• Non ci sono risultati.

Secondo Gbikpi esiste la preoccupazione dello stato democratico moderno di coinvolgere i cittadini nei processi decisionali, sia a livello nazionale che locale, come espressione delle modalità di governare le società moderne: “il personale politico eletto non basta più nei processi decisionali pubblici, perché rappresenta i cittadini nella loro generalità e per tutte le questioni, anziché rappresentarli nella loro specificità e per particolari questioni in gioco”.30

crescente esigenza ad andare oltre la catalogazione dei diritti per mettere a punto gli strumenti per la loro attuazione, che non puntino esclusivamente sulla giuridificazione e che evitino l’isolamento dei singoli per puntare su mezzi collettivi, quali le azioni popolari, per meglio affrontare i forti interesse in gioco.”Il cittadino isolato nei confronti della pubblica amministrazione, e soprattutto della grande impresa, non gioca certo ad armi pari quando è controverso o negato un suo diritto”.

28 Arena G., Natalini C, “Democrazia partecipativa e deliberativa”, in (a cura di) Guido Carli, “Esperienze di democrazia deliberativa e partecipativa a confronto”, Seminario di approfondimento presso la LUISS, resoconto in Rivista del LABSUS Laboratorio per la Sussidiarietà, 2005.

29 Riva F., Partecipazione e responsabilità, Città Aperta, Troina, 2007.

30 Gbipki B., Dalla teoria della democrazia partecipativa a quella deliberativa: quali possibili

Bobbio e Pomatto31, da una parte, e Allegretti32 dall'altra, a partire

dall'illustrazione di specifiche esperienze verificatesi in molti Stati e dalla loro analisi in termini scientifici, convergono sull’individuazione e sulla distinzione tra democrazia partecipativa e partecipazione deliberativa.

In ambedue i testi sono presenti i richiami alle prime esperienze di bilancio partecipativo introdotte nella città di Porto Alegre nel 1989. Tale esperienza nasceva dall’esigenza di coinvolgere i cittadini nelle scelte sulla destinazione delle spese di investimento dell’amministrazione comunale e su come ripartirle in modo trasparente ed equilibrato tra i 16 quartieri della città. La pratica del bilancio partecipativo ha avuto l’effetto di ridurre le sperequazioni tra le diverse zone della città, favorendo i quartieri più popolosi e meno dotati di servizi.33

Col passare del tempo, processi partecipativi sono stati sperimentati su una crescente gamma di materie34. Gli stessi Autori precisano che gli interventi

partecipativi man mano si sono estesi da territori limitati ad una scala territoriale più ampia35.

Sotto il profilo qualitativo, Bobbio e Pomatto36 si chiedono, però, chi fissi

31 Bobbio L., Pomatto G., Modelli di coinvolgimento dei cittadini nelle scelte pubbliche, Rapporto elaborato nell’ottobre 2007 per conto della Provincia Autonoma di Trento.

32 Allegretti U., op. cit.

33Da entrambi i testi si apprende che, dopo il successo e la notorietà dell’esperienza di Porto Alegre, la pratica del bilancio partecipativo si è diffusa, sia pure con numerose varianti, in 170 città brasiliane ed in numerose città latinoamericane ed europee. In Italia forme (tra loro diverse) di bilancio partecipativo sono state adottate da una trentina di comuni, tra cui Modena, Piacenza e il Municipio 11 di Roma, sia pure senza effetti redistributivi evidenti. In Italia, dopo le esperienze dei Programmi di Riqualificazione Urbana (PRU), il coinvolgimento dei cittadini è stato esplicitamente previsto dai Contratti di quartiere. 34A titolo esemplificativo Bobbio e Pomatto elencano i campi nei quali esperimenti di democrazia partecipativa si sono cimentati:bilanci comunali; conflitti ambientali; sindrome Nimby; politiche ambientali; politiche sociali; (tra cui viene citata in Italia l’esperienza dei piani di zona); politiche sanitarie; grandi opere (l’esperienza più interessante è considerata quella del débat public francese); tecnoscienza. Molte di queste esperienze sono citate da Allegretti, op. cit., pag. 8 e segg., che ne cita ulteriori a sua volta.op. cit., pag., 5 e segg.

