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Capitolo 3: Il caso della nullità dei contratti swap per difetto di causa

4.2. La configurabilità della categoria della nullità di protezione

4.2.2. La possibilità della convalida delle nullità di protezione

E’ bene premettere che, in un breve passo delle citate sentenze gemelle, la Cassazione esclude in maniera netta la possibilità della convalida delle nullità di protezione.

Ma si può analizzare il punto partendo dalle ricostruzioni dottrinali.

Per giustificare il ricorso all’istituto della convalida, parte della dottrina ha, infatti, osservato che la regola sancita all'art. 1423 c.c., secondo la quale il contratto nullo non può essere convalidato, ha un senso quando la nullità si presenti come assoluta. Tale forma di sanatoria dovrebbe, infatti, provenire da tutti i soggetti legittimati all'azione. La dichiarazione di uno degli interessati di volere convalidare potrebbe tutt'al più impedirgli di venire

contra factum proprium, senza precludere, in alcun caso, l'iniziativa

giudiziale degli altri interessati, la quale porterebbe comunque alla cancellazione erga omnes degli effetti negoziali. D’altra parte, qualora, come nel caso di specie, la nullità sia configurata come relativa sarebbe, invece, possibile ammettere la disponibilità della tutela da parte dei soggetti a favore dei quali è prevista. Questo in considerazione del carattere privato e, quindi, disponibile dell'interesse protetto.

La dottrina favorevole all’opzione della convalida del contratto nullo si è poi divisa circa i modi del suo concreto operare. La base della questione sta nell'inquadramento dogmatico di tale tipo di invalidità. Secondo un primo orientamento, l'istituto opererebbe consolidando e rendendo permanenti effetti che si sono già prodotti, così come se ci si trovasse di fronte ad un contratto annullabile214. Quanti accolgono, invece, la tesi del contratto nullo

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come originariamente inefficace ritengono che la convalida serva, appunto, a consentire al contratto di produrre effetti che esso era ab origine incapace di realizzare215 e ritengono che la figura possa essere accostata alla conferma od esecuzione volontaria delle disposizioni testamentarie o delle donazioni nulle (artt. 590 e 799 c.c.).

Avendo chiare queste considerazioni, bisogna comunque rilevare come parlare di inefficacia originaria sanabile retroattivamente ovvero di efficacia immediata eliminabile essa pure ex tunc, non cambia in modo sostanziale i termini della questione alla nostra attenzione. La regola che esclude la convalida del contratto nullo, pur dettata nella logica tradizionale del codice civile per evitare che la tutela d'interessi che trascendono quelli delle parti possa essere da queste ultime vanificata, si rivelerebbe adeguata a disciplinare anche le nuove fattispecie, nella misura in cui nega al contratto la possibilità di conseguire effetti in contrasto con la stessa finalità di protezione della nullità, impedendo che possa acquisire forza vincolante un regolamento negoziale frutto dell'abuso che la norma violata ha inteso reprimere.

In effetti, se lo squilibrio riguarda la fase genetica del regolamento contrattuale, non si potrebbe consentire al contraente protetto di convalidare il contratto nullo, allorquando la sua volontà non sia più “condizionata dalla debolezza contrattuale che l'ha indotto a contrarre”216. Infatti, come già affermato disquisendo in ordine alla rilevabilità d’ufficio, la nullità di protezione, a differenza dell'annullabilità, non consegue ad un vizio del volere dovuta a fatti contingenti, ma ad una disparità di potere contrattuale, che strutturalmente connota un determinato rapporto e che giustifica la scelta legislativa di sottrarre l'operatività della tutela alla disponibilità dell'interessato. Una facoltà di convalidare il contratto non potrebbe pertanto ammettersi sostenendo che “una volta sorto il vincolo, ... il contraente debole recupererà con ogni probabilità ogni forza contrattuale e quindi sarà in grado

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D'AMICO, pag. 744 ss.

