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1.6. Dove la figura del consumatore si sovrappone a quella dell’investitore: la

1.6.1. L’offerta fuori sede

Già dalla legge n. 1/1991, per quanto riguarda l’intermediazione finanziaria, vi sono specifiche regole concepite per tutelare l’investitore che entra in contatto con l’intermediario al di fuori delle sedi dei locali di quest’ultimo, in cui possono mancare i presìdi organizzativi ed i controlli sull’attività in essere che trovano applicazione nell’ipotesi di prestazione di servizi presso la sede del soggetto. Quella delle offerte fuori sede e fuori dai locali commerciali è, inoltre, una parte molto importante della disciplina dei contratti dei consumatori. Le regole a tutela del consumatore tout court, soprattutto per quanto riguarda le offerte fuori sede, in parte si sovrappongono a quelle a tutela dell’investitore, segno di quel rapporto di genere a specie sussistente tra le due categorie.

L’art. 30, comma 1, TUF, definisce “offerta fuori sede” la “la promozione e il collocamento presso il pubblico:

a) di strumenti finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle

dipendenze dell'emittente, del proponente l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento;

b) di servizi e attività di investimento in luogo diverso dalla sede legale

o dalle dipendenze di chi presta, promuove o colloca il servizio o l’attività.”

Un’esegesi attenta di questa definizione pone due questioni principali, relative alla nozione di promozione e collocamento ed a quella di sede legale o dipendenza. Per quanto riguarda la prima, rientra nella definizione di offerta fuori sede non solo la “vendita” vera e propria del servizio, ma anche

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l’attività promozionale ad essa finalizzata54

. Bisogna quindi distinguere tale attività promozionale dalla semplice pubblicità ma anche dalle cc.dd. “tecniche di comunicazione a distanza”55

. In particolare è da ritenere che la pubblicità abbia una semplice valenza informativa, mentre sia l’offerta fuori sede che le tecniche di comunicazione a distanza sono finalizzate alla conclusione del contratto, con la differenza che queste ultime non comportano la presenza simultanea del cliente e del soggetto offerente o di un suo incaricato.

L’altra nozione da esaminare, quella di “sede” o “dipendenza”, risulta dall’art. 2, comma 1, lett. h) TUF, che la definisce come “una sede, diversa dalla sede legale dell'intermediario autorizzato, costituita da una stabile organizzazione di mezzi e di persone, aperta al pubblico, dotata di autonomia tecnica e decisionale, che presta in via continuativa servizi o attività di investimento.” L’attività ivi svolta non sarà, quindi, soggetta alle regole dettate per l’attività di offerta fuori sede.

Rispetto alla disciplina della legge n. 1/1991, l’offerta fuori sede non è più un servizio di investimento diverso rispetto agli altri, per cui è necessario (come sotto la previgente disciplina) munirsi di una speciale autorizzazione. Tuttavia, vi sono specifiche regole e limitazioni, configurando essa una modalità particolare di offerta. Per quanto riguarda queste limitazioni, distinguiamo se l’offerta riguarda il collocamento di strumenti finanziari, che può essere effettuato soltanto da soggetti autorizzati alla prestazione del relativo servizio, o se riguarda servizi ed attività di investimento. In questo caso vi è un’ulteriore differenza tra offerta di servizi propri, per la quale sono abilitati tutti gli intermediari abilitati alla prestazione di quel servizio, e

54 Così, ad esempio, l’illustrazione ad un investitore delle caratteristiche di un determinato

servizio , finalizzata alla “vendita” del servizio stesso, pur non seguita immediatamente dalla stipula del contratto,integra gli estremi di un’attività promozionale ai sensi dell’art. 30.

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In base all’art. 32 TUF “Per tecniche di comunicazione a distanza si intendono le tecniche di contatto con la clientela, diverse dalla pubblicità, che non comportano la presenza fisica e simultanea del cliente e del soggetto offerente o di un suo incaricato.”

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l’offerta di servizi di terzi, per la quale gli intermediari devono essere autorizzati alla prestazione del servizio di collocamento.

