Gli stabilimenti Fiat furono al centro dell’attività svolta dalla Commissione medica dalla seconda metà degli anni Sessanta. A partire dalla la V lega Fiom312, che aveva sede nel
quartiere Mirafiori, venne condotta una sistematica attività di inchiesta, volta all’elaborazione di una strategia preventiva sindacale che potesse essere valida per tutti i settori industriali. Benché la prima vertenza contrattuale in materia di prevenzione della nocività industriale avesse avuto luogo alla Farmitalia nel biennio ‘61-’62, negli anni successivi il settore produttivo di riferimento fu quello metalmeccanico. Le ragioni per cui si privilegiò l’intervento alla Fiat sono molteplici. Da una parte tale scelta si iscrisse nel processo di «autocritica» della Cgil, avviato all’indomani della sconfitta alle elezioni di Commissione interna Fiat del ‘56, già richiamato nel primo capitolo. Più in generale tali ragioni vanno individuare nel ruolo economico, culturale e simbolico esercitato dalla Fiat in Italia, e specificamente a Torino, nel secondo dopoguerra. A partire dagli anni Cinquanta la storica casa automobilistica aveva conosciuto una crescita imponente. Lo stabilimento di Mirafiori, che contava 16.000 operai e 2000 impiegati nel '53, arrivò a più di 52.000 occupati alla fine degli anni Sessanta. Nel 1960 il gruppo Fiat giunse a fatturare una quota pari al 3% dell'intero reddito nazionale. Una tale espansione – resa possibile dalla favorevole congiuntura economica nazionale e internazionale, e dagli aiuti del piano Marshall – era avvenuta sotto la direzione di Vittorio Valletta, alla guida del gruppo dal '46 al '66. Questi si era fatto promotore di un sistema di relazioni industriali fondato su una forte disciplina, una ferrea gerarchia interna e una buona dose di paternalismo313. Ai torinesi la Fiat non si presentava solo come
uno sbocco occupazionale per migliaia di famiglie, ma altresì come un’azienda capace di
312 A Torino la Fiom era suddivisa in sedi territoriali, chiamate leghe. Erano sette in tutto, ognuna situata all'interno di quartieri industriali. In particolare la V lega Fiom, che coincideva con il quartiere Mirafiori, fu più direttamente coinvolta nell'attività della Commissione.
313 Giuseppe Berta, Conflitto industriale e sistema d’impresa. L’esperienza della Fiat, Bologna, Il Mulino, 1998; Valerio Castronovo, FIAT. Una storia del capitalismo italiano, Milano, Rizzoli, 2005, p. 1016-1052.
garantire un’assistenza sociale e sanitaria ai suoi dipendenti, che potevano avere accesso ad alloggi a prezzi agevolati, colonie estive per i figli, visite mediche specialistiche. Un ex collaboratore di Oddone, raccontando oggi la realtà di allora, mi dice:
Uno adesso ci scherza sopra ma… io sono figlio di un operaio Fiat, sono vissuto in una casa della Fiat, sono andato all'asilo della Fiat, sono andato alle colonie della Fiat. Il servizio sanitario era della Fiat, ed era migliore di tutti quelli degli altri lavoratori della città. Le cure dentistiche la Fiat le garantiva a tutti. Per fare degli esempi. C'era un’egemonia della Fiat, oltre che a una forza economica grandissima314
L'intervento della Commissione medica a Mirafiori fu coordinato con la sede provinciale dell'Inca e con le leghe Fiom. Il primo obiettivo fu quello di svolgere indagini conoscitive per comprendere quali erano i fattori di nocività lamentati dai lavoratori e quali le difficoltà a tradurre le lamentele in azioni rivendicative. Venivano distribuiti questionari all'inizio di ogni turno, ritirati all'uscita, e organizzati sopralluoghi nei reparti con l'aiuto delle Commissioni interne315. Mirafiori allora comprendeva officine di carrozzeria, lavorazioni meccaniche, il
reparto presse, nonché le sezioni fucine e fonderia316. I principali fattori di rischio
riguardavano la concentrazione di sostanze nocive nell'aria, aggravata dall'elevata faticosità fisica e psichica delle mansioni. Venne allora denunciata la dispersione di elementi cancerogeni quali il cromo e il nichel in concomitanza dei trattamenti galvanici317, i vapori
nocivi respirati presso i reparti di verniciatura e l'elevata polverosità delle fonderie, dove un'ampia percentuale di lavoratori era affetta da silicosi. Malattia dei polmoni caratterizzata dall'inalazione di silicio – elemento presente sopratutto nei settori metallurgico, estrattivo e ceramico – la silicosi era una delle patologie più diffuse tra i lavoratori dell'industria, benché la sua eziologia fosse conosciuta sin dall'antichità318. Nel corso della prima metà degli anni
Sessanta la sua prevenzione fu in particolar modo l'oggetto dell'attività della Commissione, che arrivò a descrivere ambienti di lavoro caratterizzati da elevatissima polverosità, aggravata dalla fatica fisica, dall'assenza di forme di isolamento tra reparti più e meno nocivi, nonché
