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L’argomento Lockwood: le ragioni della donazione non altruistica

La riflessione di Michael Lockwood intorno alla vendita degli organi parte dalla critica della distinzione kantiana tra persona e cosa, che ha influenzato le legislazioni occidentali in riferimento al divieto della commercializzazione del corpo umano.

Secondo Kant, “l’uomo non può disporre di se stesso, poiché non è una cosa”: l’uomo, cioè, non può essere una proprietà di se stesso, perché ciò sarebbe contraddittorio, dal momento che egli è una persona e non una cosa. In quanto persona, infatti, l’uomo può solo essere proprietario di altre cose e non può diventare proprietà di se stesso o di altri: è, infatti, impossibile essere contemporaneamente cosa e persona, ovvero far coincidere il proprietario con la proprietà. Di conseguenza, l’uomo non può disporre di se stesso così come dispone delle altre cose e, quindi, “non gli è consentito vendere un dente o un’altra parte di se stesso”28.

La conclusione di Kant circa l’indisponibilità del corpo umano si basa, secondo Lockwood, su due assunti: il primo riguarda il fatto che la categoria dei proprietari legittimi, ovvero le persone e quella degli oggetti posseduti, cioè le cose, si escludono a vicenda; il secondo stabilisce che, per definizione metafisica, le persone non sono scindibili dai loro corpi, ovvero è logicamente e giuridicamente impossibile che l’uomo si consideri, allo stesso tempo, soggetto e oggetto di una sua disposizione29.

27 C. C. DUNHAM IV,“Body Property”: Challenging the Ethical Barriers in Organ Transplantation to

Protect Individual Autonomy, “Annals of Health Law”, 17 (2008), pp. 39-65.

28 I. KANT, Lezioni di etica, citato da M. LOCKWOOD, La donazione non altruistica di organi in vita, in

AA. VV., Questioni di bioetica, a cura di S. Rodotà, Editori Laterza, Roma-Bari 1993, pp. 139-147, qui p. 139.

Secondo Lockwood, questo secondo assunto è stato messo in discussione dagli sviluppi della chirurgia, che ne hanno inficiato la validità. La mentalità contemporanea ammette, infatti, una scissione tra un soggetto, ovvero il cervello, sede della dignità umana e un oggetto, ovvero le altre parti del corpo. Il cervello è l’unica parte del corpo a cui può essere legata l’identità di una persona e, quindi, è l’unica a non poter essere oggetto di scambio30. La donazione delle parti del corpo è già in vigore e, secondo Lockwood, diventerà sempre più radicale in futuro, quando i vari costituenti del corpo verranno sostituiti con una regolarità pari a quella con cui si modificano le macchine31.

La seconda premessa kantiana è criticabile anche sotto un altro punto di vista: se presupponessimo di non possedere il nostro corpo, allora molte pratiche e atteggiamenti quotidiani (tatuaggi, chirurgia plastica) sarebbero del tutto incomprensibili. Tra queste, anche la stessa donazione di organi sarebbe inconcepibile.

Di conseguenza, bisogna affermare che l’uomo ha il pieno diritto di disporre di se stesso e che, sulla base di questo diritto, può decidere di donare alcune parti del proprio corpo. Ma, proprio perché gode di questa prerogativa sul suo corpo, non ci sono ragioni per impedire all’individuo di vendere i propri organi invece di donarli: la vendita degli organi non può essere considerata moralmente riprovevole perché, da un lato, rispetta il diritto dell’uomo di autodeterminarsi e, dall’altro, ha come scopo quella di salvare delle vite. Di conseguenza, il commercio di organi deve essere legittimato, prestando attenzione che né la domanda né l’offerta siano sottoposte a sfruttamento e che il trapianto si svolga in condizioni sanitarie adeguate32.

