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Il Partito comunista cinese era nato nel luglio 1921 a Shanghai, all’epoca, ma anche oggi, la ci à della Cina più aperta al mondo.

Com’è noto, pochi mesi prima, il 21 gennaio di quello stesso anno, era stato fondato a Livorno il Partito comunista d’Italia. Quella cinese è una riunione carbonara con appena tredici partecipanti, in rappresentanza di una sessantina di affiliati. I loro nomi sono: Mao Zedong, He Shuheng, Dong Biwu, Chen Tanqiu, Wang Jinmei, Deng Enming, Li Da, Li Hanjun, Zhang Guotao, Liu Renjing, Chen Gongbo e Zhou Fohai, più Bao Huiseng, che partecipò in rappresentanza di Chen Duxiu, in passato uno degli agitatori giovanili più noti del movimento antimperialista. I tredici si erano riuniti in una piccola sala che ospitava la scuola femminile della Concessione francese, nella speranza di godere della condizione di extraterritorialità del luogo, che li avrebbe messi al riparo dalle incursioni della polizia. I militari, però, non rispe arono i vincoli diplomatici e i fondatori, avvertiti in tempo del loro arrivo, furono costre i a trasferirsi sul lago Nanhu, all’interno della casa galleggiante di un simpatizzante.

Al congresso che sancisce l’a o di nascita del comunismo sono presenti due rappresentanti del Comintern (l’Internazionale dei comunisti), il russo Vladimir Nikolsky e il rivoluzionario olandese Henk Sneevliet, conosciuto con lo pseudonimo di Maring. La scelta dei locali della Concessione francese non è solo un fa o occasionale.

Il giacobinismo parigino, molto più dell’Urss, che è pure patria del bolscevismo, avrà grandi influenze, sopra u o culturali, sul comunismo asiatico. La Francia, infa i, aveva già dato avvio a programmi educativi che offrivano ai giovani cinesi la possibilità di trascorrere di un periodo di studio e di lavoro a Parigi. L’intento era

quello di fornire una linea di indirizzo in qualche modo europeo alla futura classe dirigente asiatica, ma il governo non aveva messo in conto il possibile esito dell’iniziativa: molti futuri leader della Cina, del Vietnam e della Cambogia resteranno impressionati durante i loro soggiorni all’estero dall’a ività politica dei circoli dell’estrema sinistra e abbracceranno le idee della Comune e della Rivoluzione giacobina (non dimentichiamo che il Partito comunista francese era nato nel 1920 da una scissione della Sfio, la sezione francese dell’Internazionale operaia, e che tra i suoi fondatori c’era proprio Ho Chi Minh, il celebre leader vietnamita).

Il primo congresso comunista, per quanto clandestino e poco organizzato, è carico di entusiasmo. Elegge Chen Duxiu, intelle uale e rampollo di una ricca famiglia dell’Anhui, segretario generale, Zhang Guotao capo dell’organizzazione, Li Da capo della propaganda. Mao non è ancora tra i big. Gli altri membri del gruppo avranno destini alquanto diversi: Chen Gongbo e Zhou Fohai andranno a rinforzare le fila del Partito nazionalista e in seguito collaboreranno con l’occupazione giapponese, Liu Renjing guiderà l’ala tro kista.

La strategia iniziale dei comunisti cinesi, consacrata dai documenti dei primi congressi, è abile: laddove possibile, il partito si costituisce in forma autonoma e collabora in un fronte unitario col Partito nazionalista; quando invece non dispone di forze sufficienti, infiltra i suoi membri tra i nazionalisti per a irare dalla propria parte i più giovani e gli elementi più radicali. In ogni caso, si finge un’intesa con i nazionalisti. Le stesse dire ive provenienti da Mosca erano tese a favorire la collaborazione con il partito di Sun Yat-sen; il regime comunista sovietico doveva ancora consolidarsi e non voleva frizioni con il grande vicino.

La collaborazione tra Pcc e il Kuomintang, del resto, è resa possibile dal comune sentimento antimperialista e nazionalista.

Pesano anche le scelte di Sun Yat-sen, il «padre della Repubblica cinese», che a partire dal 1922 orienta le strategie di politica internazionale del partito favorendo la collaborazione con l’Urss. Dal canto suo, il padre della Rivoluzione bolscevica, Vladimir Lenin, aveva de ato al Comintern una precisa linea: i partiti comunisti dei

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paesi so o regime coloniale – in cui era ricompresa anche la Cina – dovevano collaborare con le forze borghesi per conseguire l’obie ivo prioritario dell’indipendenza nazionale, e solo dopo si sarebbe posto il tema della lo a di classe. Sun Yat-sen in quel periodo incontra infa i Michail Borodin, il rappresentante bolscevico russo che, con lo pseudonimo di Michail Gruzenberg, è a capo della delegazione di consiglieri sovietici, un personaggio da spy story che, con aria furtiva, per conto di Mosca gira mezzo mondo.

