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14. Le coppie non sposate nel diritto internazionale privato

14.1. La qualificazione

14.1.2. La qualificazione delle unioni registrate

14.1.2. La qualificazione delle unioni registrate

Alla luce delle considerazioni svolte, l’analisi comparata permette di riscontrare che negli ordinamenti privi di una normativa di conflitto in materia, la dottrina maggioritaria è giunta a sostenere la qualificazione delle unioni non tradizionali all’interno della categoria astratta del matrimonio, sia a causa della parzialità delle altre soluzioni proposte, in particolare quella contrattuale284 e quella societaria285, sia

283

TONOLO S., op. cit., p. 172.

284

Una prima proposta consisteva nel ricondurre le unioni registrate all’interno delle norme di conflitto predisposte in ambito contrattuale. In senso favorevole : REVILLARD M., Le pact civil de

solidarité in droit international privé, in Repertoir defrenois, n. 6, marzo 2000, p. 340 ; BONINI

BARALDI M., op. cit., p. 202 ; FRUEWALD S., Choice of Law and Same sex Mariages, in Florida Law

Review, 1999, p. 823 ss.. In senso contrario HENNERON S., New forms of cohabitation : private

international law aspects of registered partnerships, in Perspectives for the unification and harmonisation of family law in Europe, Intersentia, 2003, p. 468; Tale tesi, elaborata in particolare

con riguardo alle unioni registrate secondo il modello dell’Europa meridionale, si fonda sulla constatazione che proprio gli ordinamenti aderenti a tale modello, nell’instaurare schemi legali volti a regolamentare le unioni fuori dal matrimonio, abbiano voluto qualificare come contrattuali i vincoli nascenti da esse per sottolinearne in particolare le differenze rispetto al matrimonio. L’esempio sicuramente più confacente è costituito dalla legge francese che, nel definire nella l. 944/99 il pact civil de solidarité come contratto, comporta, a parere di autorevole dottrina (rimasta però minoritaria) l’ineluttabile conseguenza dell’applicabilità ad esso il Regolamento Roma I sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali. Questa prospettiva comporterebbe come effetto di fondamentale importanza la possibilità di superare gli inconvenienti derivanti dall’applicazione alle unioni tra coppie omosessuali dei criteri di collegamento in materia di matrimonio poiché il regime contrattuale permetterebbe l’applicabilità della legge scelta dalle parti e, in mancanza, del criterio del collegamento più stretto (art. 4). La soluzione proposta, tuttavia, è stata presto abbandonata per diversi ordini di ragioni .Innanzitutto, la disciplina contrattuale, per quanto fondata sul rilievo attribuito alla volontà delle parti negli accordi di convivenza, non corrisponde pienamente alle finalità dell’istituto in questione a causa delle evidenti differenze tra l’intenzione di regolare una relazione prettamente economica e quella di instaurare una vita comune. Per tornare all’esempio precedente, lo stesso pacs francese, che ha come obiettivo l’organizzazione della vita di coppia e cioè una causa molto più vicina al diritto di famiglia che al diritto delle obbligazioni e dei contratti, viene considerato dalla dottrina maggioritaria ed anche da orientamenti uniformi del Conseil Costitutionnel, come un matrimonio minore, seppur avente alcune caratteristiche peculiari che lo distinguono da esso (tra cui spiccano in particolare la snellezza di costituzione e soprattutto di scioglimento e la

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in ragione della comunanza di finalità e di funzione tra i due istituti286. Pertanto, anche i rapporti patrimoniali derivanti da tali unioni vengono ricomprese nella norma di conflitto dedicata ai regimi matrimoniali.

