• Non ci sono risultati.

In guisa di conclusione, attorno ai concetti di corpo

Collegamenti con lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel diritto dell’integrazione europea

6 In guisa di conclusione, attorno ai concetti di corpo

e rappresentanza: apparato di governo, ambito territoriale di esercizio delle competenze, base sociale

Il criterio di collegamento più stretto di una determinata fattispecie trans-nazionale con un ordinamento giuridico dato merita, anche e soprattutto dalla prospettiva degli ordinamenti integrati in ordinamento unico (supra, par. 2, alla fine), qualche considerazione ulteriore sull’apprezzamento del-l’«attacco sociale» di un individuo (supra, par. 4, inizio) in un ordinamento ai fini della rappresentanza politica (Rinoldi 2008b).

Dalla Magna Charta Libertatum col principio habeas corpus integrum, propulsivo dello sviluppo, dell’ampliamento e della diffusione del movi-mento che nell’area dell’Europa occidentale ha portato alla definizione del-l’«età dei diritti» (Bobbio 1990; Rinoldi 2008a, p. 782), va messa attenzione su natura e rappresentatività dell’apparato di governo di una collettività sociale o meglio, seguendo l’indirizzo sopra proposto (supra, par. 1), di una comunità (magari in divenire). Dal corpo individuale al corpo elettorale: più che di passaggio da una forma all’altra si può parlare di estensione e completamento dei diritti in capo alle persone.

Così, nello spazio costituzionale europeo, integrato e multilivello, si ar-ticola un diversificato ma strettamente coordinato apparato competente a governare un vasto territorio geografico, al quale la disciplina da esso stesso prodotta si rivolge in modo anche differenziato, ovvero secondo una geometria variabile (Rinoldi 2008b, par. 1).

La nostra Corte costituzionale si è espressa sottolineando come «il nuovo orizzonte dell’Europa e il processo di integrazione sovranazionale nel quale l’Italia è impegnata abbiano agito in profondità sul principio di sovranità, nuovamente orientandolo ed immettendovi virtualità interpretative non

tutte interamente predicibili».57 Di conseguenza la Corte ritiene che «la

progressiva erosione della sovranità nazionale sul piano internazionale,

56 Sent. ult. cit. (corsivo aggiunto).

57 Corte Cost., sentenza 10 aprile 2002 n. 106, par. 3 (corsivo aggiunto). Non troppo ‘pre-dicibile’ era così la successiva attività della Corte costituzionale stessa – forse proprio in considerazione dell’affermarsi di quell’ordinamento integrato e multilivello sviluppato dal processo di integrazione europea e dalle limitazioni da questo determinate alla sovranità nazionale – con cui essa per la prima volta ha rinviato una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia delle allora Comunità europee (ordinanza n. 103 del 2008) in relazione a un ricorso in via principale da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, e poi, in relazione a un ricorso incidentale proveniente da un giudice ordinario, ha confermato l’attitudine con ordinanza n. 207 del 2013.

Trasformazioni e crisi della cittadinanza sociale

138 Rinoldi. Cittadinanze: dalle merci alle persone

specialmente in conseguenza della graduale affermazione del processo di

integrazione europea, peraltro nell’ambito di quanto espressamente

pre-visto dall’art. 11 della Costituzione»,58 vada configurata anche in relazione alla base sociale sottostante a tale processo, erosione da cui procede o a cui deve essere rapportata l’esigenza espressa dall’endiadi «libertà, sicu-rezza e giustizia».

Riguardo alla base sociale – prima ancora della verifica della presenza in Europa della nozione di popolo, già al singolare, o di popoli, ancora al plura-le – è pertinente l’individuazione, non meramente riducibiplura-le all’espressione generica di popolazione europea, della sua composizione, con qualche ulte-riore considerazione sull’organizzazione democratica che fondi, secondo i princìpi dello Stato di diritto, la quotidiana libertà degli individui costituen-ti il popolo assorcostituen-tita dai limicostituen-ti che la concreta realizzazione di quest’ulcostituen-tima deve sopportare nel contesto dell’affermazione dei diritti dell’uomo.

