«Lobby e democrazia sono strettamente legati, nel senso che l’estensione dell’attività di lobby è proporzionale a due grandi processi di sviluppo democratico:
58 Cfr. LUPO N., Verso una regolamentazione del lobbying anche in Italia? Qualche osservazione
preliminare, cit. : «Sempre a proposito dell’ordinamento comunitario, vorrei sottolineare che la
possibilità di agire a più livelli istituzionali (comunitario, nazionale, regionale, e spesso anche provinciale e comunale) è, per il lobbista, un evidente vantaggio: è cioè un elemento che agevola la pressione che esso esercita sul decisore politico. Certo, i processi decisionali a più livelli rendono più complesso il lavoro del lobbista, ma al tempo stesso fanno sì che sia sempre più necessario il supporto del lobbista nei confronti di un parlamentare, che controlla molto meno il processo decisionale di quanto non lo controllasse qualche decina di anni or sono. Ma, soprattutto, un processo decisionale così articolato consente al lobbista di giocare su più tavoli: e una volta che anche su uno solo di quei tavoli ha trovato spazio, diventa molto più facile far valere quella posizione anche su altri tavoli.»
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lo Stato sociale e l’articolazione della decisione pubblica»59. La letteratura e la stragrande maggioranza degli studi condotti sulle lobbies riconducono l’emergere del fenomeno lobbistico all’evoluzione dei sistemi democratici e sostengono, pertanto, l’esistenza di una stretta relazione tra l’assetto del sistema politico e le realtà connesse alla rappresentanza di interessi organizzati.
Il fatto che non in tutti i regimi democratici siano pienamente riconosciuti e considerati parte integrante del processo decisionale e politico non significa infatti che i gruppi di pressione non possano essere ritenuti organizzazioni e gruppi sociali tipici dei sistemi democratici. Al contrario, sono connaturati ad essi e considerati parte di una democrazia la cui essenza implica un’attività deliberativa, riservata al circuito democratico – rappresentativo, nonché un’attività di tipo istruttorio che, invece, è informativa e aperta al confronto, consentendo cioè il giusto spazio all’intervento ed al contributo degli interessi. D’altra parte, è solo in questi sistemi che si verificano le condizioni perché ciò sia possibile e si crei, cioè, l’effettiva opportunità per i gruppi di interesse di nascere, organizzarsi ed esercitare pressione60.
La rappresentanza degli interessi presuppone dunque la permanenza di una democrazia aperta e pluralista, un modello di governance pubblica animata da soggetti diversi e che si distingue per una adeguata rappresentazione di differenti
59 TRUPIA P., La democrazia degli interessi, cit., p. 176. In tal senso si veda anche PETRILLO P.L., Democrazie sotto pressione, cit., pp. 1 ss. «Il passaggio dallo Stato liberale allo Stato sociale ha fatto crescere le aspettative della cittadinanza più attiva, spingendo molti ad organizzarsi per divenire portatori, presso i decisori pubblici, di interessi particolari» e PETRILLO P. L., Le lobbies
della democrazia e la democrazia delle lobbies, cit. pp 1 ss.
60 Ciò premesso e acquisito, è infatti noto che tali condizioni non sono solite verificarsi nei regimi di tipo autoritario, ovvero «senza negare l’esistenza di gruppi informali nei sistemi politici autoritari e totalitari, siamo qui in presenza abitualmente di gruppi che cercano di controllare, […], il governo e cioè una lotta per il potere più che una lotta per incidere sul processo decisionale; in secondo luogo, esiste abitualmente in questi sistemi una “parte” guida che può essere la burocrazia partitica o la burocrazia militare o la burocrazia tout court e scarsa è l’autonomia degli altri gruppi, cosicché, in terzo luogo, la libertà di associazione è quasi sempre unicamente formale. In definitiva, anche se non si può negare che il processo di industrializzazione e di modernizzazione crei nei sistemi autoritari e nei sistemi totalitari associazioni formali e informali […] è tuttavia scorretto denominare questi gruppi, gruppi di pressione in quanto sono assenti le condizioni fondamentali di autonomia dei gruppi e di possibilità effettiva di incidere sul processo decisionale.» in PASQUINO G., Gruppi
di pressione, cit. p. 425. Sulla relazione esistente tra lobby e democrazia si veda anche PETRILLO
P. L., Lobbies. Le norme ci sono, basterebbe applicarle, in www.brunoleoni.it, sezione IBL Focus, 5 luglio 2011, p. 1.
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istanze. In questo quadro, caratterizzato da un gioco di influenze in cui, per garanzia democratica, assumono una certa rilevanza le modalità di informazione pubblica e le condizioni di accesso alle sedi decisionali, i gruppi di pressione contribuiscono al buon funzionamento del sistema democratico, lo facilitano in termini di tempi e di semplificazione, fungono da strumento di mediazione.
Assunto ciò, risulta purtroppo problematico rintracciare un possibile aneddoto per fare in modo che questo si verifichi, e cioè che i gruppi di pressione conferiscano equilibrio, consentano effettivamente lo sviluppo del sistema democratico e non fungano, al contrario, da fattore destabilizzante e degenerativo; la loro attività dovrebbe cioè garantire minore segretezza, una certa democraticità interna ed una regolamentazione esplicita della propria attività.61 La questione dei gruppi di interesse è, sì, intrinseca alla democrazia, ma porta con sé delle resistenze connesse alla natura ambivalente del fenomeno, che si configura al tempo stesso come problema, da una parte, e come soluzione, dall’altra, per il buon funzionamento di uno Stato democratico62. Ciò sta a voler dire che se, da un lato, il sistema democratico è obbligato e vuole rappresentare determinati interessi, dall’altro, è spinto a volersi e doversi difendere da quegli stessi interessi che, in maniera organizzata, possono prevalere nelle dinamiche del processo decisionale e alterare equilibri e gerarchie proprie del sistema.
