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Il dono incondizionato: la “donazione samaritana”

III. Due casi limite di dono

III.1. Il dono incondizionato: la “donazione samaritana”

Per “donatore samaritano” si intende un donatore vivente di rene che decide di destinare il proprio organo ad una persona con la quale non ha alcun rapporto di consanguineità, di affetto o di conoscenza. In questo caso, il donatore dona un organo alla collettività e non ad uno specifico ricevente.

In Italia, il dibattito intorno alla donazione samaritana è iniziato nel 2010, quando la stampa nazionale rese nota la presenza di tre persone disposte a donare un proprio rene a beneficio di estranei67. Il clamore generato dai media richiamò l’attenzione della Presidenza del Consiglio dei Ministri, la quale richiese al Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) un parere in merito alla criticità di questa nuova situazione. Al tempo, la donazione samaritana (definita anche “non-directed donation”) era già legittima in altri stati, tra cui Gran Bretagna, Olanda, Norvegia, Svezia, Israele, Nord America, Canada, Giappone, Corea.

La novità di questa donazione consisteva nel fatto che tra i potenziali donatori e i riceventi c’era un’estraneità assoluta sia dal punto di vista fisico (genetica o di consanguineità) e psicologico (assenza di un legame affettivo o di conoscenza)68: l’unica donazione di organi da vivente ammessa era, infatti, quella da donatore consanguineo o affettivamente legato al ricevente. Il fatto che alcune persone si fossero offerte di donare un

67 http://www.repubblica.it/cronaca/2010/02/17/news/donatori_samaritani_rene-2333831/.

68 COMITATO NAZIONALE PER LA BIOETICA (CNB), La donazione da vivo del rene a persone

proprio organo a dei perfetti sconosciuti sollevò immediatamente una discussione intorno alle problematiche bioetiche connesse a questa situazione.

Diversamente da quanto avviene per un donatore vivente legato al ricevente da un rapporto affettivo o di consanguineità, infatti, il donatore samaritano si sottopone ad un’operazione invasiva, dolorosa e rischiosa senza ottenere alcun beneficio in cambio: il donatore vivente “standard”, invece, riceve un beneficio psicologico derivante dalla gratificazione di aver migliorato la qualità della vita di una persona cara. Per questo motivo c’è il sospetto che i potenziali donatori samaritani siano psicologicamente instabili, o siano affetti da qualche disturbo psichiatrico: essi, cioè, non sono ritenuti in grado nè di comprendere i rischi e le conseguenze dell’operazione a cui si vorrebbero sottoporre né, di conseguenza, di dare un consenso informato69. Sulla base di queste motivazioni, queste persone non possono essere considerate dei soggetti idonei alla donazione di rene da vivente.

Altri, invece, mettono in dubbio le motivazioni del potenziale donatore samaritano: l’altruismo, sostengono, non può essere una motivazione sufficiente per compiere un gesto simile e, quindi, ciò significa che queste persone cedono il loro rene per ottenere un compenso economico70. La donazione samaritana, quindi, non può essere legittimata poiché porterebbe in breve tempo all’istituzione di un commercio, legale o meno, di organi o al prelievo di organi da condannati a morte.

La salute mentale e, di conseguenza, le motivazioni dei potenziali donatori samaritani sono elementi verificabili tramite una valutazione psichiatrica, così come è previsto nell’iter della donazione da vivente standard71. Analogamente, il pericolo della compravendita di organi può essere scongiurato attraverso alcune accortezze nell’organizzazione dell’esecuzione dei trapianti, come l’assenza di mediatori, un accurato controllo da parte del sistema sanitario nazionale o il principio di anonimato.

Supponendo, quindi, che la decisione del potenziale donatore samaritano sia consensuale e consapevole e che questi agisca con il solo scopo di beneficiare un’altra persona in stato di necessità, senza ottenere in cambio un compenso, la donazione samaritana sarebbe considerabile ancora come illegittima?

Chi risponde negativamente a questa domanda lo fa sostenendo che questa forma di “donazione” infrange il principio di non-maleficenza: essa, infatti, comporta che una persona sana venga esposta al rischio dell’anestesia e dell’operazione e che la sua integrità corporea venga infranta, senza che questo comporti alcun beneficio, nemmeno indiretto, per il

69 A. J. Z. HENDERSON et al., The Living Anonymous Kidney Donor: Lunatic or Saint?, “American Journal of

Transplantation”, 3 (2003), pp. 203-213, qui p. 203.

70 Ibidem. 71 Cfr. pp. 51-52.

donatore. Così facendo, inoltre, si violerebbe il principio della “indisponibilità del corpo”, che, essendo basato sulla dignità della persona, non può essere messo in discussione72.

Giustificando la donazione samaritana si arriverebbe, infatti, a legittimare un’idea del corpo inteso come “somma di parti e non come espressione dell’identità personale”73: esso, cioè,

verrebbe paragonato alle cose che sono oggetto di scambio e, di conseguenza, diventerebbe commerciabile. Oltre al singolo, la donazione samaritana non arrecherebbe alcun beneficio nemmeno alla collettività, poiché da essa conseguirebbe “un aumento delle condizioni patologiche nella società per rispondere alle esigenze di altri patologie derivanti, tra l’altro, da scelte umane avallate dalla società, pur se per ragioni di grande valenza morale e in nome della solidarietà”74.

Il principio dell’indisponibilità del corpo non viene rispettato nella donazione da vivente standard ma, in questo caso, esso è superato “dall’altissimo valore etico-giuridico dei vincoli familiari e affettivi, che si possono considerare assimilabili a quelli di un contesto familiare”75. Poiché nella donazione samaritana manca l’elemento fondamentale del dono,

ovvero la relazione interpersonale, essa ha il solo risultato di “stravolgere la concezione del dono e del suo significato”76.