Una volta chiarita la nozione di offerta fuori sede è necessario analizzare la disciplina di tale attività, improntata ad una tutela rafforzata nei confronti dell’investitore rispetto a quanto previsto per la prestazione di servizi di investimento. Il disposto dell’art. 30, comma 6, TUF, si muove appunto su questa lunghezza d’onda riconoscendo all’investitore lo jus poenitendi56

, Possiamo segnalare come esso non sia previsto per tutti gli strumenti o servizi che vengano collocati fuori sede, ma sia limitato al collocamento di strumenti finanziari, al servizio di gestione di portafogli e, a seguito di una recente modifica, a quello di negoziazione per conto proprio. La ratio di questo modello sta nel fatto che, se lo jus poenitendi fosse esteso a tutti i servizi ed attività di investimento, la sospensione dell’efficacia degli ordini finirebbe per pregiudicare l’investitore, determinando una situazione di forte incertezza, dal momento che il valore dello strumento finanziario non sarà quello conosciuto dal cliente ma quello sussistente al settimo giorno dalla data di conclusione dell’operazione57

.

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L’articolo stabilisce, infatti, che “l'efficacia dei contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede è sospesa per la durata di sette giorni decorrenti dalla data di sottoscrizione da parte dell'investitore. Entro detto termine l'investitore può comunicare il proprio recesso senza spese né corrispettivo al consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede o al soggetto abilitato; tale facoltà è indicata nei moduli o formulari consegnati all'investitore..[…]. La medesima disciplina si applica alle proposte contrattuali effettuate fuori sede”.

57 Inoltre, come riporta DE MARI, pag. 876 ss., gli orientamenti che si fronteggiano su

questo punto sono da sempre due, ovvero quello dell'idea che il termine collocamento abbia una valenza classificatoria generale e soprattutto che il c.d. “effetto sorpresa” che caratterizza l'offerta fuori sede debba valere, a tutela del cliente, anche per gli altri contratti d'investimento quando conclusi fuori sede, e quello che, invece limita l'ambito di applicazione della disposizione dovesse essere circoscritto al solo collocamento. Questo orientamento è basato sul fatto che solo quest'ultimo presuppone l'iniziativa dell'intermediario nei confronti del cliente, mentre negli altri servizi citati le scelte d'investimento sono compiute autonomamente dall'investitore che dà appositi ordini

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La particolare attenzione che il legislatore riserva alla disciplina è testimoniata dall’art. 30, comma 7 TUF, ai sensi del quale “l'omessa indicazione della facoltà di recesso nei moduli o formulari comporta la nullità dei relativi contratti, che può essere fatta valere solo dal cliente”58

. All’offerta fuori sede si applica anche un’importante regola, ovvero l’obbligo che gli intermediari hanno di avvalersi, per tale attività, di soggetti abilitati, i cosiddetti “consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede”. Per poter accedere all’attività questi soggetti devono essere iscritti in un albo tenuto da un organismo rappresentativo della categoria (con la MIFID II è

all'intermediario (questa era la soluzione accolta dal legislatore fino al 2013). Nella sentenza n. 13905/2013, la Cassazione ha rovesciato quest’ultima impostazione, sostenendo la tesi per cui la ratio della norma andrebbe ricercata nell'esigenza di garantire agli investitori un adeguato intervallo di riflessione non quando compiano scelte di investimento di propria autonoma iniziativa (ad esempio recandosi presso l'intermediario), bensì sollecitati fuori sede dai promotori finanziari della cui opera gli intermediari si avvalgono. Tale esigenza, secondo le Sezioni unite, si pone non soltanto per le operazioni compiute nell'ambito della prestazione del servizio di collocamento in senso stretto, ma anche per qualsiasi altra ipotesi in cui l'intermediario “venda” fuori sede strumenti finanziari ad investitori al dettaglio, sia pure nell'espletamento di un servizio di investimento diverso. De Mari ritiene che la sentenza abbia ignorato alcuni aspetti; in primis, il fatto che la sospensione dell’efficacia degli ordini, per alcuni servizi, finirebbe per pregiudicare l’interesse dell’investitore, ed, in seguito, se il recesso (art. 30, comma 7) si fosse dovuto applicare estensivamente a tutti i servizi esecutivi, ciò avrebbe voluto dire che, anche per il passato (in cui si applicava esclusivamente al collocamento e alla gestione), si sarebbe legittimata l'azione di nullità quando il recesso non fosse stato menzionato nei moduli o formulari contrattuali. Per questo il legislatore è successivamente intervenuto specificando che, per i contratti sottoscritti dal 1° settembre 2013, la medesima disciplina si applica anche al servizio di negoziazione per conto proprio.

