4. Partecipazione e servizio sociale
5.1. La cittadinanza negata, differita, a misura di bambino
Questa categoria è così definita ed individuata da Rossi300accanto a quelle che
riguardano la cittadinanza limitata (le donne) e la cittadinanza sperata (gli immigrati). Vi è l’esigenza di capire perché la cittadinanza dei minori sia in un certo senso rinviata, ovvero sia negata fino al compimento della maggiore età. Per quanto concerne l’infanzia e l’adolescenza, nella nostra società è forte la tendenza a considerare queste fasi del ciclo di vita come fasi di transizione, che devono essere superate con l’ingresso nella maturità. “L’infanzia, emarginata dalla società in quanto non titolare degli stessi diritti degli adulti, soffre più di ogni altra categoria sociale, la situazione di crisi in cui si dibattono le diverse società”.301
Di certo, però, il semplice accostamento dell’idea di cittadinanza (civile, politica e sociale) con la condizione minorile configura una vera e propria contraddizione dal momento che il primo termine dell’associazione presuppone esattamente quella emancipazione della persona che è palesemente negata dal secondo.
Rossi nota che la negazione della cittadinanza, per il bambino, è una condizione pro-tempore, destinata ad essere superata con il raggiungimento della maggiore età. Prosegue rilevando che, a maggior ragione, l’età non dovrebbe dar luogo a diseguaglianze; tanto meno meriterebbe di essere presa in considerazione tra le condizioni che possono creare delle discriminazioni in termini di cittadinanza. Invece è proprio considerando la minore età come uno stadio della vita destinato ad essere superato che si è condotti di fatto a trascurare le esigenze complessive di una parte cospicua della popolazione: l’età non costituisce soltanto una condizione, cioè 299 Le principali organizzazioni e reti della società civile si sono unite e hanno creato l’Alleanza AEC2013 per avanzare proposte rivolte a collocare la cittadinanza europea al centro dell’agenda politica dell’UE. Facendo affidamento sull’esperienza e le conoscenze dei suoi membri che continuamente operano perché la cittadinanza diventi una dimensione permanente e trasversale del processo decisionale, dell’attuazione e della valutazione delle politiche pubbliche europee, l’Alleanza AEC2013 promuoverà attività che abbiano un impatto sulla costruzione di un’Unione europea dalla parte dei cittadini, che non sarà più ristretta solamente a preoccupazioni di natura economica e che faciliterà e sosterrà varie espressioni e la mobilitazione della cittadinanza attiva.
300Cit. Rossi U., op. cit., pag. 27.
301 Palomba F., I diritti del bambino: sistema sociale e azione politica, in (a cura di) Ministero dell’Interno, “Politiche sociali per l’infanzia e l’adolescenza”, Edizioni Unicpli, Milano, 1991, pag. 78.
uno stato destinato ad essere presto abbandonato, ma genera una categoria di comuni e specifici interessi rispetto al resto della società. Peraltro, secondo detto Autore questa visione delle cose è tanto radicata nel nostro modo di pensare che non ci facciamo nemmeno più caso, né siamo in grado di cogliere le conseguenze che ne derivano.
Una tra tutte, la nostra attenzione si rivolge al minore soltanto per quegli aspetti della sua esistenza che comportano l’apprendimento dei ruoli e l’assimilazione della cultura del mondo degli adulti: così “il bambino non esiste come soggetto attivo, ma solo come oggetto passivo di attenzione da parte della società degli adulti. È’ divenire e non essere”.302 In sostanza in quest’ottica il bambino è soltanto oggetto di
un progetto che lo sovrasta, creato direttamente da chi lo ha generato; e ciò è evidente se ci limitiamo a guardare il minore come una particella della società destinata a trasformarsi, con la crescita, in adulto.
