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Modello sindacale e iniziativa regionale

Contestualmente alle piattaforme rivendicative aziendali e alle iniziative intraprese a livello locale volte a sollecitare l’intervento sanitario dei Comuni, i sindacati riuniti nella federazione Cgil-Cisl-Uil istituirono un tavolo di dialogo anche presso le amministrazioni provinciali e regionali, al fine di anticipare su territorio lombardo l’attuazione della tanto attesa quanto rimandata riforma sanitaria, che si voleva basata anche sulla formazione di servizi di medicina preventiva a livello decentrato. Si intendeva in particolare sollecitare l'intervento regionale in ambito sanitario, in virtù dei poteri di iniziativa in materia ad esso attribuiti all’indomani del 1970430.

Un primo importante momento di confronto avvenne nel giugno 1971, in occasione del «Convegno provinciale sul tema della salute dei lavoratori» a cui parteciparono rappresentanti sindacali, istituzionali e medici del lavoro431. A prendere la parola per parte sindacale fu

Saverio Nigretti, allora segretario generale dei poligrafici, e già membro della segreteria della Fiom milanese. All’interno di un ampio e articolato discorso questi mise in luce le carenze degli enti di prevenzione e sanitari allora esistenti, affermando la necessità di elaborare nuove leggi tali da stabilire le responsabilità penali dei datori di lavoro inadempienti in materia di salute e sicurezza e rafforzare i poteri di intervento degli enti ispettivi all’interno delle fabbriche. Nigretti si fece quindi sostenitore della «lotta per la salute dentro e fuori la fabbrica», da condurre attraverso la rivendicazione di migliori condizioni di lavoro, della riduzione inquinamenti industriali atmosferici e idrici, di ritmi di vita a misura d’uomo, di maggiori spazi di verde pubblico e altresì attraverso la richiesta di ulteriori servizi sociali quali asili nido e scuole a tempo pieno. Chiedeva allora con tono provocatorio: «Si dice che la

429 Verbale di delibera del Consiglio Comunale di Paderno Dugnano, 13 gennaio 1973, in Archivio della Camera Confederale del Lavoro (d'ora in poi: ACLM), classe 5.16.2, (Centro Sicurezza Lavoro e Nocività), f.32-1.

430 Francesco Taroni, Salute, sanità e regioni in un Servizio sanitario nazionale, in L’Italia e le sue regioni: l'età

repubblicana. Istituzioni, Roma, Treccani, 2015.

431 Federazione provinciale milanese CGIL CISL UIL (a cura di), La salute in fabbrica. Atti del Convegno

provinciale CGIL-CISL-UIL. Milano 14-15 giugno 1971, Roma, STASIND, 1971. Si veda anche AL, f.

Falck, a titolo di risarcimento danni versa alcuni milioni ogni anno a un contadino proprietario di una cascina che confina con un reparto dello stabilimento di Arcore che emana esalazioni nocive e mortali per il bestiame. Ma chi tutela la integrità fisica delle persone che vivono ancora in quella cascina o nelle adiacenze?». Veniva così affermato un ideale di salute che non coincideva solo con l’assenza di malattia, ma con la conservazione del benessere fisico e psichico del lavoratore e del cittadino.

Le proposte sindacali in merito all’istituzione dei Servizi di medicina degli ambienti di lavoro vennero più chiaramente strutturate nel corso dell’anno successivo, parallelamente all’emergere delle prime iniziative a livello aziendale e comunale. Nel 1972 la Federazione milanese Cgil-Cisl-Uil stilava un documento in cui domandava l’istituzione di servizi di medicina preventiva del lavoro, incaricati del controllo della salute dei lavoratori, nonché registri di dati sanitari e ambientali e libretti di rischio negli stabilimenti siti nell’area di competenza. Si domandava quindi l’assunzione al loro interno di un medico del lavoro, di uno psicologo, di tecnici competenti in materia di igiene industriale e di personale ausiliario432. La

composizione interdisciplinare dell’equipe pensata per gli Smal era conseguente a un’ideale di prevenzione da realizzare attraverso la modifica degli ambienti di vita e di lavoro. «La prevenzione si fa con l’impiantistica», scrisse in quegli anni Giulio Maccacaro a proposito delle coeve mobilitazioni contro la monetizzazione della salute che caratterizzavano le fabbriche del territorio433.

