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A prescindere dalla cittadinanza

Collegamenti con lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel diritto dell’integrazione europea

5 A prescindere dalla cittadinanza

La residenza di cui tratta la giurisprudenza accennata costituisce uno sta-tus oggetto di tutela alla luce dei diritti fondamentali, come accade quando la Convenzione di salvaguardia si preoccupa di precisare che «[c]hiunque si trovi regolarmente nel territorio di uno Stato ha il diritto di circolarvi liberamente e di fissarvi la sua residenza».35

D’altra parte, se il criterio di collegamento della cittadinanza talora è oggetto di autonoma applicazione,36 e non di rado si trova arricchito da altri criteri come proprio quello della residenza,37 sempre più spesso lascia il

34 Vedi CGUE 2 marzo 2010, Rottman, C-135/08, in Racc. I-1449 sgg.

35 Art. 2, par. 1, Protocollo n. 4.

36 Supra, par. 4.

37 Nell’ambito dell’estesissima giurisprudenza sulla circolazione delle persone, la sen-tenza della Corte comunitaria del 2 ottobre 2003, Garcia Avello in causa C-148/02, che va ricordata per la sua incidenza in ambito familiare da una prospettiva internazionalpriva-tistica, enuncia, con riferimento al divieto di discriminazione in base alla nazionalità (ora art. 18 TFUE) e in caso di possesso di doppia cittadinanza di Paesi dell’Unione, il «diritto a un trattamento diverso in situazioni diverse», specificamente «il diritto alla conside-razione degli status personali acquisiti in conformità al diritto dello Stato di ulteriore cittadinanza» (la Spagna, che consente il doppio cognome) in luogo delle prescrizioni del

Paese di residenza (nonché di altra, contemporanea, cittadinanza: il Belgio) che imponga

la trasmissione ai figli di un solo cognome. La questione va inserita nell’apprezzamento, ai sensi del diritto dell’Unione, della nozione di «Stato di origine» e di «Stato di destina-zione» (vedi già Picone 1986): è riconducibile a tale binomio il riconoscimento nel Paese di destinazione della disciplina acquisita nello Stato di provenienza (secondo il principio della conservazione spaziale della regolazione di situazioni giuridiche originarie, che dunque possano mantenersi oltre i confini nazionali); sempre a tale binomio va d’altro canto ricondotta l’attribuzione della disciplina dello Stato di arrivo, ai sensi del principio d’uguaglianza con gli amministrati nazionali, a chi da diverso Stato membro proviene. E

posto a quelli – cui non osta il principio di non discriminazione – della resi-denza, del domicilio, ecc., come fa la Convenzione comunitaria di Bruxelles del 196838 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (più volte modificata nel corso del tempo),39

prevedendo che «le persone aventi il domicilio nel territorio di uno Stato contraente sono convenute, a prescindere dalla loro nazionalità, davanti agli organi giurisdizionali di tale Stato» (art. 2, corsivo aggiunto). Ugual-mente l’art. 4.1 del successivo regolamento (UE) 1215 del 2013, interve-nuto in identica materia, dispone in materia di conflitti di giurisdizione «a

prescindere dalla […] cittadinanza» delle persone convenute.40 E per un solo altro ambito di disciplina si può ricordare il regolamento (CE) 2201 del 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione del-le decisioni in materia matrimoniadel-le e di responsabilità genitoriadel-le, dove ad esempio si stabilisce, all’art. 8, che «[l]e autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adit[e]» (corsivo aggiunto), e, all’art. 9, che «[i]n caso di illecito trasferimento della residenza di un minore da uno Sta-to membro ad un altro che diventa la sua residenza abituale, la competenza delle autorità giurisdizionali dello Stato membro della precedente

residen-za abituale del minore permane in deroga all’articolo 8 per un periodo di

