolastica, ginecologia e medicina del lavoro. Altri aspetti fondamentali di tale documento programmatico erano la decentralizzazione di competenze
172 Flora Bocchio, Antonia Torchi, L’ acqua in gabbia. Voci di donne dentro il sindacato, Milano, La Salamandra, 1979.
173 Federazione provinciale CGIL-CISL-UIL (Milano) (a cura di), Per la salute delle lavoratrici, Milano, Mazzotta, 1976.
174 Luciana Percovich, La coscienza nel corpo. Donne, salute e medicina negli anni Settanta, Milano, FrancoAngeli, 2005, p. 216.
sanitarie a livello regionale, l’istituzione di un fondo nazionale per le spese sanitarie, e il controllo statale sui prezzi dei farmaci175. Il lungo e mai compiuto processo di unità sindacale,
intrapreso a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta, trovò nelle vertenze per le riforme sociali uno dei principali momenti di coesione. Ebbe allora inizio la cosiddetta fase di «supplenza sindacale», durante la quale le tre confederazioni nazionali si fecero interlocutrici dell’esecutivo per l’elaborazione – oltre che della legge sanitaria – di nuove norme in ambito di trasporti, fisco ed edilizia176. Per dirla con le parole di Bruno Trenitn, prevaleva una forma
di «progettualità capace di esprimersi anche in nuove forme autonome di organizzazione e di rappresentanza dei lavoratori, nell’impresa e nel territorio, che rifiutava di rimandare le sperimentazioni di forme possibili di mutamento dei rapporti di potere nei luoghi di lavoro al momento dell’occupazione dello Stato da parte del partito, autoelettosi a ruolo di guida»177.
Nel caso della riforma sanitaria i principali interlocutori dei sindacati furono il ministro della sanità Luigi Mariotti e il ministro del lavoro, Carlo Donat Cattin, rimasti in carica nel passaggio dall’esecutivo guidato da Rumor, conclusosi nell’estate 1970, a quello di Emilio Colombo, durato sino alla primavera del 1972. Eletto tra le fila del partito socialista, già ministro della sanità dal ‘66 al ‘68, Mariotti fu tra i principali artefici della legge istitutiva degli enti ospedalieri, che nel 1968 aveva sancito il passaggio del potere sugli ospedali dal ministro degli Interni a quello della Sanità, nonché l’avvio di una programmazione ospedaliera a cura delle istituende regioni178. Donat-Cattin era un’esponente della corrente
Forze Nuove della Democrazia Cristiana, protagonista nel 1970 dell’approvazione dello Statuto dei Lavoratori, con il quale portava a compimento il progetto di legge preparato dal suo predecessore, il socialista Brodolini179. All’indomani dell’autunno caldo l’elaborazione
della riforma sanitaria, rimandata nel corso dell’esperienza governativa di centro sinistra, tornò ad essere un tema all’ordine del giorno. La sua attuazione venne dichiarata prioritaria
175 La CGIL dal VI al VII Congresso. Atti e documenti CGIL e documenti unitari, Roma, Editrice sindacale Italia, 1973. pp. 420-426.
176 Fabrizio Loreto, L’unità sindacale (1968-1972). Culture organizzative e rivendicative a confronto, Roma, Ediesse, 2009, pp. 135-137.
177 Bruno Trentin, Guido Liguori, Autunno caldo. Il secondo biennio rosso 1968-1969, Roma, Editori riuniti, 1999, p. 23. Per una posizione critica rispetto a tale progetto riformista si veda Vittorio Foa, Il cavallo e la
torre: riflessioni su una vita, Torino, Einaudi, 1991, pp. 289-312.
178 Sull’istituzione dell’ente regionale si veda: Paul Ginsborg, Storia d’Italia 1943-1996: famiglia, società,
Stato, Torino, Einaudi, 1998. Per un bilancio critico delle legge Mariotti; Giorgio Cosmacini, Storia della medicina e della sanità nell’Italia contemporanea, Roma, Laterza, 1994, pp. 247-265.
179 Aldo Marchetti, L’autunno del ‘69 e il ruolo del ministro Donat Cattin, in «Parolechiave», n.18, 1998, pp. 67-92.
dal governo Colombo, che si impegnò a portare a termine la nuova legge entro la primavera del 1971180.