35Bobbio L., Pomatto G. op. cit., e Allegretti, op. cit., in particolare si soffermano sul débat public francese. Istituito affinché la progettazione delle grandi opere fosse sottoposta preventivamente a un dibattito pubblico tra tutti i soggetti interessati, la legge Barnier del 1994 vede l’istituzione a questo fine di un’autorità indipendente denominata Commission Nationale du Débat Public. Il dibattito dura quattro mesi e concerne non solo le caratteristiche del progetto, ma anche l’opportunità di realizzare l’opera. Preceduto da un’ampia campagna informativa tra la popolazione coinvolta. Al termine del dibattito pubblico il presidente della commissione redige un rapporto in cui illustra gli argomenti pro e contro emersi nel corso dei quattro mesi. Entro tre mesi dalla pubblicazione del rapporto il proponente dell’opera deve comunicare se intende mandare avanti il suo progetto, modificarlo o ritirarlo.

l’agenda con la scelta dei temi da affidare alla discussione dei cittadini. Quindi indicano tre accorgimenti escogitati per diminuire la probabilità che l’agenda sia formulata in modo da costringere la partecipazione entro limiti troppo angusti. Il primo accorgimento consiste nell’affidare a esperti esterni la progettazione del processo partecipativo. Il secondo nel costituire un comitato di stakeholders in cui siano rappresentati tutti i punti di vista rilevanti, che garantisca un giusto equilibrio nella scelta del tema e nell’informazione da diffondere tra i partecipanti. (questa pratica è ormai una costante nelle giurie di cittadini e nei sondaggi deliberativi).

Sostiene Marascia che “nella democrazia deliberativa tutte le voci debbono poter farsi sentire ed essere ascoltate. Non stiamo parlando di tutti gli individui ma di tutti i punti di vista rispetto alla questione oggetto del processo”.37

Il terzo, più radicale e meno frequente, consiste nell’affidare la gestione del processo a un’autorità indipendente, sottraendo così tale compito alle amministrazioni che sono, per lo più, parti in causa (è di questo tipo la Commission Nationale du Débat Public).

Allegretti38si sofferma sul fatto che importante elemento del contesto è la storia

interna delle stesse applicazioni legata alla presenza dei vari attori, a cominciare dall’origine di queste, secondo che avvenga per decisione dall’alto (top-down) o per iniziativa di base (bottom-up). Nel primo caso, che può dirsi normale in Europa, è frequente che sia l’istituzione in cui la pratica si realizza a introdurla. Nel secondo caso sono i movimenti sociali, le associazioni o i comitati operanti in un dato contesto, o comunque gli attori sociali, ad attivarsi perché quelle pratiche vengano introdotte, anche se poi occorre una decisione dell’autorità perché sia data vita a un procedimento regolare.

Tanto Bobbio e Pomatto quanto Allegretti39 specificano diverse tipologie. Le

consensus conferences vengono attivate su temi tecnico-scientifici che hanno una portata sociale controversa anche tra gli stessi scienziati (si pensi per esempio agli

37Marascia A., A scuola di democrazia: la partecipazione di segno dialogica deliberativa, in Learning news, Rivista dell'Associazione italiana formatori, 2015, anno IX, 7-8.

38 Allegretti U., op. cit., pag. 19. 39 Bobbio L., Pomatto G., op. cit.

effetti degli OGM o allo stoccaggio delle scorie radioattive ecc.)40

Le giurie di cittadini si ispirano al funzionamento delle giurie popolari nel processo americano. Un piccolo numero di cittadini (da 15 a 25), estratti a sorte, discute per un numero variabile di giorni (da 2 a 5) su un tema controverso, ascolta il punto di vista degli esperti, li interroga e alla fine delibera una posizione comune che viene trasmessa ai decisori politici sotto forma di raccomandazione41.

I sondaggi deliberativi hanno lo scopo di vedere come cittadini comuni, sorteggiati casualmente, modificano le loro opinioni dopo aver ricevuto informazioni su un problema di carattere pubblico ed averne discusso con esperti. Tali deliberative polling coinvolgono dalle 200 alle 600 persone e si svolgono di regola nel corso di un fine settimana42.