tre mesi dal trasferimento […]».41

l’uno e l’altro atteggiamento possono determinare, come nel caso Garcia Avello, la neces-sità di sciogliere contrapposizioni. Qui interessa la valutazione della Corte di giustizia attorno a norme e prassi nazionali di diritto internazionale privato collegate all’applicazio-ne del diritto dell’Unioall’applicazio-ne. Cosicché, «[s]ebbeall’applicazio-ne, allo stato attuale del diritto comunitario [ora: dell’Unione], le norme che disciplinano il cognome di una persona rientrino nella competenza degli Stati membri, questi ultimi, nell’esercizio di tale competenza, devono tuttavia rispettare il diritto comunitario» in questione. Ed esiste un collegamento della situazione concreta col diritto dell’Unione nel caso di «cittadini di uno Stato membro i quali soggiornino legalmente nel territorio di un altro Stato membro» (sent. cit.; corsivo aggiunto). Va dunque contro gli artt. 18 e 20 TFUE (come oggi rinumerati), e ostacola al contempo l’identità personale e l’integrazione sociale, il fatto che in tal caso un Paese membro respinga la richiesta volta a far sì che «figli minorenni residenti in questo Stato e in possesso della doppia cittadinanza […] possano portare il cognome [doppio] di cui sarebbero titolari in forza del diritto e della tradizione» di un altro Stato membro.

38 Vedi supra, par. 1, quanto all’aggettivo «comunitario», che qui è riferito all’ambito d’intervento dell’art. 220 del TCE quale esistente all’epoca della Convenzione suddetta e consente il richiamo del notissimo studio Goldman 1971, pp. 8 sgg.

39 La Convenzione è stata poi affiancata, fra gli Stati membri dell’Unione Europea, dal re-golamento (CE) 44/2001 in identica materia, al quale seguirà, dal 10 gennaio 2015, l’applica-zione del regolamento (UE) 1215/2012 emanato sul fondamento dell’art. 81 TFUE, compreso nella disciplina dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia di cui ampiamente s’è detto.

40 Vedi supra, nota 40 (corsivo aggiunto).

Trasformazioni e crisi della cittadinanza sociale

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Nuovamente può allora farsi cenno alla compresenza di diritto pubblico e privato nel nostro campo d’indagine, nonché alla complementarità fra Convenzione di salvaguardia e Unione Europea in materia di disciplina dello status personae e di reciproca competenza in ambito tanto inter-nazionalprivatistico quanto giuspubblicistico (sull’incidenza anche in-ternazionalprivatistica della Convenzione di salvaguardia Carella 2009). Princìpi del diritto comunitario e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo si trovano del resto a prevalere assieme in via generale su quelli enucleati da altri strumenti pattizi internazionali, come la Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori,42 quando in specie una libertà fondamentale, come quella di una madre di circolare col proprio figlio sul territorio di uno Stato diverso da quello di residenza, non determina la violazione (come preteso dalla Convenzione dell’Aja) di un diritto di custodia ma integra solo la violazio-ne di una modalità accessoria di suo esercizio, qual è quella stabilita in una sentenza di divorzio di mantenere il minore sul territorio di un Pae-se determinato. Questa ‘modalità accessoria’ non va nel caso garantita «pouvant apparaître comme contraire aux dispositions de la Convention européenne de sauvegarde des droits de l’homme [art. 2 du 4ème Proto-cole]43 et à celles du Traité [communautaire] de Rome, visant à supprimer pour les marchandises mais aussi pour les hommes les frontières au sein de l’Union européenne».44

Può essere che si stia assistendo in Europa a una ‘reinvenzione’ dello ius

commune;45 certo si tratta di una prospettiva che non può non trovarsi ad affrontare frizioni e distonie nel coordinamento stesso fra le diverse pro-prie modalità espressive. È il caso della sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo che recentemente ha dichiarato la violazione dell’art. 8 della Convenzione, sul rispetto della vita privata e familiare con riguardo in specie al superiore interesse dei minori d’età, per avere il nostro Stato

decisione sul diritto di visita resa in detto Stato membro prima del trasferimento del minore, quando il titolare del diritto di visita in virtù della decisione sul diritto di visita continua a risiedere abitualmente nello Stato membro della precedente residenza abituale del minore».

42 La Convenzione in questione scaturisce dal lavoro della Conferenza dell’Aja di diritto internazionale privato, organizzazione intergovernativa continentale a vocazione territoria-le più estesa che dal proprio specifico ambito di competenza può essere accostata a Unione Europea, Consiglio d’Europa e OSCE (vedi supra, par. 2) nell’affermazione di princìpi comuni dell’integrazione europea. Vedi Mosconi, Rinoldi 1988.

