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La risposta del sistema di accoglienza bolognese

Un approccio transnazionale alla presenza di minori “non accompagnati” a Bologna

4.4. La risposta del sistema di accoglienza bolognese

Una delle conclusioni rilevanti della ricerca comparativa della sociologa Rita Bertozzi (2005), sulle politiche sociali per i minori stranieri non accompagnati a livello locale, consiste nella “frammentazione” delle pratiche a livello nazionale. Tale situazione, sostiene la ricercatrice, è dovuta alla legislazione contrastante, alla mancanza di coordinamento tra gli attori e all’incapacità del Comitato per i minori stranieri di rispettare i tempi delle indagini, creando così un contesto conflittuale tra le competenze assegnate agli enti locali. In più, esistono diverse interpretazioni a livello territoriale della definizione stessa di “minore non accompagnato”. Questo quadro eterogeneo porta, a livello nazionale, a numerose difficoltà nella valutazione reale del fenomeno, e di conseguenza all’impossibilità di individuare e di adottare degli strumenti e degli standard minimi di tutela per i minori coinvolti. (Giovanetti, Orlandi, 2006, p. 50).

L’iter che segue un minore straniero in presunta situazione di “non accompagnamento”, parte dalla segnalazione della sua presenza presso l’Area Emergenza minori dei Servizi Sociali del Comune di Bologna.121 La segnalazione122 avviene tramite le forze dell’ordine (in caso di controlli

normali o nei casi in cui il minore viene trovato in flagranza di reato), tramite la pronta accoglienza (nel caso in cui il minore si presenta spontaneamente), attraverso gli ospedali cittadini, il Pronto Intervento Sociale (Pris) o le associazioni di volontariato. La presa in carico del minore “non accompagnato” implica l’attivazione di una rete locale. e passa, in primo luogo, attraverso un necessario accertamento dell’identità e della minore età, compito riservato alle forze dell’ordine.

Le indagini per stabilire l’identità del minore sono svolte dalle forze dell’ordine in collaborazione, dove la situazione la richiede, con le rappresentanze consolari del Paese d’origine, in base all’art. 5 del Regolamento del Comitato per i minori stranieri. (Rozzi, 2000). Nel caso in cui il presunto minore straniero segnalato sul territorio è privo di un documento d’ identità (situazioni

121 L’Area Emergenze del Settore Servizi Sociali è stata costituita a Bologna nel 2001 e copre, oltre ai minori stranieri

“non accompagnati”, una moltitudine di situazioni: neonati non riconosciuti alla nascita, minori in stato di abbandono, minori coinvolti nella tratta, madri irregolari con bambino, gravide, puerpere e neonati non residenti, in condizione di grave bisogno assistenziale. (Collina, 2006)

122 A Bologna manca, rispetto a città come Roma e Torino (vedi, per esempio, il Rapporto 2006b di Save the Children

Italia sugli interventi per la prevenzione della devianza dei minori stranieri), la fase di aggancio dei minori stranieri “erranti” (attraverso l’attività di Unità di strada specifiche) e le strutture a bassa soglia per minorenni che offrono accoglienza solo nelle ore notturne.

molto frequenti sia per nascondere, in alcuni casi, la maggiore età, sia perché gli adulti che in realtà “accompagnano” il minore lo consigliano di evitare un’identificazione certa, per evitare ulteriori possibilità di essere rintracciato), le forze dell’ordine provvedono alla registrazione attraverso il controllo AFIS (Automatic Fingerprint Identification System) e la fotosegnalazione.123

Ulteriormente, il minore viene segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, la quale dispone l’affidamento del minore alla comunità di pronta accoglienza. Gli stessi provvedimenti vengono adottati, comunque, anche nella presenza di un documento, in quanto questo possa rivelarsi falso.

Una volta accompagnato presso una comunità di pronta accoglienza (in base ad un “verbale di accompagnamento” simile a quello del Allegato del capitolo 5), il personale della struttura ha l’obbligo di comunicare, via fax o via e-mail nel caso non funzioni il servizio fax, l’avvenuto affidamento del minore. La comunicazione viene inviata, contemporaneamente, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni, al Giudice Tutelare, per l’apertura della tutela, alla Questura di Bologna –Ufficio anticrimine e Ufficio stranieri e al Servizio minori e Famiglie del Comune di Bologna. Nelle situazioni in cui i minori vengono segnalati alle altre istituzioni competenti direttamente dalla comunità di pronta accoglienza, il servizio dell’Area Emergenza del Comune progetterà un colloquio con il minore entro 15 giorni dalla sua entrata nella struttura (Collina, 2006).124

