L’immigrazione rumena verso l’Italia
3.3. Strategie della migrazione rumena – forme legali ed illegal
3.3.1. La metodologia della ricerca Un rumeno tra i rom
Se potessero, i rumeni ammazzerebbero gli zingari/ Quando gli zingari si arrabbiano sono peggio dei talebani/ Che Dio ti tenga lontano da un litigio con lo zingaro/ Perché fa parte di un popolo col sangue freddo/ E uno zingaro vale quanto dieci./ Un rumeno tra gli zingari vive bene e fa dei soldi/ Perché il rumeno risparmia e lavora/ Ma lo zingaro furbo lo frega.
Così recita una delle “manele” che ha avuto più successo in Romania. Questo genere musicale, un misto di musica zingara popolare e alcuni ritmi orientali, ha avuto un grande riscontro nel Paese grazie alla semplicità dei versi e a una poetica romantica.
Alcuni studiosi rumeni sono intervenuti più volte - tramite i mass media nazionali - per chiedere la proibizione di questo tipo di musica. La scrittrice Ruxandra Cesereanu, per esempio, l’ha definita: “sentimentalismo di periferia, da gentaglia, che non ha nulla da fare con il famoso amore gitano del romanticismo”. Ma le “manele” hanno continuato a diffondersi e possono essere utili per capire come alcuni gruppi sociali, rom e non, scelgono di rappresentarsi. Dai testi delle “manele”, infatti, emergono spesso pregiudizi, vissuti quotidiani, eventi molto ricorrenti nella vita, come per esempio l’amore tradito, l’invidia dei nemici, la morte, l’emigrazione, i rapporti con altri gruppi sociali all’interno della Romania, la ricchezza, la povertà, il tutto espresso in un linguaggio popolare e diretto.
La canzone “Un rumeno tra i rom”, sopraccitata, veicola, per esempio, degli stereotipi frequenti tra i due gruppi “etnici” - nei sondaggi, così di moda tra i quotidiani nazionali in questi ultimi anni, i rumeni dichiarano che “la tolleranza” sia una delle “caratteristiche principali del loro popolo”78; nella realtà, i cittadini rom interpretano spesso la parte della vittima discriminata
all’interno del Paese.
Nella terra dove sono nata, la Transilvania, ho avuto modo di convivere e interagire quotidianamente con rom rumeni, vivendo in una città multiculturale dove hanno abitato insieme per secoli rumeni, rom, ungheresi, tedeschi ed ebrei. Da piccola, risiedevo in Mănăştur, un quartiere popolare di Cluj, in uno dei palazzi-ghetto che il Regime ha costruito per accogliere la nuova classe operaia che arrivava dalle campagne vicine e da altre zone del Paese.79 Durante l’estate andavo
spesso dai miei parenti in un quartiere residenziale. Nel cortile accanto alla mia abitazione viveva una famiglia numerosa di “gabbri”, i cui membri avevano tutti nomi di fiori e di personaggi famosi della storia. La nonna li odiava perché le rubavano le galline, ma io avevo simpatia per Samson, uno dei bambini di questa famiglia, per il quale rubavo dall’asilo dei giocatoli, che poi lui spartiva poi a tutti gli altri fratelli.
Nel vicinato mio zio era “l’amico di famiglia”, come si dice in rumeno, di una famiglia di rom “aurari”, i quali si occupavano di commercio d’oro e abitavano in una delle ville più belle della città, dove noi, i bambini, potevamo entrare senza problemi. Sopra la porta d’entrata mi ricordo tuttora la foto dei nonni paterni. Dopo i cambiamenti politici dell’89, “lo zingaro”, come chiamava mio zio il capo famiglia senza che lui si offendesse, il quale aveva fatto anche da padrino per i suoi figli, morì lasciando alla famiglia la villa, alcuni milioni e la fabbrica di pane che aveva appena finito di costruire. I suoi figli entrarono all’università nei posti speciali riservati ai rom - grazie alle nuove politiche sulle minoranze etniche - e dopo pochi anni iniziarono a controllare parte del
78 Vedi, per esempio, il Report Barometrul Incluziunii Romilor, 2007, Fundaţia pentru o Societate Deschisă.
79 Il Regime comunista si instaura in Romania nel 1947, quando il Re Mihai I, Principe di Hohenzollern, è forzato ad
abdicare e la Romania diventa una Repubblica Popolare nella mani del partito comunista. La fine del Regime avviene nel 1989 attraverso un colpo di stato e la caduta del dittatore Ceauşescu.
mercato di droga in città. La polizia locale, del resto, era la loro alleata ricevendo sostanziose mazzette, conclusione a cui la gente era arrivata in base alla tolleranza che le forze dell’ordine locali hanno sempre mostrato verso queste famiglie di rom “aurari”.