Nel biennio 1970-1971 gli incontri tra governo e sindacati in materia di elaborazione del futuro Servizio sanitario pubblico furono innumerevoli, sostenuti da scioperi e mobilitazioni sociali181. Uno dei principali elementi di disaccordo concerneva lo statuto giuridico delle Usl,
e le funzioni che le stesse avrebbero dovuto svolgere a livello territoriale. Nelle intenzioni del governo le Usl sarebbero state introdotte come servizi regionali, mentre secondo il sindacato avrebbero dovuto assumere la forma di enti locali, ed essere un’articolazione del Servizio sanitario nazionale, includendo al loro interno i neonati enti ospedalieri. I sindacati inoltre pensavano a Unità sanitarie locali investite di funzioni preventive, incaricate di svolgere indagini epidemiologiche e ambientali all’interno e all’esterno dei luoghi di lavoro, al fine di garantire la prevenzione della salute attraverso il controllo dell’ambiente. Tali Usl sarebbero inoltre state dotate di un comitato consultivo eletto da lavoratori e cittadini, con poteri di iniziativa in materia di programmazione sanitaria, al fine di garantire la democraticità degli enti stessi. Entrambe le proposte erano osteggiate dall’esecutivo, che per il nascituro servizio sanitario pubblico prefigurava una netta distinzione tra competenze sanitarie e tutela ambientale182.
Le tre confederazioni non furono tuttavia disponibili al compromesso. Nel corso del biennio consolidarono le loro posizioni attraverso una fitta serie di convegni, seminari e incontri, svolti su scala locale e nazionale183. Lo slogan «la tutela della salute dalla fabbrica al
territorio» divenne allora la principale indicazione di una linea rivendicativa che tesseva un filo di continuità tra la prevenzione del rischio all’interno delle fabbriche e la tutela della salute dei cittadini al loro esterno184. Rispetto alla linea sindacale formalizzata da Marri e
Oddone nel '67 si effettuava pertanto un passaggio ulteriore: dalla centralità del lavoro
180 I contrasti sulla riforma sanitaria, in «La Stampa», 6 settembre 1970. Sul lungo e tortuoso processo di elaborazione della riforma sanitaria nel corso dell’Itala repubblicana si veda G. Cosmacini, Storia della
medicina e della sanità nell’Italia contemporanea, op. cit. e in particolare pp. 260-266.
181 S. Turone, Storia del sindacato in Italia, op. cit, pp. 417-423
182 Incontri Governo-Sindacati, 22-27 gennaio 1971, in ACLT, fondo Clcn, D1527. Si veda anche: Ufficio Segreteria, Circolare del 29 gennaio 1971, in ACCGIL, fondo: Segreteria. Atti e corrispondenza, palchetto 3A15, b. 21
183 Tra le pubblicazioni più importanti: Federazione provinciale CGIL-CISL-UIL (a cura di), Ambiente di
lavoro. Convegno provinciale unitario Cgil-Cisl-Uil. Torino, 17 novembre 1970, Teatro Carignano, Roma,
Stasind, 1971; CGIL, UIL, CISL (a cura di), La riforma sanitaria che vogliamo. Contenuti e indirizzi del
nuovo assetto rivendicato da CGIL, CISL, UIL, Roma, Editrice sindacale italiana, 1971; La nocività nel lavoro. Atti del convegno CGIL sui centri contro la nocività. Modena, 19-20 luglio 1971 , Roma, Editrice
Sindacale Italiana, 1971; e il numero monografico: Ambiente di lavoro e riforma sanitaria, in «Quaderni di rassegna sindacale», n.28, gennaio-febbraio 1971
all’interno della fabbrica, alla centralità della fabbrica all’interno del territorio e della società. Era uno slittamento fondamentale, che si iscriveva nella trasformazione del sistema di relazioni industriali avvenuta in Italia alla fine degli anni Sessanta. Con l’inclusione di nuovi temi all’interno della tradizionale agenda rivendicativa sindacale – oltre alla salute: la casa, i trasporti, la sanità – lo Stato diveniva uno dei principali interlocutori dei sindacati185. In
materia sanitaria, «la scoperta del territorio» e la costruzione di alleanze tra fabbrica ed enti locali portò a istituire una continuità – almeno a livello teorico – tra tutela dell’ambiente di lavoro e tutela dell’ambiente naturale e delle sue risorse. In una tavola rotonda su Ambiente di
lavoro e riforma sanitaria svoltasi nel 1971, Sergio Garavini descrisse la preservazione
dell’integrità dell’ambiente esterno come diretta conseguenza della messa in sicurezza degli ambienti interni: «tutti adesso parlano dell’influenza dell’ambiente – ecologia è diventata una parla di moda. Però è fin troppo facile prendersela con l’inquinamento dei laghi e dei fiumi […] sono tutte cose a monte delle quali sta l’ambiente di lavoro, e se si parte da qui tutto diventa più concreto»186. Similmente, a metà del decennio Settanta – stilando un bilancio della
contrattazione aziendale in materia di nocività industriale effettuata sino ad allora – Gastone Marri sostenne come la difesa della salubrità dell’aria e dei corsi d’acqua situati in prossimità degli stabilimenti inquinanti dovesse essere parte integrante della collaborazione tra fabbriche ed enti locali. In quella sede vennero quindi citati ed eletti ad esempio virtuoso diversi accordi aziendali firmati negli anni precedenti, volti a introdurre sistemi di abbattimento delle emissioni atmosferiche, o depuratori delle acque di scarico187. Il nesso tra salute dei lavoratori
e salute ambientale veniva d’altra parte impostato in maniera aproblematica, privato delle contraddizioni tra la necessità di bonifica di territorio inquinati e conservazione dei posti di lavoro che avrebbe caratterizzato lo scontro tra sindacalismo ed ecologismo nel corso del decennio Ottanta188. A questo si aggiunga che la tutela della salute dei lavoratori non solo
rimaneva un obiettivo prioritario e sovraordinato rispetto a quella delle risorse, ma altresì che l’inclusione dell’ecologia tra le materie di competenza sindacale era avanzata solo in ristrette cerchie di addetti ai lavori, lungi dal rappresentare materia di dibattito in sede confederale.
