• Non ci sono risultati.

Villa Salus tipologie di migranti e ricostruzione del sistema villaggio

L’immigrazione rumena verso l’Italia

RACCONTI DI VILLA SALUS

3.3.4. Villa Salus tipologie di migranti e ricostruzione del sistema villaggio

Quando fuori è caldo, nel pomeriggio, molti uomini di Villa Salus erano soliti passare il tempo in canottiera seduti intorno alla scatola di “Dame” o quella di “Remy”, un gioco rumeno che si pratica su tavolette di legno. Alle volte giocavano a carte, mentre dalle macchine parcheggiate davanti alla struttura si potevano sentire “manele” a volume altissimo. Con le bottiglie di birra accanto, ingannavano il pomeriggio mangiando semi di girasole. Le donne per lo più chiacchieravano sedute sulle panchine, guardando i rispettivi figli giocare con i volontari di una delle associazioni che si sono occupate di organizzare un doposcuola per i minori dello stabile. Modi di passare il tempo, come l’ora del caffè turco, molto diffusi nei villaggi vicino a Craiova e ricostruiti in Italia attorno l’ex clinica.

La maggior parte degli abitanti di Villa Salus non è originaria proprio di Craiova, non è gente di città, ma di Segarcea e Lipovu, due villaggi a circa 30 chilometri da Craiova.

Lipovu è una piccola località di circa 3000 abitanti. Attualmente dispone di un ambulatorio di provincia e di una scuola. Come tante altre località rurali, Lipovu ha subito le trasformazioni imposte dalla politica socialista durante gli anni del Regime – soprattutto la nascita di una Cooperativa agricola che costringeva i contadini proprietari di terreni agricoli a lavorare la loro terra a beneficio dello stato.

Le conseguenze queste politiche sono state lo spostamento di grande parte della forza lavoro verso l’industria edile, quella petrolifera e verso le miniere. Gli uomini iniziano così ad abbandonare il villaggio e diventano pendolari.

Nel 1977, la popolazione rom era di 559 persone e il tasso di natalità si aggirava attorno al venti per cento. Dopo la caduta del Regime si assiste al primo grande esodo, che riguarda per lo più la popolazione più giovane, verso altri paesi. Nel 2002 metà degli abitanti di Lipovu risultano rom e il tasso di natalità registra quasi lo zero per cento.

Diciannove chilometri a est di Lipovu si trova Segarcea, un’altro villaggio della regione di Dolj. “Segarcea” si potrebbe tradurre come “villaggio lontano”, “il villaggio desiderato”, villaggio adatto ai desideri della gente - dal latino “seges” che significa “terreno, campo, terra fertile” e la parola “arcesitus”, ovvero “ricercato, desiderato, sognato”. La popolazione attuale è di circa 8.000 abitanti, per lo più impegnati nelle industrie locale e nella produzione dei vini. Segarcea, infatti, è un rinomato centro viticolo – produce sopratutto vino bianco e una famosa marca di cognac, il Cognac di Segarcea93.

Villa Salus, la struttura che alcuni rumeni in città definiscono “la casa” dei cittadini di Segarcea, Lipovu e Craiova dà la sensazione di un mondo nel mondo in cui queste comunità deterritorializzate mettono in atto diverse strategie per cercare di ricostruire il modello del villaggio sognato, desiderato lasciato nel paese di origine. Le considerazioni che l’antropologo Ulf Hannerz (1980) fa sui quarteri etnici delle città, chiamandoli “villaggi urbani”, potrebbero definire anche il contesto particolare che si è creato a Villa Salus tra le persone che la abitavano.

Gli abitanti del villaggio urbano formano una comunità in cui ciascuno di essi si trova non soltanto dei vicini, ma anche amici e parenti, e interagisce con loro principalmente all’interno del territorio del villaggio. Più la popolazione è idotta, più è probabile che formi un tessuto denso di relazioni sociali in cui un individuo può, partendo da una persona, instaurare alcuni contatti e ritornare con un movimento circolare alla stessa persona, e ciò attraverso una serie di percorsi differenti. (...) infatti gli abitanti del villaggio si incontrano ogni giorno e non sperimentano se non raramente modifiche del mondo di vita tali da infrangere i legami reciproci. I bambini che crescono insieme possono diventare, da adulti, amici, vicini, e forse parenti. (p. 77)

Cristin., abitante di Villa Salus, proveniente da Segarcea:

A Villa Salus si vive bene, molti ci conosciamo già da casa, poi dopo tutte le avventure in Italia ormai siamo tutti imparentati.