Durante il primo anno di università andai al mare con due colleghi. Una veggente rom, da cui andammo un giorno, sosteneva che uno dei miei due colleghi sarebbe diventato un grande scrittore. Successivamente, infatti, uno dei due avrebbe ottenuto una borsa di dottorato in lettere negli Stati Uniti. L’altro collega, invece, la sera stessa del colloquio con la veggente partecipò ad un gioco di azzardo con due rom rumeni e perse tutti i soldi necessari per continuare la vacanza.
I miei ricordi di “un rumeno tra i rom” potrebbero continuare all’infinito. Sono delle storie, per lo più legate a immaginari fantastici, a leggende che circolavano nei miei paesi, che hanno influenzato il mio modo di vedere il mondo da ragazzina.
Una volta arrivata a Bologna, e ottenuto anche io un dottorato in Cooperazione decentrata, la cosa che mi ha più stupito, accademicamente parlando, è la mole di ricerche e di scritti di diverso genere, soprattutto non scientifico, prodotte sul rapporto tra italiani e rom rumeni. Non avrei mai scelto di occuparmi di tali questioni se non ci fosse stata la volontà, la mia volontà, di riportare alla memoria le mie esperienze di vita reale con ragazzi e ragazze rumene così da ripensarle, questa volta, attraverso strumenti di analisi antropologica.
L’incontro con la realtà di Villa Salus a Bologna è nato proprio da questa volontà, quella di superare alcuni pregiudizi che io stessa, probabilmente, ho costruito quotidianamente nei confronti dei rom rumeni quando abitavo in Romania, indipendentemente che questi ultimi fossero “căldărari”, “aurari”, “corturari”, “cărămidari” o “românizaţi”. Un evento che ha preceduto il mio avvicinamento agli abitanti della struttura ha innescato in me la sfida di capire, anche se all’estero, un po’ di più del complesso rapporto tra i rom rumeni e i rumeni. Partecipando ad una conferenza organizzata da una parte dei sindacati locali insieme ad un’associazione di volontariato, ha scoperto che il focus della serata non era, come annunciava il volantino, una discussione sul fenomeno della migrazione rumena a Bologna, ma una presa di parte a favore dei rom discriminati dai loro connazionali rumeni. La persona invitata a parlare del suo percorso migratorio era un rom rumeno il quale ha parlato della sua Romania, della discriminazione subita dalla sua “etnia”. Guidato dalle domande del pubblico e degli organizzatori della conferenza, l’invitato ha confermato il mito legato alla storia dei rom come dei senza patria, portandosi il nomadismo nel sangue. Non ho intervenuto durante la conferenza per la paura di non creare dei problemi di ordine pubblico, talmente era grande l’offesa che sentivo di aver subito ascoltando queste parole pronunciate davanti ad un pubblico italiano. Dopo alcuni mesi, cominciando la ricerca a Villa Salus, l’invitato a quella conferenza, abitante della struttura, è diventato il mio informatore e testimone strategico.
Ulteriormente, anche dopo la chiusura della casa, le numerose discussioni insieme a questa persona mi hanno messa davanti, per la prima volta, ad una storia i vita raccontata da un rom rumeno e alla realtà di un’amicizia possibile. Con altri informatori questo non è stato possibile, probabilmente in mancanza di disponibilità da parte mia di rinunciare a cercare in loro le cose che mi avvicinavano invece al testimone delle conferenza.
3.3.2. Le caratteristiche e l’identità del gruppo di Craiova
Ritengo necessarie alcune riflessioni sul rapporto tra i rom ed i rumeni non rom partendo da una prospettiva storica ma dando spazio soprattutto alle definizioni che le persone intervistate preferivano offrire di se stesse. Nelle risposte ho notato una coerenza dell’auto rappresentazione, fattore che suggerisce una certa unità del gruppo presente all’interno di Villa Salus. Queste risposte omogenee sono state rilevanti anche nelle discussioni che ho avuto con i minori intervistati, soprattutto in relazione con il loro vissuto tra i coetanei rumeni e italiani.
