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Le medesime ragioni che hanno spinto le Istituzioni europee verso l’emanazione di una normativa internazionalprivatistica uniforme in materia di regimi patrimoniali tra coniugi sottendono la Proposta di Regolamento relativo alla competenza, alla legge applicabile, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia di effetti patrimoniali delle unioni registrate, pubblicata dalla Commissione il 16 marzo 2011.

In particolare, per rispondere alle gravi difficoltà derivanti dalle disomogeneità normative tra legislazioni nazionali, ostative alla libera circolazione delle persone all’interno del territorio europeo, fin dal 1999426

il Consiglio auspicava l’elaborazione di uno strumento uniforme di diritto internazionale privato in materia di “regimi patrimoniali tra coniugi e conseguenze patrimoniali della separazione delle coppie non sposate” e ribadiva l’impegno assunto anche successivamente, nel Progetto di Programma relativo all’attuazione del principio del riconoscimento reciproco delle decisioni in materia civile e commerciale del 2001427 e nel Programma dell’Aja del 4 e 5 novembre del 2004. Su invito del Consiglio, la Commissione non tardava a presentare un libro verde, pubblicato il 17 luglio 2006, “sul conflitto di leggi in materia di regime patrimoniale dei coniugi, compreso il problema della competenza giurisdizionale e del riconoscimento reciproco”428, con il quale coglieva l’occasione per sottoporre alla consultazione tra Stati membri diversi quesiti sull’opportunità di predisporre una disciplina internazionalprivatistica europea non solo in materia di regimi patrimoniali tra coniugi, ma anche di unioni di

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Piano d’azione del Consiglio e della Commissione sul modo migliore per attuare le disposizioni del Trattato di Amsterdam concernenti uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”, adottato dal Consiglio Giustizia e affari interni del 3 dicembre 1998, in GUUE C 19 del 23 gennaio 1999.

427 Nel Progetto di Programma, in Gazz. Uff. Com. Eur. N. C 12 del 15 gennaio 2001, il Consiglio afferma la necessità di completare il quadro del Regolamento Bruxelles II (Reg. (CE) n. 1347/2000) per tener conto che le coppie si formano sempre più al di fuori di qualsiasi vincolo matrimoniale. Pertanto statuisce che “occorre estendere il campo di applicazione del Regolamento Bruxelles II, eventualmente con uno strumento separato, in particolare alle decisioni che riguardano l’esercizio della potestà dei genitori sui figli delle coppie non sposate”.

428 COM(2006) 400, consultabile al sito

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fatto. Gli studi di settore condotti in materia a seguito delle iniziative istituzionali429, infatti, avevano permesso di constatare un aumento significativo delle unioni, a

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L’armonizzazione europea in materia di convivenze estranee al matrimonio è stata oggetto di numerosi studi di settore promossi dalla comunità internazionale. Già la Quinta Conferenza Europea sul diritto di famiglia” o “Fifth european Conference on family law”, tenutasi all’Aja nel marzo 1999 su iniziativa del Consiglio d’Europa e con la collaborazione della Commissione internazionale dello stato civile prendeva in esame il problema delle nuove realtà familiari. (Sul punto cfr.: DUNCAN W.,

Civil aspects of emerging forms of registered partnerships. Private international law issues , The

Hague, 15-16 marzo 1999; SARCEVIC P., op. cit., p. 47). Successivamente, anche alla Conferenza dell’Aja del maggio 2000 viene auspicato che la questione delle unioni registrate e delle convivenze di fatto rimanga all’ordine del giorno della Conferenza stessa in modo da ricevere nel tempo più approfondite riflessioni; e che vengano allo stesso tempo costituiti gruppi di lavoro per indagare comparativamente sugli sviluppi dei diversi ordinamenti europei al fine di pervenire a strategie di approccio uniforme. Dal settembre 2001, è stata istituita con finalità meramente scientifiche la “Commission on European family law” (CEFL) cui è stato devoluto il primario compito di creare principi comuni di diritto europeo della famiglia, nell’ottica di raggiungere un’armonizzazione legislativa tale da influenzare il buon raggiungimento dell’integrazione europea. Inoltre, come più volte segnalato, su domanda della Commissione Europea (direzione generale giustizia e affari interni), è stato effettuato dall’ASSER (associazione momentanea tra università) in collaborazione con l’UCL, uno studio comparatistico specifico sui rapporti patrimoniali intercorrenti tra coppie sposate e non sposate che spazia dal diritto interno di ciascun Stato membro, alla situazione internazionalprivatistica e soprattutto alle prospettive di uniformazione: L’etude sur les regimes