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La natura di nullità di protezione è stata riaffermata da numerose sentenze. Di recente il Tribunale di Ravenna, sentenza n. 975 del 12/10/2017 in www.ilcaso.it ha affermato che “La nullità comminata dall’art. 30 comma 7 TUF costituisce, al pari di quella prevista dall’art. 23 TUF, una nullità relativa o di protezione poiché funzionale alla tutela del solo contraente debole e può essere fatta valere esclusivamente dal cliente, non essendo rilevabile d’ufficio.”

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stato introdotto un albo unico dei consulenti finanziari). L’iscrizione al suddetto albo avviene previo accertamento di requisiti specifici previsti dalla legge e, salvo i casi in cui è prevista l’iscrizione di diritto, previo superamento di un apposito esame. I consulenti sono inoltre sottoposti ad analitiche regole di comportamento e a pregnanti meccanismi di controllo, possono operare esclusivamente nell’interesse di un unico intermediario abilitato e non possono detenere denaro e /o strumenti finanziari dei clienti o potenziali clienti del soggetto per cui operano. L’intervento del consulente e le specifiche regole a cui egli è sottoposto rappresentano un’ulteriore strumento di tutela dell’investitore, nello svolgimento di questa attività che la legge considera, per i motivi già enunciati, particolarmente delicata59. La disciplina ricorda molto da vicino quella contenuta nel codice del consumo, che da sempre getta un occhio particolare sulla disciplina dell’offerta fuori sede, causa la sua delicatezza per la necessità di una tutela più forte dell’investitore “sorpreso”, a cui manca l’attenzione che metterebbe nella negoziazione se cercasse di sua iniziativa, recandosi presso la sede dell’intermediario, di concludere un contratto (nel caso specifico, di investimento). La debolezza dell’investitore in questa situazione è accentuata dal fatto che, come già ricordato, fuori dalla sede dell’intermediario, possono

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All’art. 158 del nuovo Regolamento Intermediari si precisa che i consulenti “devono comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza. Essi devono osservare le disposizioni legislative e regolamentari relative alla loro attività, ivi incluse le disposizioni adottate dall'Organismo ai sensi dell'articolo 139 e a quella della categoria del soggetto abilitato per conto del quale operano. Devono inoltre rispettare le procedure del soggetto abilitato che ha loro conferito l'incarico”. Inoltre, in base al successivo articolo 159, al momento del primo contatto con un investitore, il consulente abilitato all’offerta fuori sede “consegna al cliente o al potenziale cliente copia di una dichiarazione redatta dal soggetto abilitato, da cui risultino gli elementi identificativi di tale soggetto, gli estremi di iscrizione all'albo e i dati anagrafici del consulente finanziario abilitato all'offerta fuori sede, nonché il domicilio al quale indirizzare la dichiarazione di recesso prevista dall'articolo 30, comma 6, del Testo Unico” e “consegna al cliente o al potenziale cliente copia di una comunicazione conforme al modello di cui all'Allegato n. 4.”

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venire facilmente a mancare i presìdi organizzativi e di controllo sull’attività posta in essere. Stante la ratio di tutela rafforzata nei confronti dell’investitore in quanto contraente debole, la disciplina in questione non si applica quando l’intermediario si trova di fronte un cliente professionale60

. Parte della dottrina segnala come61 “una valutazione dei costi e dei benefici condanna l’istituto” del diritto di recesso previsto dall’art. 30 TUF. Esso viene, di fatto, esercitato solo in casi marginali dagli investitori sofisticati, in grado di valutare attentamente l’opportunità di recedere nel termine di sette giorni. L’istituto può poi presentare un rischio di speculazione da parte degli investitori più accorti i quali, in considerazione della sospensione dell’efficacia del contratto o della proposta, possono valutare in sette giorni l’opportunità di recedere qualora, in questo arco temporale in cui è consentito l’esercizio del diritto di ripensamento, gli strumenti o i prodotti finanziari subiscano una flessione negativa. L’unico residuale ambito di effettiva tutela per il piccolo risparmiatore rimane quindi la previsione della nullità del contratto per le ipotesi in cui, come testimonia l’elevato numero di pronunce giurisprudenziali in materia, non venga indicato nei moduli o nei formulari utilizzati dal cliente la facoltà di ripensamento. E’ però evidente come tale tutela, di natura prettamente riparatoria e di carattere esclusivamente formale, non risponda alle effettive esigenze di tutela della parte debole in presenza di un’attività contrattuale sorprendente che non ha consentito una completa valutazione dei rischi e delle caratteristiche dell’operazione.

1.6.2. Le tecniche di comunicazione a distanze ed i servizi