La lettura costituzionale dell’integrazione giuridica internazionale nel nostro continente non può prescindere dalla considerazione dei rapporti fra «costituzione europea»59 e costituzioni nazionali,60 senza con ciò enfa-tizzare un’importanza determinante del potere costituente espresso da as-semblee popolari, al quale vada riferita la «quasi sacra natura dell’integrità costituzionale di uno Stato membro» (Weiler 2000, p. XIX). La constatazio-ne del fatto che la sovranità popolare si dispiega in quest’ultimo ambito, ed è quindi ritenuta incapace di dislocarsi o comunque prolungarsi in quello della cooperazione istituzionale europea, non può non essere messa in dubbio da dinamiche storiche dove il potere costituente si manifesta senza necessariamente fondarsi sulla volontà popolare espressa da un’apposita assemblea di cui tale volontà sia diretta emanazione.

Così, se si può da un lato comprendere l’artificiosità di soluzioni come quella italiana volta a indire, con legge costituzionale, un referendum (pur attuato con successo) «di indirizzo sul conferimento di un mandato costi-tuente al Parlamento Europeo che sarà eletto nel 1989»61 (Chimenti 1999), da un altro lato i Trattati europei possiedono natura pattizia,62 la quale

58 Corte Cost., sentenza 24 ottobre 2007 n. 365 (corsivo aggiunto).

59 Parla di «principi fondamentali sui quali si basa la costituzione stessa dell’Unione» e che sono in particolare riconducibili alla cittadinanza europea e alla tutela dei diritti dell’uomo Pocar 2004, p. 100,

60 Sul ‘peso’ delle costituzioni nazionali (che si traduce nel rispetto delle identità nazio-nali, nonché nel ruolo che le tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri assolvono in quanto fonte di ispirazione per la Corte ai fini della rilevazione dei principi generali del diritto dell’Unione) vedi Rinoldi 2008b, parte I.

61 L. cost. 3 aprile 1989, n. 2.

62 Sull’irrinunciabile natura pattizia dello stesso Trattato che adotta(va) una Costituzione per l’Europa vedi la presa di posizione del Tribunal constitucional spagnolo (Tdc 1/2004) del 13 dicembre 2004, nonché la pronuncia del Conseil constitutionnel francese (2004-505

potrebbe di per sé risultare tanto capace di comprimere il possibile mani-festarsi del potere costituente, quanto inidonea a impedirlo per effetto di un’evoluzione storica progressiva. Il potere costituente del popolo tedesco alla fine della Seconda guerra mondiale si è certo affermato in un lasso di tempo assai più breve dell’oltre mezzo secolo di costruzione dinamica co-munitaria, ma era praticamente inesistente al momento dell’approvazione di una Legge fondamentale contrattata (con quale – ridotto – peso politico lo si può immaginare!) con le autorità di governo di Stati occupanti ed espressa da un organo assembleare nazionale di rappresentanza popolare (locale o regionale) soltanto indiretta (Bonini 2001).63

Del resto, ancora la Corte costituzionale ha ulteriormente sottolineato che «[l]’articolo 1 della Costituzione, nello stabilire, con formulazione netta e definitiva, che la sovranità ‘appartiene’ al popolo, impedisce di ritenere che vi siano luoghi o sedi dell’organizzazione costituzionale nella quale es-sa si poses-sa insediare ees-saurendovisi. Le forme e i modi nei quali la sovranità del popolo può svolgersi, infatti, non si risolvono nella rappresentanza, ma permeano l’intera intelaiatura costituzionale: si rifrangono in una molte-plicità di situazioni e di istituti».64 La questione è quella dell’intelaiatura

Dc) del 19 novembre 2004 (in http://www.associazionedeicostituzionalisti.it; vedi spe-cificamente, rispettivamente, il par. I, punto 2, lett. b, e il par. 9). In dottrina fra i tanti ci si limita a richiamare: Picchio Forlati 2004, pp. 1377 sgg.; Caruso 2003, pp. 101-102.