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di decidere se avvalersi o meno della tutela che la legge gli accorda”217. Quest'affermazione sarebbe poi in contraddizione con l'assunto secondo cui il contratto affetto da nullità (anche) relativa, essendo ab origine inefficace, non potrebbe far sorgere alcun vincolo giuridico prima della convalida. Sembrerebbe quindi paradossale affermare come la conclusione di un contratto nullo, e come tale insufficiente ad assicurare l'effettiva soddisfazione del bisogno che ha spinto il contraente debole a pattuire condizioni per sé svantaggiose, possa far venire meno quell'asimmetria di potere contrattuale che giustifica la previsione della nullità di protezione e la stessa inammissibilità della convalida. È viceversa chiaro che, operando la nullità a vantaggio del contraente protetto, la convalida del contratto non potrà ammettersi, in quanto risulterebbe in contraddizione con l'idea stessa di nullità di protezione.

L'inammissibilità della convalida peraltro non verrebbe meno neppure quando la nullità derivi non dalla presenza di uno squilibrio del regolamento contrattuale, bensì dal difetto di requisiti di sostanza e di forma prescritti dalla legge per ridurre le asimmetrie informative e garantire una corretta formazione dell'accordo attraverso un consenso consapevole del contraente debole. Anche in questi casi, infatti, la semplice dichiarazione della parte legittimata, che, avvedutasi delle omissioni, consideri comunque vantaggiosa la pattuizione e voglia pertanto convalidarla, non è sufficiente a sanare l'inosservanza della norma, essendo invece necessaria, ai fini di una sostanziale soddisfazione dell'interesse tutelato, la conclusione di un nuovo contratto, dotato di tutti i requisiti prescritti dalla legge218.

Il secondo comma dell’art. 1423 c.c. sembra configurare delle eccezioni all’inammissibilità della convalida del contratto nullo. Ma la norma in questione assume un preciso significato giuridico proprio nella misura in cui riserva al legislatore il compito di stabilire le ipotesi in cui il contratto nullo

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GIROLAMI, [2], pag. 455 ss.

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può essere eccezionalmente convalidato, escludendo che a tale risultato possa giungersi in via interpretativa.

Contro la tesi esposta dalla Corte di giustizia e dalla dottrina maggioritaria (oltre che dalla Cassazione), che vede come possibile rilevare officiosamente la nullità e come inammissibile la convalida, si è schierata parte della dottrina già citata219 che ritiene impossibile la convivenza tra questi due aspetti.

Essa illustra come la finalità di protezione della nullità relativa costituisce comunque un limite al suo rilievo d'ufficio da parte del giudice. Questa esigenza di coerenza sistematica, tuttavia, non sarebbe adeguatamente considerata da chi, riconoscendo senza limiti la rilevabilità d'ufficio della nullità relativa, è poi costretto ad ammettere la convalida del contratto nullo. Entrambe le ricostruzioni, secondo questa opinione, si fondano in realtà sul falso presupposto che la nullità possa in ipotesi pregiudicare il contraente protetto, il quale pertanto può impedirne il rilievo giudiziale. In realtà, una volta appurato che la nullità di protezione può (e deve) essere rilevata solo a vantaggio del contraente protetto, non si può negare che la tutela così predisposta dall'ordinamento possa operare, anche contro la volontà da questi manifestata, e che in questo modo sia sottratta al suo potere di disposizione. Se il legislatore, infatti, espressamente richiama l'interesse del consumatore come presupposto indispensabile perché il giudice possa attivarsi d'ufficio ai fini della declaratoria di nullità, è all'interesse e non alla volontà di quest'ultimo che occorre far riferimento220. Si rivelerebbe invece riduttiva la spiegazione della rilevabilità d'ufficio della nullità relativa semplicemente in funzione di rimedio a un eventuale difetto di difesa in giudizio del contraente debole, che non si sia avvalso della tutela apprestata dall'ordinamento. Attribuire alla parte legittimata ad agire il potere di opporsi al rilievo d'ufficio della nullità relativa, valutandone la convenienza in base a criteri puramente soggettivi, significherebbe infatti contraddire l'intrinseco

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ALBANESE, pag. 503 ss.

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carattere paternalistico della tutela, che consiste proprio nell'affidare al giudice il compito di sindacare, in presenza di determinate fattispecie di abuso, l'equilibrio del regolamento pattuito dai contraenti.

Pur avendo fatto brevi accenni all’applicazione di questa disciplina al ramo speciale dei contratti finanziari, la questione sarà esaminata approfonditamente nel prosiegui della trattazione, intrecciandosi con altre questioni fondamentali relative alla forma dei contratti di investimento.

4.3. La cd. “forma informativa” dei contratti di