314 Intervista a Fulvio Perini, svolta a Torino il 20 luglio 2016.
315 Si ricorda che l'entrata negli stabilimenti era interdetta ai non dipendenti: Colloqui con i sindacalisti, 1964, in ACLT, Fondo CLCN, D94.
316 Giuseppe Berta, Mirafiori, Bologna, Il Mulino, 1998; Duccio Bigazzi, La grande fabbrica. Organizzazione
industriale e modello americano alla Fiat dal Lingotto a Mirafiori, Milano, Feltrinelli, 2000, pp. 89-100.
317 Reparti adibiti alla lavorazione dei metalli, portava alla diffusione nell'aria e nell'acqua di scarto di sostanze particolarmente nocive quali il cromo, nichel (entrambe cancerogene).
318 Per informazioni sul riconoscimento medico-legale della silicosi come malattia professionale, a livello internazionale, si veda Paul André Rosental: La silicose comme maladie professionnelle transnationale, in «Revue française des affaires sociales», n. 2/3, a. 2008, pp. 255-277, e il numero della rivista intitolato a:
Les maladies professionnelles: genèse d'une question sociale (XIXe-XXe s.), «Revue d’histoire moderne et
contemporaine», 2009/1 (n° 56-1). Sulla diffusione della silicosi al giorno d'oggi si vedano i dati riportati dal OMS in «Bulletin du Réseau mondial pour la santé au travail (GOHNET: Global Occupational Health Network)», n.12, a. 2007.
dall'insufficienza di adeguati strumenti di protezione individuale. Le maschere non filtravano le polveri più sottili, e spesso non erano utilizzate. A questo si aggiunga che le analisi ambientali erano effettuate in maniera asistematica e i dati ottenuti rimanevano appannaggio dell'azienda319.
La proposta sindacale ispirata ai criteri della prevenzione era volta a individuare nell’ambiente di lavoro le principali cause di malattia e infortunio e proponeva un approccio diametralmente opposto a quello avanzata dall’azienda, piuttosto teso a indicare tali cause nel cosiddetto «fattore umano», ovvero nella responsabilità del lavoratore e nella sua più o meno vigile osservanza delle norme di sicurezza. Esemplificativo a tale proposito è il «concorso antifortunistico» organizzato ogni anno dalla Fiat, volto a premiare i capi officina che si erano distinti per la più attenta osservanza delle disposizioni di sicurezza320. Oltre a questo la
direzione si premurava di affiggere nei reparti ritenuti più pericolosi dei manifesti che richiamavano l'attenzione sui rischi di infortunio. Si trattava di vignette dal tono umoristico, come quella di un operaio che leggendo con aria di sufficienza il cartello: «Mantieni puliti i pavimenti se vuoi evitare gli infortuni», versa per terra il contenuto di ciò che sta trasportando321.