Al contrario, nei Paesi che hanno disposto norme conflittuali di settore emerge, nonostante la grande eterogeneità dei sistemi utilizzati, la generale intenzione di voler evitare di ricondurre la categoria delle unioni registrate all’interno di quella matrimoniale287.

a) La qualificazione matrimoniale

Negli ordinamenti che non prevedono norme di conflitto ad hoc, in particolare, la soluzione che sembra forzare meno la norma di conflitto del foro consiste nell’applicare alle unioni registrate le disposizioni internazionalprivatistiche in materia di matrimonio. Tale categoria è stata già più volte adattata in modo da

previsione di convivenze omosessuali). L’assimilazione all’istituto matrimoniale, infatti, permeerebbe tutta la disciplina del nuovo istituto ed in particolare, emergerebbe con particolare evidenza nella previsione della presunzione di comunione dei beni immobili (anche acquistati all’estero) in mancanza di disposizione contraria e soprattutto nella indicazione di impedimenti alla registrazione come la presenza di legami di parentela tra i due partners o la mancanza di stato libero dato dalla sussistenza di un precedente vincolo matrimoniale o della precedente registrazione di un’unione con un terzo. Inoltre, ulteriore difficoltà proviene dalla dubbia operatività del criterio della scelta di legge secondo il modello disposto dal Regolamento Roma I che potrebbe teoricamente comportare un frazionamento o una modifica della regolamentazione degli accordi di convivenza, in maniera chiaramente contraria alla natura unitaria di tale istituto. Infine, anche il criterio del collegamento più stretto, individuato in via sussidiaria dall’art. 4, pare creare problemi sia in considerazione della difficoltà di determinare tra i contraenti del patto il debitore della prestazione caratteristica dovuta al fatto che nell’istituto in esame le prestazioni dei contraenti risultano essere identiche; sia in quanto, nel caso in cui il legame dei partners con lo Stato di registrazione risulti essere attenuato, tale criterio potrebbe comportare nuovamente il rischio dell’applicazione di una legge alla quale gli istituti delle unioni registrate o dei matrimoni tra persone dello stesso sesso risultano essere sconosciuti.

285 Un’ulteriore proposta, per vero più isolata, tendeva a far rientrare le unioni legalizzate nella categoria societaria, come enti sui generis. La soluzione presentava il notevole vantaggio di sottoporre le unioni registrate alla legge del luogo di costituzione, corrispondente per analogia alla legge del luogo di celebrazione o di registrazione. Essendo questo un criterio di collegamento costante, esso potrebbe garantire ai partners registrati la continuità di status ed il superamento dei problemi connessi alle differenze normative tra i vari Stati, in modo da consentire la libera circolazione delle partnerships registrate intercorrenti indifferentemente tra etero o omosessuali, anche nei Paesi in cui l’istituto è sconosciuto. La soluzione, suggerita principalmente dalla dottrina svizzera, non ha tuttavia ricevuto consensi a causa delle troppo marcate differenze ontologiche tra gli istituti presi in considerazione. KREN KOSTKHEWICHZ, Registrierte Partnershaften gleichgeschechtlicher Personen aus der Sicht des IPR, in SZIER, 2001, p. 104 ss.

286 In particolare si vedano su tale aspetto ROSSOLILLO G., op. cit., p. 370 ss.; BARATTA R., op. cit., p. 49 ss.; GONZALES BEILFUSS C., op. cit., p. 445.

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ricomprendere istituti non propriamente rispondenti ai suoi caratteri essenziali288, per cui viene considerata da buona parte della dottrina idonea ad includere nel suo ambito di applicazione rapporti di tipo familiare, personali e patrimoniali, diversi da quelle tradizionali previsti dall’ordinamento del foro289

.

La tesi si fonda in primo luogo sul fatto che tutte le unioni legalizzate perseguono finalità simili o identiche a quelle matrimoniali e, in particolare, la creazione di una comunione di vita fondata su doveri di assistenza morale e materiale ed incompatibile con l’esistenza di altri vincoli della stesse natura290

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Inoltre, è rilevante che tutte le legislazioni regolanti le unioni registrate (sia quelle improntate al regime matrimoniale, sia quelle improntate a quello contrattuale) hanno previsto in relazione ad esse impedimenti che si possono giustificare solo sostenendo l’attinenza dell’istituto allo status personale e che invece non avrebbero senso nel caso di un vincolo di natura contrattuale291.

Per quanto la proposta in questione presenti l’indubbio vantaggio di estendere alle unioni registrate le norme di un istituto di carattere universale riconosciuto in tutti gli ordinamenti, essa pone allo stesso tempo non pochi problemi292.