È questo tipo di meccanismi che richiede forse un surplus di regolazione; regolazione basata su quei principi di partecipazione e trasparenza che costituiscono le condizioni essenziali affinché venga a formarsi una decisione pubblica, operativa
61 Cfr. ivi, p. 426.
62 Cfr. GUZZETTA G., I gruppi di interesse come problema e come soluzione nello stato
contemporaneo, in www.ildirittoamministrativo.it, Rivista giuridica, sezione Temi e Dibattiti, studi su “La regolamentazione dell’attività delle lobbies. I gruppi di pressione nell'ordinamento
italiano”, 24 agosto 2011, pp. 1 ss. Il presente contributo riproduce l’intervento al convegno sul tema “L’attività di lobbying tra trasparenza e partecipazione”, tenutosi a Roma il 17 febbraio 2011,
organizzato dall’Università di Tor Vergata di Roma, dalla Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione e dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri: «Un recentissimo studio dell’OCSE [2009] su Regolazione e autoregolazione della
professione di Lobbying, esordisce sottolineando, anche alla luce degli interrogativi posti dalla crisi
finanziaria globale, che “negli anni recenti, la regolazione del lobbying è diventata una delle principali preoccupazioni delle moderne liberal-democrazie. Gli Stati [cioè] che fondano la propria esistenza sulla fiducia e sul sostegno dei cittadini si stanno accorgendo con sorpresa che potrebbero perdere entrambe”.»
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ed efficace, in un ordine compiutamente democratico. «La lobby, in questo quadro, altro non è che una tecnica di negoziazione», scrive Trupia, «È democratica, come la partecipazione che operativizza, se rispetta le regole del gioco, tra cui, in primo luogo, la trasparenza e la tutela del Terzo, tutela non soltanto passiva o cognitiva, ma attiva e interventista.»63.
3.5 Esiste davvero la lobby trasparente? La trasparenza
intesa come strumento delle lobbies
Nel panorama descritto, appare acquisita la necessità di considerare il principio della trasparenza64 come elemento cruciale su cui il processo decisionale, nell’ambito del quale le lobbies si muovono, deve fondarsi.
La decisione pubblica nasce infatti dal confronto tra interessi differenti, che deve avvenire secondo regole giuridiche che costituiscono un valore aggiunto nel momento in cui sono in grado di garantire la trasparenza del processo di condivisione degli interessi65. Nel nostro Paese non sembra sia essere questo l’atteggiamento diffuso: si pensi alla mancata definizione di specifiche procedure di rendicontazione e pubblicità che alimentino inevitabilmente il deficit del sistema
63 TRUPIA P., La democrazia degli interessi, cit., p. 119.
64 Si richiama, tra gli altri, in particolare, BALDASSARE A., Prefazione, in MAZZEI G., Lobby
della trasparenza. Manuale di relazioni istituzionali, Centro di documentazione giornalistica, Roma,
2003, pp. 9-12.
65 A proposito si veda anche LUPO N., Verso una regolamentazione del lobbying anche in Italia?
Qualche osservazione preliminare, cit., p. 2, «In questi ultimi anni, ci si accorge che queste
caratteristiche del nostro ordinamento giuridico stanno venendo un po’ svuotate dal di dentro. Dovendo individuare la causa prevalente di questo processo di svuotamento direi che probabilmente esso costituisce, con ogni probabilità, uno dei tanti effetti derivanti dalla sempre maggiore rilevanza dell’ordinamento comunitario. I caratteri di quest’ultimo, infatti, nascono dal confronto e dalla mescolanza di una molteplicità di culture giuridiche, tra cui figurano quella anglosassone e quella dei paesi scandinavi, che non hanno le stesse origini della cultura giuridica francese ed italiana. Non a caso, nell’ordinamento comunitario il fenomeno del lobbying non soffre di quel pregiudizio negativo che, invece, come prima si accennava, incontriamo in Italia. Ho la sensazione che questi processi, ed in qualche misura il diffondersi delle società di lobbying in Italia, siano legati all’ordinamento comunitario.»
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in termini di trasparenza del processo decisionale, per non parlare delle disposizioni vigenti in materia di accesso alle sedi parlamentari66.
In linea generale, possiamo forse affermare che l’efficacia di un’azione di lobbying è direttamente proporzionale alla credibilità delle informazioni che si trasferiscono ed alla fiducia che il decisore pubblico ripone nell’interesse rappresentato. Tale attività rende più trasparente il processo politico, anche se non riduce il vantaggio di cui possono godere alcuni gruppi rispetto ad altri.
Il quesito che in questa sede potrebbe essere lecito porsi è se esista davvero la lobby trasparente. O meglio, è forse più corretto, anche se più scettico, ipotizzare che la trasparenza, più che una caratteristica necessaria, sia da interpretare come uno strumento delle lobbies; una sorta di alibi per il lobbista che in realtà, a prescindere da una possibile regolamentazione, anche minima, che possa dare una parvenza di trasparenza all’attività che svolge, vive nel “segreto della propria bottega” e ne è soddisfatto, perché è anche ciò che, in parte, amplifica l’effetto della propria azione di lobbying e contribuisce a renderla efficace.