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Il paternalismo del legislatore nella disciplina della product governance

1.5. Le regole di condotta nei servizi e attività di investimento: dal paradigma

1.5.2. Il paternalismo del legislatore nella disciplina della product governance

La tendenza paternalistica di protezione dell’investitore da quelle che possono essere le sue stesse scelte, pur adottate in seguito ad una politica di

alla determinazione di cui al paragrafo 3 quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a) i servizi sono connessi ad uno dei seguenti strumenti finanziari:

i) azioni ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un mercato equivalente di un paese terzo o in un sistema multilaterale di negoziazione se si tratta di azioni di società e ad esclusione delle azioni di organismi di investimento collettivo diversi dagli OICVM e delle azioni che incorporano uno strumento derivato;

ii) obbligazioni o altre forme di debito cartolarizzato, ammesse alla negoziazione in un mercato regolamentato o in un mercato equivalente di un paese terzo o in un sistema multilaterale di negoziazione, ad esclusione di quelle che incorporano uno strumento derivato o una struttura che rende difficile per il cliente comprendere il rischio associato; iii) strumenti del mercato monetario, ad esclusione di quelli che incorporano uno strumento derivato o una struttura che rende difficile per il cliente comprendere il rischio associato;

iv) azioni o quote in OICVM ad esclusione degli OICVM strutturati di cui all’articolo 36, paragrafo 1, secondo comma, del regolamento (UE) n. 583/2010;

v) depositi strutturati, ad esclusione di quelli che incorporano una struttura che rende difficile per il cliente comprendere il rischio del rendimento o il costo associato all’uscita dal prodotto prima della scadenza;

vi) altri strumenti finanziari non complessi ai fini del presente paragrafo.

Ai fini della presente lettera, se i requisiti e la procedura stabiliti all’articolo 4, paragrafo 1, terzo e quarto comma, della Direttiva 2003/71/CE sono rispettati, un mercato di un paese terzo è considerato equivalente a un mercato regolamentato.

b) il servizio è prestato a iniziativa del cliente o potenziale cliente;

c) il cliente o potenziale cliente è stato chiaramente informato che, nel prestare tale servizio, l’impresa di investimento non è tenuta a valutare l’appropriatezza dello strumento finanziario o del servizio prestato o proposto e che pertanto egli non beneficia della corrispondente protezione offerta dalle pertinenti norme di comportamento delle imprese. Tale avvertenza può essere fornita utilizzando un formato standardizzato;

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trasparenza dell’intermediario, è lampante nella recente disciplina della

product governance.

La disillusione a proposito della sufficienza di trasparenza ed adeguata informazione come tutela adatta per porre l’investitore nella condizione di muoversi sul mercato in modo consapevole, avendo colmato le asimmetrie informative, è arrivata con le vicende conseguenti alla crisi finanziaria (in cui sono stati tanti i casi di misselling di prodotti finanziari).

Con la nuova disciplina della product governance, contenuta nella MIFID II e in una direttiva delegata di secondo livello42, il legislatore interviene a monte, tentando di scongiurare il rischio che, anche solo potenzialmente, vengano convogliati verso certe fasce di clientela prodotti e servizi non adeguati.

In particolare, le imprese di investimento che realizzano strumenti finanziari da offrire alla clientela devono dotarsi di un processo che individui la clientela target alla quale lo strumento si indirizza. Le imprese che, a loro volta, distribuiscono i prodotti devono compiere un’analoga analisi, in base alle indicazioni fornite dal produttore, che valuti il prodotto alla luce delle esigenze della clientela di riferimento, al fine di assicurare che gli strumenti siano offerti o raccomandati quando ciò sia nell’interesse del cliente. Le linee guida elaborate dall’ESMA a riguardo precisano i vari profili della disciplina, che tuttavia non presenta i caratteri dell’inderogabilità in quanto, a certe condizioni, può consentirsi ad un cliente di acquistare un prodotto che sia al di fuori del suo mercato target di riferimento43. Rilevante, risulta,

42 Direttiva Delegata UE 593/2017 della Commissione, 7 aprile 2016. 43

Negli Orientamenti sugli obblighi di governance dei prodotti ai sensi della MIFID II elaborati dall’ESMA e pubblicati in data 05/02/2018 si legge al paragrafo 51 “Il distributore potrebbe invece decidere, in determinate circostanze, di adottare un’impostazione meno prudente rispetto alla strategia di distribuzione definita dal produttore. Ad esempio, qualora il produttore ritenga che un dato prodotto, a causa delle sue caratteristiche specifiche, debba essere offerto con una consulenza in materia di investimenti, il distributore potrebbe anche rendere disponibile il prodotto, mediante servizi di esecuzione, a un segmento specifico di clienti. In siffatte situazioni, l’ESMA si aspetta che il

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quindi, la presenza di un significativo momento di paternalismo che marca la distanza dal modello tradizionale: contrariamente alla tradizionale obiezione per la quale il privato conosce il proprio interesse meglio dell'autorità pubblica , la disciplina in esame realizza una tutela degli investitori che prescinde, se pure in casi limitati, dalla loro libera scelta informata.

L’importanza sempre maggiore attribuita alle caratteristiche dello strumento finanziario trova conferma in recenti pronunzie della giurisprudenza che ricorre alla nullità per difetto di causa in concreto come rimedio per reprimere possibili abusi nel pricing o per intervenire in situazioni di ripetute rinegoziazioni del contratto, che allontanino nel tempo l’emersione delle perdite, ma a cui consegue una significativa alterazione dei rischi dedotti nell'accordo44 . Il legislatore persegue così il tentativo di giungere a forme di maggiore protezione del cliente, superandosi il sistema delle regole di comportamento fondato sulla trasparenza.

Anche nella disciplina pubblicitaria, di stretto aggancio con quella della

product governance, possiamo osservare come si stia passando dall’esigenza

(anche rafforzata) di trasparenza semplice ad una di tutela ancora più spinta, costruita su misura per il cliente, per altro sulla lunghezza d’onda delle regole già introdotte anni prima che sanciscono un’applicazione graduata della disciplina a seconda della tipologia di investitore.

L’art. 48 presenta, infatti, in modo complementare alla disciplina della

product governance, le informazioni da fornire con riguardo agli strumenti

finanziari. Si identifica una serie essenziale di informazioni da fornire agli investitori che devono consistere, secondo il comma 1, in “una descrizione generale della natura e dei rischi degli strumenti finanziari, tenendo conto, in

distributore agisca in tal senso solo a seguito di un’analisi approfondita delle caratteristiche dei prodotti e dei clienti di riferimento. Tale decisione dovrebbe essere comunicata al produttore in quanto parte dell’obbligo del distributore di fornire informazioni sulle vendite al produttore affinché quest’ultimo possa tenerla in considerazione nei propri processi di governance del prodotto e nella fase di selezione dei distributori idonei.”

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Caso esemplificativo risulta quello del contratto swap, che verrà esaminato più avanti in questa trattazione.

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particolare, della classificazione del cliente come cliente al dettaglio, cliente professionale o controparte qualificata. Tale descrizione spiega le caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, il funzionamento e i risultati dello strumento finanziario in varie condizioni di mercato, sia positive che negative, e i rischi propri a tale tipo di strumento, in modo sufficientemente dettagliato da consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”. L’elenco dettagliato di informazioni da fornire agli investitori contenuto nel secondo comma, deve comunque essere pertinente “per il tipo specifico di strumento finanziario e livello di conoscenza del cliente”.

1.5.3. Il superamento della disclosure nella disciplina del conflitto