matrimoniaux des couples mariés et sur le patrimoine des couples non mariés dans le droit international privé, effettuato su domanda della Commissione Europea (Direction general Justice et Affaires intérieures Unité A3 Cooperation judiciaire en matière civile, offre n° Jai/A3/2001/03))

Consortium ASSER-UCL (association momentaneé des Universitées), consultabile al sito:

http://www.europa.eu.int/comm/justice_home/doc_centre/civil/studies/doc/regimes/report_r egimes_030703_fr.pdf

Infine, è stato costituito un Gruppo europeo di diritto internazionale privato incaricato di presentare una bozza di Proposta alla Commissione Europea: QUATTORDICESIMA RIUNIONE DEL GRUPPO EUROPEO DI DIRITTO INTERNAZIONALE PRIVATO (TENERIFE,17-19 SETTEMBRE 2004), in Rivista del

diritto internazionale privato e processuale, 2005, p. 555. Il testo è stato elaborato in seguito ad un

vivace dibattito, sulla base di una bozza già proposta dal sottogruppo di lavoro presieduto dal Prof. K. Siehr, ma non ha condotto a risultati definitivi, per la mancanza di un accordo interno. Sembra, comunque, interessante riportare gli aspetti più significativi affrontati in tale sede. Nello specifico, dopo aver definito (all’art. 1) tale fattispecie come relazione registrata tra due soggetti di sesso diverso o dello stesso sesso - escludendo dal suo ambito di applicazione il matrimonio tra omosessuali - il documento prosegue ad indicare le soluzioni ai possibili problemi di validità e riconoscimento. Così, all’art. 2 viene sancito che un partenariat creato validamente in uno Stato membro, sarà ugualmente valido o riconosciuto in tutti gli altri Stati membri (a condizione che una delle parti del rapporto abbia almeno la residenza abituale in quello Stato al momento della registrazione) e che quello creato validamente in un Paese terzo sarà ugualmente ritenuto valido o riconosciuto in tutti gli Stati membri (a condizione che sia stato accettato come tale da uno Stato membro o che i partners abbiano la loro residenza abituale in uno Stato membro).

Ai sensi dell’articolo 3, poi, i partners beneficeranno in tutti i Paesi dell’Unione, dei diritti equivalenti a quelli derivanti dal “partenariat” in virtù della legge dello Stato dove questo è stato creato. Per quanto riguarda la dissoluzione della relazione registrata, l’art. 4 stabilisce che le decisioni giudiziarie emesse in merito all’interno di uno Stato membro, verranno riconosciute dagli altri in conformità al regolamento Bruxelles II-bis (Reg. 2201/2003).Quanto, infine, al più problematico aspetto

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prescindere dalla forma, tra cittadini di Stati membri diversi o tra concittadini trasferitisi in uno Stato membro diverso da quello di origine, fenomeno in continua espansione grazie alla crescente mobilità delle persone in uno spazio senza frontiere interne430. Al riguardo, venivano in particolare evidenziate le difficoltà pratiche e giuridiche affrontate dalle coppie internazionali, tanto nella gestione quotidiana dei loro beni, quanto al momento della divisione del patrimonio in seguito alla separazione personale o alla morte di uno dei partner431.

dell’ordine pubblico, dopo aver dichiarato genericamente che la creazione, gli effetti, la dissoluzione di una partnership non sono riconosciuti se tale riconoscimento è manifestamente incompatibile con l’ordine pubblico del foro, il progetto prosegue proponendo in merito all’operatività di tale limite due soluzioni differenti.

La prima, secondo cui uno Stato membro non può escludere l’applicazione del diritto di un altro Paese membro solo per il fatto che la legge di tale Paese permetta il matrimonio tra persone dello stesso sesso o la partnerships tra omosessuali o eterosessuali (a meno che uno dei due soggetti abbia la residenza abituale sul suo territorio al momento della registrazione).

