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Il “sistema” dell’immigrazione dei minori rumen

L’immigrazione rumena verso l’Italia

RACCONTI DI VILLA SALUS

3.5. Il “sistema” dell’immigrazione dei minori rumen

Come illustrerò nel capitolo successivo, l’esperienza di campo a Villa Salus, insieme a variati contesti che coinvolgono dei rumeni immigrati, mostra la diversità dei percorsi migratori dalla Romania e l’impossibilità di ridurre il fenomeno alla distinzione migrazione legale/ migrazione illegale. La stessa osservazione possa caratterizzare la presenza di minori rumeni come protagonisti del fenomeno migratorio.

Durante le mie ricerche sia in Romania che in Italia non mi sono occupata di casi di traffico e di sfruttamento grave dei minori, ma di situazioni che sfiorano i margini della legalità, o perlomeno in cui i minori sono, come affermavo prima, dei protagonisti consapevoli, in parte, della scelta di migrare. La postura della vittima si delinea non tanto in connessione allo spostamento forzato dei minori da un paese all’altro, quanto nella loro posizione di inferiorità rispetto a quella degli adulti che li “accompagnano”. In alcuni casi, i minori migranti che ho incontrato dimostrano una straordinaria capacità di resilienza, di cogliere i lati positivi dell’esperienza all’estero e di vederla come un passaggio verso un miglioramento della loro condizione in patria. Altre volte, invece, la capacità di superare i traumi legati alla loro permanenza in Italia manca, o meglio dire, viene esaurita. Questo è, spesso, il caso delle minorenni coinvolte nel fenomeno della tratta, al di là della presa di coscienza del loro percorso. La natura dei loro percorsi migratori coinvolge numerose situazioni di violenza fisica e psicologica, umiliazioni, degrado fisico e mentale, un complesso di fattori, quindi, che riduce le possibilità di cancellare ulteriormente le tracce di questi vissuti “al margine”.

Sicuramente, il paese di provenienza dei minori influisce sulla fisionomia dei flussi migratori, creando varie distinzioni tra i “minori immigrati” ed i “minori stranieri”. In base alla presenza o meno di una figura adulta di “accompagnatore” legale del minore, in base alla modalità di arrivo in Italia – traffico, “smuggling”, migrazione legale – i contesti giuridici e sociali creati permettono la distinzione tra diverse categorie di minori stranieri (Bertozzi, 2005):

1. Minori nati in Italia da genitori stranieri, in realtà senza aver vissuto in prima persona l’esperienza migratoria;

2. Minori nati all’estero, arrivati in Italia per motivi di ricongiungimento familiare; 3. Minori immigrati insieme alla famiglia;

4. Minori non accompagnati, arrivati in Italia senza un tutore legale, entrati spesso clandestinamente;

5. Minori rifugiati o richiedenti asilo; 6. Minori profughi di guerra;

7. Figli di coppie miste.

Per quanto riguarda i minori rumeni, la categoria “richiedenti asilo” ha coinvolto ragazzi provenienti da famiglie rom che hanno cercato una via di regolarizzazione in Italia attraverso delle richieste ingiustificate di asilo, creandosi in questa maniera una rete di avvocati italiani disposti a effettuare le pratiche necessarie in cambio di denaro.

Come risulta dalle testimonianze dei minori raccolte durante le mie ricerche sul campo, le categorie sopra elencate sono estremamente elastiche grazie alla possibilità di un minore di rientrare in più categorie, o di “migrare” da una categoria all’altra come, ad esempio, un minore che arriva in Italia accompagnato dai genitori, per poi essere affidato di fatto ad un parente/conoscente/amico, diventando, per la legislazione italiana, un minore “non accompagnato”.

La categoria stessa di minori “non accompagnati” copre situazioni molto diverse tra di loro corrispondenti, sul piano della protezione dell’infanzia in Italia, a procedure di accoglienza e di regolarizzazione differenti (Campani, Lapov, Carchedi, 2002 e Silva, Campani, 2004).94 I minori

stranieri richiedenti asilo, ad esempio, non sono di competenza del Comitato per i Minori Stranieri, ma della Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, anche se a livello delle procedure di accoglienza questi minori possono beneficiare degli stessi servizi come i minori “non accompagnati”. Viste le problematiche ancora non completamente chiarite sulla figura

94 Dai racconti di vita raccolti durante una ricerca in varie città italiane, i criminologi Dario Melossi e Monia

Giovannetti (2002) propongono una divisione dei minori “non accompagnati” in base alla motivazione iniziale del loro progetto migratorio: fuga dalla famiglia di origine, cerca di opportunità lavorative, fuga dalla guerra, attrazione dei nuovi modelli e stili di vita occidentali, sfiducia nel proprio paese di origine. Purtroppo, ai tempi di questa ampia ricerca il numero dei minori rumeni erranti non era significativo e, di conseguenza, il libro non include testimonianze o frammenti di storie da ragazzi di questa nazionalità. Nel 2001-2002 i principali paesi di provenienza dei minori “non accompagnati” erano l’Albania ed il Marocco.

