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4. Partecipazione e servizio sociale

4.5 Il servizio sociale, la partecipazione, l'empowerment

L'approfondimento sulla partecipazione come valore, principio e norma etico- deontologica ha messo in luce un aspetto del servizio sociale legato al potenziamento delle risorse e delle capacità delle persone, dei gruppi e delle comunità, che va di pari passo con l'obiettivo di un lavoro che miri all'equa distribuzione delle risorse, all'inclusione, alla giustizia sociale. Ciò si traduce in un lavoro del servizio sociale che non guarda ai problemi nell'ottica di riparare-curare-guarire e neanche in quella di rimuovere le cause strutturali dei problemi sociali: nel primo caso sarebbe la persona ad essere responsabile unico dei propri disagi, nel secondo caso basterebbero cambiamenti e riforme che affrontino i problemi sociali per eliminare il disagio.

Entrambi gli approcci trascurano e negano la partecipazione attiva della persona e della comunità, per cui il focus del servizio sociale è sulle risorse da 260Twelvetrees A., Il lavoro sociale di comunità, Edizioni Erickson, Trento, 2006.

261 Cit. Gui L., Voce Trifocalità,” in (a cura di), Campanini A., “Nuovo dizionario di servizio sociale”, op. cit., pag. 733.

riconoscere, reperire, attivare, sviluppare, trasformare e redistribuire263.

Si è fatto largo negli ultimi anni il concetto di empowerment, che esprime la tensione verso l'autodeterminazione, la partecipazione e l'attivazione delle persone e delle comunità. Esso può essere inteso come “il sostegno offerto alle persone, ai gruppi, alle comunità per acquisire, conquistare potere, cioè l'abilità di fare qualcosa o agire in particolare modo, specialmente come facoltà o qualità”264 Quindi per

empowerment può intendersi “acquisizione e consapevolezza di maggior potere o di contare di più”265.

Il termine indica sia il risultato sia il processo: entrambi denotano “il passaggio da una cultura del bisogno, dell'incapacità, dell'assistenza a una cultura del riconoscimento delle risorse degli individui e degli ambienti di vita”266

Una visione diversa del bisogno dovrebbe contribuire, secondo quanto afferma Hill, a ridurre gli effetti disabilitanti del lavoro sociale. Hill267 sostiene, infatti, che il

sistema dei servizi alle persone invia agli utenti tre messaggi: sei deficitario, il problema sei tu, anzi hai tutta una serie di problemi. Questo si riflette o rischia di riflettersi in una visione dell'aiuto unilaterale in cui se l'utente è il problema, il professionista o il servizio è la risposta. Allo stesso modo si traduce in un tecnicismo che scoraggia, quando non inibisce, il potere per la persona di ridefinire il proprio bisogno; e ciò crea impotenza, passività, dipendenza, incapacità di individuare cause e possibili soluzioni o risorse.

In linea con l'affermazione dei diritti umani, le teorie e le pratiche di servizio sociale orientate all'empowerment hanno portato alla messa in discussione di tutti quegli interventi che non si sono rivolti a far emergere le gravi conseguenze deleterie per il benessere delle persone dello stare ai margini della società, né tanto meno hanno scalfito le dinamiche oppressive e dominanti, rimanendo invariate le relazioni sociali esistenti e strutturate di potere/dipendenza o marginalità/passività.

263Neve E. Il servizio sociale, op. cit., pagg. 221-241.

264 Cit. Dal Pra Ponticelli M., Empowerment e servizi alla persona, in “La sociologia delle solidarietà. Scritti in onore di giuliano Giorio”, op. cit., pag. 142.

265Cit. Zilianti A., Rovai B., Assistenti sociali professionisti, Carocci, Roma, 2007, pag. 199.

266Cit. Sartori P., voce Empowerment, in (a cura di) Campanini A., “Nuovo dizionario di servizio sociale”, op. cit., pag. 241.

267Illich I,et al. Esperti di troppo. Il paradosso delle professioni disabilitanti, Edizioni Erickson, Trento, 2008, pagg. 80-91.

Adottare un'ottica che si rivolga sia al tema della giustizia sociale, sia al tema dello sviluppo delle risorse, richiede al servizio sociale di sviluppare nuovi paradigmi in collaborazione con tutti i soggetti coinvolti nella sua azione, a partire dal presupposto che le persone tutte sono soggetti attivi e contribuiscono allo sviluppo della propria esistenza (anche quando segnata da gravi problemi) cosi come della vita comunitaria.

