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Né soli, né accompagnati – minori rumeni a Bologna

L’esperienza di campo a Bologna si concentra, da giugno del 2006 a giugno del 2007, sui minori abitanti e ospitati presso l’ex-casa di cura conosciuta nella città con il nome di Villa Salus. Il sistema di accoglienza che il progetto del Comune offre ai rom rumeni attraverso questa sistemazione mette al centro dei nuclei familiari che includono al meno un adulto regolare o in via di regolarizzazione. La ricerca all’interno di questi nuclei svela una varietà di percorsi migratori dei minori presenti, o che transitano Villa Salus per periodi lunghi o brevi.

Una caratteristica delle persone ospitate a Villa Salus (in realtà paganti di un affittò per camera) è la provenienza da alcuni villaggi situati vicino alla città di Craiova, capoluogo della Regione di Dolj nel sud della Romania. Questa migrazione “a rete”, basata sia su legami di parentela che di amicizia e di vicinato, ha favorito, durante il loro pellegrinaggio per Bologna, un raggruppamento costante di persone unite dalla provenienza geografica comune. Proprio per questo motivo, nonostante il controllo costante da parte dei rappresentanti dei Servizi Sociali del Comune di Bologna a scopo di limitare gli abitanti solamente a quelli ufficialmente registrati, presso la struttura passavano parenti clandestini, minori o adulti, amici del villaggio in cerca di una sistemazione nella città, parenti da altre città italiane, conoscenze ecc.

La mia presenza come ricercatrice comincia nel momento in cui il gruppo di rom rumeni presenti in questa struttura si trova quasi alla fine di un percorso cominciato già nel 2001-2002. Alcuni dei maschi del gruppo, ma anche alcune donne, percorrono un viaggio all’interno della città, passando per luoghi che fanno tuttora discutere l’amministrazione locale ed i mass-media. Dalle baracche sul Lungo Reno, passando per l-ex Ferrhotel di Via Casarini, dietro alla stazione centrale, alcune persone di questo flusso migratorio rumeno si ritrovano, dopo quasi quattro anni, ospitate dal Comune di Bologna a Villa Salus. Durante questi passaggi per la città alcuni di loro costruiscono dei percorsi alternativi, altri si aggiungono al gruppo, altri ritornano dopo aver provato altre strade.

Nel capitolo 3 (paragrafo 3.3.) ho cercato di dare spazio al contesto incontrato a Villa Salus, alla storia di questo gruppo, partendo dal loro ambiente nei pressi di Craiova, per riuscire ad inserire meglio le presenze dei minori incontrati all’interno di questo flusso migratorio. Parlando dei luoghi attraversati da queste persone durante la permanenza a Bologna, è stato possibile ricostruire anche il percorso di alcuni minori. Altri si erano aggiunti come ospiti a Villa Salus durante l’anno della mia ricerca. La storia di alcuni di loro si intreccia, in alcuni luoghi frequentati o nei surrogati di casa, con le esistenze di un altro gruppo di ragazzi rumeni rom provenienti da una zona diversa del paese. Via Casarini, Piazza del Nettuno e Via Malvezza sono punti che avvicinano in vari momenti del percorso questi due gruppi, modelli di migrazione e di integrazione assai diversi. Proprio grazie a

questi punti in cui i due itinerari si incrociano nella ricerca sono riuscita a raccogliere dei racconti per certi aspetti simili. I contatti temporanei tra i due gruppi hanno evidenziato, invece, anche delle differenze dovute all’influenza che i progetti migratori e le strategie di insediamento nella città degli adulti hanno sui percorsi dei minori che li stanno intorno.

Temi come il rapporto dei ragazzi con il gruppo di appoggio, la loro visione della devianza, il vissuto nella città, i problemi dell’interazione con i loro coetanei hanno accomunato i due filoni della ricerca. Le interviste con i minori hanno evidenziato le diverse strategie “lavorative” sviluppate ed il ruolo degli adulti che li “accompagnano”. Una domanda costante durante l’incontro con questi minori è stata quella del limite, alcune volte inesistente, tra il lavoro dei ragazzi ed un eventuale condizione di sfruttamento. Una delle conclusioni significative per il dibattito sui percorsi migratori dei minori rumeni “erranti” in Italia è l’assenza di forme di traffico di questi ragazzi dalla Romania scopo di sfruttamento attraverso la prostituzione o il lavoro. I ragazzi sono coscienti del loro progetto migratorio, la loro presenza sul territorio italiano è volontaria e riescono, attraverso varie strategie, a mettere in atto delle forme di autogestione dei profitti. Questo fatto non esclude una realtà verificata spesso in cui gli adulti maschi, non svolgendo nessun tipo di attività lavorativa (né lecita né illecita), approfittano delle risorse accumulate dalle donne e dai minori della famiglia o del gruppo.

Il maggiore spazio di questo capitolo è dedicato alle tipologie di minori incontri a Villa Salus e nei luoghi in cui la loro storia nella città ha incrociato quella di altri ragazzi rumeni ricongiunti “di fatto” o considerati, per la legge italiana, come “minori non accompagnati”. In tutti e due i casi il mio contatto con loro e con il gruppo in cui erano inseriti è stato annotato in un diario di campo che mi ha permesso di ricostruire frammenti di questo incontro e di collocare in permanenza le mie percezioni, la mia identità, il mio vissuto di rumena, immigrata e ricercatrice rispetto ai percorsi migratori alternativi di questi miei connazionali.

Una riflessione finale viene fatta dalla prospettiva opposta di quella che ho adottato durante l’osservazione del campo a Bologna, in cui ho concentrato lo sguardo antropologico sui minori ed i loro legami con il mondo degli adulti che li accompagnano o meno. A Craiova, invece, numerosi interventi legati alle situazioni di disagio dei minori partono dall’analisi del fenomeno migratorio degli adulti, partono da una mancanza: quella dei genitori.

La possibilità di frequentare l’ambiente di Villa Salus mi ha permesso di cogliere il ritmo quotidiano di queste persone immigrate, attingendo all’intimità della loro vita grazie al fatto che la ricerca si poteva svolgere in un luogo fisso, determinato nella città. Il contatto con l’altro gruppo di ragazzi rom è avvenuto durante la loro permanenza nel campo di Via Gobetti, ma non è stato