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La salute dei lavoratori al centro del Congresso di Livorno

Il VII Congresso della Cgil – tenutosi a Livorno nel giugno 1969 – costituì un primo importante momento di dibattito a livello confederale in merito alla strategia sindacale per la prevenzione dei rischi industriali. Tale Congresso si svolgeva dopo due importanti vertenze nazionali, sulle pensioni e sulle gabbie salariali, e alla vigilia dei rinnovi contrattuali di categoria. Oltre alla questione sanitaria, all’ordine del giorno vi furono il dibattito sui nuovi contenuti rivendicativi e quello sull’unità sindacale, connesso al problema dell’autonomia dai partiti e dell’incompatibilità delle cariche126. A Livorno l’urgente problematica dell’aumento di

infortuni e malattie professionali venne declinata all’interno del dibattito sui nuovi contenuti della contrattazione integrativa aziendale e della nuova strategia riformista del sindacato, inaugurata nel ‘68 con la riforma del sistema pensionistico127.

In preparazione al Congresso la segreteria confederale nominò un gruppo di lavoro, incaricato di elaborare una proposta di riforma sanitaria e di individuare gli obiettivi intermedi per la sua realizzazione128. Il documento stilato da tale gruppo – coordinato da Silvano

125 Gianni Moriani, Nocività in fabbrica e nel territorio, Verona, Bertani, 1974; Gilda Zazzara, Il petrolchimico, Padova, Il poligrafo, 2009.

126 S. Turone, Storia del sindacato in Italia, op.cit. pp. 357-363; Temi per il dibattito. VII Congresso nazionale,

Livorno 16-21 giugno 1969, s.n. 1969.

127 Si veda il dossier I temi generali di lotta, all’interno di «Rassegna sindacale», n. 169-170, settembre 1969. 128 In difesa della salute, in «Rassegna sindacale», n, 163, 5 giugno 1969, p. 9-12.

Verzelli, allora membro della segreteria nazionale – tracciava una linea di continuità tra la tutela dell’ambiente interno agli stabilimenti e tutela dell’ambiente esterno, affrontando congiuntamente il problema della salute dei lavoratori e quello, più ampio, della salute dei cittadini. La premessa recitava:

Si pensi alle condizioni ambientali e di lavoro che permangono assolutamente insoddisfacenti rispetto alla esigenza di difesa dell’integrità psico-fisica dei lavoratori; si consideri l’aggravamento dell’inquinamento atmosferico e delle acque, l’aumento degli agenti nocivi o logoranti o comunque affaticanti (oltre a quelli tradizionali, le sofisticazioni alimentari, i rumori, il disordine del traffico ecc.)129.

La proposta di riforma elaborata, finalizzata all’istituzione di un Servizio Sanitario Nazionale, era in diretta continuità con quella già avanzata nel biennio 1956-1958, ma veniva ora formulata in un contesto affatto differente, caratterizzato da un accresciuto potere contrattuale da parte dei lavoratori e delle loro rappresentanze. In particolare tale riforma prevedeva il passaggio da un approccio sanitario assicurativo a uno preventivo, da realizzare attraverso l’abolizione degli enti mutualistici allora esistenti e l’istituzione di Unità sanitarie locali (Usl) per ogni Comune o consorzio di Comuni. Le Usl sarebbero state dotate di servizi preventivi, di medicina del lavoro e di medicina dell’infanzia, avrebbero assorbito i compiti sino ad allora svolti dagli enti mutualistici, inglobando al loro interno gli enti ospedalieri esistenti. Veniva inoltre proposto di istituire il controllo statale del prezzo dei farmaci e di creare un fondo sanitario nazionale, attraverso il quale gestire a livello centrale il finanziamento delle Usl e risolvere così l’annoso problema della disparità di servizi sanitari tra le zone più ricche e più povere del paese130.