L’istituzione degli Smal, come abbiamo visto, avvenne inizialmente presso comuni e quartieri dell’hinterland milanese dove forti erani il radicamento sindacale e la sensibilità delle amministrazioni esistenti nei confronti delle politiche sociali e delle istanze provenienti dalla società. A partire dal 1973 la loro nascita fu ulteriormente favorita dall’iniziativa legislativa regionale in materia, e in particolare dall’approvazione nel dicembre 1972 della legge regionale volta a istituire i Consorzi Sanitari di Zona434. Tali Consorzi erano pensati

come enti anticipatori delle future Usl, parimenti volti a coordinare e stimolare le attività preventive a livello territoriale435. Essi avrebbero dovuto essere dotati di servizi di medicina

perinatale, dell’età scolare, psichiatrica e del lavoro. La regione si impegnava a stanziare 60 milioni di lire per l’anno ‘73 e a provvedere con appositi finanziamenti nel corso degli anni successivi. Nel testo di legge le organizzazioni sindacali erano esplicitamente riconosciute

432 CGIL-CISL-UIL Federazione provinciale di Milano, Salute e ambiente di lavoro. L’esperienza degli SMAL, Milano, Mazzotta, 1976.

433 Giulio A. Maccacaro, Per una medicina da rinnovare: scritti 1966-1976, Milano, Feltrinelli, 1979, p. 314 434 Legge Regionale Lombardia n. 37, 5 dicembre 1972.

come interlocutrici dei Consorzi nello svolgimento della loro attività, al pari di organizzazioni sociali ed enti sanitari presenti sul territorio. La legge era stata presentata per iniziativa dei consiglieri Renzo Thurner, Guido Vitale, Carlo Majno e Andrea Cavalli, eletti rispettivamente tra le fila del Psi, Dc, Pri, e Psdi, all’interno di un consiglio regionale guidato da una giunta di centro-sinistra. Dal ‘70 al ‘74 l’incarico di presidente della Lombardia fu di Pietro Bassetti, esponente della Dc che proveniva da una lunga esperienza come consigliere e assessore al bilancio del Comune di Milano, mentre la carica di assessore alla sanità per la regione Lombardia fu ricoperta per l’intero decennio da Vittorio Rivolta, appartenente alla corrente di sinistra della Dc. Il dibattito consiliare a cui il testo di legge per l’istituzione dei Consorzi sanitari fu sottoposto si perde nelle carte dell’archivio della regione, che è attualmente in fase di riordino. Attraverso la documentazione esistente è d’altra parte possibile ricostruire la posizione sostenuta dal Pci tanto nella fase di approvazione della legge quanto in quella successiva della sua attuazione. Esponente di spicco del Partito comunista lombardo e nazionale, in particolare attiva in favore della tutela della salute degli ambienti di vita e di lavoro, fu Laura Conti, consigliera regionale nel corso di tutto il decennio ‘70. Il principale obiettivo perseguito dagli emendamenti proposti da Conti e dal gruppo Pci alla prima versione del testo di legge era quello di rafforzare il potere dei Comuni nell’amministrazione degli istituendi Consorzi Sanitari. Conti si richiamava a tal proposito a un documento approvato nel febbraio 1971 dalle regioni in cui l’ente comunale era riconosciuto come principale responsabile della salute dei cittadini. In particolare i consiglieri regionali Pci chiedevano che i fondi stanziati dalla regione fossero direttamente assegnati alle amministrazioni comunali e non genericamente a «enti pubblici territoriali», come originariamente previsto nel progetto di legge. Non l’ospedale, non gli enti mutualistici, non i consorzi antitubercolari avrebbero dovuto amministrare tali finanziamenti, ma l’ente comunale, il cui operato era più direttamente controllabile dai cittadini, primi destinatari delle politiche preventive da mettere in atto436. Nella direzione di una maggiore democratizzazione della gestione dei Consorzi

sanitari andava anche la richiesta del Pci di modificare il testo di legge e ampliare il rifermento alle organizzazioni sindacali, specificando che le stesse avrebbero dovuto essere consultate per «l’elaborazione dei bilanci preventivi e dei piani di attività». Quest’ultima modifica non venne tuttavia recepita dalla versione finale della norma, mentre quella concernente il finanziamento diretto dei comuni divenne parte integrante del testo nella sua

436 Laura Conti, Il voto favorevole del gruppo comunista, in «Regione aperta. Notiziario a cura del gruppo comunista del consiglio regionale lombardo», nov-dic 1972, pp.15-19.

versione finale437. La stessa posizione fu difesa dal Pci nella fase di attuazione della legge

37/1972. In occasione di un convegno sui Comitati sanitari si zona organizzato nel ‘73, Conti ribadì a più riprese come i nuovi servizi di medicina preventiva avrebbero dovuto fare capo alle amministrazioni comunali e avere i sindacati tra i principali interlocutori.