63 Certamente non va dimenticato il fatto che la parte occidentale della attuale Germania, in cui si è applicata la Grundgesetz al momento dell’entrata in vigore, è stata infine lasciata dagli Stati occupanti all’imperio delle articolazioni di governo nazionali, mentre gli Stati membri dell’Unione Europea continuano per così dire, restando padroni dei Trattati, ad ‘occuparne’ il territorio (territorio su cui la disciplina dell’Unione – pur secondo una ‘geome-tria variabile’ – si applica); ciò accade benché l’ordinamento di tali Stati ‘si ritragga’ (Corte cost., sentenza10 giugno 1984, n. 170, Granital) di fronte agli ambiti di disciplina esclusiva dell’ordinamento dell’Unione. D’altro canto, mentre quella del popolo tedesco era (ed è) pur sempre una realtà indubitabile, non altrettanto accade per un soltanto immaginabile popolo

europeo. Con il richiamo alla sentenza Granital si allude a quanto da essa affermato circa

l’idoneità dell’ordine di esecuzione dei Trattati comunitari (in collegamento con l’art. 11 della Costituzione) di «far arretrare il nostro ordinamento dall’ambito che gli è proprio e rendere possibile l’assunzione da parte dell’ordinamento comunitario della disciplina di una serie di rapporti giuridici»: così Ballarino 1997b, p. 191. L’arretramento in questio-ne sembra rispondere a requisiti di progressività, se non ancora di assoluta definitività, dato il carattere espansivo dell’ordinamento comunitario (oggi dell’Unione) determinato dall’aumento nel tempo delle competenze che ad esso fanno capo e dei poteri delle autorità da esso espresse (Constantinesco 1974). Sull’intera questione vedi Conforti 2002, pp. 337 sgg.; Ballarino 1997b, pp. 182 sgg. Troppo nota è la già più sopra (parte I) accennata que-stione del primato del diritto comunitario e dell’Unione (anche nei complessi sviluppi circa la sua affermazione da parte dei giudici interni) e troppo vasta è la dottrina in argomento per dedicare qui a quest’ultima più di pochi richiami bibliografici: vedi Barile 1966, pp. 14 sgg.; La Pergola, Del Luca 1985, pp. 598 sgg.; Gaja 1990, pp. 83 sgg.; Oppenheimer 1994; Celotto 2003; Condinanzi 2003; nonché Pocar 2004, pp. 321 sgg. anche per altri rinvii alla dottrina in materia.

Trasformazioni e crisi della cittadinanza sociale

140 Rinoldi. Cittadinanze: dalle merci alle persone

costituzionale ampliata, conseguente alla rifrazione delle forme e dei modi di svolgimento della sovranità in molteplici istituti; è anche la questione dell’organizzazione di strutture costituzionali o parlamentari comuni agli Stati contraenti in esecuzione di un trattato (Rinoldi 2008b, nota 95).

La profondità dell’azione dell’integrazione europea sul principio di

sovra-nità ha certo inciso sulla dinamica dell’evoluzione costituzionale nazionale

pure in prospettiva internazionale.65 I poteri di governo dell’Unione sono sufficientemente strutturati e sempre più approfonditamente articolati con quelli nazionali, anche regionali e locali, secondo princìpi – come quello di leale collaborazione, dal quale originano poi altri significativi princìpi di natura strutturale e non meramente organizzativa qual è il principio di

reci-proca fiducia (Rinoldi 2008b, parte I e par. 6) – che si vanno sempre meglio

specificando nella loro attuazione concreta. La base sociale (i popoli) degli Stati membri non avverte peraltro ancora, a dispetto dell’istituzione di una cittadinanza europea comunque grandemente tributaria di quella nazio-nale, la rappresentatività dell’apparato dell’Unione (Picchio Forlati 2004, p. 1385); anzi, se ne avverte un sempre maggior distacco, pur in presenza di una costruzione istituzionale che dev’essere «il più vicino possibile ai cittadini» (supra, par. 4, inizio). Anche senza prefigurare che «il sistema costituzionale dell’Unione-apparato possa aver ragione dell’indipendenza

degli Stati membri, […] assicurando un livello di protezione dei diritti dei

singoli e dei gruppi, ovunque insediati, più soddisfacente di quello attuato oggi dagli Stati membri» (Picchio Forlati 2004, p. 1385; corsivo aggiun-to); resta comunque il bisogno che questo «apparato dell’Unione riesca a costruire una propria constituency, a darsi una base sociale» (Picchio Forlati 2004, p. 1386).

