Il Nanshan Lijing Holiday è un appartato hotel che sorge sulla collina boscosa a quasi tredici chilometri dal centro di Chongqing. È un tre stelle all’apparenza molto ordinario, composto da un edificio principale di sei piani. Ma nel verde circostante sono disseminate dieci ville, appartenenti all’hotel, decisamente più lussuose, disposte su tre file, con vista sulla metropoli. Sono tu e arredate con mobili tradizionali cinesi, bagni di pregio e le i con cuscini di seta rossa.
All’interno di ogni villa, c’è anche una stanza per giocare a Mahjong, il tradizionale gioco da tavolo cinese. Si dice che queste case vengano utilizzate per incontri d’affari riservati o appuntamenti «galanti».
Chongqing è una delle più importanti ci à della Cina, fu capitale del governo provvisorio di Chiang Kai-shek, oggi è addiri ura la prima per numero di abitanti (ben 33 milioni).
La ma ina del 15 novembre 2011 un uomo d’affari britannico, Neil Heywood, viene trovato morto in una delle ville. Il personale dell’albergo avverte la polizia, che arriva in forze e con gli agenti investigativi di più alto grado. Immediatamente, come se qualcuno già intuisse l’importanza del caso, viene disposto un cordone impenetrabile a orno alla zona. Il personale delle pulizie avrebbe rinvenuto il cadavere di Heywood nella camera da le o a ventisei ore dal momento del decesso – recita il verbale ufficiale –, un periodo in cui l’uomo sarebbe rimasto da solo nella suite. Come causa di morte, viene indicato «l’avvelenamento da alcol», senza ulteriori precisazioni. Una serie di questioni molto ovvie restano
inevase. Quali bevande Heywood avrebbe assunto? In quali quantità? E perché la sbornia avrebbe provocato la morte? Soffriva già di patologie? Domande elementari a cui nessuno offre una risposta. La cosa ancora più sorprendente è che non viene ordinata un’autopsia, e pochi giorni dopo il corpo sarà cremato. Gli amici di Neil Heywood riveleranno alla stampa occidentale che non era un
«bevitore accanito».6
Heywood, 41 anni, era nato a Londra nel 1970, viveva in Cina dai primi anni Novanta, tant’è che aveva imparato a parlare un mandarino fluente, aiutato dal fa o di aver conosciuto e sposato una donna cinese, Wang Lulu. Dopo gli studi, presso la prestigiosa Harrow School e una laurea in relazioni internazionali alla Warwick University, aveva intrapreso una carriera da lobbista per conto di alcune aziende britanniche in Asia. A raverso una sua società di consulenza, la Heywood Boddington Associates, mediava i rapporti tra le imprese desiderose di operare in Cina e la stru ura politica e amministrativa. Un facilitatore di rapporti, si potrebbe dire. Tra i suoi clienti c’erano stati i concessionari di Aston-Martin e Rolls-Royce, ma aveva anche lavorato per la misteriosa Hakluvt &
Company, una società che faceva capo a un ex dirigente del famoso servizio di intelligence britannico MI6. Non era diventato ricchissimo, ma Heywood viveva pur sempre in una villa in un sobborgo di lusso di Pechino e guidava una Jaguar S con la Union Jack stampata sul paraurti. Gli amici, secondo le testimonianze raccolte dal «New York Times» dopo la sua morte, lo descrivono come una persona «garbata ma molto riservata».
A metà degli anni Novanta, mentre tentava di piazzare alcune imprese britanniche nei proge i di espansione della ci à portuale di Dailan, nel Nordest della Cina, Heywood conobbe il locale sindaco Bo Xilai e sua moglie Gu Kailai, un’avvocatessa. Una coppia molto lontana dagli schemi culturali cinesi, abituata a uno stile di vita occidentale, quasi newyorchese.
