Gli approfondimenti sulla democrazia partecipativa, insieme alle ricognizioni delle tante esperienze registrate in molte parti del mondo, hanno portato gli studiosi delle scienze pubblicistiche e sociologiche ad impiantare ricerche di analisi e classificazione. Opera non semplice, considerate anche le mescolanze tra le esperienze. Ma al fondo degli studi c’è la ricerca del significato profondo delle esperienze partecipative, che secondo alcuni dovrebbero garantire riflessi certi sulle decisioni politiche e secondo altri avrebbero comunque conseguito un risultato apprezzabile anche se soltanto avessero consentito che si aprisse un dialogo tra istituzioni e cittadini.
Tanto più che la partecipazione del popolo, nelle sue varie forme, non può mai sostituire le decisioni di chi lo rappresenta secondo lo schema della democrazia rappresentativa. E’ proprio per questo aspetto che la democrazia partecipativa si differenzia nettamente dalla democrazia diretta. Né la democrazia partecipativa è una replica con altri protagonisti della democrazia rappresentativa.50 Per Natalini, “nella
democrazia deliberativa le teste non si contano ma si cambiano”.51
Intorno all’interrogativo sull’efficacia della partecipazione e in rapporto alle modalità di svolgimento è sorta la distinzione tra democrazia partecipativa e
48 Cit. Picchi M., op. cit. pag. 11.
49 Bobbio L., Pomatto G., op. cit., pag. 19. 50Ivi, pag. 25 e segg.
51Natalini C., Democrazia partecipativa e deliberativa, in “Esperienze di democrazia deliberativa e partecipativa a confronto”, Seminario di approfondimento presso la LUISS guido Carli, resoconto a curadi in Rivista del LABSUS Laboratorio per la Sussidiarietà, 2005.
partecipazione deliberativa. La questione dell’impatto della partecipazione sulle decisioni pubbliche è importante perché nessuno vorrebbe constatare che le indicazioni scaturite dai processi sono state ignorate o addirittura disprezzate. La partecipazione deliberativa ambisce, infatti ad influenzare le istituzioni pubbliche, quanto meno nel senso di indurle ad aprirsi al dialogo riducendo la propria autoreferenzialità e gli schematismi burocratici. Perciò la partecipazione deve accompagnarsi a qualche forma di empowerment: non c’è partecipazione se i cittadini capiscono di non contare52.
La letteratura in materia avverte che non bisogna legare la forza degli orientamenti che scaturiscono dai forum partecipativi all’efficacia legale. Non conta il potere vincolante bensì l’obiettivo dell’abbattimento del muro tra cittadini ed istituzioni attraverso il confronto alla ricerca di soluzioni positive. Tali pratiche favoriscono il miglioramento delle relazioni tra i partecipanti, pubblici e privati, e la crescita complessiva di una data comunità, producendo positivi effetti su tutti gli attori in campo.
Per Marascia, la partecipazione dialogico-deliberativa, più che rappresentare uno spazio di negoziazione, si gioca su un terreno di condivisione e di consenso.53 “Il
cuore del processo partecipativo è, appunto, la deliberazione che non è una decisione ma è il punto di arrivo, il risultato di un bilanciamento (la parola “delibera” viene dal latino libra = bilancia) tra i pro e i contro dei diversi possibili corsi d’azione nelle scelte collettive”.54
Secondo Allegretti55 tra le due concezioni si verificano affinità ed essenziali
incroci: strumenti nati dalle istanze di democrazia deliberativa vengono impiegati nell’ambito di procedure di democrazia partecipativa; e questa trova alimento dal momento deliberativo. Tuttavia rimangono importanti differenze, legate soprattutto al 52 Ivi, pag. 25.
53 Cit. Marascia A., “lo scopo della partecipazione di segno dialogico-deliberativo è un risultato condiviso, attraverso la ricerca di un consenso effettivo, su un terreno comune, che comporta l’accettazione della diversità ed affronta i conflitti in maniera costruttiva, sulla scorta dell’assunto che è possibile cambiare opinione grazie all’ascolto di nuovi punti di vista ed all’acquisizione di tutte le necessarie informazioni. La partita non si gioca pertanto sul terreno della negoziazione o dello scambio, ma su quello della condivisione e del consenso”.
54 Cit. Ivi.
fatto che nella democrazia partecipativa la componente deliberativa è soltanto elemento di un fenomeno più complesso.
Bobbio e Pomatto56 prospettano due diversi modelli: pressione versus
confronto. Il modello della pressione considera la partecipazione come uno strumento destinato a dare voce ai soggetti sociali deboli, marginalizzati o tradizionalmente esclusi, per lo più per il tramite di movimenti sociali o di associazioni che ne rappresentano le istanze. Si vuole, così, premere sulle amministrazioni per ottenere una redistribuzione delle risorse, una maggiore giustizia sociale o un mutamento degli orientamenti politici dei governi.