Le difficoltà di un’effettiva, compiuta, rappresentatività di tale base so-ciale emergono, più che nelle formule della rappresentanza politica diretta di cui oggi sia più o meno efficace espressione il Parlamento Europeo coi relativi poteri di iniziativa e controllo, nelle perplessità di applicazione dello stesso attuale dettato ‘costituzionale’ europeo. Le disposizioni del Trattato di Unione già dal terzultimo allargamento, a venticinque Pae-si membri,66 sono intervenute a disciplinare le modalità di acquisizione delle maggioranze in seno al Consiglio concernendo anche le decisioni a

65 Si guardi solo alla formulazione dell’art. 117 Cost. successiva alla l. cost. n. 3 del 2001. Vedi Caravita 2002; Berti 2002, pp. 147 sgg.; Bassanini, Cittadino 2003. In generale per qualche spunto nell’ottica del costituzionalista sui rapporti fra integrazione europea e Costituzione italiana vedi, tra i moltissimi contributi: Associazione Italiana Costituziona-listi 1995; Sorrentino 1992. Vedi infine i rilievi fortemente critici di Bernardini 1997, 2000.

66 Protocollo, allegato al Trattato di Nizza, sull’allargamento dell’Unione, definito «Pro-tocollo allegato al Trattato dell’Unione Europea e ai Trattati che istituiscono le Comunità europee», le quali ultime restavano – al momento dell’entrata in vigore del Trattato di Nizza, il 1° febbraio 2003 – la CE e la CEEA, dopo la scadenza del Trattato CECA il 23 luglio 2002 (vedi Nascimbene 2005, p. 168, nota 5).

maggioranza qualificata e comprendendo fra queste ultime pure casi di necessaria presenza di tanti Stati membri quanti ne «rappresentino il 62% della popolazione totale dell’Unione».67 A parte allora l’antico e già evocato dibattito sulla sostituzione di un (unico) popolo europeo ai (tanti) popoli dei Paesi membri,68 e tralasciando anche la questione del rispetto da parte dell’Unione dell’«identità nazionale [anche costituzionale] dei suoi Stati membri»,69 si pone il problema del calcolo di un nuovo dato: la «popolazio-ne totale dell’Unio«popolazio-ne».70 Il dibattito fra i Paesi membri si è articolato sulla possibilità di fare riferimento in generale alla cittadinanza statale piuttosto che alla residenza sul singolo territorio nazionale, comportando differenze di milioni di unità nel computo (notizie già in Papitto 2004, p. 17) e per-venendo ad approdi aritmetici dopo aver aggirato scogli politici fondati su diverse visioni della società e dell’evoluzione complessiva della vita di relazione internazionale.

D’altronde sono gli Stati membri, nella loro costruzione di strutture costituzionali o parlamentari comuni agli ormai ventotto Paesi aderenti all’Unione, a dare rilevanza – ad esempio nell’elezione a suffragio universa-le diretto del Parlamento Europeo – alla possibilità di voto (alla stregua di quanto accade nelle elezioni nazionali) da parte di cittadini non dell’Unione ma che vi siano residenti, com’è il caso della Gran Bretagna per apparte-nenti al Commonwealth diversi dai cittadini britannici.71 O, viceversa, sem-pre Stati dell’Unione avevano disposto esclusioni dal voto per il Parlamento

67 Protocollo ult. cit., art. 3, lett. a, b e c. Vedi oltre, nota 82 e testo cui essa si riferisce.

68 Vedi, fra le tante affermazioni rilevabili nelle fonti del diritto dell’Unione Europea, già il primo considerando del Trattato CE quanto all’«unione sempre più stretta fra i popoli europei» di cui il Trattato stesso è determinato a porre «le fondamenta» (supra, par. 1).

69 Vedi supra, nota 61. Adde artt. 4, n. 2, TUE e 67, n. 1, TFUE.

70 A quest’ultima nozione si rifà Eurostat, l’ufficio dell’Unione Europea cui è demandato il compito di raccogliere ed elaborare dati a fini statistici o variamente connessi all’attività dell’Unione.