Il fatto che, attualmente, un ente ufficiale vieti in modo paternalistico la vendita degli organi è moralmente presuntoso: esso impedisce ai potenziali venditori, che, generalmente, versano in condizioni di estrema povertà, di ricevere in cambio del denaro di cui hanno urgente bisogno. La riflessione di Lockwood sembra andare nella direzione di un ripensamento del significato che siamo soliti attribuire al termine “giustizia”: è lecito rammaricarsi del fatto che alcuni siano costretti a vendere i propri organi ma, si chiede l’autore, è giusto impedire a queste persone di uscire dalla povertà, eliminando quella che

30 In realtà, secondo le attuali conoscenze in campo scientifico, l’identità della persona non dipende

unicamente dal cervello e, in generale, da un singolo organo. Nell’organismo umano, infatti, sono presenti almeno tre sistemi di regolazione (ormonale, immunitario e neurovegetativo) connessi tra loro e con il sistema nervoso centrale, tenuto conto di ciò, non è possibile giustificare la sostituibilità dell’intero corpo, eccetto il cervello. L’affermazione secondo cui le parti del corpo non contribuiscono all’identità ma sono indifferenti per la persona, viene smentita, inoltre, dalle esperienze dei pazienti trapiantati: essi possono avvertire come “estranei” gli organi innestati ed avere difficoltà ad accettare psicologicamente il trapianto.

31 Per far comprendere al lettore la concezione che l’uomo avrà del suo corpo nel futuro, Lockwood si avvale

di una similitudine particolarmente eloquente: egli sostiene, infatti, che “il corpo nel quale si è nati sarà considerato proprio come la prima casa in cui si è vissuti, senza dubbio carica di riferimenti sentimentali ma nella quale non si vivrà per tutta la vita” (ivi, p. 140).

sarebbe per loro una fonte di reddito? E, ancora, è giusto vietare la retribuzione di quei venditori di organi che provengono da paesi in cui l’accesso al servizio sanitario è regolato in funzione delle possibilità finanziare e non della necessità?33

Sulla base di questa riflessione, Lockwood avanza due proposte di donazione non altruistica che, da un lato, lascerebbero gli individui liberi di disporre del proprio corpo e di tutelare i propri interessi; dall’altro, contribuirebbero all’aumento del numero di organi disponibili per i trapianti. La prima proposta riguarda l’istituzione di una “donazione” a pagamento nei confronti di beneficiari ignoti, i quali verrebbero selezionati sulla base della necessità e non del reddito. La gestione dello scambio sarebbe affidata esclusivamente al servizio sanitario nazionale, che avrebbe il compito di stabilire le tariffe per le “donazioni” e di vigilare sul loro svolgimento. Esso, inoltre, assicurerebbe ai venditori la priorità in lista d’attesa nel caso in cui avessero bisogno, in futuro, di un trapianto o della dialisi.

La seconda proposta non consiste in una vendita vera e propria, bensì nella adesione volontaria ad una associazione di donatori tramite il pagamento di una sottoscrizione. L’iscrizione all’associazione sarebbe, di fatto, un vantaggio per i potenziali “donatori” perché, nel caso in cui ne avessero bisogno, gli iscritti avrebbero il diritto di ricevere un organo34.

Ci sembra doveroso puntualizzare che, accanto a queste proposte, Lockwood ammette che “[L]’intera questione della legittimità di permettere alla gente di vendere i propri organi diventerebbe certamente discutibile se si potesse istituire un metodo veramente efficace di raccolta, conservazione e distribuzione di organi provenienti da cadaveri”35. Posta in questi termini, la questione della vendita degli organi diventa

problematica, poiché sembra che la sua legittimità derivi solo dall’attuale scarsità degli organi. In altre parole, c’è il rischio che questa affermazione arrivi a legittimare una “zona grigia” in campo etico, ovvero la temporanea sospensione di principi morali consolidati, per cercare di far fronte all’emergenza della situazione.

III. Open market, mercato etico e future markets: tre proposte per la