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Situazione Patrimoniale-Finanziaria Non assoggettati a revisione contabile

CAPITOLO 3: LE FASI PRECEDENTI L’OPERAZIONE DI FUSIONE

1. I SOGGETTI COINVOLT

2.3 Il rimborso dei prestit

I prestiti che la Chrysler Group LLC ottenne dal governo americano e dal governo canadese furono rimborsati dalla società con ben sei anni di anticipo rispetto al previsto. L’azienda americana riuscì a restituire i fondi (comprensivi di interessi) ai governi meno di due anni dopo che li aveva ricevuti. Infatti, il 24 Maggio 2011, la Chrysler terminò le rate del pagamento di entrambi i prestiti.

Di seguito è riportato esattamente il dettaglio dell’intero rimborso: 76

76 Dati raccolti dal sito ufficiale www.sec.gov. I dati sono espressi in miliardi di dollari.

12/11/15 11:47 424B3

Table of Contents

Repayment of U.S. Treasury and EDC Credit Facilities

On May 24, 2011, we repaid all amounts outstanding under the U.S. Treasury and EDC credit facilities. Refer to —U.S. Treasury Credit Facilities and —Export Development Canada Credit Facilities, above, for additional information related to these agreements.

Payments were made as follows (in millions of dollars):

Principal AccruedInterest Total Payment

U.S. Treasury first lien credit facilities:

Tranche B $ 2,080 (1) $ 22 $ 2,102

Tranche C 3,675 (2) 65 3,740

Zero Coupon Note 100 — 100

Total U.S. Treasury first lien credit facilities 5,855 87 5,942 EDC credit facilities:

Tranche X 1,319 14 1,333

Tranche X-2 404 4 408

Total EDC credit facilities 1,723 18 1,741 Total U.S. Treasury and EDC credit facilities $ 7,578 $ 105 $ 7,683 (1) Includes $80 million of PIK interest previously capitalized. The payment of PIK interest is included as a component of Net Cash Provided by

Operating Activities in the accompanying audited Consolidated Statements of Cash Flows.

(2) Includes $315 million of PIK interest previously capitalized. The payment of PIK interest is included as a component of Net Cash Provided by Operating Activities in the accompanying audited Consolidated Statements of Cash Flows. In addition, as a result of the termination of the Ally MTA and in accordance with the U.S. Treasury first lien credit agreement, amounts outstanding under that agreement were reduced by $4 million, the amount of qualifying losses incurred by Ally through April 2011. Refer to Note 14, Commitments, Contingencies and Concentrations, of the accompanying audited consolidated financial statements for additional information related to the Ally MTA.

SCUSA Private-Label Financing Agreement

In February 2013, we entered into a private-label financing agreement with SCUSA. The new financing arrangement launched on May 1, 2013. Under the SCUSA Agreement, SCUSA provides a wide range of wholesale and retail financing services to our dealers and consumers in accordance with its usual and customary lending standards, under the Chrysler Capital brand name. The financing services include credit lines to finance our dealers’ acquisition of vehicles and other products that we sell or distribute, retail loans and leases to finance consumer acquisitions of new and used vehicles at our dealerships, financing for commercial and fleet customers, and ancillary services. In addition, SCUSA will work with dealers to offer them construction loans, real estate loans, working capital loans and revolving lines of credit.

Under the new financing arrangement, SCUSA has agreed to specific transition milestones for the initial year following launch. If the transition milestones are met, or otherwise satisfactory to us, the SCUSA Agreement will have a ten-year term, subject to early termination in certain circumstances, including the failure by a party to comply with certain of its ongoing obligations under the SCUSA Agreement. In accordance with the terms of the agreement, SCUSA provided us an upfront, nonrefundable payment of $150 million in May 2013, which was recognized as deferred revenue and will be amortized over ten years. As of December 31, 2013, $140 million remained in Deferred Revenue in the accompanying audited Consolidated Balance Sheets.

We have provided SCUSA with limited exclusivity rights to participate in specified minimum percentages of certain of our retail financing rate subvention programs. SCUSA has committed to certain revenue sharing

Nel corso del 2011 il Gruppo Chrysler confermò il completamento delle operazioni dei nuovi finanziamenti che consistette in un prestito a termine per un totale di 3 miliardi di dollari, titoli di debito pari a 3,2 miliardi ed una linea di credito revolving di 1,3 miliardi. Il nuovo finanziamento avrebbe fatto risparmiare alla società americana una cifra stimata in 350 milioni di dollari l’anno di interessi passivi. Il gruppo Chrysler continuò ad avere più di 10 miliardi di liquidità dopo il rifinanziamento ed il payoff dei prestiti, compresa la struttura non utilizzata di credito revolving.

