La nascita dei Comitati unitari di base costituì una delle manifestazioni più significative della forte spinta partecipativa che caratterizzò le proteste dei lavoratori italiani nel corso del biennio ‘68-’69. Tali Comitati sorsero in molti casi in seguito all’incontro tra studenti universitari e operai, assumendo una posizione critica nei confronti dei tradizionali organismi rappresentativi di fabbrica, accusati di una gestione verticistica degli accordi aziendali, e più in generale di non essere espressione delle istanze espresse dalla base. Questo fenomeno interessò le città industriali del nord e del centro Italia, mentre la conflittualità operaia emersa nello stesso periodo nel Mezzogiorno si sviluppò piuttosto all’interno delle tradizionali forme di rappresentanza115.
113 Bruno Trentin, Il sindacato dei consigli, Roma, Editori Riuniti, 1980; Fabrizio Loreto, L’anima bella del
sindacato. Storia della sinistra sindacale: 1960-1980, op. cit.
114 Pietro Causarano (a cura di), Una concreta utopia. La costruzione sociale del lavoro fra conflitto industriale
e contrattazione sindacale 1968-1974, numero monografico di «Italia contemporanea», agosto 2015, n. 278
115 Le zone in particolar modo interessate dalla nascita dei Cub furono Milano, Pavia, Trento, Porto Marghera, Bologna, Pisa, Firenze , Roma, Terni, Latina, e in Sardegna Porto Torres. SuiCub si veda in particolare: Giuseppe Bianchi (a cura di), CUB comitati unitari di base. Ricerche su nuove esperienze di lotta operaia:
La letteratura esistente in merito all’esperienza dei Cub non è ampia ed è piuttosto datata, perlopiù risalente agli anni in cui tali comitati nacquero e operarono. Si tratta in particolare di studi sociologici, intrapresi all’epoca di fronte all’esigenza di comprendere la portata e i contenuti dell’emergere del nuovo fenomeno partecipativo, nonché di testi ascrivibili al filone della stampa militante, utili per ricostruire percorsi, parole d’ordine e forme d’azione che contraddistinsero quell’esperienza politica. Malgrado l’assenza di forme di coordinamento tra un gruppo e l’altro, è possibile individuate alcune caratteristiche comuni rispetto al ruolo svolto dagli stessi a livello locale. La richiesta di una diretta partecipazione dei lavoratori alla contrattazione aziendale e la spinta verso la costruzione di un’unità di azione dal basso, costruita a partire dai bisogni esistenti negli stabilimenti e indipendente dal percorso unitario seguito dai sindacati, furono le due principali traiettorie che portarono alla nascita dei Cub116.
Alcuni commentatori hanno sottolineato come, di fatto, i Cub si proposero come un’alternativa rispetto a strutture sindacali consolidate quali le Commissioni Interne117. Altri
hanno diversamente sostenuto come l’obiettivo dei Cub – che nella maggior parte dei casi furono forze minoritarie all’interno degli stabilimenti – non sia stato quello di farsi mediatori del conflitto al pari di altre forze sindacali, ma piuttosto di esercitare una funzione precontrattuale, organizzando forme di partecipazione diretta dei lavoratori e garantendo il costante collegamento tra rappresentanti e rappresentati118. È stato inoltre messo in luce come
quanti aderirono ai Cub avessero maturato esperienze politiche pregresse. In alcuni casi si trattò di militanti provenienti dalle organizzazioni della sinistra tradizionale, in altri la nascita dei Cub fu sollecitata da gruppi della sinistra extraparlamentare sorti sull’onda delle proteste studentesche119.
Il rifiuto di condizioni di lavoro nocive caratterizzò l’attività dei Cub in diversi contesti. Questo fu ad esempio il caso della Pirelli Bicocca, dove il Cub nacque in seguito al malcontento diffuso dall’accordo aziendale firmato nel febbraio 1968. Tale accordo era criticato perché non riportava conquiste in materia di tutela dell’ambiente di lavoro, benché le forme di nocività esistenti nello stabilimento fossero conosciute da tempo. Nel ‘67 un’inchiesta condotta dalla sezione aziendale del Pci era arrivata a denunciare la presenza di
116 Giovanni Pellicciari, I «comitati unitari» di base: autogestione delle lotte e sociologia della partecipazione:
prime risultanze di una ricerca di sfondo, in «Studi di sociologia», anno 8, n.1-2, gennaio-giugno 1970, pp.
