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1.5. Le regole di condotta nei servizi e attività di investimento: dal paradigma

1.5.1. Gli obblighi informativi e la modifica della regola di adeguatezza

conflitto di interessi.

1.5.1. Gli obblighi informativi e la modifica della regola di adeguatezza

Gli obblighi informativi trovano la loro sede nell’art. 21 TUF, rubricato appunto “criteri generali”. Al comma 1, tale articolo elenca una serie di doveri che incombono sui soggetti abilitati. Alla lett. a) si prescrive di “comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, per servire al meglio l’interesse dei clienti e per l’integrità dei mercati”. La previsione riprende, talora specificandoli e talora integrandoli, principi e clausole tipici del diritto privato già ricavabili ed applicabili ai vari rapporti ed alle diverse attività svolte dagli intermediari abilitati. Se quindi la prima parte di questo inciso non apporta novità significative alla disciplina richiamando principi che in essa avrebbero trovato comunque spazio, la seconda parte sottolinea ancora una volta gli obiettivi principali di tutta la regolazione del mercato mobiliare. Infatti si marca ancora una volta il legame tra servire al meglio l’interesse dei clienti e l’integrità dei mercati. C’è una connessione biunivoca tra le due cose; il perseguimento dell’interesse del cliente richiede il rispetto dell’ordinato svolgimento dei mercati sui quali l’intermediario opera. E così una gestione rispettosa dell’integrità dei mercati, intesa come trasparente, efficiente e sicura, porterà a perseguire in modo migliore l’interesse dei clienti.

La lett. b) dell’art. 21 impone agli intermediari il dovere di “acquisire, le informazioni necessarie dai clienti e operare in modo che essi siano sempre adeguatamente informati”. Questa disposizione è di un’importanza fondamentale per la comprensione degli obiettivi che la disciplina intende assicurare, al fine di tutelare l’investitore.

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Prescrivendo di “acquisire le informazioni necessarie dai clienti”, tale lettera tratta, quindi, di informazioni trasmesse dall’investitore all’intermediario finanziario. Per quanto riguarda questi obblighi di assumere informazioni da parte dell’intermediario, essi vanno completati e decifrati alla luce della disciplina comunitaria ed, in particolare, di quella regolamentare di attuazione del TUF. La norma rinvia, infatti, all’applicazione delle regole di idoneità e adeguatezza, di cui agli art. 54 ss. del Regolamento n. 565/2017. Possiamo affermare che gli obblighi di cui all’art. 21, lett. b), siano funzionali al rispetto di tali regole.

A partire dalla MIFID, in seguito ai numerosi contenziosi conseguenti ai

default che hanno interessato il mercato finanziario italiano negli ultimi

lustri37, è stata introdotta questa disciplina che va oltre la semplice filosofia della trasparenza. L’obiettivo è quello di fare divieto all’intermediario di effettuare o consigliare operazioni non adeguate al profilo dell’investitore. Merita soffermarsi, in quanto esemplificativa di questo cambiamento, sulla regola positiva di adeguatezza. Bisogna riscontrare, in primis, una differenza rispetto a quanto derivante dalla prima Direttiva MIFID in cui la regola aveva una portata generale, estesa quindi a tutti i servizi di investimento, ma era derogabile nel caso in cui l’investitore avesse autorizzato espressamente l’operazione oppure reiterato l’ordine.

Il nuovo Regolamento n. 565/2017 modifica la regola di adeguatezza secondo quanto precedentemente visto, essendo stata “testata” l’insufficienza della semplice disclosure di informazioni per una effettiva tutela dell’investitore. Il perno della nuova disciplina è l’inderogabilità della regola, sebbene oggi limitata al solo servizio di gestione di portafogli ed al servizio di consulenza finanziaria38 (ossia ai servizi per i quali le scelte di

37 Cd. contenzioso sul “risparmio tradito”.

38 L’art. 54 del Regolamento n. 565/2017, evidenzia come le imprese di investimento

“ottengono dai clienti o potenziali clienti le informazioni di cui necessitano per comprendere le caratteristiche essenziali dei clienti e disporre di una base ragionevole per determinare, tenuto conto della natura e della portata del servizio fornito, se la specifica

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investimento derivano da decisioni o suggerimenti dell’intermediario stesso39).

In caso di mancata disponibilità delle informazioni richieste il comma 8 dell’art. 54 è chiaro nell’affermare che, in tal caso, il servizio non può essere prestato. Ovviamente questa conclusione va estesa all’ipotesi in cui le informazioni siano sì fornite all’intermediario, ma in misura non sufficiente a formulare il giudizio di adeguatezza.