Dana Diminescu (2003) parla di una “polarizzazione” della migrazione rumena, le

partenze realizzandosi in base all’esistenza di una re“rete del villaggio” che permette alle comunità di ricomporsi all’estero in delle zone visibili duramte la ricerca sul campo.

Nel 2006 a Villa Salus hanno abitato 28 nuclei familiari, rimasti 13 all’inizio 2007 grazie alle politiche abitative del Comune di Bologna che ha aiutato le famiglie con almeno un membro in possesso di permesso di soggiorno e di un lavoro a trovare altre abitazioni in città offrendo loro un contributo per il costo dell’affitto - contributo della durata di quattro anni, che diminuisce annualmente. Alcune famiglie sono state sgomberate perché non hanno mantenuto gli impegni presi con il Comune di Bologna - non pagando la rata mensile di affitto di 130 euro.

La percezione che gli abitanti hanno sempre avuto di Villa Salus è quella di un’abitazione precaria, anche se numerose sono state le feste – battesimi, matrimoni – organizzate negli spazi esterni della struttura per rafforzare la coesione tra i gruppi di abitanti.

L’edificio, in verità, fin dall’inizio della venuta di questi abitanti appare come un posto ideale per girare un film del terrore - forse ciò è dipeso dal fatto che lo stabile per anni è stato sede di una clinica fisioterapica che ha ospitato centinaia di malati. Da fuori il palazzo sembra essere stato bombardato. Inoltre, proprio all’ingresso è riposta la croce che ricorda un bambino rom di cinque anni caduto dal quinto piano accidentalmente. Inoltre, soprattutto nei piani sotterranei, è possibile imbattersi in numerosi macchinari dell’ex clinica, quasi tutti arrugginiti.

Dai racconti di Dottore V. B., medico chirurgo specialista in talassoterapia che ha lavorato per circa 20 anni a Villa Salus, si evince come la storia di questa struttura sia legata al nome di un chirurgo di fama internazionale, O. S., che ha dato vita a una vera e propria scuola di ortopedia a Bologna.

Negli anni ’50 Villa Salus era un ospedale dove si curava la tubercolosi ossea. O. S. la trasforma in una casa di cura specializzata in ortopedia e acquista la struttura e i terreni intorno. Villa Salus arriverà a contare 360 posti letto diventando la seconda struttura ortopedica di Bologna dopo l’ospedale Rizzoli.

Il sottoterra, dove adesso giacciono i macchinari abbandonati, era il piano delle cucine, dei servizi, mentre al pianoterra, dove ora si trova la portineria per gli abitanti rom rumeni, c’era il reparto di radiologia; al primo piano, ora chiuso con delle sbarre perché inabitabile, si trovava l’appartamento di O. S.. Il quinto piano, l’unico rimasto aperto nel 2007, era quello con le camere più belle, quelle dei pazienti più ricchi, “dei paganti”.

Nel ’91, con la morte di Professore, le figlie vendono Villa Salus e il nuovo padrone la trasforma in una casa fisiatrica. Poi il fallimento e la messa in asta dell’edificio alla fine degli anni Novanta. La Villa viene comprata da un’impresa e poi scambiata col Comune in cambio di terreni

edificabili - ma per il Piano Regolatore una struttura sanitaria non può essere trasformata in appartamenti.

Così uno degli educatori del Comune responsabile dei percorsi formativi rivolti ai minori di Villa Salus:

Il filo che ha guidato gli interventi del Comune è stato quello di accompagnare questa comunità, per quanto possibile, dalla situazione di illegalità ad una di legalità cosa che è riuscita solo in parte. Per il Comune di Bologna è stato importante poter monitorare questo gruppo di persone, anche se siamo consapevoli di aver chiuso un occhio spesso facendo entrare alcuni parenti senza permesso per evitare dei conflitti. A Villa Salus c’è ancora chi lavora in nero, ma la situazione dei cittadini rumeni sta cambiando dopo il 2007. (Discussione

avvenuta presso la sede dei Servizi Sociali di Bologna a maggio del 2006)