Lavorare nell'ottica dell'empowerment significa, dunque, da un lato “aiutare le persone a esprimere il loro potenziale, focalizzandosi sulle risorse che li rendono in grado di assumere il controllo sulla loro vita e di essere protagonisti nella loro comunità”268, dall'altro fare in modo che la società crei le condizioni affinché si

possano ottenere cambiamenti a livello sia strutturale, sia personale, avendo sempre a mente che l'obiettivo primario è l'integrazione della persona nella sua comunità. Obiettivo che, sostiene Dominelli, è strettamente legato alla sfida delle condizioni di disparità che contraddistinguono la società attuale. Ci si riferisce in particolare alle policy practice che comprendono “attività, svolte all’interno del contesto professionale, finalizzate a influenzare le politiche sociali rivolte ai gruppi di popolazione per cui l’assistente sociale opera”.269

Campanini distingue tra pratiche che, attigue, potrebbero essere confuse o sovrapporsi, ma che invece mantengono ciascuna la propria specificità. Distingue, quindi, le policy practice del lavoro di comunità (orientato alla costruzione e allo sviluppo della comunità, più che come contributo alla definizione o al miglioramento delle politiche sociali) dal case-advocacy (orientato a facilitare l’accesso ai servizi, piuttosto che a introdurre nuove politiche), ma anche dalla social advocacy (finalizzato a portare la voce di gruppi di persone che condividono lo stesso problema o appartengono alla medesima classe sociale). In quest'ultimo caso le differenze risultano meno marcate e insistenti nel necessario coinvolgimento degli utenti, della comunità o dei gruppi interessati in una logica di empowerment.270

L'accezione del termine empowerment, che si adotta per il rispecchiamento che 268Cit. Dominelli L., 2004, op. cit., pag. 227.

269Cit. Campanini A., Il servizio sociale e le policy practice, in (a cura di), Bassi A., Moro G., “Politiche sociali innovative e diritti di cittadinanza”, Franco Angeli, Milano, 2015, pagg. 101/120. 270Ivi, pag. 101/120.

potrà avere nella ricerca-azione, è quella di Dal Pra Ponticelli attinente “allo sviluppo di capacità, facoltà, spazio per agire e per partecipare alle decisioni … di fronte alle scelte di politica sociale locale. E' la promozione della capacità di conoscere più a fondo le situazioni, i problemi, le risorse del proprio contesto, per attivare la possibilità di prospettare soluzioni, di mettere in moto azioni per sollecitare risposte adeguate alle struttura pubbliche, ma anche di partecipare alle scelte relative a tali risposte”.271

5 La cittadinanza attiva

Il concetto di cittadinanza richiama l’appartenenza di una persona ad una collettività e può essere considerata sotto gli aspetti tanto sostanziali272 quanto

formali273.

Nelle democrazie occidentali le regole sulla cittadinanza ricevono una legittimazione popolare dalla democrazia rappresentativa. La migliore scienza giuridica lega la cittadinanza al popolo, costituito dal complesso dei cittadini.274 E

poiché la sovranità appartiene al popolo, appartiene anche a ogni singolo cittadino. La Costituzione italiana cita la cittadinanza all’articolo 22 per statuire che nessuno può essere privato della cittadinanza per motivi politici, rinviando ad una legge ordinaria la regolazione della materia.

Se cittadinanza significa godere dei diritti ed avere i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale, tutto questo è contenuto nei primi articoli della Costituzione che pone i fondamenti dell’appartenenza, che vedono insieme diritti e doveri. Su questa base costituzionale si sostanzia la cittadinanza; ma riposa anche l’idea di partecipazione, che altro non è se non concorrere al progresso materiale e spirituale della società, secondo le proprie possibilità e le proprie scelte.

La Costituzione detta anche potenzialità e limiti dell’impegno partecipativo e 271Cit. Dal Pra Ponticelli M., Empowerment e servizi alla persona, in “La sociologia delle solidarietà.

Scritti in onore di Giulinao Giorio”,op. cit. pag. 142.

272Nel primo caso si osservano gli elementi precettivi sulla base dei quali decidere chi fa parte di una collettività statuale, con i conseguenti obblighi e diritti, nel secondo si pone attenzione sui concreti aspetti giuridici e sociologici che caratterizzano una comunità o che dovrebbero indurre a consentire criteri diversi di appartenenza, non esclusa la volontarietà.

