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L’influenza dei gruppi di interesse tra imprese e decisore pubblico

Nel documento LUISS GUIDO CARLI (pagine 46-49)

Nel presente capitolo si intende approfondire un particolare e singolare aspetto dell’autoregolamentazione che, muovendo dall’esigenza di normare il comportamento di una determinata categoria di soggetti in relazione ad una specifica attività, è caratterizzata da una maggiore specificità ed uniformità rispetto alla legge. Ciò implica che l’autoregolamentazione dovrebbe essere avulsa da quei meccanismi di pressione che i rappresentanti di interessi particolari, in base al potere che detengono, esercitano sul sistema delle norme a livello statale; queste, infatti, a volte, nel rappresentare l’interesse generale, sono anche il frutto di un compromesso tra quest’ultimo e gli interessi particolari di determinate categorie. La self-regulation, dunque, diventa uno strumento in grado, da un lato, di migliorare la qualità della regolazione delle imprese nella tutela dei consumatori/utenti e dei loro diritti; dall’altro, di limitare le pressioni dei gruppi di interesse. Questi ultimi, talvolta, possono insinuarsi anche nella formazione di strumenti di autoregolamentazione, ed è in questa fase, pertanto, che la self-regulation può essere impropriamente utilizzata, dalle stesse imprese che ne promuovono l’adozione, per mascherare interessi privati.

Come è noto, lo stesso procedimento legislativo può essere considerato come un’occasione per la diffusione di pratiche corruttive, all’interno del quale favorire l’adozione di atti attraverso i quali ottenere benefici concentrati e costi

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diffusi, rappresentando con ciò una chiara manifestazione della rilevanza degli interessi organizzati nella produzione legislativa.

In primo luogo, le consultazioni rappresentano uno strumento in mano ai regolatori al fine di ricevere preziosi contributi e feedback sui contenuti della bozza di regolazione da parte degli stessi regolati – imprese, cittadini e amministrazioni pubbliche – al fine di arricchire e completare l’iter normativo e, al contempo, ottenere le reazioni (anche inattese) degli stessi destinatari.

La cd. “cultura della consultazione” è considerata uno strumento cruciale per incrementare la legittimità e la qualità della regolazione e rimediare alle “disfunzioni originarie” della democrazia, di cui è stata raccomandata l’implementazione da parte dell’Ocse mentre l’Unione Europea ne ha da tempo disciplinato principi e modalità di svolgimento. Sebbene le consultazioni siano utilizzate in varie forme e modalità nei diversi Stati membri, sembra possibile individuare due aspetti critici presenti nelle diverse esperienze applicative e cioè la discrezionalità della scelta dei consultati (intesa come loro effettiva rappresentatività) e, al contempo, l’efficacia dei loro suggerimenti.

Infatti, se l’obiettivo è quello di migliorare la qualità delle politiche, accrescere la partecipazione dei destinatari, così come la trasparenza del processo decisionale nel suo complesso, ciò che rileva è la necessità di effettuare ampie consultazioni (e non solo degli ambienti più interessati), rendere pubblici i risultati delle rilevazioni e utilizzare efficacemente i contributi ricevuti.

A tal riguardo, la Commissione europea ha riaffermato i requisiti minimi al fine di rispondere all’esigenza di evitare «il rischio che i politici si limitino ad ascoltare argomentazioni unilaterali oppure di determinati gruppi che si assicurino accesso privilegiato in base a interessi settoriali o alla cittadinanza, il che costituisce un punto debole del metodo attuale delle consultazioni ad hoc»41.

Invero, nel caso cui si manifesti la prevalenza degli interessi di una sola parte dei regolati rispetto alla partecipazione dei portatori di interessi diffusi, la motivazione andrebbe ricercata al di fuori delle procedure di consultazione o dei

41Si veda COMMISSIONE EUROPEA, La governance europea. Un libro bianco, Bruxelles, 5.8.2001, COM (2001) 428, in www. Europa.eu.int.

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canali tradizionali della rappresentanza, rilevando che «la determinazione del contenuto della scelta pubblica si gioca sul piano delle pressioni informali nei confronti del legislatore che su quello delle procedure di consultazioni istituzionalizzate»42.

Peraltro, a fronte di un contesto politico-costituzionale dell’Unione, nel quale si evidenzia una serie di fratture (cleavages) non del tutto ricomposte sotto vari profili – tra cui il problema della legittimazione democratica diretta degli esecutivi, l’assenza di partiti politici europei in senso tradizionale e così via – si sono sviluppate le condizioni per la partecipazione di soggetti estranei al cd. circuito democratico e in specie per la diffusione dell’operato dei gruppi di pressione. Ciò sembra determinare un successivo fattore di rischio legato al grado di impermeabilità della regolazione e dello stesso processo legislativo alla pressione delle lobbies.

In secondo luogo, la questione del lobbying – distinta almeno inizialmente dalla vera e propria cattura e dalla corruzione in senso stretto – rappresenta una sorta di travalicamento degli argini e limiti posti dalle procedure di consultazione. Quindi, spostando l’attenzione dalla strumento normativo delle consultazioni e dai suoi deboli paletti, alla disciplina europea dei gruppi di pressione, sembra possibile ricavare un quadro di regole il cui tentativo di fondo sarebbe quello di promuovere la trasparenza del processo decisionale europeo e creare “less formalised contacts with interested parties”.

Si osservi che, di recente, a livello dell’Unione, è stato sottoscritto nel 2014 un accordo interistituzionale tra Parlamento europeo e Commissione, con il quale si è proceduto ad istituire sia un “Registro per la Trasparenza”, al fine regolamentare le modalità di partecipazione dei gruppi di pressione ai processi di produzione normativa comunitaria, prevedendo una serie di diritti e obblighi in capo ai lobbisti, sia un codice di condotta, il quale detta una serie di regole di comportamento per i lobbisti, stabilendo altresì un livello graduale di sanzioni in caso di violazioni.

42 A. CARDONE, La qualità della normazione nella prospettiva dell’integrazione costituzionale

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A fronte degli scandali che, in diverse forme, hanno colpito l’Unione europea, sembra potersi condividere l’opinione espressa da autorevoli giuristi ed esperti in materia circa la permeabilità (fragilità) delle regole adottate per affrontare le patologie connesse all’influenza dei portatori di interesse.

In primo luogo, si noti la presenza del fenomeno delle cd. “porte girevoli” (revolving doors), che è considerato un importante meccanismo di cattura dei regolatori, intendendo con ciò la possibilità da parte dei politici e decisori pubblici, al termine del proprio mandato, di assumere incarichi nel mercato privato, tramutandosi così in efficaci lobbisti in virtù delle proprie conoscenze e influenze.

Nel documento LUISS GUIDO CARLI (pagine 46-49)

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