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Il contesto italiano – definizione, statistiche

Un approccio transnazionale alla presenza di minori “non accompagnati” a Bologna

4.3. Il contesto italiano – definizione, statistiche

La definizione adottata in Italia per i minori “non accompagnati”, è rappresentata oggi dal “Regolamento del Comitato per i Minori Stranieri”, la DPCM 535/99 art. 1, la quale stabilisce che alla categoria appartengono “quei minori non aventi cittadinanza italiana o di altri Stati dell’Unione europea che, non avendo presentato domanda di asilo, si trovano per qualsiasi causa nel territorio dello Stato privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori, o di altri adulti per loro legalmente responsabili, in base alle leggi vigenti nell’ordinamento italiano”.114 Tale definizione è

molto simile a quella adottata dalla Risoluzione del 1997 dell’Unione Europea, basandosi sulla Convenzione sui diritti del fanciullo del 1989, è costituisce per l’Italia il primo riconoscimento giuridico di questa categoria di minori.115 Un dibattito tuttora acceso permane sulla questione

dell’accompagnamento del minore. In base alla legislazione italiana, il minore straniero accompagnato sul territorio italiano da adulti, diversi dai genitori, affidatari “di fatto”, viene considerato in situazione di “non accompagnamento”. Invece l’affidamento “di fatto” del minore a parenti entro il quarto grado, potrebbe essere preso in considerazione per una legalizzazione della posizione giuridica del minore straniero.116

Fino alla definizione del 1999, la posizione del minore straniero “errante” viene abbozzata attraverso varie leggi sull’immigrazione. Il Rapporto IOM (2002) mette in luce il fatto che l’arrivo

114 La Legge n. 184/83, confermata ulteriormente dal testo della Risoluzione dell’Unione Europea del 1997, vieta ai

minori stranieri l’ingresso sul territorio italiano nelle condizioni in cui non è munito di visto d’ ingresso e accompagnato da un rappresentante legale. In realtà,con le definizioni del minore “non accompagnato”, si parla di un minore presente già sul territorio di uno stato estero.

115 Con la DPCM 535/99 (Regolamento concernente i compiti del Comitato per i minori stranieri) vengono definiti i

compiti del Comitato Minori Stranieri, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, incaricato alla tutela dei diritti dei minori stranieri temporaneamente ammessi nel territorio dello Stato e al coordinamento delle attività con le amministrazioni interessate. In particolare, al Comitato vanno segnalati i minori rintracciati sul territorio, e ad esso spettano l’accertamento dello status di minore non accompagnato, le ricerche per individuare i familiari dei minori, e l’avvio delle procedure per il rimpatrio assistito (per protezione e garanzia del diritto all’unità familiare). (Bertozzi, Collina, 2006)

116 Rozzi (2004) commenta sul dibattito rispetto alla situazione di accompagnamento o meno del minore straniero: “E’

discusso se i minori che vivono con parenti entro il quarto grado (fratelli, zii, cugini ecc.) che non ne siano tutori o affidatari in base a un provvedimento formale (c.d. affidati “di fatto”), siano da considerarsi o meno “minori non accompagnati”: alcuni ritengono che lo siano, mentre altri ritengono che non siano da considerarsi “non accompagnati”, in quanto la legge italiana non richiede un provvedimento formale in caso di affidamento a parenti entro il quarto grado (in base alla Legge 184/83, art. 9, co. 4). Nelle Linee Guida del Comitato per i minori stranieri del 2003 viene stabilito, invece, che sono da considerarsi “accompagnati” i minori affidati con provvedimento formale a parenti entro il terzo grado regolari, mentre sono da considerarsi “non accompagnati” negli altri casi.

dei minori magrebini soli, o in condizioni di “falso accompagnamento”, durante gli anni ’80 ha coinciso, in Italia, con il flusso migratorio degli adulti provenienti da questa zona geografica. Lo stesso fenomeno succederà, un decennio più tardi, con le ondate di minori provenienti dalla Romania.