A Livorno venne nominata un’apposita commissione, incaricata di discutere i contenuti della proposta di riforma sanitaria, nonché di individuare e denunciare i principali fattori di nocività esistenti sui luoghi di lavoro, in vista di un incontro tra i sindacati e la Commissione sanità della Camera dei Deputati, che si sarebbe tenuto il mese successivo131. Ripercorre

alcuni dei principali nodi problematici dibattuti in quella sede è significativo al fine di comprendere quali erano all’epoca le diverse esperienze maturate su scala locale – all’interno di differenti contesti geografici e produttivi – e quali gli ostacoli incontrati. Attraverso i

129 Ivi, p. 9

130 Ivi, pp. 10-12. Si ricorda che la nascita degli enti ospedalieri era assai recente, sancita dalla legge Mariotti del 1968. Attraverso tale legge gli ospedali, sino ad allora gestiti perlopiù da enti di assistenza e beneficenza, diventarono enti pubblici. Per un approfondimento sul quadro sanitario italiano, tipico dei decenni Cinquanta e Sessanta, si veda; Saverio Luzzi, Salute e sanità nell’Italia repubblicana, Roma, Donzelli, 2004, pp. 215- 240.

131 La commissione fu composta da circa 170 sindacalisti provenienti da diverse zone d’Italia: Commissione sui

problemi dell'ambiente di lavoro della riforma mutualistica- sanitaria e sicurezza sociale, in Archivio

diversi interventi emerse in primo luogo la mancanza di una linea politica univoca in materia di prevenzione della nocività industriale. Le difficoltà incontrate da quanti si erano fatti promotori di iniziative a livello aziendale, furono attribuite tanto all’assoluta indisponibilità delle direzioni di fabbrica di fronte alle richieste avanzate, quanto alla mancanza di una linea sindacale consolidata rispetto alla questione sanitaria. Benché il rifiuto di «monetizzazione» della salute fosse una parola d’ordine pressoché condivisa tra i partecipanti, molti interventi si focalizzarono sulla necessità di ampliare il numero di malattie professionali riconosciute e di diminuire il tempo di esposizione individuale a lavorazioni particolarmente nocive, riproponendo in tal modo il compromesso tra sopportazione del rischio e sua compensazione economica132.

Centrale fu il dibattito sull’esistenza di una consapevolezza dei lavoratori riguardo i rischi esistenti negli stabilimenti. La linea rivendicativa proposta dalla dispensa di Marri e Oddone sulla dispensa L’ambiente di lavoro, pubblicata rispettivamente nel 1967 e nel 1969, costituì il primo elemento di confronto in questo senso. Concetti e parole d’ordine originariamente introdotti dalla dispensa, quali «validazione consensuale» e «registri di dati ambientali e biostatistici», furono sostenuti da alcuni e criticati da altri, rappresentando in ogni caso un punto di riferimento obbligato per i sindacalisti impegnati in materia di nocività ambientale. Tra i presenti alcuni si mostrarono molto critici di fronte alla possibilità di coinvolgere i lavoratori all’interno delle rivendicazioni per un migliore ambiente di lavoro. Particolarmente scettici a questo proposito furono ad esempio i rappresentati dello stabilimento chimico Montedison di Spinetta Marengo – sito in provincia di Alessandria – e del petrolchimico Anic di Ravenna. La mancanza di una «sensibilità operaia» venne indicata come il primo ostacolo verso l’adozione di una strategia preventiva in sede contrattuale133. A opporsi esplicitamente a

questa tesi furono Gastone Marri e Ivar Oddone, entrambi presenti a Livorno. Nel corso del suo intervento Oddone sostenne l’importanza di elaborare le piattaforme rivendicative aziendali in materia di ambiente di lavoro a partire dall’esperienza operaia, ribadendo la necessità di introdurre, all’interno degli stabilimenti, strumenti quali i registri di dati biostatistici e ambientali e i libretti sanitari, utili a raccogliere e organizzare le conoscenze dei lavoratori riguardo le forme di nocività legate ai processi produttivi. Oltre a sostenere la

132 Commissione sui problemi dell'ambiente di lavoro della riforma mutualistica-sanitaria e sicurrezza sociale:

dibattito, in ACCGIL, ss. Congresso nazionale, b. 27, f.2.