Le modalità di accertamento dell’età della persona che si dichiara minorenne, assumono una rilevanza strategica per il percorso migratorio degli stranieri in Italia. In quanto la normativa italiana sull’immigrazione considera l’adulto immigrato in situazione di irregolarità come clandestino destinato al provvedimento dell’espatrio, mentre ai minori immigrati riserva un trattamento diverso, in quanto minorenni, l’accertamento dell’età diventa una decisione che segna la permanenza o meno della persona sul territorio italiano e la possibilità di beneficiare di alcuni diritti. (Spindler, 2001) L’accertamento dell’età del presunto minorenne è di competenza dell’autorità di pubblica sicurezza, e non del Comitato per i minori stranieri o degli operatori delle strutture di accoglienza.

Secondo la Dichiarazione delle buone prassi del Programma per i minori Separati in Europa, cap. 6, l’accertamento dell’età deve essere eseguita da un pediatra indipendente con esperienza e familiarità con il contesto culturale del minore. Inoltre, il documento stabilisce che

123 Ideato nel 1996, il sistema AFIS viene utilizzato in Italia a partire dall’attuazione della legge Bossi-Fini del 2002, che

prevede la fotosegnalazione e le impronte digitali per chi richiede il rilascio del permesso di soggiorno.

124 Durante la mia esperienza di un anno presso la comunità di pronta accoglienza femminile a Bologna, ho incontrato

numerosi casi in cui la minorenne desiderava inizialmente di fermarsi presso la struttura, ma aveva bisogno urgente di risposte per aiutarla a cominciare a ideare un progetto verso la legalità. La mancanza di scambio di informazioni tra il coordinatore della comunità e gli assistenti sociali dell’Area Emergenza del Comune contribuiva al ritardo del colloquio individuale con il minore. Nel frattempo, il personale della struttura non era autorizzato a dare delle risposte alla minorenne riguardo al iter della sua permanenza, ai tempi di ogni tappa, ecc, situazione che portava, nella maggior parte dei casi, alla fuga della minorenne dalla comunità o ad un profondo disagio psichico dovuto all’attesa prolungata.

Examinations should never be forced or culturally inappropriate. It is important to note that age assessment is not an exact science and a considerable margin of error is called for. In making an age determination separated children must be given the benefit of the doubt. 125

In addizione all’ esame fisiologico, il documento suggerisce la valutazione della maturità psicologica del presunto minorenne.126 Tra le varie modalità di accertamento dell’età non esiste, a

livello europeo, una concertazione che segua le direttive delle buone prassi stabilite nel Programma SCEP. Alcuni paesi impegnano solamente una delle metodologie, altri combinano più esami, come la Romania, dove i metodi antropometrici vengono seguiti dall’ esame dentale e dall’uso dei raggi X per alcune parti del corpo, in base al presunto gruppo di età del minore. Comunque, nessuna metodologia esistente può fornire dei risultati scientifici precisi, lasciando spazio all’approssimazione. (Halvorsen, 2003) In Italia una metodologia frequente utilizzata per i minori presunti ultraquattordicenni è l’esame radiologico dei polsi. Ulteriormente, se la minore età viene stabilita e il minore in causa accetta di intraprendere un percorso presso una comunità di accoglienza, l’esame dentale viene effettuato.

Un aspetto contraddittorio legato alla presenza, in vari paesi europei, di “minori stranieri non accompagnati” (il termine è improprio, in quanto per minore “non accompagnato” si intende un minore che non ha, comunque, la nazionalità del paese che lo ospita), è legato alle statistiche ufficiali. Panter-Brick (2002, p. 153) relativizza la possibilità di ottenere dei dati reali in quanto

Thus the estimates of welfare agencies are not always concerned with the same children, Ennew (1994)127 states

categorically: “Neither UNICEF nor the ILO [International Labour Organization] can give reliable or verifiable figures

125 Sul trattamento della persona nel caso in cui esistono delle incertezze sulla minore o la maggiore età, la giurista

Antonella Inverno (2006, p. 135) afferma: “le linee guida del Comitato del 2001 ci dicono che se comunque permangono dubbi sull’età del ragazzo e sulla cittadinanza, i metodi utilizzati per la verifica devono rispettare la salute e la dignità del minore, e in caso di persistente incertezza deve essere garantito il beneficio del dubbio. Quindi, se non si riesce a stabilire se una persona è maggiorenne o minorenne, questa persona deve essere trattata come minorenne.” Anche il Comitato sui diritti dell'infanzia dell’Unicef afferma, al punto 31 del Commento Generale n. 6 del 3.6.2005 alla Convenzione di New York sui diritti dell'infanzia del 1989, l'importanza prioritaria della valutazione dell'età del minore in modo scientifico, sicuro e rispettoso dell'età, del sesso, dell'integrità fisica e della dignità del minore, raccomanda, nei casi incerti, di "accordare comunque alla persona il beneficio del dubbio, trattandola come se fosse un bambino".