71 La Corte di giustizia, nella sentenza 12 settembre 2006, Spagna c. Regno Unito, C-145/04, in Racc. I-7917 sgg., sottolinea che la nozione di elettore in uno Stato dell’Unione quale il Regno Unito «deve […] essere intesa facendo riferimento al concetto di elettore definito dalla normativa del Regno Unito [stesso]» (punto 62), cosicché non contrasta col diritto dell’Unione Europea il fatto che, «[p]er ragioni legate alla sua tradizione costituzionale, il Regno Unito ha scelto […] di concedere il diritto di elettorato attivo e passivo ai QCC

[qual-ifing Commonwealth citizens] in possesso di condizioni che indichino un legame specifico

con il territorio per il quale [le elezioni] sono organizzate» (punto 63), dunque anche senza avere lo status di cittadini dell’Unione (vedi punti 73 e 78). Così (punto 79), «[i]n mancanza, nei trattati comunitari, di disposizioni che indichino in modo esplicito e preciso chi siano i beneficiari del diritto di elettorato attivo e passivo per il Parlamento Europeo, non sembra che sia contraria al diritto comunitario la scelta del Regno Unito di applicare alle elezioni per tale Parlamento organizzate a Gibilterra le condizioni di voto attivo e passivo previste dalla sua normativa nazionale sia per le elezioni nazionali nel Regno Unito che per le elezioni dell’assemblea legislativa di Gibilterra».

Trasformazioni e crisi della cittadinanza sociale

142 Rinoldi. Cittadinanze: dalle merci alle persone

Europeo (o per organismi elettivi nazionali) di propri cittadini – dunque dell’Unione – a motivo, come nel caso dell’Olanda, dell’assenza di residenza o domicilio in territorio metropolitano nazionale72 (su cittadinanza e resi-denza in rapporto all’integrazione europea vedi Triggiani 2006, pp. 435 sgg.). E del resto perfino al recentissimo referendum indipendentista te-nutosi in Scozia (18 settembre 2014), hanno votato persone residenti sul suo territorio, a prescindere dal criterio della cittadinanza.

D’altro canto il Trattato di Lisbona, al proprio art. 1,73 si prefigge il «fi-ne di creare uno spazio di prosperità e buon vicinato fondato sui valori [dell’Unione]»,74 riaffermando che è «cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro» e che la «cittadinanza dell’Unione si aggiunge alla cittadinanza nazionale e non la sostituisce».75 Inoltre, all’art. 10 del Trattato di Unione ora si dispone che «1. Il funzionamento dell’Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa» e che «2. I

cittadi-ni sono direttamente rappresentati, a livello dell’Ucittadi-nione, nel Parlamento Europeo»,76 così come «gli Stati membri sono rappresentati nel Consi-glio europeo dai rispettivi capi di Stato o di Governo e nel ConsiConsi-glio dai rispettivi governi, a loro volta democraticamente responsabili dinanzi ai parlamenti nazionali o dinanzi ai loro cittadini».77 Anche i «partiti politici a livello europeo» sono menzionati in connessione con la formazione di una «coscienza europea».78

Inserendolo fra le «istituzioni dell’Unione»,79 del Parlamento Europeo – a fronte dell’art. 189 TCE che lo definiva «composto di rappresentanti dei

popoli degli Stati» (corsivo aggiunto) – il Trattato di Lisbona ha introdotto

la riforma che lo qualifica come «composto di rappresentanti dei cittadini

dell’Unione» (corsivo aggiunto).

Si tratta della volontà statuale (dei ‘padroni dei Trattati’) di non allargare

72 La Corte di giustizia, nella sentenza del 12 settembre 2006, causa C-300/04, Eman e

Sevinger, rileva come, salvo il principio della parità di trattamento, «allo stato attuale del

diritto comunitario nulla osti a che gli Stati membri definiscano […] le condizioni per il diritto di elettorato attivo e passivo per le elezioni del Parlamento Europeo facendo riferi-mento al criterio della residenza sul territorio nel quale le elezioni sono organizzate» (n. 2 del dispositivo; corsivo aggiunto).