197-214
117 G. Bianchi, CUB comitati unitari di base, op.cit. pp. 28-30
118 Giovanni Pellicciari, I «comitati unitari » di base, op. cit., e Massimo Cacciari (a cura di), Ciclo capitalistico
e lotte operaie: Montedison, Pirelli, Fiat, 1968, Padova, Marsilio, 1969. Limitatamente al Cub Pirelli, questa
seconda tesi è sostenuta anche da Edmondo Montali, Dal 1968 all’autunno caldo. Condizione operaia e
partecipazione alla Pirelli Bicocca, Roma, Ediesse, 2009, pp. 15-23
malattie ortopediche e nervose, l’alta percentuale di aborti e l’elevata incidenza di cancro in alcuni reparti120. Lo scontro tra sindacato e Cub in tema di ambiente di lavoro si acuì in
occasione dell’abolizione della mutua aziendale e del trasferimento delle sue funzioni all’Inam. I sindacati furono accusati di declinare la rivendicazione in materia sanitaria solo dal punto di vista assistenziale, a scapito di un reale miglioramento delle condizioni di lavoro121.
Anche nel caso della Borletti – azienda meccanica con sede a Milano – una delle principali critiche rivolte dal Cub nei confronti delle rappresentanze sindacali riguardò la tutela delle condizioni di lavoro. Alla Borletti la principale forma di nocività denunciata coincideva con gli elevati ritmi di lavoro, all’origine di stress fisico e nervoso122. La richiesta di contrattazione
dei ritmi di lavoro caratterizzò anche l’azione del Cub dell’Asgen di Genova, stabilimento siderurgico sito nel quartiere industriale di Conegliano123. Le rappresentanze sindacali esistenti
furono accusate di una gestione verticistica degli accordi aziendali e di non essere reale espressione dei bisogni dei lavoratori. Tanto nel caso della Pirelli quanto in quello della Borletti e dell’Asgen, la critica nei confronti del sindacato non diede origine a pratiche di lotta alternative in materia di controllo della nocività. Il contributo dei Cub fu piuttosto quello di sollecitare la partecipazione dei lavoratori sul tema della condizione di lavoro. L’esperienza dei Comitati d’altra parte non fu duratura, venendo meno già nel corso degli anni 1969 e 1970, sia a causa dell’emergere di divergenze interne circa la strategia e le linee d’azione da adottare, sia in seguito alla capacità da parte dei sindacati di creare nuovi strumenti di partecipazione all’interno degli stabilimenti, tali di incanalare la richiesta di democrazia ivi espressa124. Benché ulteriori ricerche siano necessarie a questo proposito – in particolare
rispetto alla documentazione che negli ultimi decenni è stato raccolto e catalogato dagli archivi di movimento – è plausibile ipotizzare che la funzione dei Cub vada individuata nell’aver sollecitato l’intervento sindacale in materia sanitaria in alcuni specifici contesti, piuttosto che nell’aver influito su pratiche e contenuti di lotta adottati dal sindacato su medio e lungo termine.
Il caso dello stabilimento Montedison di Porto Marghera – che sarà meglio approfondito nel capitolo sesto – si inscrive in questo discorso. Al petrolchimico di Marghera il diffuso sentimento antisindacale fu canalizzato da uno specifico gruppo extraparlamentare, Potere
120 E. Montali, Dal 1968 all’autunno caldo,op. cit.
121 G. Bianchi, I cub. Comitati unitari di base, op. cit. pp. 35-68; Nanni Balestrini, Primo Moroni, L’orda d’oro:
1968-1977. La grande ondata rivoluzionaria e creativa, politica ed esistenziale, Feltrinelli Editore, 1997
122 Ibid. pp. 69-97.
123 Comitato di base studenti di medicina e operai dell'Asgen, 12-6-1970, in Archivio dei Movimenti di Genova (AMG), Fondo Bruno Piotti, f. IV.4
Operaio (Po), che di fatto assunse il ruolo di quarta forza sindacale all’interno della fabbrica125. Il gruppo di Po fu estremamente attivo nella denuncia delle insalubri condizioni di
lavoro tipiche del petrolchimico, nonché critico nei confronti dei sindacati esistenti, accusati di lassismo e inadeguatezza di fronte ai continui incidenti mortali che avvenivano nello stabilimento. D'altra parte la critica al sindacato non si tradusse nell'introduzione di efficaci strategie conflittuali alternative, capaci di dare risposte a lungo termine al problema della nocività in fabbrica. Quella del petrolchimico Montedison fu una vicenda rilevante, che riguardò uno maggiori stabilimenti petrolchimici del nord Italia e un imponente gruppo industriale italiano, la Montedison, che in quel periodo era in maggioranza a partecipazione statale. Tale vicenda va tuttavia compresa nella sua specificità, all’interno di un contesto nazionale in cui non fu piuttosto il sindacato a assumere l’iniziativa in materia di tutela del rischio industriale.