126 Save the Children Italia (2006a) raccomanda, nelle pratiche dell’accertamento dei presunti minorenni, di “stabilire

norme in base a cui effettuare le perizie (non solo mediche, ma anche psicologiche), che devono essere effettuate da professionisti titolari di specifiche competenze in materia, con metodi di provata scientificità e che rispettino la salute e la dignità del minore.”

127 Panter-Brick (2002) cita il lavoro di Ennew J. del 1994, Street and Working Children—A Guide to Planning.

for the number of working children worldwide, including street children. A basic reason for the lack of accurate figures is that no one can agree on definitions. [Numbers] are often cited at the beginning of reports and descriptions of street and working children, but they have no validity or basis in fact.”.

Un ulteriore motivo di suscettibilità di fronte alle statistiche arriva, secondo Panter-Brick (2002), dalla convinzione della manipolazione operata da vari attori del contesto sociale a scopo di ottenere visibilità e fondi. Tenendo conto di questi aspetti problematici, ritengo comunque necessario menzionare, anche se non in maniera dettagliata, alcuni numeri a livello nazionale e locale sui minori “non accompagnati” per mettere in evidenza, per quanto possibile, il rapporto tra le presenze di varie nazionalità e quelle rumene. In più, le statistiche diventano essenziali nella rilevazione della percentuale di minori che scelgono un percorso presso le comunità di accoglienza e quelli che, invece, “si sono resi irreperibili”. Una rilevanza a parte hanno le statistiche nella ricostruzione dei flussi migratori dominanti di ogni periodo preso in considerazione. E’ evidente, comunque, che questi flussi seguono la situazione politica in alcuni paesi e le normative sull’ingresso delle persone nello spazio Schengen.

Il Rapporto dell’ANCI per il periodo 2005-2006 (Giovanetti, Orlandi, 2006) conferma la “difficile definizione numerica” dei minori stranieri sul territorio italiano, vista la forte mobilità del fenomeno, la situazione di irregolarità (non tutti i minori presenti entrano in contatto con le forze dell’ordine o con i servizi sociali).

I dati a livello nazionale vengono riportati, per quanto riguarda l’Italia, a partire dal 1997 dal Servizio Sociale Internazionale (Lapov, 2002). Per il 1997 il numero di minori “non accompagnati” segnalati è di 861, di cui 446 provenienti dall’Albania, 30 dalla Romania e sempre 30 dal Marocco (rappresentando il 3,48% del numero totale), 276 dal Banglades e 76 da altri paesi. Nel 1998 si registra un aumento notevole dei minori albanesi (1.112, il 69% del totale), ma anche dei minori rumeni (91, il 5, 66% del totale di 1.608). Lo stesso fenomeno avviene nel 1999, quando i minori albanesi continuano ad occupare il primo posto nelle statistiche nazionali, con 1.841 presenze segnalate, mentre i minori rumeni arrivano a 126 segnalazioni (il 5,54% di un numero totale di 2.274).

A partire dal 2000 i dati sui minori “non accompagnati” vengono raccolti presso la nuova Banca Dati del Comitato per i minori stranieri (attualmente presso il Mistero del Welfare). Le problematiche legate alla congruenza dei dati con la realtà del fenomeno persistono, come rilevato dal Rapporto dell’ANCI (Giovanetti, Orlandi, 2006, p. 31):

Quando il minore raggiunge i 18 anni, i suoi dati vengono cancellati: di conseguenza, le informazioni contenute nella banca dati riguardano solo coloro che sono ancora minorenni. Nonostante lo sforzo istituzionale di monitorare il fenomeno, non si può non rilevare che le rilevazioni effettuate sono sottostimate rispetto alla reale consistenza dei

minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio. Oltre alla difficoltà endemica, dato il carattere “invisibile” o nascosto, del fenomeno stesso, sussistono problemi sui criteri di organizzazione dei dati e la pluralità dei soggetti istituzionali preposti a segnalarne la presenza sul territorio. L’attendibilità dei dati è dunque resa incerta dalla mancanza di “incroci” tra i dati raccolti dalle varie agenzie preposte e dalla mancanza di una unica vera banca dati.