273Enciclopedia del diritto, volume VII, Giuffrè, Milano, 1960.

di cittadinanza dei soggetti di età minore che, in quanto cittadini, sono anch’essi chiamati a concorrere al progresso materiale e spirituale della società. Se questo è il quadro generale, occorre poi verificare le possibilità, oltre che le scelte, nel cui ambito deve avvenire la partecipazione e l’esercizio delle prerogative di cittadinanza.

Per i minori non è in discussione la titolarità dei diritti e la doverosità del concorso al progresso della società, ma sono solo da ricercare le concrete modalità con le quali esse devono esprimersi. La responsabilità del mondo adulto è, dunque, anche quella di promuovere le condizioni per far concorrere i cittadini di età minore al progresso della società.

L'art. 118, affermando il principio della sussidiarietà, statuisce all'ultimo comma, che i poteri pubblici "favoriscono le autonome iniziative dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà". Questa norma indica alle diverse istituzioni il dovere e l'opportunità di creare le condizioni necessarie per permettere alle persone e alle aggregazioni sociali di agire liberamente nello svolgimento della loro attività. Richiama anche il compito di formare cittadini partecipi e attivi, impegnati a contribuire al progresso della società, senza che il mancato riferimento all'età consenta di ritenere tale obiettivo precluso ai minori.

Gli Stati democratici continuano a considerare la cittadinanza come un insieme di regole che li garantiscono piuttosto che come il complesso dei diritti e dei doveri in cui si sostanzia, con notevoli variazioni da stato a stato nella liberalizzazione dell’accesso. Ma la maturazione della coscienza sociale anche a livello mondiale fa crescere la sensibilizzazione verso gli aspetti di inclusione.

Pur nella varietà delle legislazioni, nel tempo e nello spazio, sono possibili diversi modi di acquisto della cittadinanza: acquisto a titolo originario (per nascita: c.d. iure sanguinis); per iuris communicatio (in conseguenza e in virtù dell’unità familiare); per beneficio di legge; per naturalizzazione. La sola volontarietà non comporta di regola l’acquisto dello status di cittadino in mancanza di altri requisiti formali. Naturalmente, la cittadinanza, insieme all’appartenenza formale ad una specifica comunità statuale, determina altresì la quantità e la qualità dei diritti e dei

doveri che sono ad essa correlati275.

Nel diritto internazionale la cittadinanza è assunta come un fatto, essendo prerogativa dei singoli Stati attribuirla e disciplinarla276.

Della cittadinanza si occupa in diversi articoli la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, adottata dalla Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 Dicembre 1948,277: oltre il riconoscimento del diritto all’asilo politico, sembra si

affermi anche il riconoscimento della cittadinanza come diritto dell’uomo ad averla ed a non esserne privato. Con l’affermazione che nessuno può essere privato del diritto di mutare cittadinanza, e quindi di assumerne un’altra o sostituirla alla propria, sembra adombrarsi un’apertura a considerare come sempre più rilevante l’aspetto della volontarietà nel suo acquisto.

Su questi aspetti, peraltro, si sono soffermati alcuni tra gli Autori della scienza giuridica pubblica più avveduta quali Allegretti e Ferrajoli278, che hanno esaminato gli

aspetti del ruolo dell’autonomia sociale e dell’autodeterminazione nel mondo sempre più globalizzato, concludendo per la persistenza di questi valori proprio come antidoto a quel processo in atto. La globalizzazione dell’economia e la riduzione di sovranità degli stati trovano compensazioni nella globalizzazione dei movimenti sociali e nella tendenziale costante riaffermazione dei principi di autodeterminazione.

L’idea della rivalutazione dell’aspetto della volontarietà anche in rapporto all’acquisto della cittadinanza sta alla base del secondo aspetto di questo tema, 275 Biscottini G., Voce Cittadinanza, Diritto vigente, in “Enciclopedia del diritto”, vol. VII, Giuffrè, Milano,1960.

276Monaco R., Manuale di diritto internazionale pubblico, Utet, Torino 1971.

277 Articolo 13: 1. Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. 2. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese. Articolo 14: 1. Ogni individuo ha diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni. 2. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l'individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite. Articolo 15:1. Ogni individuo ha diritto ad una cittadinanza. 2. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza.