La moglie Kailai, sposata in seconde nozze, è la corrispondente cinese di importanti studi legali inglesi e americani. Bo Xilai non è un funzionario qualsiasi: è un «principe rosso». Infa i, suo padre è
Bo Yibo, uno dei cosidde i «immortali», ossia i dirigenti comunisti che hanno partecipato alla Rivoluzione. Protagonista di una vicenda politica molto simile a quella del padre di Xi Jinping, Bo era stato ministro delle Finanze della Repubblica Popolare, epurato durante la Rivoluzione Culturale per le sue posizioni riformiste, riabilitato con l’ascesa di Deng Xiaoping e poi ritornato in auge fino alla carica di vicepremier. Il figlio Bo Xilai, nato nel 1949, l’anno di fondazione della Repubblica Popolare, è stato sindaco della ci à di Dailan, un porto di rilevanza strategica, poi governatore di Liaoning e ministro del Commercio dal 2004 al 2007. Chiamato in seguito alla guida della municipalità di Chongqing, è diventato membro del Politburo senza però riuscire a entrare nello «Standing Commi ee». Durante il mandato a Dailan si era guadagnato notorietà nazionale per aver ristru urato il locale club di calcio e averne fa o la squadra più titolata della Cina.
Come Xi Jinping era andato a caccia di popolarità lanciando campagne anticorruzione, sopra u o contro gli avversari politici e gli ambienti che potevano dargli fastidio. Appena giunto a Chongqing, a partire dal 2009 aveva fa o arrestare, con spe acolari retate, oltre 5700 persone: funzionari di vario livello, avvocati, giudici, commercianti, imprenditori, tu i colpiti dall’accusa infamante di essere mafiosi e di essere affiliati alle Triadi (la famigerata mafia cinese). I processi che seguiranno, oltre ad accertare che molti inquisiti si erano davvero macchiati di reati di corruzione, stabiliranno – cosa rara in Cina – che negli arresti erano rimasti coinvolti anche tanti innocenti, colpevoli solo di appartenere a correnti del partito diverse da quelle di Bo. Il braccio esecutore di Bo era stato il capo della polizia, Wang Lijun, un fedelissimo che aveva portato con sé dalla provincia di Liaoning.
In ogni caso, la campagna, lanciata fra il 2009 e il 2010, aveva fru ato un’enorme popolarità. Il nome di Bo Xilai era stato scandito e invocato durante le manifestazioni di piazza a Urumqi, la ci à dove si erano verificati sanguinosi scontri tra la maggioranza degli uiguri e gli immigrati cinesi, che avevano invocato il pugno di ferro contro il gruppo religioso etnico che abita nel territorio autonomo dello Xinjiang. Su Youku, lo YouTube cinese, era apparso un video
j g pp
nel quale il popolare cantante Li Lei si esibiva in una canzone dedicata al nuovo «eroe del popolo», Bo Xilai. Una vera e propria agiografia canora: «... Tu non cedi di fronte al male ... i corro i tremano alla sola menzione del tuo nome ... Via i gangster, il mondo è più pulito! Bo Xilai, Wang Lijun, eroi».7
Il sentimento di compiacimento popolare non viene scalfito dalle perplessità espresse da alcuni ambienti politici. Il programma investigativo di punta della televisione di Stato (Cctv) trasme e un’accurata inchiesta nella quale dimostra come le a ività anticorruzione di Bo avvengano nel dispregio delle pur minime garanzie giuridiche del diri o penale cinese. Il produ ore del programma viene allontanato e trasferito a curare spe acoli musicali. L’avvocato Li Zhuang, sensibile al rispe o dei diri i civili, si è impegnato nella difesa di alcuni imputati coinvolti nei processi di Chongqing, ma finisce anche lui so o processo, e condannato a due anni e mezzo, poi rido i.
Bo Xilai è un uomo affabile, garbato, elegante, veste grandi firme, sembra più un big di una corporation di Manha an o Londra. È lontanissimo dai cliché dei burocratici e grigi leader comunisti. Piace molto al so oproletariato urbano, assai meno alle classi intelle uali.
