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L’intervento del Governo Americano

Situazione Patrimoniale-Finanziaria Non assoggettati a revisione contabile

CAPITOLO 3: LE FASI PRECEDENTI L’OPERAZIONE DI FUSIONE

1. I SOGGETTI COINVOLT

1.2 L’intervento del Governo Americano

Per comprendere bene l’operato della società di Detroit e l’intervento del gruppo Fiat, si deve tener presente il contesto politico ed economico che si stava sviluppando all’interno degli Stati Uniti nel corso di quegli anni.

La situazione economica con cui la società Chrysler LLC si presentò a inizio del 2009 era disastrosa: le catene di montaggio erano ferme da prima di Natale e i piazzali erano pieni di autovetture da vendere. Col fatturato quasi bloccato, per l’azienda divenne indispensabile riuscire a trovare nuovi fondi immediati per permetterle di sopravvivere fino alla fine del trimestre.

Fu in questo contesto che si trovò ad operare il presidente degli Stati Uniti d’America Barack Obama insieme alla sua amministrazione.56

In realtà nel 2008 non solo Chrysler, ma l’intero settore automobilistico americano fu in piena crisi. Di fatto due fra le “Big Three” di Detroit, Chrysler e General Motors, furono costrette a chiedere fondi al governo americano per evitare il fallimento57: complessivamente furono erogati 39 miliardi di dollari. Più precisamente, nel Dicembre del 2008 la Chrysler LLC ricevette un primo finanziamento da parte del governo americano di 4,5 miliardi di dollari.

Il prestito fu concesso per una durata di sette anni, con un interesse del 5% nel primo quinquennio e poi del 9% per gli ultimi due anni 58: in cambio il governo avrebbe avuto una partecipazione nella società di Detroit.

Anche se Barack Obama non aveva nessuna intenzione né interesse di gestire il settore automobilistico americano, decise di intervenire erogando il prestito e, di fatto salvando l’impresa, per due motivi fondamentali: innanzitutto perché uno dei punti centrali del programma della sua amministrazione era quello di assegnare un ruolo centrale alla “Green Economy”. Il presidente decise che l’energia rinnovabile sarebbe stata al centro del progetto di rilancio dell’innovazione e della competitività americana, con l’obiettivo di mettere in circolazione un milione di veicoli verdi entro il 2030. In questo modo intendeva (e intende tutt’ora) ridurre la dipendenza dal petrolio puntando su nuovi tipi di energia e, di conseguenza, su nuovi tipi di motori.

Per ciò quando si presentò la Fiat, di fatto un partner che aveva le caratteristiche che lui stava cercando di promuovere, fece il possibile per salvare l’impresa americana.

Il secondo motivo per cui fu erogato il prestito è connesso alla cassa: fare credito a Chrysler e General Motors costò meno che dover sostenere i costi del loro fallimento.

Infatti, secondo i calcoli dell’amministrazione per l’industria automobilistica, i costi sostenuti in termini di spese sanitarie di chi non aveva soldi per pagarsele, di sussidio di disoccupazione e, infine, di programmi di assistenza per le famiglie disagiate, sarebbero stati superiori a quelli del prestito effettivamente erogato dal governo federale.

56 Dati raccolti dal sito ufficiale www.sec.gov

57Ford, la terza azienda tra le “Big Three” di Detroit, non ha chiesto aiuti allo Stato, avendo accumulato sufficienti prestiti privati

prima del tracollo del mercato del credito.

Basti pensare che senza l’intervento dello Stato, il crack delle due società avrebbe provocato un milione e 300 mila disoccupati; con l’intervento di Obama, non più di 250.000.

In cambio dei fondi federali, però, il governo chiese alle società di Detroit di varare un piano economico volto alla ristrutturazione delle aziende. Il governo impose alle case automobilistiche di valutare, nel piano, anche il costo di una eventuale bancarotta. E se per General Motors sarebbe stata pari a circa 100 miliardi di dollari, Chrysler la quantificò in un range compreso tra i 20 e i 25 miliardi di dollari in due anni.59

Le due società dovettero elaborare un piano entro il 17 Febbraio 2009 che mostrasse come intendevano ritornare alla redditività; se non ci fossero riuscite il governo non avrebbe concesso il prestito.

La strategia seguita da Chrysler fu quella di effettuare drastici tagli ai costi e la dismissione di modelli e brand meno redditizi: i modelli destinati a soccombere furono la Dodge Durango, la PT

Cruiser e la Dodge Aspen.60

Questa iniezione di liquidità da parte del governo fu necessaria per consentire alla Chrysler LLC di restare operativa nel breve periodo, ma fu chiaro fin da subito che, per riuscire a sopravvivere nel lungo periodo, sarebbe stato necessario trovare un partner disposto a investire.

Anche se l’accordo preliminare tra Fiat e Chrysler fu stipulato a Gennaio 2009, è chiaro che i contatti tra le due aziende cominciarono ben prima: per non farsi scappare un investitore estero, per di più che aveva un bagaglio innovativo e tecnologico molto orientato al risparmio energetico quale era Fiat, Obama dovette tenere in vita l’azienda americana almeno nel breve periodo.

Ecco che, non solo erogò il primo prestito da 4,5 miliardi di dollari a Dicembre 2008, ma dopo che la Fiat si propose come investitore interessato all’acquisto di Chrysler, decise di concedere un secondo prestito da 5,8 miliardi di dollari per evitare il fallimento della società americana e consentire l’ingresso della società torinese.

Inizialmente fu stipulata una lettera d’intenti tra le due società nel Gennaio 2009, mentre il contratto vero e proprio sarebbe stato redatto più avanti, entro Aprile del medesimo anno, solo dopo che la società di Detroit avesse ottenuto l’approvazione dal governo del suo piano di risanamento e, quindi, solo dopo aver ricevuto il secondo prestito federale.

59 Dati raccolti dal sito ufficiale www.sec.gov 60 Dati raccolti dal sito ufficiale www.chrysler.com