1.5. Le regole di condotta nei servizi e attività di investimento: dal paradigma
1.5.3. Il superamento della disclosure nella disciplina del conflitto di interess
Al comma 1-bis dell’art. 21 si trova, invece, la disciplina del conflitto di interessi. Possiamo definirlo come la situazione in cui può trovarsi l’intermediario che potrebbe essere indotto a non realizzare appieno l’interesse del proprio cliente/investitore, essendo piuttosto tentato di privilegiarne altri (ad esempio i propri, di altri investitori o di soggetti collegati all’intermediario stesso)45
. Negli ultimi anni, il legislatore ha avuto un occhio di riguardo per questo tema, la cui portata è stata accentuata dalla natura sempre più polifunzionale di intermediari che svolgono più servizi contemporaneamente e dalle interferenze tra prestazione di servizi di investimento e svolgimento di altre attività finanziarie46. Ovviamente, e in gran parte per l’influenza di questi fattori, i conflitti di interessi non sono eliminabili. Di ciò è consapevole il legislatore che detta norme volte
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ANNUNZIATA, pag. 141 ss.
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Come tra l’attività bancaria tradizionale (tipicamente, l’erogazione del credito) e le attività mobiliari.
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piuttosto a disciplinare tali conflitti, imponendo, all’intermediario che si trovi in tale situazione, una loro gestione47.
Anche ai sensi degli artt. 33 ss. del Regolamento di esecuzione n. 565/2017, il problema del conflitto di interessi viene affrontato mediante presìdi di tipo organizzativo, che impongono all’intermediario l’identificazione e la gestione dei conflitti attraverso la predisposizione di “idonee misure organizzative”.
Le questioni poste dall’analisi della disciplina sono diverse. L’identificazione dei conflitti, per la disciplina europea, è lasciata ad un autoanalisi del soggetto, tenuto ad esaminare le situazioni da cui possono sorgere conflitti. L’art. 33 del succitato regolamento stabilisce una serie di criteri minimali per determinare i tipi di conflitto che possono sorgere48. In
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Il comma 1-bis alle lett. a) e b) stabilisce quindi che i soggetti abilitati “adottano ogni misura idonea ad identificare e prevenire o gestire i conflitti di interesse che potrebbero insorgere tra tali soggetti, inclusi i dirigenti, i dipendenti e gli agenti collegati o le persone direttamente o indirettamente connesse e i loro clienti o tra due clienti al momento della prestazione di qualunque servizio di investimento o servizio accessorio o di una combinazione di tali servizi” e “mantengono e applicano disposizioni organizzative e amministrative efficaci al fine di adottare tutte le misure ragionevoli volte ad evitare che i conflitti di interesse incidano negativamente sugli interessi dei loro clienti”.
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Art. 33 “Come criterio minimo per determinare i tipi di conflitti di interesse che possono insorgere al momento della fornitura di servizi di investimento e servizi accessori, o di una combinazione di essi, e la cui esistenza può ledere gli interessi di un cliente, le imprese di investimento considerano se l'impresa di investimento, un soggetto rilevante o una persona avente un legame di controllo, diretto o indiretto, con l'impresa si trovi in una delle seguenti situazioni, sia a seguito della prestazione di servizi di investimento o servizi accessori o dell'esercizio di attività di investimento, sia per altra ragione:
a) è probabile che l'impresa, il soggetto o la persona realizzino un guadagno finanziario o evitino una perdita finanziaria a spese del cliente;
b) l'impresa, il soggetto o la persona hanno nel risultato del servizio prestato al cliente o dell'operazione realizzata per suo conto un interesse distinto da quello del cliente;
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questo senso, come succede anche per il mancato rispetto degli obblighi organizzativi, già un’insufficiente identificazione delle situazioni che possono originare conflitti integra il mancato rispetto della disciplina. Tuttavia, l’aver mappato una serie di situazioni del genere non esime da responsabilità per violazione della disciplina stessa nel caso in cui essa non sia ritenuta sufficientemente accurata.
Dopo l’identificazione delle situazioni che possono originare tali conflitti, è necessaria l’elaborazione di una procedura scritta, alla quale è affidato il compito di gestire le situazioni conflittuali. Anche riguardo alla politica di gestione, ne vengono identificati i contenuti esemplificativi e minimali. Gli intermediari devono, infatti, adottare misure e procedure alternative ed appropriate al fine di assicurare l’indipendenza dei soggetti coinvolti in situazioni dalle quali possono derivare conflitti di interessi. La disciplina si presenta come tipica regolamentazione per obiettivi, particolarmente diffusa nella recente disciplina bancaria e finanziaria. Le regole sono flessibili, tengono conto della necessità di adattamento alle specifiche situazioni del caso, fermo restando l’obbligo di raggiungere lo scopo indicato dalla disciplina.
