Un approccio transnazionale alla presenza di minori “non accompagnati” a Bologna
4.2. Problematiche delle politiche sociali europee rivolte ai minori stranieri “non accompagnati”
Il fenomeno dei minori “non accompagnati” rappresenta una realtà, anche se limitata, dei flussi migratori irregolari in vari paesi europei. Alcuni di questi minori fanno parte dei richiedenti asilo, ma non è il caso dei minori “non accompagnati” provenienti dalla Romania, anche se in paesi
come la Finlandia, la richiesta d’ asilo è l’unica via di permanenza a lungo termine sul territorio del Paese.
La terminologia standardizzata nel linguaggio europeo, è quella inglese di “unaccompanied minors”, ma nello stesso tempo essa convive con altri termini come quello di “separated children”, promossa dal Programma Separated Children in Europe, o quelli di “unaccompanied immigrant minors”, “foreign minors in risk situation” o “foreign undocumented unaccompanied minors”. In alcune situazioni vengono usati anche termini come “isolati”106, “erranti” o “richiedenti asilo”.
L’Europa si confronta con le varie problematiche legate alla migrazione dei minori “non accompagnati” ancora dagli anni ’80, ma è solo un decennio dopo, in seguito all’attenzione dei ricercatori e dei mass-media, che il fenomeno diventa una questione di dibattito pubblico molto frequente. Il quadro normativo europeo in materia si presenta eterogeneo, seguito da misure differenziate, paese per paese, in riguardo alla permanenza dei minori sul territorio dello stato, sulle misure di protezione e sui possibili percorsi ulteriori.107
Un primo tentativo di arrivare, a livello di Unione Europea, ad una concertazione di definizioni e di pratiche nazionali legate alla figura complessa dei minori immigrati “erranti”, è costituita dalla “Council Resolution of the European Union of 26 June 1997 on unaccompanied minors who are nationals of third countries”.108 Il documento rappresenta anche l’inaugurazione del
termine “minore non accompagnato”, e introduce una sua prima definizione (art. 1):
This Resolution concerns third-country nationals below the age of eighteen, who arrive on the territory of the Member States unaccompanied by an adult responsible for them whether by law or custom, and for as long as they are not effectively in the care of such a person.
This Resolution can also be applied to minors who are nationals of third countries and who are left unaccompanied after they have entered the territory of the Member States.
La Risoluzione del 1997, prevede alcune direttive riguardo alla garanzia dei diritti fondamentali al minore “non accompagnato”, al rimpatrio e alla permanenza sul territorio dello stato di approdo, in assenza di condizioni di assistenza e di tutela adeguate per il ritorno in patria.
Sempre nel 1997, The International Save the Children Alliance insieme a United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR) hanno iniziato il Programma “Separated Children in Europe” (SCEP), ideato in base agli interessi comuni di due organismi internazionali per garantire i
106 Secondo la terminologia francese, ad esempio “isolati”, definisce la condizione effettiva del minore solo, escludendo
quelli temporaneamente accompagnati. (Bertozzi, 2005, p. 77)
107 Il Rapporto IOM (2002, p. 11) evidenzia le difficoltà di un’analisi comparativa a livello europeo della situazione dei
minori “non accompagnati”, a causa della mancanza di dati provenienti da alcuni paesi come l’Olanda, le carenze del sistema di registrazione dei minori ed il loro coinvolgimento in attività e situazioni che li rendono invisibili per le forze dell’ordine o per i servizi sociali.
diritti dei minori, inclusi quelli rifugiati e richiedenti asilo. La definizione proposta attraverso lo SCEP utilizza il termine di “minore separato” per:
children under 18 years of age who are outside their country of origin and separated from both parents, or their previous legal/customary primary caregiver. Some children are totally alone while others, who are also the concern of the SCEP, may be living with extended family members. All such children are separated children and entitled to international protection under a broad range of international and regional instruments. Separated children may be seeking asylum because of fear of persecution or the lack of protection due to human rights violations, armed conflict or disturbances in their own country. They may be the victims of trafficking for sexual or other exploitation, or they may have traveled to Europe to escape conditions of serious deprivation.109
La differenza essenziale introdotta dalla definizione dello SCEP, consiste nell’inclusione dei minori accompagnati da membri della famiglia nella categoria di “non accompagnati”. Tale prospettiva ha, come nel caso italiano, notevoli conseguenze sullo statuto del minore straniero clandestino e sul suo percorso verso la legalità.
Anche se le due definizioni di riferimento all’interno dell’Unione Europea non implicano l’obbligo degli stati di adottare definizioni e legislazioni uniformi, le ricerche comparative (Spindler, 2001, p. 3) evidenziano il fatto che nessuno dei paesi europei presi in considerazione usa il termine “minori separati”, ma nonostante questo aspetto, numerose definizioni seguono le linee guida dello SCEP. Rimane, però, una differenziazione significativa tra i paesi membri dell’Unione, realtà che emerge da sistemi diversi di protezione dell’infanzia.110
A scopo di mettere in luce, nel paragrafo successivo, alcune tappe delle politiche italiane riguardanti i minori stranieri “erranti”, ritengo necessario accennare alle modalità che alcuni paesi europei hanno adottato per gestire un fenomeno complesso, in continuo cambiamento.