La donazione samaritana è stata legittimata sulla base del fatto che essa si fonda sugli stessi principi etici che sostengono la donazione da vivente: il consenso libero e informato, verificato da una commissione indipendente dalle equipe chirurgiche; la libertà e la spontaneità della decisione del donatore; il diritto di revocare la propria decisione fino al momento del prelievo e la gratuità del gesto, ovvero l’assenza di qualsiasi compenso, che viene favorita anche dal principio di anonimato77. Inoltre, in base al principio di non futilità

dell’espianto per il donatore, la procedura della donazione samaritana riceve il nullaosta solo nel momento in cui è stato certificato che i rischi corsi dal donatore sono proporzionati ai benefici attesi per il ricevente. In generale, è stato accertato che i rischi a cui il donatore samaritano è esposto sia durante sia in seguito all’operazione non sono superiori rispetto a quelli previsti per la donazione da vivente standard. I benefici derivanti da questa procedura

72 F. D’AGOSTINO, Postilla, in CNB, La donazione da vivo del rene cit., p. 17.

73 Posizione del Centro di Bioetica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, riportata in C. PETRINI, Ethical

Issues with Nondirected (“Good Samaritan”) Kidney Donation for Transplantation, “Transplantation

Proceedings”, 43 (2011), pp. 988-989, qui p. 988.

74 M. L. DI PIETRO, Postilla, in CNB, La donazione da vivo del rene cit., p. 19. 75 D’AGOSTINO, Postilla cit., p. 17.

76 DI PIETRO, Postilla cit., p. 18.

sembrano riguardare sia il ricevente sia il donatore, che ricava dal suo gesto un aumento dell’autostima, del rispetto di sé, del coraggio e della resilienza78.

Come visto in precedenza, inoltre, la mancanza di una relazione concreta tra donatore e ricevente non è un motivo sufficiente per non classificare un atto come un “dono”: lo stesso CNB ha sostenuto che la donazione samaritana è giustificata sulla base del “legame di interdipendenza che accomuna tutti gli esseri umani e che può muovere da una responsabilità asimmetrica e non reciproca verso l’altro”79. Poste le dovute differenze, come le altre forme di

donazione a sconosciuti la donazione samaritana può essere intesa come un gesto attraverso il quale il donatore ricambia i doni che ha ricevuto durante la sua vita. Alcuni donatori samaritani percepiscono l’atto della donazione come un’estensione naturale della propria identità e responsabilità sociale, cioè come un atto che è in linea con la considerazione che hanno di sé e con il loro comportamento pre-donazione80.

È necessario sottolineare che la donazione samaritana ha e deve avere un carattere eccezionale e mai sostitutivo della donazione da vivente standard o di quella post-mortem, purché non ci siano priorità biologiche di compatibilità. Esso è un gesto “supererogatorio”, contraddistinto, secondo le indicazioni di Beauchamp e Childress, da quattro caratteristiche principali81: è facoltativo, ovvero non è richiesto né proibito dagli standard morali comuni82; non supera ciò che la moralità comune si aspetta o esige; viene intrapreso volontariamente per il bene degli altri; è moralmente buono e degno di lode, in questo caso a causa del movente solidaristico che lo ispira83. Data la sua eccezionalità, la donazione samaritana non può essere

considerata come la soluzione alla scarsità degli organi disponibili per i trapianti anche se, dall’altra parte, potrebbe essere una fonte di ispirazione per altre persone nei confronti della donazione post-mortem.

Atti supererogatori

Al tema della donazione samaritana si ricollega quello relativo alla legittimità degli atti supererogatori nel campo della medicina dei trapianti. Poiché accettiamo la donazione

78 A. CLARKE et al., Understanding Donation Experiences of Unspecified (altruistic) Kidney Donors, “British

Journal of Health Psychology”, 19 (2014), pp. 393-408.

79 CNB, La donazione da vivo del rene cit., p. 8.

80 CLARKE, Understanding Donation Experiences cit., p. 398.

81 T. L. BEAUCHAMP e J. F. CHILDRESS, Principi di etica biomedica, a cura di F. Demartis, Casa Editrice Le

Lettere, Firenze 1999, pp. 468-469.

82 Tale atto può, però, essere avvertito come un obbligo auto-imposto da parte di chi lo compie. Di conseguenza,

il donatore può percepire l’omissione di tale azione come una colpa morale.

83 Secondo il CNB, questa generosità andrebbe riconosciuta e tradotta in un criterio preferenziale nelle liste

samaritana potremmo chiederci, infatti, se allora possiamo legittimare altre “offerte eroiche di donazioni di organi”: ad esempio, se è accettabile l’offerta di un genitore di donare un proprio organo vitale al fine di salvare la vita di un figlio. Facendo riferimento ai principi alla base della medicina dei trapianti (dead donor rule; tutela della vita e della salute del donatore e del ricevente) la risposta è negativa: non è possibile, infatti, provocare la morte del donatore al fine di salvare la vita del ricevente. Se, però, il genitore in questione è condannato a morire in breve tempo poiché è affetto da una malattia che non pregiudica l’espianto dell’organo vitale, questa risposta potrebbe assumere connotati diversi.

Come suggeriscono Beauchamp e Childress, l’accettazione o il rifiuto di un potenziale atto supererogatorio devono basarsi su un’attenta valutazione del contesto in cui esso è radicato: ogni situazione presenterà, quindi, un grado accettabile di sacrificio differente dalle altre. In generale, ricordano gli autori, ci sono alcuni casi in cui si è legittimati ad evitare che le persone compiano degli atti moralmente degni di lode.

III.2. Il dono rifiutato: il divieto delle trasfusioni di sangue nel culto dei