133 Lo stabilimento di Spinetta Marengo, oggi noto alle cronache perché riconosciuto colpevole di una grave contaminazione della falde acquifere limitrofe, era dedicato alla produzione di plastiche e resine: Geoffrey J. Pizzorni, L’industria chimica italiana nel ’900, Milano, Franco Angeli, 2006 e http://bit.ly/2ktRbO1

consultato l'ultima volta il 10/02/2017. Sull’Anic di Ravenna si veda : Remo Giuliani, Tutela della salute e

dell'integrità fisica del lavoratore in fabbrica (con particolare riferimento allo stabilimento ANIC di Ravenna), Tesi di laurea in Scienze Politiche, Relatore: Ilo Spada, Università di Bologna, .a. 1981/9182.

posizione di Oddone, Marri affermò la necessità di coinvolgere la categoria dei medici all’interno delle mobilitazioni per la salute dei lavoratori. All’interno della commissione riunitasi a Livorno, furono soprattutto i metalmeccanici a esprimere consenso rispetto alla linea rivendicativa proposta dalla dispensa L’ambiente di Lavoro. Bruno Broglia, esponente della Fiom, citò ad esempio il contratto siglato presso l’Italsider di Bagnoli, stabilimento di circa 6000 dipendenti, dove era stata ottenuta l’introduzione di registri di dati ambientali e libretti sanitari. Secondo Broglia il problema non consisteva nella scarsa sensibilità dei lavoratori rispetto al diritto alla salute, ma nell’esistenza di una valida alternativa sindacale alla monetizzazione del rischio134.

Il dibattito sulle modalità attraverso le quali garantire la partecipazione dei lavoratori non si risolse in quella sede, e rimase inalterato nel corso degli anni successivi. Nel corso di un incontro su Scienza e organizzazione del lavoro, svoltosi presso il capoluogo Piemontese nel 1973, Oddone avrebbe ribadito la sua posizione in questi termini:

Si sente spesso parlare di classe operaia da sensibilizzare sui rischi da lavoro, dalla silicosi ai rischi di ritmo eccessivo. Credo che chi afferma questo o è disinformato o è incapace di interpretare la realtà dell'atteggiamento operaio di fronte ai danni da lavoro. Anche noi abbiamo incontrato alcuni anni fa degli operai di una manifattura di prodotti contenenti amianto, i quali, dopo un incontro sul rischio di asbestosi ci hanno chiesto quale era il modo per diventare più rapidamente asbestosici. Non abbiamo pensato che dovevano essere sensibilizzati, ma abbiamo capito che non credevano affatto che fosse possibile modificare l'ambiente di lavoro, che non credevano affatto, malpagati come erano, di poter guadagnare abbastanza da poter vivere senza un sacco di questioni di straordinario […] Non è un problema di sensibilizzazione, si tratta di rendere credibile una nuova organizzazione del lavoro e di vita fuori dalla fabbrica e allora l'esperienza dell'operaio si esprime.135

Un secondo tema ricorrente nel dibattito svoltosi a Livorno, coincise con la messa in luce delle disparità esistenti tra nord e sud Italia. «Partono dal concetto che nel nostro paese c'è ancora del colonialismo, ci sono ancora dei negri da sfruttare, e allora si va nelle regioni più povere a prendere manodopera», disse un rappresentate sindacale della Breda di Sesto San Giovanni, stabilimento siderurgico sito a nord di Milano. L’utilizzo del termine «colonialismo», per descrivere la peculiarità dello sviluppo industriale del Mezzogiorno e la

134 Commissione sui problemi dell'ambiente di lavoro della riforma mutualistica-sanitaria e sicurrezza sociale:

dibattito, in ACCGIL, ss. Congresso nazionale, b. 27, f.2.