43 Vedi supra, nota 36 col testo cui essa si riferisce.

44 Tribunal de grande instance du Périgueux (1ère Ch. Civ.), arrêt 17 mars 1992, Rec.

Dalloz, 1992, p. 316.

45 Vedi Delmas Marty 1996, con le prospettazioni filosofico-giuridiche di Tebaldeschi 1983, e con quelle politologiche di Schmitt 1994. Tutto ciò a dispetto delle mistificazioni cui fin dal titolo di questo studio si fa cenno.

applicato proprio il regolamento 2201 del 2003 ordinando il ritorno dal pa-dre, in Italia, di un minore portato dalla madre lettone nel Paese baltico.46

Pensando al fatto che quel regolamento dà applicazione alla rammentata Convenzione dell’Aja del 1980, pur integrandola con proprie disposizioni47 e manifestando su di essa prevalenza nei rapporti fra gli Stati membri che ne siano contraenti,48 da un lato si ha conferma del controllo esercitato dalla Corte di Strasburgo – ai sensi della Convenzione di salvaguardia – sull’ap-plicazione di altri strumenti pattizi internazionali quali la Convenzione dell’Aja suddetta,49 dall’altro lato ci si deve confrontare con la determina-zione della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di non escludere dal proprio vaglio la stessa applicazione di strumenti espressione dell’integrazione giuridica comunitaria, pur «dans le cadre d’une application combinée et harmonieuse des textes internationaux».50

46 Sentenza (definitiva) del 12 luglio 2011, Šneersone e Kampanella c. Italia, ric. n. 14737/09. Le frizioni o distonie cui s’è accennato nel testo potrebbero continuare (con riferimento alla questione delle «prospettive di ordinamenti integrati in ordinamento unico»: supra, par. 2) ad esempio menzionando l’ancor più recente applicazione concreta della teoria dei controlimiti di cui s’è a lungo parlato nell’ordinamento italiano fra l’altro a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 170 del 1984, cit.: così almeno valuta Conforti 2013b, pp. 527 sgg., dovendosi comunque tener presente che la decisione della Consulta n. 264 del 2012, oggetto di siffatta considerazione, concerne l’applicazione in Italia della Con-venzione europea dei diritti dell’uomo in una puntuale interpretazione che del suo art. 6.1 fa la Corte di Strasburgo (sentenza – definitiva – del 31 maggio 2011, Maggio c. Italia, ric. n. 46286/09 e altri).

47 17° considerando del reg. 2201 del 2003 (vedi anche considerando 18° e artt. 11, 42 e 62).

48 Art. 60, lett. e, reg. 2201 del 2003. La Danimarca non è vincolata dal regolamento né soggetta alla sua applicazione (considerando 31°); al contrario Regno Unito e Irlanda hanno notificato l’intenzione di partecipare alla sua adozione e applicazione (considerando 30°).

49 Vedi recentemente Corte EDU 23 novembre 2013 (Grande Chambre), X. C. Lettonia del ric. n. 27853/09, dichiarativa (con una maggioranza di nove giudici contro otto) della violazione dell’art. 8 della Convenzione di salvaguardia valutando l’assenza di un esame approfondito di tutti gli elementi pertinenti all’atto di adozione di una decisione giudiziaria lettone di ritorno in Australia di un minore, in applicazione della Convenzione dell’Aja. Vedi anche Corte EDU 6 luglio 2010 (Grande Chambre), Neulinger e Shuruk c. Svizzera, ric. n. 41615/07, che afferma la contrarietà all’art. 8 della Convenzione di salvaguardia dell’ordine giudiziario svizzero di ritorno in Israele di un minore in applicazione della Convenzione dell’Aja; mentre Corte EDU 6 dicembre 2007, Maumousseau e Washington c.

Francia, ric. n. 39388/05, dichiara non contrastante con la Convenzione di salvaguardia

(artt. 8 e 6) il ritorno, dalla Francia, di un minore presso il padre negli Stati Uniti sulla base della Convenzione dell’Aja del 1980; del pari la stessa Corte EDU, 6 dicembre 2005,

Eskinazi e Chelouche c. Turchia, ric. n. 14600/05, si pronuncia per l’irricevibilità di un

ricorso, in rapporto tanto all’art. 8 quanto all’art. 6 della Convenzione di salvaguardia, concernente l’ordine di un tribunale turco fatto a una madre di ricondurre in Israele il figlio minore in applicazione della Convenzione dell’Aja del 1980 (comportando la vicenda anche l’adozione di una misura provvisoria ex art. 39 del regolamento di procedura della Corte Europea).