La diversità delle situazioni rinchiuse nella figura del minore “non accompagnato”, sono una realtà che diventa visibile in Italia a partire dagli anni ’80, come nel resto dei paesi europei occidentali. Tra i minori soli richiedenti asilo, minori rifugiati, minori “erranti” e/o vittime del traffico di persone, questi fanciulli non hanno un trattamento speciale all’interno della prima legge che disciplina la condizione giuridica dello straniero in Italia, la cosiddetta “Legge Martelli” (n. 39 del 1990). (Campani, Lapov, Carchedi, 2002, p. 45). Di conseguenza, per questa categoria talmente eterogenea, vengono ideate forme di accoglienza e percorsi di permanenza in Italia in base ai diritti sanciti dalla Convenzione di New York del 1989, e applicate leggi appartenenti al diritto minorile. La “Legge Martelli” prevede, comunque, un aspetto essenziale per i percorsi dei minori stranieri in Italia, rispettivamente l’inespellibilità del minore come diritto espresso nella legislazione internazionale. Inoltre, la stessa legge del 1990, attraverso alcune circolari ministeriali, riconosce al minore “non accompagnato”, il diritto di beneficiare di un rappresentante legale nominato per gli infraquattordicenni, dal Tribunale per i Minorenni, mentre per gli ultraquattordicenni, dal Giudice Tutelare. Vista la possibilità che viene data al minorere straniero di ottenere un permesso di soggiorno per “affidamento” o di “giustizia”, avendo la possibilità di accedere, dopo il compimento della maggiore età, ad un lavoro, la “legge Martelli” viene considerata il provvedimento legislativo che garantisce al minore straniero gli stessi diritti e opportunità come al minore italiano (in base ai principi della Convenzione del 1989). (Campani, Lapov, Carchedi, 2002, p. 45)

Il termine “minore straniero non accompagnato”, compare per la prima volta in Italia all’interno di una circolare del Ministero dell’Interno del 1993, la quale ribadisce il diritto dei minori appartenenti a questa categoria di beneficiare di un permesso di soggiorno e di un percorso scolastico o lavorativo come previsto dalla “Legge Martelli” del 1990.117

Successivamente, un’importanza rilevante per la regolarizzazione dello statuto dei minori considerati in situazione di mancanza di accompagnamento dal punto di vista legale, ha il Regolamento d’Attuazione della legge n. 40/98, conosciuta come il Testo Unico (T.U.) sull’immigrazione n. 286/98 (DPR del 31/08/99 n. 394), il quale prevede, in base all’inespellibilità del minore straniero “non accompagnato”, la possibilità di questo ultimo di ottenere un permesso di soggiorno per minore età. Certamente si tratta solo dei minori “erranti” segnalati dalle forze

117 La successione delle leggi sulla situazione del minore “non accompagnato”, in Italia ha implicato diverse normative,

Circolari e decreti, creando un quadro nazionale confuso e pieno di contraddizioni, contesto che favorisce la frammentazione dell’implementazione delle politiche a livello locale. (Sbraccia, Scivoletto, 2004, p. 12)

dell’ordine o dai servizi sociali del territorio, accompagnati in una comunità di pronta accoglienza all’interno di cui aderiscono ad un progetto individuale di avviamento alla legalità (che implica la nomina di un tutore118, la frequentazione della scuola o di percorsi formativi, la permanenza presso

le strutture di prima e ulteriormente di seconda accoglienza). L’art. 33 del T.U. include anche il Regolamento concernente i compiti del Comitato per i Minori Stranieri, organismo a cui vengono assegnati i ruoli decisivi in materia: l’accertamento dello status di minore “non accompagnato” -che avviene solamente in base ad una richiesta esplicita da parte delle forze dell’ordine o dei servizi sociali-, il rimpatrio assistito e la definizione delle condizioni idonee per una tale iniziativa; il consenso del minore resta essenziale. L’art. 28 del Regolamento prevede, per il minore in stato di abbandono o accompagnato per un periodo di oltre sei mesi da una persona diversa da un parente entro il quarto grado, la segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni. (Rozzi, 2002, p. 2)

La normativa più recente che introduce alcune innovazioni sul contesto precedente riguardante i minori “non accompagnati” è la legge “Bossi-Fini” n. 189/02. La questione della permanenza del minore “non accompagnato” accolto sul territorio italiano, viene limitata al compimento della maggiore età, salvo la situazione in cui il minore dimostra di essere stato presente in Italia da al meno 3 anni, e di aver seguito per al meno due anni un percorso di inserimento sociale. Il permesso di soggiorno per studio o per lavoro, dopo il compimento dei 18 anni, diventa possibile anche nel caso dei minori affidati “di fatto”, in base alla legge 184/83, in seguito ad un provvedimento emesso dal Tribunale per i minorenni o dai sevizi sociali (Sbraccia, Scivoletto, 2004, p. 30).119 La giurista di Save the Children Italia, Antonella Inverno (2006), commenta così

l’ambiguità creatasi nelle prassi al momento dell’attuazione di questa legge:

Ne consegue che il permesso di soggiorno può essere rilasciato anche ai minori stranieri non accompagnati, che siano stati ammessi per un periodo non inferiore a 2 anni in un progetto di integrazione sociale e civile. Questo vuol dire che la conversione del permesso di soggiorno, dovrebbe essere assicurata in 3 casi, cioè o se il minore è stato affidato, o e stato sottoposto a tutela, o se anche non affidato o non sottoposto a tutela, comunque si può provare che sta da 3 anni in Italia e che ha seguito un percorso di 2 anni. Assolutamente le Questure non hanno seguito questo orientamento, è uscita una circolare che dice che questa sentenza può essere applicata solo a chi ha compiuto 18 anni prima dell’entrata in vigore della Bossi-Fini, assolutamente un’altra ingerenza ministeriale sulla sentenza della Corte Costituzionale, che ha

118 Il Giudice Tutelare nomina tutore la persona designata dal genitore; se manca la designazione ovvero se gravi motivi

si oppongono alla nomina della persona designata, la scelta del tutore avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini del minore. In ogni caso la scelta deve cadere su persona idonea all'ufficio, di ineccepibile condotta, la quale dia affidamento di educare e istruire il minore. (Codice Civile, art. 348) L'istituto di pubblica assistenza esercita i poteri tutelari sul minore ricoverato o assistito, fino a quando non si provvede alla nomina di un tutore, e in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori, o della tutela, sia impedito. (Codice Civile, art. 402) (Rozzi, 2002, p. 8)

119 Riguardo ai minori sottoposti a tutela, attraverso la Sentenza n. 198/2003 della Corte Costituzionale si afferma la

valore oggettivo, e purtroppo ci sono ancora tanti ricorsi che vanno avanti, ci sono sentenze del Consiglio di Stato, ma non è chiarissima ancora la situazione.

Le questioni aggiuntive introdotte dall’attuazione della legge Bossi-Fini, il DPR 334/2004, entrato in vigore nel 2005, confondono ancora di più un quadro legislativo complesso e ambiguo. Di conseguenza, la Corte Costituzionale ha dovuto intervenire varie volte per difendere e chiarire la posizione dei minori considerati in situazione di “non accompagnamento”, di affidamento “di fatto” o di tutela. (Bertozzi, 2005, p. 88)

Giuseppe Mosconi, nella Prefazione al libro di Sbraccia e Scivoletto (2004), coglie l’ambivalenza intrinseca alla definizione italiana del minore “non accompagnato”, come termine composto da tre elementi negativi. In quanto minore, la sua condizione presuppone il bisogno di un tutore adulto; in quanto straniero, esso assume tutte le valenze negative che la società di approdo sviluppa nei confronti degli stranieri, mentre la mancanza di un rappresentante legale implica un maggiore bisogno di attenzione e di cure.

Le retoriche della diffidenza e della disapprovazione sociale, per il fatto di essere esterni ad un nucleo familiare organizzato, perciò dal necessario controllo, si mescolano dunque con quelle dell’aiuto umanamente dovuto, della protezione, dell’orientamento. (p. 5)

Inoltre, il T.U. del 1998, seguito dagli aggiornamenti del 2002 e del 2004, consiste nella promozione, da una parte, dell’inclusione d’immigrati legali, mentre definisce “clandestini” i migranti irregolari presenti sul territorio italiano. I minori “non accompagnati”, quindi, diventano dei “clandestini” anomali, protetti dalla legislazione internazionale che impedisce la loro espulsione.

Una delle problematiche segnalate a livello europeo riguarda le statistiche legate al numero di minori “non accompagnati”. Alcuni fattori che impediscono una registrazione e un monitoraggio il più vicino alla realtà, emergono dagli studi comparativi nei vari paesi europei di approdo dei minori “erranti”. Il Rapporto del 2002 dell’IOM elenca quattro motivazioni per la mancanza di dati coerenti sulla presenza dei minori “non accompagnati”, come parte dei flussi migratori degli adulti: la natura sommersa di alcuni aspetti del traffico di persone, l’aumento di minori trafficati a scopo di sfruttamento sessuale o di sfruttamento nel settore informale, di cui è impossibile avere una registrazione attendibile, vista la mobilità del fenomeno. Il quarto aspetto riguarda un argomento centrale della mia tesi, rispettivamente le così dette “fughe” dei minori dai centri di prima accoglienza, data la legislazione internazionale basata sulle prescrizioni della Convenzione di New York, riguardanti l’impossibilità di applicare ai minori le misure di detenzione riservate agli adulti.