Marascia43 propone altre tipologie di strumenti partecipativi. L’Open Space

Technology, per coinvolgere ampi gruppi di persone in eventi pubblici che abbiano come obiettivo la costruzione di risultati ampiamente condivisi. La Valutazione civica è un processo democratico di analisi critica e sistematica dell’azione delle amministrazioni pubbliche che coinvolge direttamente i cittadini e le associazioni in diverse fasi di gestione dei servizi. Ancora cita l’appreciative inquiry, come metodo di diagnosi che privilegia l’intelligenza collettiva e il world cafè come metodo che si ispira ai vecchi caffè, e che si traduce in una discussione libera e in autogestione, guidata da alcune domande di riferimento, in piccoli gruppi di 4/5 persone sedute attorno ad un tavolino. Infine comprende i circoli di ascolto organizzativo, utili per sviluppare le risorse di un’organizzazione e gestire i processi di cambiamento 40 Bobbio L., Pomatto G., op. cit., pag. 14. Per affrontare questi problemi, alla fine degli anni 80 il parlamento Danese decise di riunire delle conferenze di consenso (consensus conferences) formate da 15-20 cittadini estratti a sorte che, dopo aver interloquito con gli specialisti, potessero esprimere il proprio punto di vista al Parlamento stesso.

41 Ivi, pag. 14. I cittadini sono selezionati in modo tale da risultare rappresentativi dell’intera popolazione in termini socio demografici. In Italia si sono finora svolte quattro giurie di cittadini sulle misure per la riduzione dell’inquinamento da traffico urbano.

42 Ivi, pag. 14. Le informazioni sono trasmesse ai partecipanti attraverso apposito materiale informativo, concordato con i principali stakeholders. La discussione si svolge in piccoli gruppi che si accordano per formulare domande cui rispondono, in seduta plenaria, esperti e politici. Uno stesso questionario è somministrato ai partecipanti prima e dopo l’evento allo scopo di verificare gli eventuali cambiamenti di opinione. In Italia si sono finora svolti due sondaggi deliberativi sui temi della sanità e della finanza etica, sul diritto di voto agli immigrati e sul nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione. 43 Marascia A., op. cit.

strategico.44

Poiché gli strumenti partecipativi presentano degli inconvenienti, spesso si cerca di combinarli insieme, come nelle giurie dei cittadini composte in parte da rappresentanti di associazioni e in parte da cittadini sorteggiati. Ne deriva lo scambio tra saperi profani e saperi esperti con possibilità di apprendimento reciproco.

Allegretti45parla di frequenti e inevitabili ibridazioni o combinazioni tra i vari

dispositivi, di modo che raramente gli idealtipi della teoria si presentano nella realtà in termini di purezza essendo solo possibile registrare la prevalente appartenenza delle singole pratiche a un modello o a un altro. Secondo detto Autore, infatti, influiscono gli obiettivi ideali, ma anche le più varie circostanze ambientali, che generano una influenza di contesto.

Lo stesso Autore46 prospetta, poi, in quattro grandi raggruppamenti, le finalità

delle esperienze di partecipazione. Un primo ordine di finalità mira all’arricchimento della democrazia come forma di governo politico della società (la democratizzazione della democrazia). De Martin47, citando Allegretti, afferma che “la vera democrazia in

senso stretto non si è ancora compiuta, quello in atto è un processo di "democratizzazione della democrazia".

Un secondo ordine guarda all’ampliamento dei diritti delle persone, come individui e nei gruppi sociali, lo svolgimento della loro dignità e la loro capacitazione (empowerment), che costituisce il volto soggettivo. Un terzo porta a discutere le finalità di giustizia sociale e redistributive presenti almeno in alcune versioni della democrazia partecipativa. Un quarto ordine di obiettivi si rivolge alla ricerca di efficacia e di efficienza dell’azione pubblica nonché di aderenza alle esigenze del pubblico e delle persone. Vi possono essere poi alcune altre finalità maggiormente congiunturali, legate a circostanze particolari, che si aggiungono in maniera variabile agli obiettivi per dir così strutturali.

44 Ivi.

45Allegretti U., Democrazia partecipativa: un contributo alla democratizzazione della democrazia, in (a cura di), “Democrazia partecipativa: esperienze e prospettive in Italia e in Europa”, University Press, Firenze, 2010, pag. 17 e segg.

46 Ivi, op. cit., pag. 23 e segg.

Per Picchi “le diverse forme di democrazia partecipativa (bilanci partecipativi, giurie cittadine, town meeting, dibattiti pubblici, ecc.) costituiscono “dei mezzi di lotta al privilegio e di giustizia sociale, poiché costringono le oligarchie alla discussione e a perseguire finalità redistributive delle risorse”.48

Secondo Bobbio e Pomatto49 i processi partecipativi devono avere un elevato

grado di strutturazione per evitare che l’interazione tra i partecipanti si svolga allo stato brado e finisca per degenerare in una generale frustrazione.