dell’accompagnatore del minore straniero, il Comitato ritiene “non accompagnati” i minori stranieri affidati “di fatto” a parenti entro il quarto grado, aspetto essenziale per la condizione giuridica di questi minori. Ma come emerge spesso dalle testimonianze dei ragazzi, la presenza di una figura adulta che guidi il loro percorso migratorio, o che lo condizioni in qualche maniera, difficilmente porta il minore alla scelta di beneficiare dei servizi e delle opportunità garantite dalla legge italiana - spesso attraverso la permanenza presso una comunità di accoglienza. Questa categoria di minori, accompagnati da perenti entro il quarto grado, si differenziano poco da quelli accompagnati da amici dei genitori o da figure adulte con cui hanno legami di natura simbolica, ma non di sangue (come il padrino o i testimoni di nozze dei genitori). E’ ancora più difficile operare un distinzione netta tra questi percorsi migratori e quelli che vedono i minori “vittime” della tratta o di altre forme di sfruttamento, in quanto gli adulti che esistono sempre dietro le loro esperienze possono essere non solo lo sfruttatore sconosciuto, ma anche - e soprattutto - una figura già conosciuta e vicina al minore. E’ stato rilevato varie volte, in connessione alla migrazione rumena, il fatto che le reti di sfruttamento delle persone sono spesso organizzate su modello famigliare, senza poter parlare di vere e proprie “organizzazioni criminali”. Questa affermazione non esclude, certamente, l’esistenza di queste realtà.

Sempre accompagnati o avendo la possibilità di appoggiarsi in Italia ad una o più figure adulte, gli adolescenti rumeni arrivano, illegalmente o meno, anche in seguito ad un progetto migratorio di natura economica ideato insieme alla famiglia, come risulta dalla ricerca nella zona di Oaş (FRCCF, 2005).

Dall’esperienza di campo presso la struttura di Villa Salus emergerà la presenza di numerosi minori rumeni ricongiunti alla famiglia a Bologna, ma senza la possibilità di regolarizzare la loro permanenza a causa della clandestinità dei genitori. In base alla legge italiana, questi minori sarebbero da considerarsi “non accompagnati”, ma la presenza della famiglia fa sì che nessuno di loro sceglie il percorso verso la legalità presso una comunità di accoglienza. Questa situazione ambigua ha creato delle difficoltà per quei pochi minori tra loro che hanno cercato di continuare gli studi oltre la scola d’obbligo, in quanto lo stato italiano non garantisce ai minori immigrati clandestini l’opportunità di scolarizzazione oltre questa tappa. Il rifiuto della regolarizzazione avviene, da parte di alcuni minori rumeni (in realtà da parte delle loro famiglie) anche a causa della natura circolatoria del loro progetto migratorio. Come risulta dall’attività che la Fondazione “Terre des hommes” svolge nelle campagne vicino alla città di Craiova, luogo di provenienza dei flussi rumeni di Villa Salus, un alto numero di minori immigrati con i genitori in Italia si trovano effettivamente nella situazione di una “doppia assenza”. In Italia, se non sono in età prescolare o se non hanno già seguito la scuola d’obbligo, questi minori dovrebbero frequentare la scuola. Ma le

difficoltà, oltre a quelle legate alla situazione economica della famiglia, emergono dalla permanenza frammentaria sul territorio italiano, seguendo i movimenti circolatori degli adulti. In Romania, gli stessi minori sono iscritti a scuola, ma in realtà non frequentano a causa delle stesse motivazioni legate alla mobilità temporanea delle famiglie. La scuola rumena delle zone di campagna si confronta, inoltre, con una scarsità di alunni, fatto che mette in pericolo il funzionamento stesso della struttura nei posti rispettivi. Di conseguenza, testimoniano gli assistenti sociali del territorio, queste scuole non dichiarano l’assenza, nella maggiore parte dell’anno scolastico, degli alunni emigrati, per evitare la chiusura della scuola e la perdita dei posti di lavoro da parte del personale.

Le principali aree di provenienza dei minori rumeni “non accompagnati” sono la zona del Nord-Ovest del Paese (Satu Mare e Maramureş), da quella del Nord-Est (Iaşi, Bacău, Neamţ, Brăila, Galaţi, Paşcani, Bacău, Piatra-Neamţ), la zona del Sud (Craiova, Calăraşi, Giurgiu, e la capitale, Bucarest), mentre le mete italiane di questi flussi sono nel Friuli Venezia Giulia (soprattutto a Trieste e Udine), nel Lazio (nella maggiore parte a Roma), in Lombardia (Milano), nella Toscana e nel Piemonte e in alcune città dell’Emilia Romagna (Bologna, Modena, Parma, Reggio Emilia) (ANCI, 2003). Queste sono indicazioni orientative poiché riguardano le zone con una maggiore concentrazione di partenze o di arrivi, ma in realtà il fenomeno dei minori “non accompagnati” riguarda tutte le zone di provenienza e di approdo dei flussi migratori degli adulti rumeni.