I dati sul 2003, riportati in Rozzi (2006), provengono dal “Rapporto annuale sulle attività svolte a supporto del Comitato Minori Stranieri non Accompagnati – Luglio 2002–Luglio 2003”, a cura dell’IPRS (Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali). Rispetto al 2001, quando il numero di segnalazioni di minori “non accompagnati” a livello nazionale è stato di 7.823 (di cui 627 rumeni, l’8% del totale), nel 2003 le cifre parlano di 7.040 minori, di cui il numero più alto registrato appartiene tuttora all’Albania, mentre la Romania mantiene la seconda posizione, ma con un numero nettamente più alto rispetto agli anni precedenti – 1.462 segnalazioni, il 20,8% del totale. Secondo i dati, la maggior parte dei minori segnalati nel 2003, hanno l’età compresa tra i 15 e i 17 anni, di cui circa l’85% maschi. Le prime tre Regioni come numero di minori segnalati sono, nel 2003, la Lombardia (1.557), il Lazio (991) e il Piemonte (822), mentre l’Emilia-Romagna occupa il quarto posto, con 682 segnalazioni. Dei 1.462 minori rumeni segnalati, 1.219 non erano in possesso di permesso di soggiorno per minore età. Il numero dei minori che si sono “resi irreperibili” (cioè sono fuggiti dalle comunità di accoglienza) rappresenta, nel 2003, il 49% del totale di coloro che sono stati accolti.

Le segnalazioni a livello nazionale del 2005, secondo il Rapporto della Caritas italiana e del Unicef del 2005 (Baldassare, Bindi, Marinaro e Nanni, 2005), i minori “non accompagnati” registrati durante questo anno sono 5.573 (rispetto i circa 7.000 del 2004), Romania diventando il paese di maggiore “esportazione”, con il 37,2% del totale, seguita dal Marocco (20,1%), mentre il flusso di minori provenienti dall’Albania è in calo (il 16%). Aumentano, oltre alle presenze di ragazzi rumeni, quelle da alcuni paesi in situazione di guerra (Afghanistan e Iraq) i quali, rispetto ai minori rumeni, sono portatori di un progetto migratorio con delle caratteristiche molto diverse, segnate soprattutto dall’impossibilità del ritorno in patria.

La situazione dei flussi di minori “non accompagnati” a Bologna, registrati a partire dal 2001 (Collina, 2006), rispecchia i dati rilevati a livello nazionale. Dal 2002 i servizi sociali del Comune segnalano un evidente aumento del numero di minori rumeni accolti nella comunità di pronta accoglienza “Il Ponte” (fino al 2006 una comunità mista), gestita dal Centro di solidarietà (Ceis) di Modena. Da un flusso di 385 minori segnalati nel 2002, 89 provengono dalla Romania, le altre nazionalità presenti sul territorio sono gli albanesi, i marocchini e i moldavi. A partire dal 2003 i dati registrati riguardano sia i flussi (il numero totale di passaggi), sia le presenze effettive. Nel 2003 il numero di ragazzi e ragazze rumene raddoppia, arrivando a 141 passaggi, di un totale di

632. Nel 2004 il numero dei minori rumeni passati per la comunità di pronta accoglienza raddoppia ancora, arrivando a 282 passaggi, di cui 77 femmine e 205 maschi (166 presenze effettive, 121 maschi e 45 femmine) su un totale di 705 registrati.128 La stessa situazione si verifica nel 2005,

quando tra i 939 passaggi 523 riguardano minori rumeni (rispetto ai 75 dal Marocco e 16 dall’Albania).

Analizzando i dati del 2004, il fenomeno delle cosiddette “fughe”, degli allontanamenti volontari dei minori dopo una breve permanenza in comunità (alcuni restano anche per dieci minuti, o per il tempo di fare una doccia), appare evidente. Dai 705 passaggi registrati, 631 rappresentano delle “permanenze brevi” (il 90% delle presenze maschili e l’89% delle presenze femminili). Quanto per i minori rumeni, le “breve permanenze” riguardano 270 dei 282 passaggi registrati, 9 di loro essendo trasferiti presso un’altra comunità, uno supposto alla prassi dell’affidamento, uno dimesso per cattivo comportamento e uno beneficiario del rimpatrio assistito. (Centro di Solidarietà, 2004) Le principali città rumene di provenienza di questi minori sono Galaţi (50), Iaşi (40), Bucarest (25) e Craiova (20).129

Nonostante il fatto che l’inespellibilità dei minori stranieri130, l’immunità alla detenzione e la

loro collocazione presso un alloggio adatto, siano dei diritti universali sanciti dalla Convenzione di New York, espressi nella legislazione italiana nel T.U. 286/98, la difesa del “superiore interesse del minore” viene meno quando si tratta delle “fughe” dalle strutture di accoglienza. Questo fenomeno si riscontra in tutti i paesi di approdo dei minori “erranti”, costituendo un serio segnale di allarme per gli organismi e le organizzazioni nazionali ed internazionali operanti nel ambito della protezione dell’infanzia:

A recent trend in Central and Western Europe is the increasing numbers of disappearances from reception centers, from group homes, from other child-care institutions shortly after arrival (especially in Scandinavian countries and Central European countries as well as UK, Belgium, Austria). If children are properly identified, registered and referred to appropriate facilities, then it is easier to trace them when disappearing. (Halvorsen, 2003, p. 13)

128 Le differenze tra il numero di passaggi e il numero di presenze effettive conferma i racconti dei ragazzi del capitolo 5

sulle numerose occasioni in cui ognuno è stato accompagnato presso la Comunità “Il Ponte” di Bologna.

129 Sia nei rapporti elaborati dalle comunità di pronta accoglienza italiane che nella registrazione dei passaggi durante il

lavoro svolto personalmente presso la comunità femminile per minori a Bologna, ho notato vari errori nella scrittura dei nomi stranieri. Ad esempio, il nome della città di Craiova, se scritto con la lettera “k”, Kraiova, viene ulteriormente inserito nelle statistiche come una città diversa da Craiova. o, nei momenti in cui il mediatore culturale non è presente, i ragazzi, non in possesso di un documento d’ identità, dichiarano di provenire da città inesistenti o di avere dei nomi fittizi (un esempio è la registrazione della città rumena “Jeg”, inesistente in Romania, la parola avendo il senso di “sporcizia”). La registrazione sbagliata del nome (o del cognome) di un minore fa sì che nelle statistiche un’unica persona risulti due volte, una volta con il nome scritto correttamente, e una seconda volta con il nome sbagliato, attribuito ad un’altra persona.

130 Secondo il T.U. sull’immigrazione il minore non può essere espulso tranne che per motivi di ordine pubblico e

sicurezza dello Stato (in seguito ad un provvedimento di espulsione disposto dal Tribunale per i minorenni) e salvo il diritto a seguire il genitore o l’affidatario espulsi. In riguardo, anche Spindler (2001, p. 38).

La prassi bolognese prevede, nel caso del allontanamento volontario del minore dalla struttura di accoglienza, la comunicazione del fatto via fax, da parte del personale della comunità, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni, al Giudice Tutelare, alla Questura di Bologna, al Comune di Bologna (ai Servizi sociali) e, per la Comunità “Il Ponte”, al Ceis di Modena (Collina, 2006).

Risulta evidente, nelle numerose situazioni di “breve permanenza” e quindi di “fuga” dalle strutture di accoglienza da parte dei minori stranieri, “senza il permesso dell’educatore di turno”, il fatto che questi ragazzi/ragazze vengono esclusi, o si auto escludono, o mettono il sistema dei servizi sociali nell’impossibilità di attuare un progetto che possa garantire i loro diritti. Per loro, il dibattito sulla prevalenza della condizione di minore, su quella di straniero, non ha il tempo di attuarsi, in quanto nei loro confronti non si può parlare di diritto ad un permesso di soggiorno, ad un’identità, all’istruzione (se non nel caso in cui gli accompagnatori adulti li permettono di frequentare comunque la scuola dell’obbligo in Italia), all’assistenza sanitaria adeguata o, nel futuro, ad un lavoro regolare. Perciò, la situazione dei minori “non accompagnati”, che per varie ragioni rifiutano o non possono scegliere il percorso presso una comunità d’ accoglienza, si prospetta paradossale. Per garantire loro diritti universali come l’inespellibilità e l’immunità alla detenzione, in realtà vengono allontanati da un’ampia serie di altri diritti di cui sono portatori. In riguardo, quindi, le questioni rimangono tuttora aperte:

La Convenzione dell’Aia del ’61 stabilisce che tutti i provvedimenti devono essere adottati dall’autorità di residenza abituale del minore, ma nei casi d’ urgenza sono competenza delle autorità dove si trova il minore. Purtroppo, la legge italiana 64/94, che ha stabilito le norme d’ attuazione della Convenzione, ha disposto che i provvedimenti provvisori ed urgenti siano adottati dal Tribunale per i Minorenni del luogo ove il minore risiede. Di conseguenza, non si capisce se rientra anche il minore che ha solamente un domicilio in Italia, e questo sarebbe già qualcosa, ma soprattutto se pensiamo ai minori non accompagnati, che vivono nei treni abbandonati, nelle case abbandonate, chi è competente per loro? (Inverno, 2006, p. 134)