Come vedremo più avanti in un apposito paragrafo, si deve tener presente che contestualmente al completamento del rifinanziamento del debito ed all’integrale rimborso da parte di Chrysler dei prestiti concessi dai Governi statunitense e canadese, Fiat perfezionò l’esercizio della sua opzione per l’acquisto di una ulteriore partecipazione del 16% in Chrysler, secondo quanto previsto dall’accordo annunciato il 21 aprile 2011.

E sempre nel medesimo anno, solo due mesi più tardi, nel Luglio 2011, la società italiana ottenne il controllo acquistando un’ulteriore partecipazione in Chrysler passando dal 46% al 53,5% attraverso la cessione delle quote in possesso dei Governi: 1,5% del Canada e il 6% degli Stati Uniti.

2.4 Chapter 11

I 40 Hedge Funds creditori della casa automobilistica che si opposero a ridurre il proprio credito nei confronti dell'azienda costrinsero la Chrysler LLC a una bancarotta controllata.

L’amministrazione di Obama intervenne per salvare la società ricorrendo al cosiddetto Chapter 11: questo rappresenta appunto il “Capitolo 11” del Bankruptcy Code statunitense (equivalente alla nostra legge fallimentare), che permette alle aziende che accedono a tale regime l’avvio di un processo di riorganizzazione al riparo dei creditori attraverso “l’ombrello protettivo” fornito dal sistema di procedura fallimentare statunitense.77

Tale normativa è finalizzata alla soluzione della crisi dell’impresa attraverso un piano di riorganizzazione che consenta il soddisfacimento dei creditori e contemporaneamente la conservazione dell’attività dell’impresa in crisi.

Le imprese in difficoltà economica (comprese società individuali, partnerships e corporations) possono, in sostanza, far autorizzare dal tribunale un piano per pagare i creditori senza, tuttavia, essere costrette a liquidare immediatamente le proprie attività.

Il Chapter 11 permette in particolare di pagare tutti i (o parte dei) debiti attraverso i profitti futuri, invece che attraverso i fondi ottenuti liquidando le attività. Durante questa procedura il debitore

mantiene il possesso dei propri beni e i creditori non possono aggredirli; il giudice fallimentare fa da semplice supervisore della correttezza delle misure adottate.78

Si deve tener presente che molte delle norme presenti nel Chapter 11 servono per aiutare l’azienda a migliorare la sua situazione di cassa nel breve periodo. Alcune norme impediscono, infatti, ai creditori di intentare nuove azioni legali, altre norme, invece, bloccano la maturazione di nuovi interessi sul debito fino a che non sia stato adottato un piano di riorganizzazione e dopo si impone di effettuare i rimborsi solo sulla base del piano. Infine, esistono norme che consentono alla società di ottenere nuovi prestiti, grazie al fatto che questi ultimi ottengono una corsia preferenziale nel rimborso rispetto a tutti gli altri perché sono conteggiati tra le spese amministrative della procedura.79

Tale procedura fallimentare prevede la stesura di un piano di riorganizzazione aziendale: questo può avere il contenuto più vario prevedendo il soddisfacimento integrale di alcuni creditori e parziale di altri (salvo il diritto dei creditori garantiti di essere sempre soddisfatti interamente, nella misura della garanzia), e può suddividere i creditori stessi in classi.

Nel Chapter 11, come nelle altre procedure, il pagamento dei debiti avviene seguendo un ordine di priorità: prima i crediti garantiti (secured creditor), poi i dipendenti e i fornitori di beni ed infine tutti gli altri.

Prima di poter essere presentato al tribunale fallimentare, il piano di riorganizzazione deve essere approvato dalla maggioranza dei creditori che si pronunciano su di esso e che rappresentano i 2/3 del totale dei crediti. Il Comitato dei Creditori è di regola costituito da non meno di tre creditori e non più di undici creditori “unsecured”.80

Il piano deve poi essere sottoposto al vaglio del tribunale fallimentare che si pronuncia sulle proposte in esso contenute, con cui si dispone in merito ai diritti delle parti che vantano interessi nella società sottoposta a riorganizzazione.

Il tribunale decide ai fini dell’omologazione valutando che il piano sia proposto in buona fede dal debitore, che provveda a regolare i diritti dei creditori in maniera ragionevolmente equa ed onesta e infine che non violi norme imperative. Se rispetta tutte queste condizioni il tribunale può deciderne l’approvazione anche contro la volontà degli stessi creditori attraverso la procedura di Cramdown. In caso di opposizioni, il tribunale deve accertare anche che il piano sia realizzabile e che sia idoneo a soddisfare i creditori più di quanto avrebbero ricevuto se il debitore fosse fallito.