A scopo della presente ricerca ritengo significativo notare il fatto che, secondo la legislazione italiana, i minori “non accompagnati” sono considerati quei minori clandestini privi di un rappresentante legale sul territorio italiano, ma le statistiche ufficiali non menzionano se la situazione del minore è legata ad un ricongiungimento famigliare “di fatto”, all’abbandono da parte dei genitori dopo l’arrivo in Italia, all’attraversamento clandestino o meno delle frontiere. L’unica distinzione segnalata nelle statistiche ufficiali si riferisce, in alcuni casi, al numero di minori coinvolti nel fenomeno della prostituzione.

Oltre alle mie ricerche sul campo, di cui riporterò solamente alcune parti nella tesi, illustrerò l’ambiguità della figura dell’accompagnatore e il rapporto complesso tra esso e la “vittima”. Una alternativa al testo scritto è rappresentata da un film del regista Marco Tulio Giordana, Quando sei nato non puoi più nasconderti. Prodotto nel 2005, il film riprende alcuni stereotipi diffusi sui minori rumeni migranti, sui ragazzi rom, ma rispecchia anche l’impatto che queste problematiche hanno sulla società italiana. Grazie alla scelta del regista di mostrare storie di immigrazione attraverso gli occhi di un ragazzino italiano di 12 anni, la visione di questo bambino si scontra in maniera evidente con quella degli adulti.

Sandro, il protagonista, vive nella realtà protetta della sua famiglia italiana benestante ed entra in contatto con alcuni immigrati africani nella ditta di suo padre. Durante una gita in barca insieme a suo padre, Sandro finisce in mare da dove verrà, incredibilmente, salvato da un barcone di immigrati clandestini diretti verso le coste mediterranee italiane. Con l’innocenza dell’età, ma soprattutto con la poca esperienza di situazioni estreme come quella che vivono le persone incontrate sul barcone (sia gli immigrati che i due scafisti italiani), Sandro impara non solo a sopravvivere, ma anche ad avvicinarsi alla sofferenza dei miseri viaggiatori. L’amicizia, il legame che in realtà salva Sandro dal pericolo di un sequestro da parte degli scafisti (a scopo di un riscatto da parte dei genitori), lega profondamente il ragazzino a Radu e Alina, due minorenni rumeni che si dichiarano fratello e sorella. In maniera diversa per ognuno, Sandro si affeziona a Radu e ad Alina, il primo immagine di un fratello maggiore protettivo, mentre la bambina, che sembra avere circa la sua età, scaturisce in lui un misto di amore preadolescenziale e amore fraterno.

Tradendo l’ingenuità di Sandro, i due fratelli scappano dalla casa dei suoi genitori, nonostante le offerte di una vita migliore insieme a loro, nonostante le difficoltà legate all’incertezza sulla minore età di Radu, con tutte le conseguenze giuridiche per la coppia italiana ospitante. Confermando gli stereotipi e i pregiudizi, i due fuggono di notte, portando con loro gioielli e denaro. L’unico che continua a giustificarli rimane Sandro, profondamente toccato da questo incontro, dalla breve avventura presso un Centro di accoglienza temporanea. Sandro continua a credere, probabilmente, nel bambino che deve esistere comunque in Alina e Radu, al di là delle loro scelte estreme, al di là della loro clandestinità, che Sandro non è ancora preparato a capire dal punto di vista legale. Il finale del film colpevolizza Radu, l’adolescente che assume il ruolo di sfruttatore di Alina, la presunta sorella, una Lolita offerta in cambio di denaro ad uno degli innumerevoli ghetti milanesi abitato da clandestini-ombre. Alina non parla, non spiega, non risponde alle domande, ma ascolta, a volume massimo, la canzone di Eros Ramazzotti: “Certi amori ci lasciano un’emozione per sempre...”. La ragazzina accetta di andare via con Sandro, il piccolo salvatore che ha creduto in lei e che la vuole come sorella adottiva, però il messaggio della canzone di prima rimane ambiguo, in quanto non si capisce se le parole si riferiscono al ragazzino italiano o a Radu, quello per cui Alina aveva lasciato, di nascosto, la casa dei genitori di Sandro. La versione di Radu, invece, non viene presentata.

Capitolo 4

Un approccio transnazionale alla presenza di minori