All’indomani del ‘72 la giunta regionale precisò ulteriormente la sua politica sanitaria in materia di prevenzione delle patologie del lavoro, stabilendo funzioni, organici e metodologia di intervento che i Servizi di medicina per l’ambiente di lavoro avrebbero dovuto adottare. I principali compiti attribuiti a tali servizi erano la mappatura delle aziende presenti sul territorio, l'effettuazione di indagini sanitarie e ambientali, la consulenza a sindacati e aziende in materia di prevenzione del rischio. Di fatto venivano quindi recepiti i principi che sino ad allora avevano ispirato la nascita dei primi Smal dietro l’azione congiunta di sindacati e amministrazione comunali. Ugualmente riguardo la metodologia di intervento dei nuovi servizi di medicina del lavoro, in sede regionale venne riconosciuto la validità del modello sindacale, volto a «valorizzare il patrimonio di conoscenza di coloro che vivono quotidianamente la realtà di fabbrica», così da permettere «al personale dei Servizi preventivi di meglio programmare i successivi momenti di intervento»438. L’utilizzo di questionari,

l’organizzazione di incontri con lavoratori suddivisi in gruppi omogenei, erano pertanto indicati come le fasi preliminari di qualsiasi indagine clinica o ambientale. Negli stessi anni la regione promosse altresì l’istituzione di quattro laboratori di igiene industriale presso i laboratori provinciali di igiene e profilassi siti rispettivamente a Bergamo, Brescia, Milano e Varese. Tali provincie coincidevano con i territori maggiormente industrializzati, in cui si riteneva necessario garantire un intervento prioritario. Veniva infine istituita una Commissione tecnico consultiva in materia di medicina del lavoro, incaricata di elaborare linee guida riguardo le politiche di prevenzione di malattie e infortuni professionali, nonché di organizzare appositi corsi di formazione439. La Commissione era composta da rappresentanti

di nomina sindacale, membri di enti sanitari pubblici esistenti sul territorio e rappresentanti delle istituzioni440.

437 Emendamenti dei consiglieri Conti, Verona, Fumagalli, il 25 ottobre 1972, in Archivio storico della Regione Lombardia, deposito Vittuone, sezione leggi regionali, scatola 2 (la segnatura del documento è provvisoria, essendo l’archivio in fase di riordino).

438 Capodoglio, Moroni, Zedda, Metodologie delle indagini degli ambienti di lavoro, in AL, f. Camera del lavoro, cl. 5.16.2, ff. 35.1.

439 Giunta regione Lombardia, Indirizzi e provvedimenti per la promozione ed il potenziamento delle attività

preventive nel settore della patologia del lavoro 21/01/1974, in AL, f. Camera del lavoro, cl. 5.16.2, ff. 34.

Il punto in cui l’azione del sindacato incontrò la risposta istituzionale fu nell’ambizione al superamento degli enti mutualistici attraverso l’istituzione di un servizio sanitario nazionale pubblico e decentralizzato. Saltato il tavolo di trattativa in materia di riforma della sanità tra la federazione Cgil-Cisl-Uil e il governo Andreotti, che frenava il percorso intrapreso in tal senso dal suo predecessore Colombo, la regione era eletta a interlocutore privilegiato. Nel caso lombardo la rivendicazione di un uguale diritto alla salute per lavoratori e i cittadini, sollevata a partire dalle proteste sindacali e dalle mobilitazioni collettive del biennio ‘68-’69, veniva recepita dall’attività legislativa della regione. La legge istitutiva dei Consorzi sanitari d’altro canto ebbe il merito di incentivare la nascita degli Smal. Basti pensare che nel 1977 i servizi di medicina del lavoro arrivarono a 8 nel comune di Milano e 24 nella provincia441.

Significativo è in tal senso il caso di Vimercate, comune di circa 20.000 abitanti situato nell’area metropolitana di Milano. L’istituzione di un Servizio di medicina del lavoro fu sollecitata dai sindacati a più riprese nel corso del 1972 e recepita dall’amministrazione comunale – allora guidata dal sindaco democristiano Enzo Riva – solo nella prima metà del 1973, all’indomani quindi dell’iniziativa legislativa della regione442.