In Belgio, la definizione include nella categoria di “non accompagnato” i minori provenienti da paesi non appartenenti allo Spazio Economico Europeo, di età inferiore ai 18 anni, presenti sul territorio belga senza essere accompagnati dai genitori, dal tutore legale o dal/dalla coniuge. La condizione di accompagnamento esclude, quindi, parenti come i nonni o gli zii (le zie), limitando così le possibilità di un minore straniero di essere considerato in situazione di legalità. (IOM, 2002, p. 15)
Nel caso francese, le ricerche (IOM, 2002, p. 26) rivelano una legislazione competente in materia di minori “isolati”, basata su un’Ordinanza di Governo del 1945 sulla delinquenza infantile.
109 Separated Children in Europe Programme, Statement of Good Practice 3rd Edition 2004.
110 Un documento significativo, in sostegno ai principi comuni contenuti nella Risoluzione, in concordanza con i diritti
sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti dei minori del 1989, è costituito anche dal “General Comment” n. 6 (2005) del Committee on the Rights of the Children, “Treatment of unaccompanied and separated children outside their country of origin”. Un approccio comparativo delle politiche nazionali in Europa rivolte ai minori “separati” si ritrova anche in Smith (2004).
La definizione di questi minori include le persone straniere di età inferiore ai 18 anni, presenti sul territorio francese senza avere un rappresentante legale.111 Inoltre,
en France, les mineurs isolés étrangers peuvent bénéficier d’une protection en tant qu’enfants en danger jusqu’à leur majorité bien qu’un certain nombre de moyens (ex : détention et refoulement immédiat) soit mis en place pour les empêcher d’accéder au territoire. (Atti del Convegno “La migration des mineurs non accompagnés en Europe”, p. 1)
Quanto per il contesto spagnolo, l’accento della legislazione viene messo sulla condizione di “straniero irregolare”, e non su quella di minore portatore di diritti particolari. La ricerca dell’IOM (2002, p. 68) parla di uno status di “juridical limbo” in cui i minori stranieri “erranti” rimangono fino all’assegnazione di un tutore legale, fatto che avviene non prima di nove mesi. Questa situazione implica un contesto a rischio, mancante di fattibilità di un progetto migratorio di successo per il “foreign unprotected undocumented minor”.
Un contesto particolare è quello tedesco, singolare nella visione della minore età solamente entro i 16 anni. La legislazione tedesca prevede la possibilità di un minore “non accompagnato” o richiedente asilo, di beneficiare di un permesso di soggiorno di “tolleranza”, mirando ad una permanenza temporanea dei minori sul territorio.112
Nei paesi del Nord Europa, invece, i minori “non accompagnati” non costituiscono una categoria a parte, essendo inclusi in quella più ampia dei richiedenti asilo. (Bertozzi, 2005, p. 78) In Finlandia, ad esempio, il minore è considerato “legalmente non responsabile”, mentre la legislazione del 1992113 , sui richiedenti asilo e rifugiati, include il minore straniero separato dai
genitori e senza un tutore legale (Mikkonen, 2002, p. 55).
Senza riportare esempi da tutti i paesi europei che si confrontano con il fenomeno eterogeneo dei minori stranieri “erranti”, risulta evidente, da un lato, gli sforzi compiuti da alcuni organismi internazionali, come l’Unione Europea, l’UNHCR o “Save the Children” , di unificare le definizioni e le prassi, mentre d’altra parte ogni singolo stato si differenzia per questioni essenziali che riguardano l’assistenza dei minori, la permanenza sul territorio, l’identificazione, lo status giuridico ecc. Un panorama aggiornato sugli strumenti internazionali per la promozione e difesa dei
111 Per il contesto francese viene evidenziata, invece, la mancanza di un sistema efficiente di monitoraggio del
fenomeno. (Bertozzi, 2005, p. 78)
112 A questo proposito il Rapporto IOM (2002, p. 36) commenta, mettendo in luce la condizione precaria del minore
straniero “non accompagnati”: “As a rule, UAMs only obtain a .tolerance. permit, which means only a suspension of deportation rather than a right of residence. With this permit, the young refugees can only leave their district or state when an application has been filed. In addition, the tolerance permit, which is often issued for only 3 or 6 months, can be revoked by the Immigration Office.”
diritti dei fanciulli, è contenuto nell’Allegato II e III della terza edizione del 2004, della Dichiarazione sulle buone prassi elaborata dal Programma “Separated Children in Europe”.