La rete europea degli osservatori per l’infanzia,120 sostiene che solo nel 2003, i minori

stranieri “non accompagnati” presenti in dieci paesi dell’Unione Europea erano 30.000. Mentre l’Italia costituisce, nel 2003, il paese con il numero più alto di presenze, con circa 7.000 segnalazioni, la Spagna si trova in una situazione simile, con 6.329 segnalazioni, seguita dalla Gran Bretagna con 6.200 e l’Olanda con 3.232 minori “non accompagnati” registrati. Un numero nettamente superiore viene stimato nello stesso periodo dal “Programma europeo sui minori separati” di “Save the Children”, il quale parla di circa 100.000 presenza di minori stranieri non accompagnati in Europa (Butticci, 2004, p. 13)

Il Commento n. 6 del 2005 del Committee on the Rights of the Child (UNHR) sostiene che a livello internazionale i dati e le statistiche sui minori “non accompagnati” o “separati” si limitano, in alcuni paesi, alla registrazione degli arrivi e/o dei richiedenti asilo. In più, la presenza di attori diversi che forniscono i dati – ministeri, organizzazioni, ecc – costruisce un quadro confuso, contraddittorio e inattendibile. La rilevazione di numeri il più possibile attendibili, dichiara il Comitato, rappresenta un passo essenziale per l’implementazione effettiva dei diritti di questi bambini/ragazzi.

Adottando la prospettiva della ricerca antropologica plurivocale, le mie ricerche sul campo a Bologna si sono svolte, durante il periodo gennaio 2006-aprile 2007, in tre direzioni distinte, unite dalla presenza di categorie diverse di minori rumeni. Un primo terreno di ricerca è stato quello della prostituzione minorile femminile in strada, tramite l’attività di volontariato, sia all’interno di un’Unità di strada, sia come operatrice all’interno di una casa di seconda accoglienza per donne vittime della tratta. Il contatto con le minorenni rumene che esercitavano la prostituzione sulle strade della città è stato completato attraverso il mio lavoro stipendiato all’interno della comunità di pronta accoglienza femminile di Bologna.

Un secondo nucleo di ricerca è costituito da un gruppo di ragazzi minorenni rom conosciuti inizialmente come utenti di un servizio di volontariato di bassa soglia, che offriva loro la possibilità di usufruire, una volta alla settimana, di una doccia. Il terzo ambito di ricerca, in alcuni punti collegato al secondo, è rappresentato da alcune famiglie (ed implicitamente di alcuni minori) rom abitanti, dal 2005 al 2007, presso la struttura di Villa Salus in via Malvezza n. 2, a Bologna. Ho scelto di dedicare più spazio ai minori rumeni “mal accompagnati”, e non vittime del traffico di

120 ChildONEurope, the European Network of National Observatories on Chilhood costituita nel 2003, rappresenta il

risultato della collaborazione intergovernativa “L’Europe de l’Enfance” creata nel 2000, coinvolgendo otto paesi membri (Belgio, Danimarca, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Portogallo e Spagna) e sette Osservatori (Austria, Finlandia, Germania, Grecia, Olanda, Regno Unito e Svezia). Le principali attività di questa rete sono centrate sullo scambio di conoscenze sulle leggi, le politiche, i programmi, le statistiche, le ricerche e le buone prassi e sull’interscambio di metodologie e indicatori in vista di una maggiore concertazione degli interventi sul fenomeno eterogeneo dei minori “non accompagnati”, vittime della pedofilia, del turismo sessuale e del traffico in Europa. Informazioni dettagliate sono reperibili sul sito ufficiale www.childoneurope.org.

persone, a causa delle numerose ricerche e della letteratura ricca sull’ argomento dei minori sessualmente sfruttati, considerando di poter contribuire con poche informazioni ad un approfondimento di questo ultimo argomento. Questi due gruppi di rom rumeni costituiscono l’argomento del capitolo 5.