Sin dalla sua nascita, la diale ica interna al Pcc è scandita da due posizioni: c’era chi, come Chen Duxiu, credeva nella collaborazione nazionale e chi, invece, puntava alla soluzione rivoluzionaria.

Nel 1925, dopo la morte prematura di Sun, la guida dei nazionalisti passa formalmente a Wang Jingwei, già collaboratore del presidente e teorico dell’ala più di sinistra del partito. Jingwei crede fermamente nella collaborazione con i comunisti e ha rapporti eccellenti con Mao. All’interno del Partito nazionalista, però, sta emergendo la fazione di destra, guidata da Chiang Kai-shek, comandante militare dell’Accademia di Whampoa, l’istituzione voluta da Sun Yat-sen per dare alla Cina un moderno esercito, costituita con l’aiuto decisivo dei sovietici.

Il biennio 1927-28 è un periodo chiave per le vicende cinesi.

Nell’aprile del 1927 si consuma la ro ura definitiva tra comunisti e nazionalisti, mentre al Cremlino, dopo la morte di Lenin, il potere di Iosif Stalin si è definitivamente consolidato con la liquidazione prima politica e poi fisica dei suoi concorrenti. Da quel momento Mosca pretende di assumere la guida geopolitica di tu i i movimenti comunisti nel mondo e dedica particolare a enzione alla questione cinese. Ordina al Pcc di creare un proprio esercito, perché se fino ad allora la strategia era stata quella di «infiltrarsi nelle forze armate nazionaliste per sovvertirle», ora tale scelta appare inutile e obsoleta.1 A quel punto Stalin spedisce in Cina un suo fido collaboratore, il georgiano Vissarion «Beso» Lominadze, il quale organizza una rete capillare di consiglieri. Li dissemina in quasi tu e le ci à di medie e grandi dimensioni, affinché forniscano armi, assistenza medica, informazioni. Spesso nelle lande desolate del

lungo confine con la Russia, l’Armata Rossa bolscevica penetra in territorio cinese per dare assistenza ai compagni comunisti. Jan Berzin, capo del servizio segreto militare russo, il famigerato Gru, scrive al presidente della Commissione per gli affari cinesi, creata ad hoc a Mosca, un lungo rapporto nel quale motiva le priorità per la costituzione di un esercito comunista cinese.2

La scelta di una strategia militare del Pcc favorirà l’ascesa di Mao, che proprio nel 1927 viene riammesso nel Comitato centrale, sia pure senza diri o di voto e in un ruolo secondario.

D’altro canto, il Partito comunista è cresciuto rapidamente. Tra il 1921 e il 1923 ha animato quella che verrà definita «la prima grande ondata di lo e operaie»3 e a meno di un anno dalla sua nascita ha organizzato con successo alcuni scioperi a Hong Kong. Ma l’iniziativa che più di tu e ha a irato le simpatie popolari è stata la protesta dei mari imi di Xianggang, estesasi rapidamente a Ghangzhou e Shanghai e che si conclude con la concessione di un aumento di paga per i lavoratori.

Il Pcc si organizza e stru ura sopra u o nei centri urbani, incrocia un forte consenso tra i giovani, trova terreno fertile nell’Università Nankai a Tianjin, dove si sarebbero formati Zhou Enlai e Deng Yingchao. La propaganda diffonde l’immagine del

«partito dei contadini» anche se al sesto congresso, nel 1927, rappresentano solo il 5 per cento dei delegati, il 50 per cento risulta essere composto da operai specializzati, il 45 per cento da intelle uali (studenti, professori, giornalisti, avvocati, medici).

Se nei primi anni del Novecento, come de o, la Cina era stata pervasa da un forte sentimento nazionalista e antimperialista, in questa fase quello stesso orizzonte di lo a appare limitato, perché le lo e operaie capeggiate dal partito portano nella diale ica politica la lo a di classe, fino ad allora tenuta ai margini. Per i comunisti non basta solo liberarsi del giogo straniero ma occorre promuovere una rivoluzione sociale. Una posizione che non convince però i

«prote ori» sovietici, che la rivoluzione l’avevano fa a in casa propria. La giudicano insomma prematura per la Cina, e non vogliono la ro ura del fronte unitario.