Michael Wines, del «New York Times», scriverà che Bo è certamente un leader provvisto di «carisma prodigioso e profonda intelligenza», ma queste qualità si sommano a «indifferenza per le vite distru e che segnano la sua strada verso il potere», aggiungendo che «la spietatezza del signor Bo si è distinta in un sistema in cui l’assenza di regole formali garantisce solo l’avanzamento di chi è più forte».8
Molti suoi collaboratori raccontano di essere stati a lungo tiranneggiati con l’imposizione di dover lavorare se e giorni su se e, convocati a riunioni in piena no e, senza alcuna urgenza. Il
«Telegraph» intervista un eminente psicologo di Chongqing secondo il quale, da quando Bo ha assunto il potere in ci à, «sono aumentati i casi di depressione e addiri ura i suicidi tra i funzionari».9
Alle campagne contro la corruzione, Bo aveva affiancato un preciso e consapevole proge o politico, quello di proporsi come capofila di una corrente interna al Partito comunista, con marcati
connotati culturali alternativi. Definito il leader di una «nuova sinistra», aveva lanciato il «Movimento per la cultura rossa», che propugnava una sorta di ritorno alla purezza del maoismo. In economia sosteneva l’idea del cosidde o «Pil rosso», affermando che non aveva senso crescere se poi non c’era la capacità di dividere equamente i fru i dello sviluppo. Imitando smaccatamente il linguaggio che era stato di Mao, ripeteva continuamente che perseguire lo sviluppo è «come cuocere una torta, ma la torta va tagliata in parti uguali».10 Invitava a leggere i classici del pensiero marxista e maoista, a cantare le canzoni comuniste, a predicare i mo i del Grande Timoniere e a raccontare ai ragazzi le storie sulla Rivoluzione. In alcuni casi, alle parole faceva seguire i fa i, considerato che la municipalità di Chongqing impegnava oltre quindici miliardi di dollari in programmi sociali per le fasce più deboli della popolazione.
Per la prima volta nella storia della propaganda comunista cinese, Bo utilizza lo strumento di Internet e dei social, fonda il «blog rosso», con lo scopo di «raccogliere i suggerimenti positivi dei ci adini e partecipare alla campagna della “cultura rossa”».11 Al blog sarebbe poi seguita la creazione di una serie di siti come Utopia, Cina Rossa e Maoflag. Altra singolare iniziativa è l’invio quotidiano di sms con i mo i di Mao ai trenta milioni di ci adini di Chongqing.
Bo Xilai è estremamente ambizioso, la sua popolarità è decisamente superiore a quella di Xi Jinping e anche se la cosa in pubblico non viene nemmeno sussurrata, certi ambienti del partito cominciano a pensare che i giochi per la successione a Hu Jintao non siano chiusi e che si possa pensare a lui come a una possibile alternativa di sinistra.
A poche se imane dalla morte di Neil Heywood che la polizia di Chongqing ha cercato di archiviare malamente come un caso di routine legato all’alcolismo, la famiglia e gli amici del businessman, poco convinti della storia, si rivolgono alle autorità britanniche affinché si indaghi seriamente e sopra u o allertano la stampa. Il Foreign Office si muove con una nota ufficiale al governo di Pechino, ma al tempo stesso il ministro degli Esteri William Hague, è costre o
a smentire in termini ne i l’indiscrezione circolata sul «Wall Street Journal», secondo la quale Heywood sarebbe stato un collaboratore dei servizi segreti e un confidente di altri apparati statali britannici.
I giornalisti scoprono che nei giorni successivi al fa o, il personale dell’hotel Nanshan Lijing Holiday è stato sostituito in blocco e trasferito chissà dove. Cominciano, sopra u o, a emergere le stre issime relazioni tra Neil Heywood e la moglie di Bo Xilai, Gu Kailai. I due erano stati spesso insieme in Gran Bretagna dove Heywood si è occupato dell’ammissione del figlio della coppia cinese, prima alla scuola Harrow, poi al Balliol College di Oxford.
Alcuni giornali hanno ventilato l’ipotesi, alquanto pruriginosa, che tra i due ci fosse una relazione sentimentale ma poi quella pista è stata abbandonata. Di sicuro, tra l’avvocatessa cinese e l’uomo d’affari britannico intercorrono stre i e continuati rapporti economici.
Pezzo dopo pezzo la verità viene fuori. Gu Kailai voleva trasferire un’ingente somma di denaro sporco all’estero e per farlo si era rivolta proprio a Neil Heywood. L’uomo non è nuovo a imprese del genere ma questa volta l’operazione gli sembra oltremodo rischiosa, dato che le voci sui rapporti economici che lo legano alla moglie di Bo Xilai corrono da tempo e si sono fa e troppo insistenti. Alla fine, dietro parecchie pressioni, acce a, a pa o però di ricevere in cambio una supercommissione. Non basta. Secondo il «Telegraph», l’inglese ha chiesto un ulteriore compenso di 1,4 milioni di sterline per trasferire a Gu la mezza quota di una lussuosa villa acquistata dalla donna a Cannes, in Francia.12 Lui ha acconsentito, per un certo periodo, a fare da prestanome e mascherare i reali acquirenti della residenza. Ora che la coppia rivuole la titolarità dell’intera proprietà, chiede soldi. In Cina, ovviamente, è impensabile che un dirigente pubblico di tale rango possieda proprietà all’estero, poi addiri ura una villa in Costa Azzurra.