Per decifrare la complessa relazione, fatta anche di pregiudizi da tutte e due le parti, tra i rom rumeni e i rumeni, occorrerebbe una ricerca lunga quanto una vita. La sensazione che ho avuto, invece, parlando con gli abitanti di Villa Salus, fin dall’inizio, è quella di passare del tempo con uomini, donne, ragazzi e ragazze che hanno abitato in luoghi a me conosciuti del mio Paese.
Nella Romania, durante il Regime, nessuno parlava di “politically correctness” e il nominativo “zingaro” veniva utilizzato sia a livello informale - nei contatti quotidiani - che formale - nei testi accademici e nei discorsi pubblici. La politica di Ceauşescu, però, ha impedito l’uso del concetto di “minoranze etniche” poiché nel Paese doveva esistere solo un unico “cittadino rumeno”. Discutendo con una consigliere rom presso una delle Prefetture rumene80, è emerso il fatto che tale
rifiuto delle politiche ufficiali di riconoscere l’esistenza delle minoranze etniche - e di conseguenza dei diritti particolari - ha impedito, da una parte, la possibilità di affermazione di un’identità, ma, dall’altra, non ha alimentato le discriminazioni e i pregiudizi ai quali facevo riferimento nel paragrafo precedente. Questo almeno a livello teorico perché in realtà il capro espiatorio della società rumena, durante gli stessi anni del Regime, è stato varie volte “lo zingaro” - che spesso non aveva nemmeno origini rom, ma veniva così chiamato in base ad un comportamento deviante riconosciuto da molti cittadini rumeni come “specifico dei rom”.81
80 In Romania le Prefetture sono le rappresentanze locali del Governo, le istituzioni che coordinano a livello regionale i
servizi pubblici decentralizzati dei Ministeri.
81 La storia ufficiale della popolazione rom in Romania comincia con le prime attestazioni durante il XIV- esimo secolo.
Considero la politica del regime dittatoriale nel Paese una conseguenza importante sullo stato attuale dei vari gruppi appartenenti a questa “etnia”. “Nei documenti del partito comunista rumeno riguardanti il problema delle minorità non
Ancora oggi, i rumeni si offendono quando all’estero vengono riconosciuti come “zingari”. Dopo il colpo di stato del 1989 la Romania ha iniziato a usare il termine “rom” - scritto “rrom” in modo che la doppia erre differenziasse maggiormente questa parola da “romeno” – per identificare le persone che hanno questa origine, come portatrici di una cultura diversa. La denominazione di “zingaro”, invece, ha continuato ad essere usata come sinonimo di “delinquente” e “malvivente”.82
Tuttora, numerosi sono i cittadini rumeni che sostengono quanto la parola “rrom” assomigli ancora troppo alla parola “romeno”. Del resto, durante il Regime, lo stesso governo ha condotto una battaglia affinché, nella lingua inglese, fossero utilizzati i termini “Romania” e “Romanian” invece di “Rumania” e “Rumanian”:
E sono quasi riusciti ad imporre in inglese queste modifiche di ortografia. Adesso i rumeni se ne pentano […]. Avevano pensato alla loro origine romana, non alla loro possibile assimilazione con gli zingari. (Boia 2002, p 87).
Rivolgendo lo sguardo agli abitanti di Villa Salus a Bologna, l’aspetto più significativo, dal punto di vista antropologico, è come questi ultimi - un gruppo di rom rumeni di Craiova, ma che in realtà è composto anche di rumeni originari sempre di questa città83 - giochino la loro identità – di
rom o di rumeni – a seconda dei vari contesti.