Innanzitutto, in ambito generale, apparirebbe illogico a parte della dottrina assimilare, anche dal punto di vista della qualificazione, l’istituto del matrimonio alle unioni registrate che per loro natura intrinseca intendono distinguersi da esso, proprio in quanto create - il più delle volte - con lo scopo o di evitare di estendere la categoria tradizionale a unioni omosessuali, o di dare una tutela alle coppie eterosessuali che rifiutino il matrimonio293. Inoltre, l’applicazione di criteri di

288

Il riferimento va qui in primo luogo al matrimonio poligamico. Vedi in questo senso: MARTIN J.,

English Poligamy Law and the Danish Registered partnership Act: a case for the consistent treatment of foreign Polygamous Marriages and Danish same sex marriages in England, in Cornwell International law Journal, 1994, p. 419 ss.

289 Ad esempio si vedano: BONAUTO M., The freedom to marry for same sex Couplet in the United

States of America, in WINTEMUTE,ANDENAES, Legal recognition of same sex partnerships. A study

of national, European, International law, Oxford, 2001, p. 177 ss.

290 In tal senso: JESSURUN D’OLIVEIRA H. U., op. cit., p. 297 ss.; KHAIRALIAH G., op. cit., p. 322; MIGNOT M., Le partenariat enregistré en droit international privé, in Revue international de droit

comparé, 2001, pp. 615 ss.. Alle stesse conclusioni, ma solo in relazione alle partnerships registrate

di modello nord-europeo, perviene BONINI BARALDI M., op. cit., p. 202.

In particolare, tale tesi si articola seguendo due argomentazioni principali : innanzitutto, per le unioni legalizzate sono richiesti nella maggior parte dei Paesi requisiti di certezza e stabilità che contraddistinguono il matrimonio ; inoltre, dalla registrazione discendono automaticamente per la coppia diritti e doveri reciproci di natura personale e patrimoniale che coincidono in larga parte con quelli previsti per i coniugi.

291 In questo senso KHAIRALIAH G., op. cit., p. 322;DE CICCO M.C., Cenni alle esperienze straniere, in Trattato, diretto da P.ZATTI, vol. 1, parte I, p. 807 ss.

292

ROSSOLILLO G., op. cit., p. 384.

293 FULCHIRON H., op. cit., p. 901. L’assimilazione in questione non sarebbe neppure giustificata dal fatto che già altre volte l’istituto matrimoniale sarebbe stato esteso a figure ad esso non del tutto corrispondenti e non conosciute nell’ordinamento del foro: in particolare il riferimento alla poligamia

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collegamento oggettivi quali la nazionalità o la residenza, di uso comune per l’istituto matrimoniale, non appaiono altrettanto appropriati in materia di unioni registrate, considerato che potrebbero condurre all’applicazione di una legge che non conosce gli istituti in esame.

Infine, ampliare la categoria matrimoniale fino a ricomprendervi le unioni omosessuali contrasterebbe con il sentire di quegli ordinamenti che mantengono una visione tradizionalista del matrimonio, come vincolo intercorrente tra un uomo ed una donna.

b) La creazione di una nuova categoria

Le evidenti difficoltà riscontrate a fronte della riconduzione della fattispecie delle unioni legalizzate all’interno delle categorie astratte dei rapporti matrimoniali hanno condotto dapprima la dottrina, soprattutto straniera, e successivamente i legislatori nazionali che conoscono l’istituto, ed in particolare Belgio294

, Germania295, Francia296, Danimarca297 e Austria298, ad accogliere la proposta di creare una norma di conflitto ad hoc, imperniata sul criterio di collegamento della lex loci

registrationis.

Tale soluzione, sulla quale si avrà modo di soffermarsi più avanti299, pare la più idonea a garantire una tutela effettiva ai partner registrati, superando in primis le difficoltà di qualificare la fattispecie sulla base di categorie astratte non assimilabili ad essa, ed inoltre sottoponendo le unioni registrate ad una legge applicabile che sicuramente contempla l’istituto.