Ma la tutela dell’investitore dal suo stesso inadempimento va addirittura oltre. Dal comma 7 dell’articolo in esame possiamo evincere come la tutela si spinge fino ad imporre agli intermediari il dovere di adottare misure per assicurare che le informazioni fornite dai clienti siano attendibili e si arriva addirittura a prescrivere loro l’obbligo di aggiornare periodicamente le informazioni possedute sull’investitore.40

operazione da raccomandare o realizzare nel quadro della prestazione del servizio di gestione del portafoglio soddisfa i seguenti criteri:

a) corrisponde agli obiettivi di investimento del cliente, inclusa la sua tolleranza al rischio;

b) è di natura tale che il cliente è finanziariamente in grado di sopportare i rischi connessi all'investimento compatibilmente con i suoi obiettivi di investimento; c) è di natura tale per cui il cliente possiede le necessarie esperienze e conoscenze

per comprendere i rischi inerenti all'operazione o alla gestione del suo portafoglio.“

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ANNUNZIATA, pag. 148.

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Così si esprime il comma 7 “Le imprese di investimento adottano misure ragionevoli per assicurare che le informazioni raccolte sui clienti o potenziali clienti siano attendibili. Tali misure comprendono, a titolo esemplificativo e non esaustivo:

a) assicurarsi che i clienti siano consapevoli dell'importanza di fornire informazioni accurate e aggiornate;

b) assicurarsi che tutti gli strumenti, quali strumenti di profilazione per la valutazione del rischio o strumenti per valutare le conoscenze ed esperienze di un cliente, impiegati nel processo di valutazione dell'idoneità rispondano allo scopo prefisso e siano correttamente concepiti per l'utilizzo con i clienti, individuandone e attenuandone attivamente le eventuali limitazioni durante il processo di valutazione dell'idoneità;

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Per terminare brevemente il quadro positivo, merita di essere esaminata la contigua regola di appropriatezza. Pur rispecchiando la disciplina prevista per la valutazione di adeguatezza, essa se ne differenzia in alcuni punti. In

primis, la valutazione di appropriatezza connota la prestazione di servizi

diversi dalla consulenza e dalla gestione di portafogli. Le ulteriori differenze si possono riscontrare nel fatto che tale giudizio si misura soltanto sul livello di esperienza e conoscenza di cui è in possesso l’investitore, esulando dalla valutazione della capacità finanziaria del cliente e dei suoi obiettivi di investimento, e nel fatto che l’intermediario sia tenuto semplicemente ad avvertire l’investitore di tale situazione, senza che ciò si traduca in un divieto di operare.

Merita un accenno la zona franca prevista dalla MIFID, dove non trovano applicazione le regole di adeguatezza ed appropriatezza, per il servizio di ricezione e trasmissione di ordini prestato in modalità cd. execution only, i cui presupposti sono delineati dall’art. 25, paragrafo 4, della Direttiva MIFID II41.

c) assicurarsi che le domande utilizzate nel processo siano atte a essere comprese dai clienti, procurino un'immagine accurata degli obiettivi e delle esigenze del cliente e veicolino le informazioni necessarie a condurre la valutazione dell'idoneità;

d) intraprendere azioni, laddove opportuno, per assicurare la coerenza delle informazioni sul cliente, per esempio analizzando se nelle informazioni da questi fornite vi siano delle evidenti imprecisioni.

Le imprese di investimento che intrattengono un rapporto continuativo con il cliente, per esempio fornendo un servizio continuativo di consulenza o gestione del portafoglio, dispongono di appropriate politiche e procedure, dimostrabili, per mantenere informazioni adeguate e aggiornate sui clienti nella misura necessaria a soddisfare i requisiti di cui al paragrafo 2.”

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Art. 25, comma 4, MIFID II “Gli Stati membri autorizzano le imprese di investimento, quando prestano servizi di investimento che consistono unicamente nell’esecuzione o nella ricezione e trasmissione di ordini del cliente con o senza servizi accessori — esclusa la concessione di crediti o prestiti ex allegato I, sezione B 1 non consistenti in limiti di credito di prestiti, conti correnti e scoperti di conto già esistenti dei clienti - a prestare detti servizi di investimento ai loro clienti senza che sia necessario ottenere le informazioni o procedere

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1.5.2. Il paternalismo del legislatore nella disciplina della product