La concezione che un individuo ha della propria identità e della propria natura, sebbene non sia del tutto determinata dai suoi rapporti con gli altri, nasce nelle interazioni e grazie a queste si sviluppa. In una certa misura si può pensare che la consapevolezza di sé sia una presenza costante, ma spesso silenziosa e non problematica. Essa si forma e si conserva in modo routinizzato. In determinate circostanze, tale consapevolezza può aumentare in quanto il sé richiede un’attenzione e riflessione più esplicite. (Hannerz, 1980p. 377)
Il contesto conflittuale in cui vive la minoranza rom in Romania o la condizione di migrante obbligano l’individuo di riflettere sui lati della sua identità da mettere in campo e su quelli da lasciare nell’ombra.
si accennava nemmeno all’esistenza dei rom in Romania. Da punto di vista politico, nel periodo comunista ai rom è stata concessa l’attenzione solamente una volta, nel 17 maggio del 1946, durante la campagna elettorale quando il Blocco dei Partiti Democratici (BPD), di cui faceva parte anche il partito comunista, ha creato dei manifesti speciali per i rom, usando l’appellativo “Fratelli e sorelle rom” per poter vincere le elezioni grazie ai loro voti. (Cherata, 2005, p. 59)
82 Commentando le reazioni del Governo italiano ai comportamenti criminosi di un numero sempre più alto di cittadini
rumeni rom in Italia, la giornalista rumena Ioana Lupea (2007) osserva: “L’Europa si è scontrata con i suoi stessi limiti: ha scoperto che se non si prendono provvedimenti seri, le parole gentili e l’indifferenza sono armi a doppio taglio. La Romania ha fatto lo stesso errore, prendendo provvedimenti di facciata – come l’adozione del termine ‘rom’ invece di ‘zingaro’ – e spendendo molti soldi in misure che sono servite solo a tranquillizzare la coscienza dei governi. E’ come dare soldi a un mendicante chiamandolo ‘signore’. “
83 Craiova, la città capoluogo della regione Dolj nel sud della Romania, ha accolto per brevi periodi dei gruppi di
rom “lieti” che provengono da alcune città dell’est del Paese – la Moldavia rumena – e rumeni sposati con alcuni rom del gruppo di Craiova.
L’antropologo Leonardo Piasere (1999)scrive che: “Non vi sono di fatto tratti originali zingari”, piuttosto a volte un gruppo perpetua certe usanze acquisite da una data popolazione, e che questa pratica culturale è sempre agita per rimanere comunque distinti dal mondo dei “gage” - cioè dei non rom. Nel caso delle famiglie di Villa Salus questa identità costruita in antitesi all’essere “gage” è molto sfumata. Sono molti gli uomini e le donne che hanno abitato nello stabile che hanno dichiarato di sentirsi come i “gage”, gli altri cittadini rumeni84.
Così Marian., una donna che a 40 anni è moglie, mamma e nonna:
Siamo dei rom, dei rom rumenizzati. Noi siamo dei rom…come dire…più moderni…noi non rubiamo, in Romania ci piaceva avere delle case, essere vestite bene, più eleganti, come voi, con dei pantaloni, ci piaceva lavorare, avere, pulire le case.
Anche Mill., la sua vicina di appartamento:
Gli altri rom che ci sono a Bologna rubano… io non rubo manco una cioccolata, i miei figli vanno a scuola, io lavoro.
Soni., l’altra vicina di appartamento:
Se qualcuno me lo chiede, rispondo che sono rumena! Ma sai…sul passaporto l’abbreviazione della nazionalità rumena è rom, e gli italiani capiscono che siamo degli zingari.
Secondo i dati ufficiali il numero della popolazione che in Romania dichiara di essere rom è di 515.000, ma in realtà esistono varie statistiche sul numero di rom effettivamente presente sul territorio rumeno.85
Tra le strategie di rilevamento dello stigma etnico dei rom esistono quelle difensive- di nascondere e di contestare l’appartenenza a questa etnia, da una parte, ma anche la prova di farsi assimilare dalla cultura dominante, dall’altra parte. In seguito al rifiuto dei rom di auto identificarsi con questa etnia in contesti ufficiali, la veridicità dei dati del censimento sulla struttura etnica della popolazione in Romania viene invalidata dalla maggior parte degli osservatori, incluse le organizzazioni non governative dei rom. Lo scarto tra le stime ufficiali della popolazione rom e le stime non ufficiali dei ricercatori o delle varie organizzazioni della società civile è un indicatore della continuità del processo di stigmatizzazione dell’identità rom. (Rughinis, 2007, p. 7)
84 Le interviste utilizzate sono state registrate o annotate all’interno di Villa Salus nel periodo giugno 2006 – febbraio
2007. Quando è stato possibile l’intervista strutturata o semi-strutturata è stata realizzata al quarto e al quinto piano dell’edificio, nelle stanze assegnate alle famiglie, altre volte negli spazi comuni della struttura – in cucina, in portineria, nelle camere inabitate o, quando il tempo ha permesso, nel cortile di Villa Salus.