Emerge così l’importante funzione svolta dalla solidarietà generazionale come elemento sul quale si fondano le società moderne: detto altrimenti, è interesse generale preservare l’equità dei legami tra le generazioni perché ciò garantisce la conservazione del patto di solidarietà intergenerazionale. Tali considerazioni, continua Rossi303, mettono in evidenza tre modi di riferirsi al rapporto bambino/diritto:
a) solo per l’infanzia vale la violazione del principio fondamentale di ogni ordinamento giuridico secondo il quale la titolarità del diritto non può essere separata dal concreto esercizio di questo diritto, la cosiddetta capacità giuridica dalla capacità di agire;
b) solo per l’infanzia esiste di norma l’impossibilità di una rappresentanza diretta dei propri interessi: i minori non possono votare, non possono organizzarsi, la loro possibilità di espressione passa attraverso la rappresentanza di un potere vicario, di chi è tenuto ad interpretare le loro esigenze;
c) solo per l’infanzia viene di fatto sospeso quel principio fondamentale di ogni democrazia secondo il quale nessuno può essere assoggettato ad una legge se non è
302Cit. Rossi U., op. cit., pagg. 27 e segg., che richiama Sgritta G.B., La cittadinanza: principi regole e
fatti, in “Tutela”, VIII, 1, 1993.
stato precedentemente coinvolto nella sua approvazione, o direttamente o attraverso i suoi rappresentanti.
Tutti questi aspetti, conclude Rossi, sono dovuti alla visione limitata dell’infanzia presa come una fase di preparazione alla vita adulta.
Bertozzi304 ritiene che il dibattito sul pieno riconoscimento ai soggetti di
minore età dei diritti di cittadinanza sia ancora aperto e che il tema sia controverso. L'Autrice registra diverse posizioni che parlano di cittadinanza negata, differita o incompleta, anche in chi lo afferma con rammarico (come Moro, Fadiga, Sgritta) partendo dalla considerazione che la dimensione dell'età (peraltro non inclusa nell’articolo 3 della Costituzione come una delle differenze-ostacolo da rimuovere) sia uno dei fattori che incide nell'inclusione e nella visibilità dei minori all'interno della società, riducendo il loro status di cittadini. Tuttavia registra due posizioni importanti: quella di Ruggiero305, che parla di cittadinanza a misura di bambino il cui fulcro è la
sua partecipazione alla vita democratica; e quella di Moro 306, che afferma senza
esitazione che “il bambino è un cittadino” ed elenca i diritti di cittadinanza che riteneva fondanti lo status di cittadino dei minori:
il diritto di appartenere pienamente alla comunità;
il diritto di partecipare alla vita della comunità consapevolmente e responsabilmente, rinforzando il legame sociale e i doveri di solidarietà;
il diritto alla conoscenza della realtà;
il diritto al gioco e ad un uso corretto del tempo libero; il diritto a crescere in un ambiente vivibile;
il diritto all’ascolto, ad esprimere i propri bisogni e a vedere recepita la propria opinione.
L’Autrice da tuttavia anche atto dei pericoli che lo stesso Moro vedeva
304Bertozzi R., Partecipazione e cittadinanza nelle politiche socio-educative, Franco Angeli, Milano, 2012, pag. 62 e segg.
305Ruggiero R., Diritti e bambini, in “Rassegna bibliografica”, Istituto degli Innocenti, Firenze, 2007, pag. 18 e segg.
306Moro A. C., I diritti di cittadinanza delle persone di minore età, Bologna, Febbraio 2004, www.regione.emilia-romagna.it.
rappresentati nel fatto della mera declamazione dei diritti, dalla loro configurazione a guisa degli adulti e non a misura di minori, e che vengano asserviti agli interessi degli adulti sebbene a mezzo della bocca dei bambini.
L’importanza del contributo di Bertozzi può essere vista nell’invito a scoprire o ad inventare la configurazione della cittadinanza dei bambini a loro misura andando oltre gli stereotipi propri degli adulti, i quali facilmente sono portati a trasferire le loro categorie mentali anche in riferimento alla specificità dei minori.