278Allegretti U., Diritti e Stato nella mondializzazione, editrice Città aperta, 2002, e Ferrajoli L., Quali

sono i diritti fondamentali?, in (a cura di) Mazzarese T., “Neocostituzionalismo e tutela

rappresentato dalle regole sociali della comunità alla quale si appartiene o si desidera appartenere. Se la cittadinanza indica la qualità dell’appartenenza ad una data comunità statuale, una corrente di pensiero vuole richiamarsi al rapporto volontario tra soggetto e comunità stessa. Ciò dovrebbe costituire la premessa per la partecipazione come impegno a rendere migliore la collettività della quale si è scelto di far parte. Si apre, quindi, il tema del superamento del dover essere in favore del voler essere o del come essere membro di una determinata comunità statuale. In tale direzione si può richiamare il principio fondamentale dell’autodeterminazione dei popoli, contenuto all’inizio della Carta dell’ONU e ripetuto con ancor maggiore nettezza nel Patto internazionale di New York relativo ai diritti civili e politici, concluso a Nuova York il 16 dicembre 1966.279

Si possono così capire le ragioni delle riflessioni di quanti trovano nei principi universali il fondamento per un concetto di cittadinanza fondato sull’autodeterminazione degli individui, più che su criteri astratti quali lo ius sanguinis.

Forte, a partire dalla considerazione che non sono i fattori biologici (non è il sangue) che trasmettano l'identità politica, afferma che la cittadinanza viene identificata in un insieme di fattori culturali, sociali e relazionali, che rendono più facile il vivere comunitario.280 Lo stesso Autore afferma che “gli ordinamenti

contemporanei e l’esperienza di questa generazione sta cominciando a dare molto valore alla volontà. La prima cosa per essere cittadino di un paese è volerlo. Viviamo in un’epoca con uno straordinario portato di civiltà, nella quale non è necessario essere cittadini per godere di alcuni diritti e di alcune libertà che riguardano il nucleo fondamentale non del cittadino, bensì della persona, pertanto, più intimo, più insindacabile, politicamente indiscutibile, che va salvaguardato prima ancora di 279Art. 1.1. Tutti i popoli hanno il diritto di autodeterminazione. In virtù di questo diritto, essi decidono liberamente del loro statuto politico e perseguono liberamente il loro sviluppo economico, sociale e culturale. 2. Per raggiungere i loro fini, tutti i popoli possono disporre liberamente delle proprie ricchezze e delle proprie risorse naturali, senza pregiudizio degli obblighi derivanti dalla cooperazione economica internazionale, fondata sul principio del mutuo interesse, e dal diritto internazionale. In nessun caso un popolo può essere privato dei propri mezzi di sussistenza.

280 Forte P. P., “Cittadinanza e partecipazione” titolo dell’intervento svolto al secondo incontro del Laboratorio di formazione sociale “Cittadinanzattiva” promosso dal Centro Studi Sociali Bachelet, Relazione (a cura di) Abbamonti A., Lombardi P., Mancinelli A., 2009.

discutere del problema della cittadinanza.”281

Lo stesso autore afferma che “il cittadino è colui che avverte il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e scelte, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della sua società, di quella di cui vuole essere membro … la cittadinanza è un fenomeno prevalentemente volontario e ha che fare con una specie di spinta per contribuire al progresso del gruppo di cui si vuole far parte” 282. Queste considerazioni invitano a sottolineare il rapporto tra i due termini:

cittadinanza e partecipazione. Forte afferma che “la cittadinanza nel mondo contemporaneo è partecipazione. Non è più uno stato passivo, uno status, cioè una condizione di qualificazione che si ha a prescindere, ma diventa un requisito di carattere prettamente politico che fa di ognuno di noi un partecipe alle sorti della comunità di cui si è membro. La cittadinanza è in sé attiva”283.

L’Autore citato sposta, così, l’angolo visuale dai requisiti giuridico-formali per ottenere la cittadinanza al significato sociale dell’adesione di un soggetto ad un determinato ordinamento statuale, sentito come più vicino ai propri valori. Di qui alla tendenziale coincidenza tra volontà e appartenenza alla civitas il passo è breve; e ancor più lo è il passaggio al diritto-dovere di contribuire all’assetto sociale ed al miglioramento del sistema.