Sempre secondo detti Autori, la pressione dal basso può essere temperata da meccanismi di cogestione con le istituzioni, come avviene nel bilancio partecipativo di Porto Alegre; ma la caratteristica fondamentale del processo partecipativo risiede comunque nello spingere le amministrazioni pubbliche a rispondere ai bisogni dei gruppi sociali più deboli. Infatti, nel modello della pressione è implicita una concezione della democrazia di tipo prevalentemente sostanziale: ci si aspetta che la partecipazione sia in grado di produrre una maggiore giustizia sociale, di porre un freno ai grandi interessi o di introdurre qualche cambiamento nel modello di sviluppo.57
Il modello del confronto tende, invece, a sposare una concezione della democrazia di tipo più procedurale. Parte dal presupposto che la società abbia un carattere pluralista e intende la partecipazione come un confronto, di natura dialogica, tra soggetti che hanno idee, punti di vista o interessi diversi o contrapposti, allo scopo di elaborare soluzioni comuni, trovare punti di intesa o, per lo meno, di chiarire i termini del conflitto e di trovare qualche terreno comune. In un confronto a più voci l’amministrazione assume un ruolo neutrale o, se parte in causa, entra alla pari degli 56 Bobbio L., Pomatto G., op. cit., pag. 28. Nello stesso testo gli Autori affermano che entrambi i modelli puntano sull’inclusione, ma la intendono in modo diverso: come apertura a istanze e soggetti sociali in precedenza inascoltati (nel caso del modello della pressione) o come accesso al tavolo di discussione di tutti i punti di vista rilevanti per il tema sul tappeto. Il modello della pressione si inquadra nell’idea di democrazia partecipativa sostenuta dai movimenti sociali ed ha natura politica. Il modello del confronto ha più natura filosofica e si avvicina all’ideale della democrazia deliberativa, secondo il quale l’essenza della democrazia consiste nella discussione fondata su argomenti tra tutti i soggetti coinvolti dal tema.
altri attori e si fa assistere da esterni competenti .
Gli Autori che si sono occupati della materia, pur non essendo indifferenti agli esiti, non definiscono la positività della pratica partecipativa in base ad essi, ritenendo che una partecipazione è buona se tutti i soggetti sociali coinvolti hanno avuto modo di esprimersi, di informarsi e di contare indipendentemente dai risultati concreti che consegue.
Per essi la democrazia deliberativa è, quindi, in qualche modo, una forma di democrazia partecipativa, ma rinuncia alla pressione pretendendo solo che tra i diversi punti di vista si instauri un confronto dialogico ed in forma aperta e generalizzata, in modo che tutti i punti di vista presenti nella società siano presenti nella discussione in condizione di effettiva parità58.
Per Allegretti59 è particolarmente sottile il confine della democrazia
partecipativa con la partecipazione deliberativa. La forma deliberativa ispira l’invenzione di procedure di dibattito, dal town meeting ai focus group, ai sondaggi deliberativi e alle consensus conferences. Ciò accade, ad esempio, per il débat public, nel quale pure la vincolatività della decisione è esclusa per legge. “Si è accettato di mettere in piedi un processo di discussione, ed esso, come tutti i processi di questo tipo dotati di serietà pur non essendo vincolato a sbocchi definiti, non può non condizionarli e la decisione non può non corrispondere (anche quando ribadisse la proposta iniziale) a una logica diversa da quella che si sarebbe avuta senza la discussione”60
Sempre secondo Allegretti61 sarebbe inopportuno caricare la democrazia
partecipativa e la partecipazione deliberativa di attese esagerate in termini di influenza 58 Bobbio L., Pomatto G., op. cit., pag. 31. I processi partecipativi si differenziano, quindi, per accentuazioni tra una versione militante e rivendicativa, ed una versione dialogica, che punta sul confronto in seno al popolo cui affida una diversa fondazione delle scelte istituzionali. Appare forse meno suggestiva sul piano politico, ma è più profonda e ambiziosa.
59 Allegretti U., op. cit., pag. 16. Si tratta di un filone di arricchimento delle procedure della democrazia destinato comunque ad influire sulla decisione non per vincolo giuridico ma per la capacità degli argomenti e del metodo a rendere più ricca la decisione , perché più consapevole ed argomentata.
60 Cit. Ivi, pag. 42. 61 Ivi, pag. 42 e segg.
sulle decisioni. Esse producono certamente effetti di profondità che rendono utile alimentare continuamente quelle pratiche indipendentemente dalla verifica dei risultati immediati. Sono la partecipazione ed il dibattito a rendere comunque diversi tutti gli attori dei processi, quelli pubblici non meno che quelli privati. La sede pubblica rimane in qualche modo condizionata nel momento in cui essa decide o accetta di dare corso ad un confronto.
2.3. Persona e relazionalità nella Costituzione italiana e nell’ordinamento