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Capitolo 2: La responsabilità dei soggetti abilitati e le conseguenze derivanti dalla

2.1. Il silenzio del legislatore

La violazione della disciplina relativa alla condotta nella prestazione dei servizi può essere fonte di responsabilità per l’intermediario. Il legislatore ha ritenuto, su questo punto, di dover emanare una norma specifica di favore per l’investitore; è infatti previsto che, nei giudizi di risarcimento dei danni arrecati al cliente nella prestazione dei servizi, spetti ai soggetti abilitati l’onere della prova di aver agito con la specifica diligenza richiesta (art. 23, comma 6, TUF). Il TUF, rispetto alla previgente disciplina ex lege n. 1/199173, ha avuto il merito di specificare che la diligenza richiesta all’intermediario è quella richiesta per l’operatore professionale di cui al secondo comma dell’art. 1176 c.c.74

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Che si limitava a parlare della diligenza richiesta all’intermediario lasciando dubbi sulla natura di essa. In via interpretativa si era comunque giunti alla soluzione oggi accolta dal TUF.

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In particolare il secondo comma dell’art. 1176 c.c. dispone che “Nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata”.

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Per quanto riguarda il rapporto con la disciplina di diritto comune, la regola sembrerebbe riprodurre i comuni principi in materia di responsabilità contrattuale; secondo altri, invece, essa porrebbe a carico dell’intermediario l’onere di dimostrare che tra la violazione di una norma di settore ed il danno non vi è nesso di causalità75. Come già accaduto ed esaminato a proposito del rapporto della disciplina di diritto comune con quella di tutela dell’investitore nel mercato mobiliare, è da segnalare come, con la pervasività sempre maggiore di quest’ultima disciplina, il dibattito teso alla ricerca di regole di diritto comune con cui queste si porrebbero in continuità, abbia perso parte della sua attualità. Infatti, a prescindere dal rapporto tra la norma in questione ed in principi di diritto comune, essa contribuisce a dare certezza a quello che è il contenuto dell’onere probatorio che incombe sul soggetto danneggiato. Così facendo, si eliminano, sotto questo profilo, le distinzioni che possono derivare dalla natura contrattuale od aquiliana della responsabilità dell’intermediario.

Ben più spinosa è stata la questione inerente alle conseguenze civilistiche della violazione delle regole di comportamento.

E’ da segnalare come né la previgente disciplina contenuta nella l. n. 1/1991, né l'attuale TUF. né, tantomeno, il regolamento Consob n. 20307, (e nemmeno quelli precedenti n. 16190 e n.11522) specificano quali siano le conseguenze sul piano contrattuale derivanti dalla violazione degli obblighi di condotta posti a carico dell'intermediario76. Tale deficienza non deve stupire in quanto è in linea con la generale carenza di disciplina rimediale di cui è impregnata tutta la normativa di protezione predisposta in favore del contraente debole, dove la previsione di specifici ed articolati doveri di comportamento (per lo più di natura informativa) da adempiere nella fase

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AMOROSINO-RABITTI BEDOGNI, pag. 134.

76 Qui è indispensabile ricordare brevemente che gli obblighi di condotta degli intermediari

sono diversamente modulati a seconda della cd. profilazione del cliente. In particolare, numerose eccezioni a tali regole sono presenti nel TUF in base alla qualificazione dell’investitore come “controparte qualificata” o “cliente professionale” (vedi capitolo 1, par. 3).

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della formazione del contratto è solo raramente accompagnata dalla indicazione degli strumenti di tutela operanti in caso di loro violazione. Per cui i diritti dei consumatori o comunque dei contraenti deboli, per utilizzare l'espressione di un'autorevole dottrina, sarebbero “diritti disarmati”77. Ciò è stato causato dal fatto che il legislatore italiano, integrando le direttive con gli strumenti rimediali più idonei in relazione al nostro ordinamento giuridico78, si è, per lo più, concentrato sul prevedere un apparato sanzionatorio di natura amministrativa, glissando in ordine alle conseguenze sul piano contrattuale e civilistico derivanti dalla violazione delle regole di comportamento79.

A riempire il vuoto regolamentare che su questi profili presenta il TUF è stata chiamata, in tempi ormai non più recentissimi, la giurisprudenza. Ciò è avvenuto nell'ambito del contenzioso giudiziario sorto tra risparmiatori ed intermediari finanziari per il recupero delle somme andate perdute in seguito ai noti default della Repubblica Argentina, della “Cirio” e della “Parmalat”. In ordine alle ricadute contrattuali conseguenti alla violazione dei doveri di comportamento da parte degli intermediari si sono, nel corso del tempo, affermati ben quattro orientamenti giurisprudenziali, che possono essere ordinati sotto due direttrici principali: da un lato, le sentenze che optano per il risarcimento del danno sofferto dall'investitore, secondo i modelli della responsabilità contrattuale o precontrattuale; dall'altra parte, le sentenze che tutelano l'investitore condannando l'intermediario alla restituzione delle somme a suo tempo versate per l'acquisto di prodotti finanziari, a seguito della dichiarazione di nullità o, più raramente, di annullamento del contratto.

77 PERLINGIERI, [2], pag. 352. 78

Il problema della mancanza di “direttive univoche sulle conseguenze” è dovuto al fatto che “le situazioni dei mercati e degli ordinamenti giuridici sono diverse come diverse sono le loro tradizioni e le loro esperienze (quelle anglosassoni si differenziano dalle nostre come da quelle francesi, e così via). Sì che non si può pervenire ad una soluzione identica e valida ovunque”. Così PERLINGIERI, [1], pag. 372.

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Tale alluvione giurisprudenziale ha visto nelle corti di merito una prevalenza assoluta per anni della seconda linea, ovvero di quella che si proponeva di tutelare l’investitore tramite una pronuncia di nullità o di annullamento del contratto, che condannava l’intermediario alla restituzione delle somme a suo tempo versate dall’investitore per l’acquisto di prodotti finanziari.