135 Ivar Oddone, Appunti per una ipotesi di sviluppo della psicologia e della medicina del lavoro in funzione di

una nuova organizzazione del lavoro, in , Scienza e organizzazione del lavoro, Roma, Editori Riuniti, 1973,

p. 341. Si noti che all’interno delle molte interviste effettuate con quanti tra medici e sindacalisti furono partecipi dell’esperienza della Commissione medica torinese e di quella del Crd, il dibattito sull’importanza della «esperienza operaia» è sempre ricordato con estrema partecipazione e con un inalterato tono polemico. L’aneddoto sull’accettazione del rischio da parte dei lavoratori di amianto, emerge in molti ricordi. Probabilmente all’epoca tale aneddoto venne raccontato in maniera ricorrente. Il riferimento è in particolare alle interviste di Gianni Marchetto e Fulvio Perini, svolte rispettivamente il 27 luglio 2016 e il 26 luglio 2016

gravità delle condizioni sanitarie tipiche di quel territorio, fu ricorrente. Un rappresentante sindacale di Taranto spiegò come lo stabilimento Italsider, costruito negli anni Sessanta dietro iniziativa statale, era effettivamente dotato di impianti di depurazione, ma a causa di un difetto di costruzione gli stessi non erano mai stati funzionanti. In altri casi la denuncia di insalubri condizioni lavorative fu legata a quella della mancanza di adeguate strutture sanitarie sul territorio. Emblematico il caso di un lavoratore di Gela, ustionato gravemente e trasportato d’urgenza a Roma, morto durante il tragitto136.

Infine, per quanto concerne il dibattito sulla riforma sanitaria, in sede congressuale la proposta formulata dal gruppo di lavoro coordinato da Verzelli riscosse un consenso unanime. Molti interventi posero l’accento sulla necessità, da parte del sindacato, di garantire una gestione democratica e partecipata dei futuri enti sanitari territoriali, nonché di realizzare un costante collegamento tra tali strutture sanitarie e le istanze espresse a partire dai luoghi di lavoro. A più riprese venne fatto riferimento al caso modenese, dove nel 1968 era stato istituito un servizio di medicina preventiva da parte dell’amministrazione comunale. Vene quindi ribadita l’importanza di favorire la collaborazione tra le rappresentanze di fabbrica e gli enti locali al fine di istituire enti di medicina preventiva sul territorio137.

In chiusura dei lavori del VII Congresso, tanto il documento conclusivo stilato dalla commissione sull’ambiente di lavoro, quanto la relazione finale pronunciata da Agostino Novella, allora segretario generale della Cgil, individuarono nella contrattazione aziendale e di categoria e nella riforma sanitaria i due strumenti principali attraverso cui perseguire la tutela della salute dei lavoratori e dei cittadini138. L’esperienza della Commissione medica di

Torino venne citata da Novella come un esempio virtuoso in ambito di prevenzione del rischio industriale e di fatto la proposta politica e rivendicativa ivi espressa, fu assunta come ufficiale «linea sindacale sull’ambiente di lavoro», per utilizzare un’espressione dell’epoca. Lo strumento della «validazione consensuale» e la divisione dei fattori di nocività in quattro gruppi – e in particolare l’accento posto sui disturbi derivati dalla fatica psichica –

136 Commissione sui problemi dell'ambiente di lavoro della riforma mutualistica-sanitaria e sicurrezza sociale:

dibattito, in ACCGIL, ss. Congresso nazionale, b. 27, f.2.

137 Sul caso di Modena si veda: Comune di Modena, Centro di medicina preventiva (a cura di), La medicina

preventiva nell’età lavorativa. Compendio di atti e di documentazioni sul servizio istituito dal Comune di Modena, Modena, 1971.

138 Agostino Novella, Relazione al VII Congresso CGIL: Livorno, 16-21 giugno 1969, Roma, Editrice Sindacale Italiana, 1969. Si veda anche la mozione conclusiva della commissione sull’ambiente di lavoro, relazionata da Maria Morante in seduta plenaria, in ACCGIL, VII Congresso di Livorno, b. 27.

originariamente introdotti a Torino furono elette, almeno formalmente, parole d’ordine condivise dalla confederazione139.

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