Una questione interessante, che evidenzia il cambio di paradigma nell’evoluzione della disciplina secondo la direttrice già riportata (dalla semplice trasparenza ad una tutela rafforzata dell’investitore), è quella della
disclosure della situazione di conflitto nei confronti dell’investitore. Nel
sistema antecedente alle direttive MIFID, l’art. 27 del Regolamento n. 11522/1998 vedeva nella trasparenza un perno centrale e sufficiente per la
c) l'impresa, il soggetto o la persona hanno un incentivo finanziario o di altra natura a privilegiare gli interessi di un altro cliente o gruppo di clienti rispetto a quelli del cliente interessato;
d) l'impresa, il soggetto o la persona svolgono la stessa attività del cliente;
e) l'impresa, il soggetto o la persona ricevono o riceveranno da una persona diversa dal cliente un incentivo in relazione con il servizio prestato al cliente, sotto forma di benefici monetari o non monetari o di servizi.”
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tutela dell’investitore49
. Le direttive MIFID e la disciplina di esecuzione stabiliscono, invece, un ruolo diverso per la disclosure della situazione di conflitto, vista sempre più come una prospettiva di extrema ratio50. L’evoluzione della disciplina dei conflitti è, perciò, paradigmatica della nuova concezione che permea la tutela dell’investitore in tutto il settore. La trasparenza lascia spazio al ruolo dei presidi organizzativi interni. Per cui, se questi ultimi sono sufficienti ad identificare e gestire le situazioni di conflitto di interessi, la disclosure non solo non è dovuta né necessaria, ma
49 Al comma 2 del suddetto articolo si stabiliva che “gli intermediari autorizzati non
possono effettuare operazioni con o per conto della propria clientela se hanno direttamente o indirettamente un interesse in conflitto, anche derivante da rapporti di gruppo, dalla prestazione congiunta di più servizi o da altri rapporti di affari propri o di società del gruppo, a meno che non abbiano preventivamente informato per iscritto l'investitore sulla natura e l'estensione del loro interesse nell'operazione e l'investitore non abbia acconsentito espressamente per iscritto all'effettuazione dell'operazione. Ove l'operazione sia conclusa telefonicamente, l'assolvimento dei citati obblighi informativi e il rilascio della relativa autorizzazione da parte dell'investitore devono risultare da registrazione su nastro magnetico o su altro supporto equivalente”. Regola che era rafforzata dalla previsione di cui al comma 3 che, riguardo all’utilizzo da parte degli intermediari di moduli o formulari prestampati per l’assolvimento degli obblighi sanciti dal comma precedente, stabiliva che “questi devono recare l'indicazione, graficamente evidenziata, che l'operazione è in conflitto di interessi”.
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Così la lett. c) del comma 1-bis nel dire che “quando le disposizioni organizzative e amministrative adottate a norma della lettera b) non sono sufficienti ad assicurare, con ragionevole certezza, che il rischio di nuocere agli interessi dei clienti sia evitato, informano chiaramente i clienti, prima di agire per loro conto, della natura generale e/o delle fonti dei conflitti di interesse nonché delle misure adottate per mitigare i rischi connessi”. Ancora più deciso sul tema è l’art. 34 del Regolamento n. 565/2017 nell’affermare che la comunicazione al cliente è “adottata come misura estrema da utilizzarsi solo quando le disposizioni organizzative e amministrative efficaci adottate dall'impresa di investimento al fine di prevenire o gestire i conflitti di interesse conformemente all'articolo 23 della Direttiva 2014/65/UE non sono sufficienti per assicurare, con ragionevole certezza, che sia evitato il rischio di ledere gli interessi del cliente.”
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nemmeno opportuna. Inoltre, all’intermediario non è consentito usare la
disclosure al fine di gestire situazioni di conflitto di interessi in via
alternativa o sostitutiva rispetto al dovere di organizzarsi adeguatamente. La comunicazione al cliente del conflitto non varrà ad esonerarlo, quindi, dalla responsabilità per aver operato in conflitto di interessi. La tutela dell’investitore avviene non più attraverso una trasparenza che gli permetta di scegliere dopo che si sia provveduto ad eliminare le asimmetrie informative che caratterizzano il rapporto, ma tramite una stratificazione di regole che affida tutto a presidi organizzativi. Essi devono quindi tendere, nel migliore dei modi possibile, al fine che la disciplina impone. Se non si può azzardare che le nuove regole mirano a proteggere l’investitore addirittura dalle scelte, che, nonostante la trasparenza delle comunicazioni e gli interventi per colmare le asimmetrie informative, risultino compromettenti per lui ed il suo patrimonio, senz’altro è lampante, con l’esplosione del commercio al dettaglio di strumenti finanziari, come il legislatore sia consapevole delle difficoltà che i clienti hanno nell’operare nel settore finanziario.
1.5.4. La disciplina degli incentivi: la trasparenza come requisito