Da tempo, Gu Kailai è ossessionata da tu a questa vicenda, teme che le autorità di Pechino stiano indagando, mentre Bo, che pensa ancora alle sue prospe ive di ascesa politica, non le crede ma l’autorizza a trasferire all’estero una dote che serva in caso di fuga.
Heywood in alcuni colloqui, sia pur in maniera non esplicita, lascia intendere alla coppia che potrebbe fare anche delle imbarazzanti rivelazioni sui loro loschi affari.
Agli inizi di novembre del 2011, Heywood viene convocato per un incontro chiarificatore da Gu Kailai, la quale al telefono si mostra disponibile ad accogliere le richieste economiche dell’uomo. In realtà, vuole che vada a Chongqing e cada nella trappola che gli ha teso. Manda a prelevarlo, con una lussuosa berlina, Zhang Xiaojun, un ex militare che da anni fa la guardia del corpo della famiglia Bo.
In seguito, si scoprirà che a quell’incontro Neil è stato avvelenato con del cianuro di potassio aggiunto a una bevanda.13
Per oltre due mesi dall’assassinio, il vasto sistema di complicità e di potere messo in piedi da Bo Xilai riesce a tenere. Nessuna notizia trapela. Le pressioni britanniche, però, aumentano, il caso viene portato all’a enzione del primo ministro David Cameron, che prome e di interessarsene. A metà gennaio del 2012 qualcuno si muove da Pechino. Nei vertici del partito matura una duplice necessità. La prima è quella di assecondare le richieste di Londra, visto che in Cina vivono migliaia di operatori economici occidentali, essenziali agli affari e allo sviluppo cinese. Se si insinuasse il convincimento che gli stranieri possono essere assassinati impunemente, questo potrebbe avere conseguenze devastanti. La seconda è di cara ere politico: i big della capitale, e tra loro c’è senz’altro il designato Xi Jinping, intravedono la possibilità di sbarazzarsi finalmente di Bo Xilai, che con la sua «sinistra neomaoista» ha scombussolato gli asse i di potere faticosamente conseguiti negli ultimi anni. L’occasione di scoperchiare gli affari e le ricchezze del teorico del pauperismo di sinistra è ghio a.
D’altronde, annebbiato dalle sue smanie di protagonismo, Bo ha compiuto errori gravissimi, eccessi imperdonabili. Con la scusa di comba ere il crimine e grazie alla presenza, a Chongqing, di eccellenze nel campo dell’information technology, ha finanziato e fa o costruire, insieme al suo braccio destro, il capo della polizia Wang Lijun, un formidabile sistema di sorveglianza ele ronica, capace di interce are ogni tipo di comunicazione, sia telefonica sia via web.
Un «grande fratello» messo a punto da Fang Binxing, genio cinese dell’informatica e futuro artefice della censura governativa su Internet. Il «New York Times» scriverà che la sorveglianza non ha riguardato soltanto i mafiosi ma è servita anche a «spiare»
funzionari pubblici, giornalisti e intelle uali. Bo Xilai voleva sapere cosa pensassero e dicessero di lui, e aveva fa o «ascoltare» tu i i leader nazionali del partito ogniqualvolta si erano recati a Chongqing; le interce azioni – fa o intollerabile e gravissimo – si erano spinte fino a Hu Jintao.14
La situazione diventa insostenibile, Pechino ordina un’ispezione disciplinare, che in una prima fase investe sopra u o Wang Lijun.