Per Rossi è impossibile trattare separatamente democrazia e cittadinanza, in quanto “la cittadinanza riduce l’individuo al cittadino, che rispetta le leggi e le necessità dello Stato, e gode di determinati diritti solo se ottempera a certi doveri, contribuendo cioè all’utilità collettiva e all’interesse generale; ma nello stesso tempo essa afferma che il potere politico trova il suo legittimo fondamento solo nella sovranità popolare”.284

281Cit. Ivi. 282Ivi. 283Ivi.

284Rossi U.,“La cittadinanza oggi. Elementi di discussione dopo Thomas H. Marshall”, Working paper 39, Dipartimento di Scienze Storiche, Giuridiche, Politiche e Sociali dell’Università degli Studi di Siena, 2000, pag. 7 e segg. Si occupa del lavoro di T. H. Marshall «Citizenship and social class» per osservare che è il punto di partenza dello studio contemporaneo del concetto di cittadinanza. Fino ad allora, chi si era interessato a questo argomento lo aveva fatto essenzialmente da una prospettiva filosofico-giuridica, per affermare il progressivo riconoscimento dei diritti fondamentali dell’uomo, che lo porteranno a sentirsi sempre più cittadino, e sempre meno isolato. E’

Rossi osserva che permangono ancora grosse sacche di deficit di diritti 285per

categorie di cittadini che lo sono in un certo senso meno di altri. Così egli introduce il capitolo sui cittadini dimenticati: le donne (la cittadinanza limitata), i minori (la cittadinanza negata: su ciò si ritorna più diffusamente), gli immigrati (la cittadinanza sperata)286.

Per Ferrajoli 287la Dichiarazione universale del 1948 pone a fondamento della

pace la garanzia dei diritti umani “di tutti i membri della famiglia umana”. Questo fondamento è di fatto negato dall’ancoraggio di tali diritti ai confini statalisti della cittadinanza e dai limiti ad essi imposti dalle leggi contro l’immigrazione. Ciò manifesta l’antinomia tra diritti universali e cittadinanza, destinata a divenire esplosiva con la crescita della globalizzazione e delle pressioni migratorie.

Anche Rodotà 288 si chiede chi sono i cittadini in relazione alla composizione

del demos, che sembra voler viaggiare a due velocità; ma scorge tendenze che cercano di attribuire a questo nucleo duro della cittadinanza una intangibilità assoluta attenendo a diritti.

A conclusione del suo pensiero Rossi tratta due prospettive: le potenzialità di una nuova cittadinanza societaria e il reddito di cittadinanza. Sul primo tema riporta la tesi di Donati289 che, partendo dalla sociologia funzionalista e dalla sociologia

dopo la Seconda Guerra Mondiale che, con la vittoria degli alleati sui totalitarismi nazional-fascisti, si comprende la necessità di legittimare i governi e i governanti esclusivamente secondo i principi della democrazia: da allora ci si è richiamati continuamente a questa forma di governo, tanto che la democratizzazione è un processo continuo.

285Ivi. La questione della distanza tra diritti individuati e reclamati e la loro effettiva realizzazione è presente in molti commentatori, sia in chi (N. Bobbio, L’età dei diritti) insiste comunque per la loro continua espansione, sia in chi (S. Rodotà, Repertorio di fine secolo), valuta positivamente l’espansione dell’elaborazione e della richiesta, ma mette in guardia rispetto alla loro mancata attuazione come pericolosa per il loro svuotamento. La dialettica sociale è un continuo oscillare tra (nuove) elaborazioni e richieste, da una parte, e l’impegno per far codificare i diritti ed esigerne l’attuazione, ora l’uno, ora l’altro. La partecipazione è anche questo: i cittadini premono per il riconoscimento dei loro diritti ed insieme per la loro realizzazione.

286 Ivi.

287Ferrajoli L., Quali sono i diritti fondamentali?, in “Raccolta di studi intitolata A tutti i membri della famiglia umana”, in occasione del 60° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti. dell’uomo”, Giuffrè, Milano, 2008.

288 Cit. Rodotà S., Repertorio di fine secolo, Laterza, Roma-Bari, 1992, pag. 45 segg.

relazionale, perviene ad elaborare la teoria della cittadinanza societaria come superamento della crisi della rappresentanza e del distacco della politica dai cittadini.

Donati290elabora un nuovo concetto di cittadinanza, che non è più la relazione

che si ha con il vertice della società ma si trasforma in una relazione di rete, applicabile ad ogni livello dell’agire sociale. Detto Autore ha richiamato l'importanza della dimensione comunitaria, della partecipazione al tessuto locale e della reciprocità