85 Per i dettagli sulle varie cifre che riportano il dibattito sul numero della popolazione rom in Romania esistono alcuni
studi competenti: Agenţia Naţională pentru Romi (2005), Sandu, M. (2005) Agenţia pentru Dezvoltare Comunitară “Impreună” (2006), Fundaţia pentru o Societate Deschisă (2007).
Così il cognato di Soni.:
Vedi, parliamo male la lingua zingara. Con i laieţi e corturari - altri due gruppi rom - non ci capiamo, parliamo più in rumeno che in zingaro. Noi non siamo degli zingari cento per cento, vedete, siamo più simili a voi. I nostri nonni erano sempre dei rom rumenizzati.
Al Ferrhotel86 di via Casarini, dove tutti gli ospiti di Villa Salus dormivano prima
dell’ingresso in questo stabile, c’erano anche altri gruppi di rom rumeni, ma i contatti erano pressoché inesistenti.
Nelle ricostruzioni storiche dei gruppi sociali che hanno abitato la Romania solitamente non si parla di “rom rumenizzati”. Solo recentemente alcuni report rumeni ufficiali menzionano i “rom rumenizzati” e il fatto che molti ragazzi intervistati si autodefiniscono come “parte di comunità rom che non hanno mantenuto tutte le tradizioni culturali specifiche dell’etnia”87.
Il fenomeno della progressiva “rumenizzazione” dei gruppi rom, però, è stato anche il risultato della politica del Regime - anche prima di Ceauşescu – all’interno del grande progetto di proletarizzazione delle aree rurali (Dumistrăcel 1995). Le conseguenze di questa politica furono negative sia nei riguardi del mondo contadino rumeno che delle comunità rom rumene che cominciano così a essere sempre più disgregate. Nel 1952 un documento del Dipartimento per i Problemi delle Minorità presso il Consiglio dei Ministri dichiarava che la vita sedentaria, il lavoro fisso sono: “Iniziative sane, che devono essere conosciute e generalizzate per portare la popolazione rom al livello generale della popolazione rumena, un problema questo di massima rilevanza per la costruzione del socialismo”88. Non a caso, secondo la versione ufficiale del partito comunista in
Romania, a cominciare dagli anni ’80, non esistevano più dei rom.
Un’osservazione significativa è legata alla presunta omogeneità della popolazione rom e quindi dei pregiudizi e degli stereotipi con cui i non rom si riferiscono a tutti loro, senza distinguerli. La ricerca della sociologa Cerasela Voiculescu (2002, p. 123-124) in una località della Romania abitata da vari gruppo di rom porta a delle conclusioni rilevanti:
86 Il Ferrhotel, un edificio disabitato, proprietà delle Ferrovie dello Stato, è la struttura che dal 2003 al 2005 è stata
occupata da alcuni rumeni rom, per lo più provenienti dalla provincia di Craiova, prima accampati sul Lungoreno, poi sgomberati in base alle decisioni del Comune di Bologna.
87 Vedi Raport de Evaluare Intermediară a Strategiei Naţionale HIV/SIDA 2004-2007, marzo 2006.
88 Vedi ANIC, archivio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Minorità, file n. 10.010 del 7
maggio, 1952, menzionato nel Raportul Comisiei Prezidenţiale pentru Analiza Dictaturii Comuniste din România, dicembre 2006.
La cultura di ogni comunità di rom si manifesta in opposizione con le altre comunità. I simboli comunitari vengono costruiti da segni aperti, da orientamenti di valore e da appartenenza religiosa dei membri. Tutte queste rappresentano dei criteri di riconoscimento e di legittimità di un membro all’interno del suo gruppo e rispetto agli altri gruppi. Gli orientamenti di valore sono la base dei comportamenti produttivi, di consumo e di status. Le identità che le comunità rom assumono non sono semplicemente delle ‘etichette’, ma esse si riflettono nei loro comportamenti, nei loro modi di rapportarsi agli altri.