Tra le principali rivendicazioni della Commissione vi era l'introduzione di limiti massimi per la presenza di silicio nell'aria, la possibilità di avere accesso ai dati sanitari e ambientali detenuti dall'azienda, e l'avvio di una campagna di informazione sui caratteri della malattia. Nella seconda metà degli anni Sessanta tali obiettivi furono coniugati con quello di rafforzare la presenza sindacale all'interno della Mutua aziendale (Malf) – organo diretto da un consiglio di amministrazione paritetico, formato da cinque sindacalisti e cinque membri di nomina aziendale322. A partire dal '63 la vicepresidenza Malf era spettata ad Aldo Surdo, membro della
Fiom ed esponente di spicco della Commissione medica. Questi promosse una riforma della mutua, a partire dalla richiesta che i dati sanitari in suo possesso – sino ad allora appannaggio dell'azienda – fossero messi a disposizione del sindacato al fine di condurre degli studi volti ad individuare il legame tra ambiente di lavoro e insorgere della malattia323.
319 Commissione medica, Attività di prevenzione silicosi, 30/09/1967, in ACLT, f. Clcn, D990. 320 Premiazione vincitori concorso antifotunistico, in «Illustrato Fiat», n.3, marzo 1969, pp. 4-5.
321 Per visionare alcuni dei manifesti: Concorso Antifortunistico Fiat. Per un sempre più vigile interesse ed
attenzione verso i problemi della sicurezza del lavoro, in «Illustrato Fiat», febbraio 1970, p. 9.
322 La mutua aziendale lavoratori Fiat, in «Illustrato Fiat», n.3, marzo 1955, p. 15. Si veda anche: Regolamento sanitario della Malf, Torino 1970, in Archivio Fiat, fondo Malf, b. 34.
Nel biennio ‘68-’69 la piattaforma rivendicativa per il rinnovo del contratto aziendale, stilata da tutte le correnti sindacali presenti in Commissione interna, includeva tra gli obiettivi principali quello di ottenere i dati sanitari posseduti dall’azienda. In particolare venivano richiesti dati aggiornati circa il numero e la frequenza di assenze per malattia e infortunio, suddivisi per specifici gruppi di lavorazione. Si domandava la durata di permanenza in ogni lavorazione dei singoli operai e i motivi di trasferimento interno nel caso delle lavorazioni più nocive, nonché i risultati delle misurazioni ambientali effettuate nei reparti324. Oltre a questo
rimaneva ferma la convinzione che solo attraverso l’attiva partecipazione dei lavoratori alle indagini sanitarie e ambientali avrebbe potuto essere garantita un’efficace messa in sicurezza degli ambienti di lavoro. In particolare, nel caso della Fiat Ferriere, la sistematica collaborazione tra tecnici esterni agli stabilimenti e operai impiegati nello stabilimento aveva portato a formulare specifiche richieste di messa in sicurezza degli impianti. L’aumento dello spazio di areazione attraverso l’ampliamento dei capannoni, l’installazione di aspiratori da collocare in vicinanza della volta dei forni, in modo da ridurre le dispersioni di polveri nell’aria, la richiesta di depuratori per i fumi emessi all’esterno, la meccanizzazione di alcune operazioni particolarmente faticose, erano tra le richieste principali325.
L’accordo aziendale firmato nel 1969 non recepì nessuna di queste proposte, limitandosi a registrare una dichiarazione di intenti da parte dell’azienda riguardo il trasferimento dei lavoratori dai reparti più nocivi dopo due anni di permanenza negli stessi326. In quegli anni la
Commissione medica individuò le principali debolezze dell’azione condotta sino ad allora, sia nella difficoltà ad ottenere ampio consenso da parte dei lavoratori, nonché nella fatica da parte dei rappresentati sindacali e della Commissione stessa a tradurre l’imponente mole di dati ottenuti dalle inchieste effettuate, in richieste puntuali e coerenti di fronte alla direzione. Per quanto concerne la Malf, nello stesso anno venne raggiunto un accordo separato tra sindacati e aziende volto a regolare il passaggio all’Inam delle prestazioni sanitarie sino ad allora effettuate dalla mutua aziendale. Tale accordo era conseguente sia a una sentenza della magistratura, che dichiarava illegittima l’esistenza della mutua Fiat, sia alla sostanziale perdita di interesse da parte della Fiat nella gestione della struttura. L’obiettivo dei sindacati, di fatto
324 Documento unitario Fim, Fiom, Uilm e Sida della Commissione Interna Mirafiori, presentato alle Organizzazioni sindacali nazionali per la trattativa sull’ambiente, gennaio 1969, in ACLT, f. Clcn, D1031. 325 Fiom, Piattaforma rivendicativa Ferriere, 1968-1969, in ACLT, f. Fiom, b. 582.