La seconda, in base alla quale uno Stato membro non può rifiutarsi di riconoscere la validità o gli effetti di una relazione matrimoniale o di una partnership o di tutte le altre forme di relazioni di coppia, per il solo motivo che il suo diritto non permette a soggetti dello stesso sesso di contrarre queste relazioni tra (a meno che uno dei due partners abbia la residenza abituale sul suo territorio al momento della registrazione).

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In dottrina: DUNCAN W., Civil aspects of emerging forms of registered partnerships. Private

international law issues , The Hague, 15-16 marzo 1999; ROSSOLILLO G., op. cit., p. 390, BOELE

WOELKI W., Private international law aspects of registered partnerships and other forms of

non-marital cohabitation in Europe, in Louisiana law review, 2000, p. 1058; JESSURUN D’OLIVEIRA H.U.,

op. cit., p. 315 ss. ; SARCEVIC P., op. cit., p. 47;BOELE WOELKI K., The principles of European

family: its aims and prospects, in Utrecht Law Review, Dicembre 2005, p. 160 ss.; CALÒ E.,

L’influenza del diritto comunitario sul diritto di famiglia, in Familia, 2004, p. 532; AA.VV., Legal

Recognition of Same-Sex Relationships in Europe. National, cross-border and European perspectives, a cura di Boele-Woelki e Fuchs, 2012, TONOLO S., Le unioni civili nel diritto

internazionale privato, Giuffré, 2007; CURRY-SUMNER I., All's well that ends registered? The

substantive and private international law aspects of non-marital registered relationships in Europe. A comparison of the laws of Belgium, France, The Netherlands, Switzerland and the United Kingdom, Intersentia-Antwerp 2005; GOLDSTEIN G., La cohabitation hors mariage en droit

international privé, Collected courses, vol. 320, 2006, pp. 9-389; DEVERS A., Le concubinage en

droit international privé, Paris, 2004; GONZALEZ BEILFUSS C.,Parejas de hecho y matrimonios del

mismo sexo, Marcial Pons, 2004; QUINONES ESCAMEZ A., Propositions pour la formation, la

reconnaissance et l'efficacité internationale des unions conjugales ou de couple, Rev. crit. dr. int. priv., 2007, pp. 357-382.

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Sembra opportuno riportare l’introduzione al Libro Verde, nella quale la Commissione prendeva posizione sul punto: “Al fine di esaminare tutti gli aspetti patrimoniali del diritto di famiglia, il libro verde affronta le questioni dei regimi patrimoniali dei coniugi e degli effetti patrimoniali delle altre forme di unione esistenti. Le coppie non legate da vincoli matrimoniali sono infatti sempre più numerose in tutti gli Stati membri. Per tener conto di questa nuova realtà sociale, il programma di reciproco riconoscimento prevede che venga affrontato anche il problema delle conseguenze patrimoniali della separazione delle coppie non sposate. Lo spazio di giustizia deve infatti rispondere ai bisogni concreti dei cittadini. La maggiore mobilità delle persone in uno spazio sprovvisto di frontiere interne si risolve, in particolare, in un aumento significativo di tutte le forme di unione tra cittadini di Stati membri diversi o nella presenza di queste coppie in uno Stato membro di cui non

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Alla luce delle risposte pervenute dai singoli Paesi Membri all’esito delle consultazioni432, la Commissione accoglie il suggerimento di tenere distinta la materia dei regimi patrimoniali tra coniugi da quella dei rapporti patrimoniali delle unioni slegate dal matrimonio e, tra le diverse forme di unioni, sceglie di predisporre una disciplina europea limitata alle cosiddette partnerships registrate. Quanto al primo profilo, è stata ribadita con forza dalla maggior parte dei “Report” nazionali la differenza ontologica e strutturale esistente tra l’istituto del matrimonio e quello delle unioni non tradizionali, che si ripercuote inevitabilmente sulla diseguaglianza degli effetti giuridici che discendono dalle due tipologie di relazioni interpersonali e, conseguentemente, sull’opportunità di tenere distinte le rispettive discipline. Quanto al secondo aspetto, la scelta di campo della Commissione di limitare la Proposta alle sole unioni registrate risponde, da un lato, all’esigenza di tener conto della volontà della maggioranza degli Stati membri, espressa in tal senso; dall’altro, all’istanza di certezza giuridica che la registrazione dell’unione, anche non matrimoniale, consente di soddisfare.