73 Punto 10.

74 Valori enunciati ai punti 3 e 4 dell’art. 1, di modifica del Trattato UE.

75 Art. 1, punto 12. Vedi supra, par. 4.

76 Art. 10, n. 2, co. 1, TUE come scaturito dalla riforma di Lisbona (corsivo aggiunto).

77 Così il nuovo art. 10, n. 2, co. 2, TUE come previsto dal Trattato di Lisbona (corsivo aggiunto).

78 Così il nuovo art. 10, n. 4, TUE come previsto dal Trattato di Lisbona.

79 Art. 1, punto 1, del Trattato di Lisbona, ma vedi già l’art. 7 TCE precedente a quest’ul-tima riforma.

le ‘maglie’ della cittadinanza oltre quella formale per non favorire criteri di collegamento sostanziale? E che ne sarà delle leggi elettorali nazionali relative al Parlamento Europeo, mai sostituite da un testo comune volto a permetterne l’elezione «a suffragio universale diretto, secondo una proce-dura uniforme in tutti gli Stati membri o secondo principi comuni a tutti gli Stati membri»?80 Su ciò ancor oggi nulla. E come regolare la formazione della «cifra di popolazione» necessaria in vari casi, fra l’altro, all’assun-zione delle delibere di Consiglio e Consiglio europeo, con riferimento tanto al periodo transitorio la cui espirazione è disposta il 1° novembre 2014, quanto a quello successivamente previsto con scadenza al 31 marzo 2017, nonché, infine, a quello decorrente dal 1° aprile di quell’anno?81 Ad oggi la scelta pare orientata sulla base del criterio della residenza,82 com’è del

80 Art. 190, n. 4, TCE, ora art. 223, n. 1, co. 1, TFUE.

81 Riguardo al periodo antecedente l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona vedi cenni a tale cifra supra, questo paragrafo. Vedi poi l’art. 205, n. 4, TCE e, specificamente sulla cifra in questione, l’art. 11, n. 5, col rinvio all’art. 1 dell’allegato III, della decisione del Consiglio del 15 settembre 2006, 2006/683/CE, Euratom, relativa all’adozione del suo regolamento interno (in GUUE n. L 285 del 16 ottobre 2006, pp. 47 sgg.). Vedi in seguito la decisione del Consiglio del 1° dicembre 2009, 2009/937/UE (in GUUE n. L 325 dell’11 dicembre 2009, pp. 35 sgg.), che sostituisce il regolamento adottato il 15 settembre 2006 per comprendere le modifiche necessarie all’attuazione del Trattato di Lisbona (con identico rinvio da parte dell’art. 11, n. 5, del nuovo regolamento all’art. 1 dell’allegato III). Vedi quindi le decisioni del Consiglio, rispettivamente del 14 gennaio 2013 (2013/37/UE) e del 10 dicembre 2013 (2013/746/UE) recanti modifiche del suo regolamento interno (l’una è in GUUE n. L 16 del 19 gennaio 2013, pp. 16 sgg.; l’altra è in GUUE n. L 333 del 12 dicembre 2013, pp. 77 sgg.). Adde regolamento UE n. 1260/2013 del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 20 novembre 2013, relativo alle statistiche demografiche europee (in GUUE n. L 330 del 10 dicembre 2013, pp. 39 sgg.).

Oggi quella cifra va rapportata alla procedura di adozione di delibere del Consiglio che, com-portando motivata astensione di almeno un terzo degli Stati membri «che totalizzino almeno un terzo della popolazione dell’Unione», determini che «la decisione non è adottata» (art. 31, n. 1, co. 2, TUE). Mentre il Protocollo n. 4, sullo statuto del sistema europeo di banche centrali (SEBC) e della Banca centrale europea, prevede all’art. 29.1 («Schema di sottoscrizione di capitale») che la ponderazione assegnata a ciascuna banca centrale nazionale sia eguale, fra l’altro, al «50% della quota, relativa allo Stato membro di appartenenza, della popolazione dell’Unione nel penultimo anno che precede l’istituzione del SEBC». Ancora, il Protocollo n. 36, sulle disposizioni transitorie, raccorda all’ottenimento della maggioranza qualificata in seno al Consiglio la possibilità di verificare «che gli Stati membri che compongono tale maggioranza […] rappresentino almeno il 62% della popolazione totale dell’Unione» (art. 3, n. 3, ult. co.). Un richiamo alla «percentuale della popolazione degli Stati membri» è presente subito dopo