Il 6 febbraio accade l’impensabile. Wang, che ha il fiato sul collo degli ispe ori di Pechino, ma sopra u o teme di essere ucciso oppure di diventare il capro espiatorio dell’intera vicenda, si rifugia nel consolato degli Stati Uniti a Chongqing. Si apre una tesissima tra ativa tra Pechino e Washington che va avanti per quasi due giorni. I cinesi minacciano dure ritorsioni, gli americani chiedono garanzie sulla vita del loro ospite. In quelle ore Wang rilascia una lunga dichiarazione filmata ai diplomatici americani e agli uomini della Cia. Poi, di sua spontanea volontà abbandona il consolato e viene prelevato dagli agenti del ministero della Sicurezza dello Stato (i servizi segreti interni che dipendono dal vertice del Partito), i quali lo conducono a Pechino. Alla stampa viene de o che il capo della polizia è a riposo e in cura per stress da lavoro. Con gli americani le autorità cinesi si impegnano a salvaguardare l’incolumità di Wang Lijun, ma avvertono che, in ogni caso, lo processeranno. Verrà condannato a quindici anni, una pena tu o sommato lieve, tenuto conto del contesto e della situazione, che avrebbero condo o altri al patibolo.
Da quel giorno gli eventi si susseguono a catena. L’8 marzo si apre a Pechino l’Assemblea nazionale del popolo, Bo Xilai è l’unico dei venticinque membri del Politburo a essere assente. Il 15 marzo arriva il primo grave provvedimento, Bo Xilai è rimosso da segretario del partito di Chongqing, anche se resta componente del Politburo.
Ora le indagini si fanno serie: viene arrestato il capo del partito di Nan’an, Xia Zeliang, fedelissimo di Bo, che confessa di aver preparato lui il veleno. Il 10 aprile, dopo un lungo silenzio, arriva la prima dichiarazione dell’agenzia di stampa ufficiale Xinhua: «La nuova inchiesta procede e ha accertato che il ci adino britannico Neil Heywood è vi ima di un omicidio, di cui la moglie di Bo, Gu Kailai e la guardia del corpo di famiglia, Zhang Xiaojun sono fortemente sospe ati».15
È la prima volta che una fonte governativa amme e l’assassinio eccellente. Quello stesso giorno, Bo Xilai viene sospeso dal Comitato centrale del partito e dal Politburo, in a esa degli esiti dell’indagine su «gravi violazioni disciplinari». Poco dopo, la vedova di Heywood, Wang Lulu, con i suoi figli piccoli varca l’ingresso dell’ambasciata britannica di Pechino e chiede di poter raggiungere il Regno Unito perché teme per la sua famiglia. Le autorità cinesi schierano un cordone di polizia, le consentono l’accesso alla sede diplomatica ma non di incontrare i giornalisti.
Oramai in Cina è esploso il «caso Bo Xilai», il più grande scandalo dai tempi della vicenda di Lin Biao. Non si parla d’altro, le informazioni sono scarse ma i siti in lingua cinese gestiti all’estero pubblicano ampi resoconti. Il caso è sopra u o un terremoto politico, perché anche dopo la defenestrazione il consenso di cui gode Bo Xilai rimane alto. Sono in molti a credere che le accuse di corruzione siano solo una montatura orchestrata dai vertici del regime per tagliare la testa al gruppo neomaoista e alle speranze di sinistra di cui era portavoce. Pechino controlla accuratamente la diffusione di notizie, comprese quelle in Rete, sei persone vengono arrestate con l’accusa di rumourmongering, cioè di aver alimentato la tesi del complo o contro Bo. Se un qualsiasi utente digita il nome Bo su Sina Weibo, il popolarissimo sito di microblogging cinese, a metà tra Twi er e Facebook, e adoperato da circa il trenta per cento della popolazione, compare la frase: «Nel rispe o delle disposizioni di legge i risultati di ricerca per Bo non sono disponibili». Anche in seno al Comitato permanente le posizioni non sono univoche: Zhou Yongkang difende Bo Xilai e frena sulle decisioni più drastiche,
anche se poi, se imane dopo, correrà in lacrime da Hu Jintao a dissociarsi dal suo prote o. Xi Jinping, invece, intravede una straordinaria occasione per a ivare un regolamento di conti che liquidi la fazione di sinistra.
In Cina gli scontri politici – come nella tradizione dei mandarini – si consumano nelle segrete stanze del potere. Questa volta, invece, c’è una condanna pubblica per chi ha deviato. Durante la conferenza stampa annuale, il premier Wen Jiabao parla esplicitamente di una velleitaria Rivoluzione Culturale posta in essere da Bo in nome della sua linea della «cultura rossa».
Il 28 se embre 2012 Bo Xilai è espulso dal Partito comunista
Il 28 se embre 2012 Bo Xilai è espulso dal Partito comunista