Da parte sua la Camera del Lavoro cercò di mantenere e consolidare il ruolo di supervisione e indirizzo dell’attività svolta dai nuovi servizi preventivi. In particolare il Centro di lotta contro la nocività, diretto da Roncaglione, si occupò di conservare i contatti con gli Smal esistenti sul territorio, organizzando periodici momenti di incontro attraverso i quali essere aggiornato sull’attività svolta presso gli stabilimenti e altresì delineare le linee guida di quella futura443. A questo tipo di iniziativa era affiancato l’impegno della Federazione

Cgil-Cisl-Uil all’interno della contrattazione aziendale, tesa in primo luogo a ottenere il riconoscimento del ruolo dello Smal da parte delle aziende, al fine di garantirne l’entrata negli stabilimenti su richiesta dei rappresentanti dei lavoratori444. Il passaggio dalla fabbrica al

territorio, una delle principali linee guida su cui si era cimentata la costituzione del sindacato unitario445, trovava quindi nella mobilitazione milanese contro la nocività industriale una

efficace realizzazione. Le richieste sollevate a partire dalla contrattazione articolata eccedevano le mura della fabbrica e individuavano nella costruzione di una nuova rete di servizi sanitari pubblici uno degli obiettivi principali. A favore dell’interazione verso l’esterno

441 Cdl di Milano, Censimento Smal esistenti a Milano, 1977, in AL, f. Camera del lavoro, cl. 5.2.2.21, f. 20. 442 Comune di Vimercate, Verbale di delibera del Consiglio Comunale, 3/4/1973, in AL, f. Camera del lavoro,

cl. 5.16.2, ff. 32.

443 Si veda l’intero fasciolo 8 in AL, f. Camera del lavoro, cl. 5.2.2.21.

444 Flm, L’ambiente di lavoro e lo Smal, febbraio 1974, in AL, f, Fiom, cl. 7.4, ff. 2645; Flm zona Desio, 10

anni di lotta dei lavoratori della Brianza, in f, Fiom, cl. 7.4, ff. 2645.

degli stabilimenti giocò allora la costituzione di Comitati unitari di zona (Cuz), coordinamenti territoriali da affiancare ai tradizionali organismi sindacali, volti a riunire i Consigli di fabbrica e le strutture associative esistenti in una determinata area, al fine di promuovere rivendicazioni politiche e sociali446.

Almeno a livello teorico il passaggio tra dimensione aziendale a quella territoriale portò a tessere una linea di continuità tra l’inquinamento industriale interno ed esterno agli stabilimenti. Era questa la conclusione a cui, alla fine del 1973, giunse il convegno su «igiene e sanità» organizzato dai Consigli di Zona del Comune di Milano447. In quella sede fu

affermato un ideale di salute come perseguimento del benessere psicofisico dell’uomo, da ottenere attraverso la modifica dell’ambiente di vita e di lavoro. Accanto al rifiuto di mansioni usuranti negli stabilimenti industriali e di ritmi di vita troppo elevati, erano annoverati tra gli obiettivi principali la riduzione dell’inquinamento urbano e atmosferico ed era altresì condannata la speculazione edilizia e la mancanza di verde pubblico:

Si rende pertanto indispensabile affrontare il problema della salute puntando alle radici e analizzando accuratamente tutte le componenti che concorrono a determinare lo stato di salute di una persona […] ecologia è una parola di moda, entrata ormai nell’orecchio della gente ; rischia però di rimanere una cosa astratta o tuttalpiù un problema per addetti ai lavori e non un mezzo di educazione che l’uomo ha a disposizione per migliorare il sistema di vita.

Attraverso l’adozione di una concezione di ambiente socialmente e antropicamente inteso, erano riunite all’interno della medesima strategia rivendicativa la preservazione dell’integrità psicofisica di lavoratori e cittadini, la richiesta di tutela delle risorse naturali e quella di uno sviluppo edilizio controllato dell’area urbana. Per quanto concerne la salute dei lavoratori, le conseguenze di un simile approccio erano ben sintetizzate dalle parole di un responsabile Fim della zona di Sesto San Giovanni, che in questo modo commentava l’introduzione di aspiratori all’interno dei reparti più polverosi degli stabilimenti Falck:

Queste macchine si limitavano a trasferire la polvere dall’interno all’esterno della fabbrica, non la eliminavano. Perciò il rischio di ammalarsi restava proprio quando si usciva dal lavoro. Intorno allo stabilimento c’è il villaggio Falck, in viale Italia, pieno di casse in mezzo alle quali chi sono anche la chiesa e l’asilo. Ebbene, tutti quelli che vi vivevano respiravano quella polvere, tanto è vero che un giorno, dopo aver compiuto delle analisi su di un cane che vagabondava per la zona, si è scoperto che aveva la silicosi ai polmoni448.

446 Oltre alla questione sanitaria, l’area di competenza dei Cuz comprendeva temi quali l’offerta di servizi scolastici, ricreativi, le politiche edilizie e urbanistiche: Catia Papa, Alle origini dell’ecologia politica in

Italia. Il diritto alla salute e all’ambiente nel movimento studentesco, cit.

447 Commissione igiene e sanità dei CUZ di Milano, Convegno cittadino su «I comitati sanitari di zona a

Milano, 15 dicembre 1973, in AL, f. Camera del lavoro di Milano, cl. 5.16.2, ff. 33.

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