IV. I limiti del dono
5. IL MERCATO DEGLI ORGANI: UNA VALIDA ALTERNATIVA AL DONO?
La maggior parte dei sistemi sanitari nazionali reperisce gli organi per i trapianti attraverso le donazioni spontanee e gratuite: è pressoché unanime, infatti, la convinzione che il corpo non possa essere soggetto a transazioni economiche, le quali intaccherebbero la sua dignità. Tale visione del corpo è stata influenzata, in particolar modo, dalla concezione kantiana della dignità dell’uomo, di cui gode in quanto essere razionale: la dignità umana è un bene unico, inestimabile e il suo valore non è paragonabile a quello di nessun’altra cosa. Alla dignità, quindi, non può essere dato un prezzo, poiché, secondo Kant, “[H]a un prezzo ciò al cui posto può essere messo anche qualcos’altro di equivalente”1.
Nonostante l’approvazione pressoché unanime di cui gode, la donazione altruistica e gratuita di organi non sembra essere, al momento, uno strumento efficace per colmare lo scarto tra il numero di persone in lista d’attesa e il numero di organi effettivamente disponibili. Di conseguenza, i pazienti in lista d’attesa devono attendere un lungo periodo di tempo prima di ricevere un organo compatibile ed alcuni muoiono durante l’attesa2.
Questo è stato il motivo principale per cui si è iniziato a riflettere sulla possibilità di introdurre la vendita degli organi come alternativa alla donazione. Nonostante non sia mai stata adottata in nessuna normativa, a parte poche eccezioni3, la compravendita degli organi ha generato un notevole dibattito (definito “Great Organ Sales Debate”), soprattutto in Gran Bretagna e negli USA.
Molti dei sostenitori del mercato degli organi partono dalla considerazione che, a dispetto di quanto si afferma nelle legislazioni e nei trattati internazionali, il corpo umano è
1 I. KANT, Fondazione della metafisica dei costumi, citato da P. SOMMAGGIO, Merci umane? Un
itinerario socratico tra gratuità e remunerazione, in AA. VV., Donazione d’organi. La gratuità di un gesto quale strategia europea ed internazionale per fermare la vendita e il traffico d’organi. Riva del Garda – 23.01.2015, a cura di L. Pilati, Edizioni Provincia autonoma di Trento, Trento 2016, pp. 83-120, qui p. 93.
2 Facendo riferimento alla situazione italiana e prendendo come esempio il trapianto di rene, alla fine del
2016 i pazienti ancora iscritti in lista d’attesa erano 6793, mentre quelli usciti di lista 2254: di questi 1796 hanno ricevuto un trapianto, 294 sono usciti per altra causa e 164 (1,8%) sono deceduti. Il tempo medio in lista d’attesa per il trapianto di rene si attesta intorno ai 3,1 anni (http://www.trapianti.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_2591_allegato.pdf, consultato il 19 giugno 2017).
3 “Attualmente, i paesi che hanno disciplinato normativamente la compravendita degli organi umani sono
l’Iran (1988), limitatamente al rene e ai soli cittadini iraniani, e Singapore (2009), che consente l’acquisto anche ai cittadini stranieri” (CNB, Traffico illegale di organi umani tra viventi, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Roma 2013, p. 6 nota 2).
già soggetto a transazioni economiche: alcuni prodotti del corpo come capelli, latte materno e placenta, possono essere venduti senza che questo intacchi la dignità dell’essere umano. In alcuni casi, inoltre, i tessuti donati sono soggetti alla vendita da parte degli istituti che ne dispongono in seguito, anche se, generalmente, le tariffe si riferiscono al rimborso dei costi relativi al prelievo, al trasporto, al loro uso farmaceutico e sperimentale4.
La stessa normativa italiana, fa notare Sommaggio, prevede alcune forme di risarcimento che, pur riguardando la capacità lavorativa e la vita di relazione che dipendono dall’integrità fisica, presuppongono “una sorta di valore economico quantificabile che attiene alla perdita degli organi”5. Un’eccezione in questo campo,
sottolinea Sommaggio, è rappresentata dal concetto di “danno biologico”, il quale fissa un’effettiva equivalenza tra le parti del corpo e il denaro a titolo risarcitorio: questo risarcimento non viene considerato uno strumento lesivo della dignità umana “ma, anzi, la sua assenza sarebbe denunciata come una grave lacuna dell’ordinamento per quegli eventi della vita di relazione che siano fonte di un dolore e di una sofferenza non riparabili”6.
Si rileva, inoltre, una certa ipocrisia alla base del sistema della donazione di organi, poiché il donatore, a differenza del team medico, dei coordinatori dei trapianti e delle aziende ospedaliere sembra essere l’unico soggetto coinvolto nel trapianto a non ricevere un compenso7. Tutti questi elementi sembrano deporre a favore della legittimità del commercio di parti del corpo umano.
Riteniamo indispensabile analizzare le motivazioni di coloro che si dichiarano a favore dell’introduzione di un mercato degli organi, al fine di comprendere se e in che modo esso possa sostituire o affiancare il dono nell’esperienza dei trapianti. Alcuni degli autori che prenderemo in considerazione, come H. T. Engelhardt Jr. e Michael Lockwood, ritengono che la legittimità di tale mercato si fondi sul principio di autonomia dell’individuo, il quale è l’unico ad avere il diritto di scegliere in che modo disporre del proprio corpo. Altri, invece, adottando una prospettiva consequenzialista, giustificano la compravendita degli organi sulla base degli effetti positivi che essa porterebbe con sé, ovvero l’aumento del numero di organi disponibili e la possibilità di salvare un numero
4A. MARZIANI, Il corpo condiviso. Argomenti per l’introduzione del paradigma della reciprocità nell’etica
della donazione degli organi, Alma Mater Studiorum – Università di Bologna 2009, pp. 123-124.
5 SOMMAGGIO, Merci umane? cit., p. 94. 6 Ibidem.
7 C. ERIN and J. HARRIS, An Ethical Market in Human Organs, “Journal of Medical Ethics”, 29 (2003), pp.
137-138, qui p. 137.
maggiore di persone. Sulla base di ciò, essi hanno avanzato alcune proposte circa la realizzazione di un mercato degli organi che fosse in grado di raggiungere questi obiettivi.