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10. Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni straniere

10.1. Il riconoscimento delle decisioni straniere

Nell’ambito della Proposta di Regolamento, il riconoscimento degli effetti non esecutivi delle decisioni straniere è automatico, senza che sia necessario alcun ulteriore procedimento per il suo ottenimento, salvo che vi siano contestazioni. Conformemente a quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 44/2001 (ed oggi dal Regolamento (UE) n. 1215/2012) in materia civile e commerciale e dal Regolamento (UE) n. 650/2012 in materia successoria, la proposta circoscrive alla parte che abbia interesse a che una decisione, resa in uno Stato membro, venga dichiarata riconoscibile (o esecutiva) in un altro Stato membro, la possibilità e l’obbligo di avvalersi del procedimento semplificato, nei confronti di qualunque controinteressato. Viceversa, alla parte che contesta la riconoscibilità e agli altri soggetti eventualmente interessati al chiarimento della situazione, non resta che azionare il procedimento ordinario configurato dal diritto locale406. Inoltre, se il riconoscimento è richiesto in via incidentale davanti ad un’autorità giurisdizionale di uno Stato membro, si ammette che la verifica sulla regolarità della decisione straniera sia compiuta dal giudice cui è stata proposta la domanda sulla questione principale, riconoscendogli un’estensione della propria competenza.

Si tratta di un modello che non richiede particolari considerazioni, in quanto si ispira – o meglio risulta ampiamente riproduttivo – delle soluzioni già consolidate all’interno del contesto europeo.

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Resta pertanto ferma, anche nella materia dei regimi patrimoniali tra coniugi, la differenza rispetto al Regolamento Bruxelles II bis, il quale prevede che la procedura semplificata predisposta al suo interno, possa essere seguita dai portatori di entrambi gli interessi, ossia tanto il coniuge cui preme sia riconosciuto lo scioglimento o l’invalidità del matrimonio, quanto il coniuge cui, al contrario, preme che la decisione straniera sia dichiarata riconoscibile.

- 168 - 10.1.1. I motivi ostativi al riconoscimento

Anche i motivi di rifiuto al riconoscimento delle decisioni, enucleati all’art. 27 della Proposta di Regolamento, ripropongono i “tradizionali” ostacoli previsti dal sistema di Bruxelles (sia dal Regolamento (CE) n. 44/2001, sia dalla sua riformulazione ad opera Regolamento n. (UE) 1215/2012), nonché dal Regolamento (UE) n. 650/2012 in materia successoria. Trattandosi di criteri di carattere generale, sembra sufficiente in questa sede richiamare in estrema sintesi le soluzioni proposte, rinviando per la più diffusa ed approfondita analisi ai contributi dedicati specificamente alla materia in esame407.

L’art. 27 della Proposta contempla quali motivi tassativi al diniego del riconoscimento di una decisione straniera: (a) la manifesta contrarietà dell’ordine pubblico dello Stato Membro richiesto408, (b) i vizi sostanziali nella costituzione del

407 Ex multis: BONOMI A. (a cura di), Diritto internazionale privato e cooperazione giudiziaria in

materia civile, Torino, 2009; CARBONE S., QUEIROLO I., La competenza giurisdizionale e la

circolazione delle decisioni in materia civile nell’ambito dello spazio giudiziario europeo, in Tizzano

(a cura di), Il diritto privato dell’Unione Europea, tomo II, II ed., Torino, 2006; D’ALESSANDRO E.,

Il riconoscimento delle sentenze straniere, Torino, 2007; DE CESARI P., L’esecuzione delle decisioni

civili straniere nello spazio giudiziario europeo, in Dir. Comm. Internaz., 2002, p. 277; HAY P.,

Recognition of a recognition judgment within the European Union, in European legal forum, 2009, p.

61 ss.; MOSCONI F., Un confronto tra la disciplina del riconoscimento e dell’esecuzione delle

decisioni straniere nei recenti Regolamenti comunitari, in RDIPP, 2001, p. 545 ss.; SALERNO F.,

Giurisdizione e riconoscimento delle decisioni straniere nel regolamento (CE) n. 44/2001, III ed.,

Padova, 2006.

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L’art. 27, lett. a, della Proposta di Regolamento conferma il limite dell’ordine pubblico per l’efficacia della decisione straniera. Anche in materia di rapporti patrimoniali tra coniugi, ci si discosta pertanto dalla più radicale rimozione del limite dell’ordine pubblico, come invece avviene per il titolo esecutivo europeo (Regolamento n. 805/2004). Come noto, tuttavia, il ricorso alla sola “violazione manifesta” esprime la preferenza per un’applicazione restrittiva del limite, che obbliga il giudice richiesto a fornire un’adeguata motivazione . Nonostante l’autonomia di valutazione rivendicata dai giudici nazionali in specie per rispetto ai valori costituzionali dello Stato richiesto, è stata generalmente seguita una valutazione restrittiva del limite dell’ordine pubblico , per coerenza con il principio della libera circolazione delle sentenze e più specificamente del divieto di riesame nel merito che potrebbe essere aggirato in via ipotetica proprio con un più largo impiego del limite in esame. Pertanto si spiega che la Corte di giustizia, pur riconoscendo l’autonomia degli Stati membri nel determinare “conformemente alle proprie concezioni nazionali […] le esigenze del loro ordine pubblico”, abbia ugualmente rivendicato la sua competenza ad interpretare i limiti applicativi di tale nozione . In particolare, l’apporto della Corte di Giustizia potrebbe rivelarsi particolarmente fecondo laddove si consideri che il concetto di ordine pubblico, pur essendo nozione prettamente nazionale, è necessariamente arricchito da quegli ulteriori principi che derivano dall’adattamento , oltre che al diritto internazionale generale, anche al diritto dell’Unione europea. In quest’ottica, il Giudice europeo, ove interpellato, potrebbe precisare la nozione di ordine pubblico alla luce della propria giurisprudenza in tema di libertà di circolazione delle persone, libertà di stabilimento, libera prestazione di servizi. In giurisprudenza, cfr. CGCE, Sentenza 28 marzo 2000, causa C-7/98,