185 Pietro Causarano, Paolo Giovannini, Luigi Falossi (a cura di), Il 1969 e dintorni. Analisi, riflessioni e giudizi
a quarant’anni dall’autunno caldo, Roma, Ediesse, 2010, e in particolare il saggio di Paolo Giovannini, «La
scoperta del territorio», pp. 153-160.
186 Dall’ambiente di lavoro al servizio sanitario nazionale, tavola rotonda con Pietro Boni, Sergio Garavini, Elio Giovannini, Gastone Marri, Rinaldo Scheda, Aldo Surdo, e Aldo Trespidi, in «Quaderni di rassegna sindacale», n.28, gennaio-febbraio 1971, pp. 3-45.
187 Gastone Marri, L’ ambiente di lavoro anni ’70, Roma, Editrice Sindacale Italiana, 1975
188 Simone Neri Serneri, Salvatore Adorno (a cura di), Industria, ambiente e territorio. Per una storia
Nel ‘72 la fine del governo Colombo, succeduto da un esecutivo guidato da Andreotti, e privato della partecipazione dei socialisti, segnò l’ennesimo rinvio dell’attuazione della riforma sanitaria. Nello stesso anno aveva luogo il già citato convegno unitario su «la tutela della salute nell’ambienti di lavoro», con sede a Rimini. I principali obiettivi programmatici individuati dalla mozione conclusiva, coincisero con l’eliminazione delle forme di nocività presenti nei luoghi di lavoro, lo sviluppo della tutela dell’ambiente anche al di fuori del settore industriale, l’istituzione di un centro di ricerca e documentazione sui rischi e danni da lavoro a livello confederale, nonché la promozione di centri di documentazione in materia di nocività industriale a livello locale189. L’attuazione della riforma sanitaria rimase una priorità, da
perseguire non tanto e non solo attraverso la partecipazione al dibattito parlamentare, ma soprattutto tramite la costruzione di alleanze a livello territoriale con enti locali, provincie e regioni, ai fini dell’istituzione di centri di medicina preventiva precursori delle Usl.
Comprendere se e in che modo le imprese e le istituzioni locali risposero alle istanze promosse dai lavoratori e dalle loro rappresentanze è uno degli interrogativi affrontati nei prossimi capitoli. In particolare attraverso i capitoli quarto, quinto e sesto, rispettivamente dedicati ai casi di studio di Torino, Milano e Marghera, si cercherà di mettere in luce quale fu la capacità dei differenti attori politici e sociali operanti in differenti contesti territoriali di tradurre in pratiche conflittuali la proposta teorica elaborata dai sindacati. Alcuni studi statistici dell'epoca, volti a indagare l'andamento della contrattazione articolata a livello nazionale, mostrano come tra i contratti aziendali firmati nel 1971 la voce «ambiente di lavoro» fu la terza in ordine di importanza dopo quelle dei «salari» e delle «qualifiche»190.
Nella maggior parte dei casi venne ratificata l'introduzione all'interno degli stabilimenti di registri di dati biostatistici e ambientali e libretti di rischio. Tale dato testimonia come la tematica sanitaria e preventiva abbia rappresentato un contenuto originale e qualificante delle mobilitazioni operaie tipiche del periodo, mostrando altresì come la dispensa L'ambiente di
lavoro sia stata un punto di riferimento nella pratica delle esperienze conflittuali.
L'approfondimento di alcuni casi di studio è d'altra parte fondamentale per comprendere in che modo i risultati contrattuali furono tradotti nell'introduzione di misure preventive e nell'effettuazione di modifiche impiantistiche, oltre che per mettere in luce quale fu la capacità del sindacato di spostare l'asse rivendicativo dalla fabbrica al territorio. Tali casi di studio sono d'altra parte preceduti dal capitolo terzo, dedicato a restituire la pluralità degli attori
189 CGIL-CISL-UIL, Fabbrica e salute, op.cit., pp. 633-639.
190 Eugenio Guidi (a cura di), La contrattazione integrativa aziendale e di gruppo nel 1971, Roma, SEUSI, 1972.
coinvolti nelle mobilitazioni per la tutela degli ambienti di lavoro, a partire dalla ricostruzione delle traiettorie compiute da alcuni medici e tecnici della salute allora impegnatisi per un rinnovamento in senso sociale e preventivo della teoria e della pratica medica.