50 L’espressione citata è utilizzata in riferimento al rapporto fra Convenzione dell’Aja del 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, di cui si è discusso,

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Riprendendo infine anche il ragionamento sulla pertinenza del diritto penale con la nostra indagine51 va rimarcato il rilievo del criterio della residenza o della dimora, accanto a quello della cittadinanza, quando la decisione quadro dell’Unione sul mandato d’arresto europeo e sulla consegna per via giudiziaria, da uno Stato membro all’altro, di imputati e condannati,52 elenca tra i motivi «di non esecuzione facoltativa del man-dato di arresto» il fatto che quest’ultimo sia «stato rilasciato ai fini dell’e-secuzione di una pena o di una misura di sicurezza privative della libertà, qualora la persona ricercata dimori nello Stato membro di esecuzione [del mandato], ne sia cittadino o vi risieda, se tale Stato si impegni a eseguire esso stesso tale pena o misura di sicurezza conformemente al suo diritto interno».53 In materia è intervenuta la Corte di giustizia,54 stabilendo la ragionevolezza del criterio che ammette la non esecuzione del mandato d’arresto da parte di uno Stato membro quando la persona ricercata ab-bia cittadinanza di altro Stato dell’Unione ma soggiorni legalmente sul proprio territorio da almeno cinque anni, e vi sia dunque una presunzione di sua integrazione sociale pur in assenza di un permesso di soggiorno di durata indeterminata. Analogamente la nostra Corte costituzionale55

ha dichiarato l’illegittimità della legge n. 69 del 2005, di attuazione in Italia della decisione quadro sul mandato d’arresto, «nella parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro dell’Unione Europea, che legittimamente ed effettivamente abbia

nonché Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore del 1989, da un lato, e Con-venzione europea dei diritti dell’uomo da un altro lato (vedi Corte EDU, sentenza nel caso

X c. Lettonia, cit., punto 94); ma ben può essere generalizzata fino a comprendere la stessa

relazione fra Unione Europea e Convenzione di salvaguardia (supra, par. 2). Quanto alla responsabilità dell’Unione (o della Comunità) europea, ovvero dei suoi Stati membri, a titolo di Convenzione dei diritti dell’uomo vedi di recente Corte EDU 3 aprile 2012, Lechouritou e

altri c. Germania e altri 26 Paesi ric. n. 37937/07 (tutti i membri dell’Unione Europea quando

ancora non si era avuto l’ingresso del ventottesimo Stato, la Croazia), dove, a fronte di una domanda di risarcimento danni per fatti derivanti da operazioni belliche tedesche in Grecia durante la Seconda guerra mondiale, i ricorrenti considerano – per suffragare la violazione dell’art. 6 della Convenzione di salvaguardia, la decisione della Corte di giustizia – CGCE 8 giugno 2005, Lechouritou e altri, C-292/05, in Racc. I- 9773 – in merito alla nozione di «ma-teria civile e commerciale» ex art. 1.1 della Convenzione di Bruxelles del 1968 cit. supra (la Corte di Strasburgo accerta la manifesta infondatezza del ricorso su questo punto e lo ritiene complessivamente irricevibile).

51 Vedi supra, par. 3.

52 Decisione quadro del Consiglio 2002/584/GAI, del 13 giugno 2002, «GUCE» del 18 lu-glio 2002, n L 190. L’Italia vi ha dato attuazione con legge n. 69 del 22 aprile 2005, oggetto di intervento da parte della Corte costituzionale (oltre, in questo par.) come della Corte di Cassazione (oltr,e par. 6).

53 Art. 4, n. 6, della decisione quadro (corsivo aggiunto).

54 CGUE, sentenza 6 ottobre 2009, Wolzenburg, C-123/08, in Racc. I-2691 sgg.

residenza o dimora nel territorio italiano, ai fini dell’esecuzione della pena

detentiva in Italia conformemente al diritto interno».56