L’omologazione chiude la procedura e libera il debitore da tutti i debiti antecedenti.81

78 Bankruptcy Code, Chapter 11, Reorganization. Dati raccolti dal sito ufficiale www.uscourts.gov 79 Bankruptcy Code, Chapter 11, Reorganization. Dati raccolti dal sito ufficiale www.uscourts.gov 80 Bankruptcy Code, Chapter 11, Reorganization. Dati raccolti dal sito ufficiale www.uscourts.gov 81 Bankruptcy Code, Chapter 11, Reorganization. Dati raccolti dal sito ufficiale www.uscourts.gov

2.5 “VEBA Call Option”

Oltre al “Master Transaction Agreement” e alla “Fiat Chrysler Alliance”, il Gruppo Fiat stipulò ulteriori accordi con tutti i soggetti coinvolti nel recupero della società americana. Tra questi accordi, uno importante fu senza dubbio il “VEBA Call Option”, cioè un contratto stipulato tra la società Fiat e il VEBA Trust.

Tale accordo prevedeva che sin dal 10 Giugno 2009, quando la società italiana ufficializzò gli accordi stipulati con Chrysler LLC, venisse assegnato al gruppo torinese un’opzione per acquistare il 16,6% della partecipazione di VEBA in Chrysler che poteva essere esercitata dal 1° Luglio 2012 sino al 30 Giugno 2016, ogni sei mesi, in tranches non eccedenti, per ciascun esercizio, il 3,32% del totale della partecipazione del fondo pensionistico. Nel Gennaio 2012, il fondo VEBA deteneva il 41,5% delle azioni Chrysler: di questa partecipazione, però, il 16,6% era vincolato al contratto d’opzione.

Tale accordo stabiliva anche in che modo dovesse essere calcolato il prezzo di ogni singola opzione: “il prezzo di esercizio dell’opzione è determinato, ove Chrysler non sia quotata, utilizzando un multiplo di mercato (media dei multipli di talune aziende automobilistiche, non eccedente il multiplo di Fiat) applicato all’EBITDA di Chrysler degli ultimi quattro trimestri meno il debito industriale netto e, ove Chrysler sia quotata, sulla base dei valori di mercato delle sue azioni ordinarie.” 82

Il 3 Luglio 2012 Fiat decise di esercitare, in base al “VEBA Call Option” , la sua opzione di acquistare una parte della partecipazione detenuta da VEBA in Chrysler Group LLC: tale opzione ebbe ad oggetto il 3,32% del capitale sociale della società americana. In questo modo la partecipazione di Fiat salì al 61,82% dal 58,5% che già possedeva.

Per questa prima tranche Marchionne stimò la partecipazione attribuendole un valore di circa 140 milioni di dollari. Il fondo VEBA ne richiese invece circa 342 milioni.

Proprio perché le due parti non riuscirono a trovare un punto d’intesa sul prezzo, il 26 Settembre 2012 Fiat richiese l’intervento del tribunale, portando tutta la questione di fronte al Chanchery

Court del Delaware, proprio come previsto dall’accordo.

Nonostante la causa legale in corso, il 3 Gennaio 2013 Fiat esercitò la seconda tranches a sua disposizione riuscendo ad acquistare un ulteriore 3,32% del capitale di Chrysler che fino a quel momento era stato in mano al fondo pensionistico.

Secondo i calcoli di Fiat, l’importo netto da pagare per l’acquisto di questa seconda tranche della partecipazione di VEBA in Chrysler doveva essere pari a 198 milioni di dollari. A seguito del

perfezionamento dell’acquisto, Fiat ottenne il 65,14% del capitale di Chrysler.

L’8 Luglio 2013 la società italiana decise di procede all’acquisto di un’ulteriore partecipazione del 3,32% del capitale di Chrysler detenuto da VEBA. L’importo netto che Fiat ritenne di dover pagare per tale acquisto fu calcolato in 254,7 milioni di dollari. Al termine di tale operazione la partecipazione della società torinese salì al 68,46% del capitale sociale di Chrysler.

A questo punto l’esercizio dell’opzione da parte di Fiat si interruppe perché il fondo VEBA decise di voler avviare tutte le pratiche per un IPO (Initial Public Offering) in modo da poter collocare le proprie quote all’interno di un mercato regolamento.