326 Si faceva riferimento in particolare algli addetti all’assemblaggio di scocche e agli addetti al reparto verniciatura: Accordo tra Fim-Cisl, Fiom-Cgil, Fismc, Sida, Uilm-Uil e l’Unione industriali di Torino, in rappresentanza della Spa Fiat, 26 giugno 1969, in Aclt, f. Fiom, b. 671.
ratificato dall’accordo del ‘69, fu quindi quello di garantire la conservazione di prestazioni sanitarie nel passaggio da un ente all’altro327.
Riguardo l’andamento della contrattazione aziendale del ‘69 è d'altra parte da segnalare l’accordo in materia di ambiente di lavoro che fu firmato presso lo stabilimento Mandelli di Collegno, azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di stampanti a freddo per lamiere. È qui importante riepilogare i principali punti di tale accordo – raggiunto anche grazie all'apertura della direzione nei confronti delle richieste avanzate dal sindacato – poiché esso venne di fatto eletto a «modello» della contrattazione aziendale sul tema di prevenzione del rischio nel corso degli anni successivi. Fu concordata l'introduzione di limiti massimi di concentrazione per le sostanze nocive, in particolar modo della silice, lo svolgimento di periodiche indagini ambientali e l'isolamento dei reparti più polverosi. Si ottennero inoltre periodiche visite mediche per i lavoratori e la messa a disposizione delle cartelle cliniche. Fu sancita l'introduzione dei registri di dati ambientali, che i lavoratori avrebbero dovuto compilare reparto per reparto, annotando le forme di nocività cui ritenevano di essere esposti e l'introduzione di libretti sanitari individuali per ogni lavoratore, sui quali gli stessi avrebbero dovuto registrare rispettivamente il trascorso lavorativo e quello sanitario328. All’indomani
dell’accordo l’attività del sindacato all’interno dello stabilimento portò alla ricostruzione analitica delle lavorazioni che si svolgevano in ogni reparto, a una meticolosa richiesta di modifiche impiantistiche e all'introduzione di mezzi di prevenzione individuale. Alla vigilia del 1970 le migliorie apportate dall’azienda riguardavano principalmente l’isolamento di lavorazioni nocive, mentre rimanevano inattuate numerose altre richieste quali l’ampliamento dei capannoni, l’installazione di impianti di depurazione, la messa a disposizione di maschere più efficienti. Il giudizio formulato degli organi di rappresentanza sindacali, e quello della commissione ambiente, erano tuttavia sostanzialmente positivi e per gli anni a venire si intravedevano ampi margini d’azione da parte dei lavoratori329.
327 In particolare la Fiat si impegnava a costituire un fondo aziendale volto a finanziare le spese di prestazioni sanitarie, non garantite dall’Inam, ma fino ad allora garantire dalla Malf : Diego Novelli (a cura di), Dossier
Fiat, Roma, Editori riuniti, 1970, pp. 257-258. Si veda anche: Il passaggio della Malf all’Inam, in «Illustrato
Fiat», n. 7, luglio 1969 .
328 Accordo tra la direzione delle acciaierie Mandelli e la Commissione Interna di fabbrica, dicembre 1968, in ACLT, fondo Fiom, busta 769, f.1
329 Convegno per l'applicazione dell'accordo sull'ambiente di lavoro alla Mandelli, Collegno 7-9 febbraio
1969, in ACLT, f. Fiom, b. 582; Mandelli, riunione commissione ambiente, 2/10/1969, in ACLT, f, Clcn,