Krombach, in Raccolta, 2000, p. I-1965, punto 22; CGCE, Sentenza 12 novembre 1992, causa

123/91, Minalmet, in Raccolta, 1992, p. I-5679, punto 19; CGCE, Sentenza 10 ottobre 1996, causa C-78/95, Hendrikman, in Raccolta, 1996, p. I-4967, punto 18.

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contradditorio quando trattasi di convenuto contumace, (c) l’incompatibilità tra la decisione da riconoscere ed una resa tra le stesse parti nello Stato membro richiesto ovvero (d) il contrasto tra una decisione resa in precedenza tra le stesse parti in uno Stato membro o in uno Stato terzo, in una controversia avente il medesimo oggetto ed il medesimo titolo.

I primi due motivi afferiscono più in generale al limite dell’ordine pubblico, inteso anche nell’accezione processuale del rispetto al diritto di difesa; mentre gli ulteriori due intendono garantire la coerenza interna dell’ordinamento dello Stato richiesto, impedendo la riconoscibilità e l’esecutorietà di provvedimenti contrastanti con altre decisioni già emesse, riconoscibili o eseguibili in quello Stato. Il funzionamento di tali ostacoli è lasciato all’apprezzamento del giudice, anche se l’art. 27 e seguenti definiscono alcune condizioni applicative all’operatività dei criteri ostativi al riconoscimento, che vale la pena richiamare in termini generali. In particolare, quanto all’ordine pubblico, si ribadisce la necessità della sua manifesta rilevanza e si precisa la sua estraneità alle norme in tema di competenza409. A proposito dei vizi sulla formazione del contradditorio, si chiarisce che il convenuto contumace che non sia stato edotto in tempo utile e in modo tale da presentare le proprie difese non è degno di tutela se, pur avendone la possibilità, non ha impugnato la decisione; pertanto, viene accolto anche in questa sede il principio sostanziale, e non formale, della conservazione dell’atto (e dei suoi effetti) qualora esso abbia comunque raggiunto lo scopo per il quale è stato previsto dall’ordinamento410

. Quanto al contrasto tra decisioni, solo la lettera d) assegna rilievo decisivo al criterio dell’anteriorità temporale, che risolve il contrasto tra decisioni emesse entrambe in due Stati diversi rispetto a quello richiesto di riconoscimento; mentre la lettera c) si limita ad assicurare la coerenza interna all’ordinamento richiesto.

Infine, viene confermato il divieto assoluto di riesaminare nel merito la decisione richiesta di riconoscimento411.

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L’art. 28, par. 2 della Proposta di Regolamento stabilisce che: “il criterio dell’ordine pubblico di cui all’art. 23 non si applica alle norme sulla competenza di cui agli articoli da 3 a 8”.

410 Il principio formale costituiva un cardine della giurisprudenza della Corte di Giustizia, sotto la vigenza della Convenzione di Bruxelles, successivamente ribaltato dal Regolamento (CE) n. 44/01. In più occasioni, la Corte aveva ritenuto che la regolarità delle forme di notifica fosse determinante “per garantire una tutela effettiva dei diritti del convenuto”, avvallando il duplice controllo del giudice dello Stato di origine e del giudice dello Stato richiesto sulla regolarità della notificazione della domanda giudiziale. Nella sentenza 15 luglio 1982, causa 228/81, Pendy Plastic Products, in Raccolta, 1982, p. 2737, punto 13, la Corte riconosceva che, senza il controllo sulla regolarità formale della notificazione, si sarebbe creata “una considerevole incertezza quanto al sapere se gli atti siano effettivamente notificati e [si] renderebbe impossibile l’applicazione uniforme delle disposizioni della Convenzione” ; in senso conforme cfr. anche: CGCE, sentenza 3 luglio 1990, causa C-305/88, Isabelle Lancray, ivi, 1990, p. I-2750, punto 28; CGCE, sentenza 13 ottobre 2005, causa C-522/03, Scania, punto 26.

411 L’art. 29 della Proposta di Regolamento stabilisce che “in nessun caso la decisione straniera può formare oggetto di revisione nel merito”.

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10.2. L’esecuzione delle decisioni straniere nella Proposta di