Si legge, infatti, nella Relazione alla Proposta433 che “proprio come i regimi patrimoniali tra coniugi, i rapporti patrimoniali dei partner tra loro e con i terzi sono subordinati all’esistenza di un’unione registrata”, ed ancora, che “gli aspetti patrimoniali delle unioni registrate dipendono dalla registrazione dell’unione – come il regime patrimoniale tra coniugi dipende dal matrimonio – e cessano con il suo scioglimento”. Pertanto, l’applicabilità della disciplina viene subordinata ad un dato certo, la registrazione dell’unione davanti ad un’autorità pubblica, che consente ai partner di instaurare tra loro rapporti duraturi e giuridicamente riconosciuti.

In quest’ottica, molto più complessa sarebbe stata l’estensione del Regolamento ai rapporti patrimoniali delle cosiddette “non marital cohabitation” o unioni libere, in quanto integralmente slegate da formalità che ne garantiscono la stabilità, sul

sono cittadini, situazioni a cui spesso s’accompagna l’acquisizione di beni situati nel territorio di più Stati dell’Unione. Dallo studio preliminare ordinato dalla Commissione nel 2002 è emerso che più di 5 milioni di stranieri, cittadini di uno Stato membro, vivevano in un altro Stato membro e che gli stranieri non cittadini dell’Unione europea che vivevano nell’Unione erano quasi 14 milioni nel 2000. Stando allo studio, circa 2,5 milioni di immobili sono situati in Stati membri diversi da quello in cui risiedono i coniugi che ne sono proprietari. Lo studio d’impatto della Commissione relativo alla proposta di regolamento sulla legge applicabile e sulla competenza giurisdizionale in materia matrimoniale ha rivelato che ogni anno nell’Unione europea sono circa 170 000 i divorzi internazionali, ossia il 16% dei divorzi totali. Spesso al momento della ripartizione o della gestione del patrimonio di queste coppie sorgono difficoltà pratiche e giuridiche, dovute nella maggior parte dei casi alla grande diversità delle norme, sia sostanziali che di diritto internazionale privato, che disciplinano gli effetti patrimoniali del matrimonio e delle altre forme di unione negli Stati membri”.

432 In proposito, Commissione Europea, Summary of Replies to the Green Paper on the conflict of

laws in matters concerning Matrimonial Property Regimes, including the questions of jurisdiction and mutual recognition, Brussels, 5 February, 2008, consultabile al sito:

http://ec.europa.eu/civiljustice/news/docs/summary_answers_com_2006_400_en.pdf

433 La relazione costituisce parte integrante della Proposta di Regolamento da p. 2 a p. 10. Sul punto, si veda in particolare p. 4.

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piano giuridico oltre che materiale. La convivenza di fatto resta di conseguenza esclusa dalla disciplina predisposta a livello europeo e lasciata alla competenza nazionale, con tutte le difficoltà che ne conseguono, soprattutto nei casi di transnazionalità434.

Seppur con le limitazioni appena menzionate, il contenuto della Proposta di Regolamento si rivela di straordinaria innovatività, poiché mira a istituire a livello europeo un corpus completo di norme di diritto internazionale privato applicabile a fattispecie che ancora non trovano riconoscimento di diritto all’interno della totalità degli Stati membri435. Tale elemento testimonia certamente l’urgenza con la quale viene percepita la necessità di pervenire a soluzioni uniformi nell’ottica dell’integrazione europea, per realizzare gli obiettivi della libera circolazione delle persone e della parità di attribuzione dei diritti; tuttavia, al contempo, a parere di chi scrive, svela un intento ulteriore sotteso all’azione delle Istituzioni, le quali sembrano promuovere, pur nei limiti della competenza attribuita loro dai Trattati, il riconoscimento giuridico delle nuove realtà familiari, favorendo la tutela giurisdizionale di coloro che si spostano entro i confini dell’Unione436.