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Indagare l’esperienza attraverso l’approccio fenomenologico-eidetico e

La ricerca di matrice fenomenologica punta l’attenzione sull’esperienza soggettiva e sui significati che il soggetto le attribuisce. La descrizione che un soggetto compie del proprio vissuto di esperienza (impressioni, emozioni, ricordi, significazioni…) permette al ricercatore di coglierne le strutture essenziali. Come scrive Chiara Sità: “L’essenza o la struttura di un fenomeno è colta a partire dall’intenzionalità della coscienza personale dei soggetti coinvolti ed emerge nella sua natura di sintesi tra esterno e interno: il mondo ‘la fuori’ è conosciuto come fenomeno che si presenta alla coscienza, cioè nella sua interazione con il ‘dentro’ della coscienza e con i processi di memoria e costruzione di significato di cui il soggetto è protagonista” (Sità, 2012, p. 17).

Nella ricerca empirica una traduzione coerente col pensiero husserliano prevede una raccolta dell’esperienza personale da parte di diversi soggetti assunta secondo un processo di riduzione fenomenologica. L’elaborazione delle informazioni raccolte dovrebbe condurre ad un inquadramento del fenomeno oggetto di indagine in risposta alla domanda di ricerca e alla prospettiva disciplinare di riferimento. L’analisi delle evidenze qualitative raccolte dovrebbe poi portare all’individuazione della struttura essenziale di quel particolare tipo di esperienza, che sarà quindi concettualizzata ad un livello più alto e raffinato rispetto alla descrizione iniziale fornita dai partecipanti.

Il metodo di ricerca empirica di matrice eidetica mira a cogliere il significato di un’esperienza dal punto di vista del soggetto. Il resoconto del soggetto o dell’insieme dei soggetti su qualcosa che è stato vissuto direttamente e che costituisce il campo di indagine, va oltre la singola soggettività, e punta anzitutto a focalizzare il fenomeno di cui la situazione parla.

In questo caso il punto di vista dei vari interlocutori intervistati47 sul valore educativo della parola ha l’obiettivo di portare alla luce le caratteristiche della parola educativa nei contesti che sono stati presi in considerazione.

47 Non è propriamente corretto parlare di intervistati, dal momento che i soggetti coinvolti nella ricerca non sono stati sottoposti a interviste, ma ad altre forme di raccolta di impressioni ed esperienze che essi hanno fornito in gruppo (focus group in presenza) e individualmente (mediante questionari inviati online). Ugualmente si utilizza in questo contesto l’espressione “intervistati” per indicare il ruolo attivo dei soggetti e la posizione intenzionalmente marginale del ricercatore.

Il fenomeno costituisce il punto di incontro tra realtà e coscienza soggettiva, e il significato – che non è l’esito di supposizioni ma è già presente nell’esperienza vissuta – si rende manifesto e comunicabile attraverso la descrizione.

Del fenomeno oggetto di studio si cercano le componenti essenziali mediante una lettura metodica che conduce all’analisi del testo: si inizia col leggere tutto il materiale raccolto per avere una visione di insieme, in seguito una lettura analitica consente l’individuazione “di unità di testo capaci di dare conto del significato che i partecipanti attribuiscono all’esperienza descritta” (Sità, 2012, p. 20).

Le informazioni e le riflessioni raccolte nell’incontro con i partecipanti alla ricerca sono state oggetto di interpretazione, nella convinzione che ogni conoscenza è inevitabilmente interpretativa e che “la stessa ricchezza dell’esperienza del mondo di un soggetto dipende dallo spazio dialogico in cui questa è condivisa e risignificata” (Sità, 2012, pp. 22-23). In questo il metodo fenomenologico-eidetico ha recepito l’apertura all’interpretazione suggerita dall’IPA (Interpretative

phenomenological analysis), ascrivibile all’orientamento ermeneutico e assunta

come prospettiva con cui affrontare il compito specifico dell’analisi qualitativa dei dati (Larkin, Watts, Clifton, 2006, p. 104).

L’obiettivo di fondo che accomuna l’approccio fenomenologico-eidetico e l’Interpretative phenomenological analysis è l’attenzione al vissuto individuale e ai tentativi messi in atto per dare senso all’esperienza (Shinebourne, 2011; Smith & Shinebourne, 2012).

Seguendo la convergenza di questi orientamenti, il lavoro interpretativo ha inteso interrogare in profondità i contenuti offerti dagli intervistati, cercando di connetterli secondo prospettive di senso e desumendo dalle parole e da eventuali altre forme espressive (comunicazione non verbale, riflessione sulle parole utilizzate, ricorso a metafore…) ulteriori significati non immediatamente evidenti o intenzionalmente espressi dai soggetti incontrati.

In questo modo l’ascolto, la competenza riflessiva e la sensibilità del ricercatore si saldano alla disponibilità narrativa degli intervistati per dare conto del loro punto di vista nel modo più fedele possibile. Si attiva così un processo partecipativo, come prevede l’Interpretative phenomenological analysis, che non solo sostiene e promuove l’attivazione degli intervistati, ma perviene a risultati che si evidenziano proprio grazie alla sintonia tra ricercatore e intervistati. Chi conosce e quanto viene conosciuto non sono infatti sostanze isolate, ma si presentano dentro una relazione, in cui si costituisce il senso del fenomeno all’interno di un più ampio “orizzonte di senso”, sostenuto dal comune mondo vitale - come struttura essenziale dell’esperienza umana - e dalla dimensione dell’intersoggettività.

In queste fasi l’attenzione del ricercatore è volta a controllare il rischio di proiettare o confondere i propri significati con quelli espressi dai partecipanti. Salvaguardando la comprensione dal rischio di contaminazioni confusive, egli si

impegna a individuare eventuali relazioni tra le unità di significato e a integrare le intuizioni di senso, per giungere ad una descrizione più ampia e approfondita del fenomeno oggetto di ricerca.

In riferimento alla ricerca che qui viene presentata, gli accorgimenti metodologici suggeriti dall’approccio fenomenologico-eidetico e dall’Interpretative phenomenological analysis sono stati assunti come guida per lo studio delle descrizioni e delle narrazioni fornite dai soggetti intervistati sull’utilizzo delle parole nelle pratiche professionali. Questo ha comportato anzitutto una lettura complessiva e ricorsiva dei testi descrittivi e narrativi, lettura che ha inteso perseguire i principi di evidenza e trascendenza fenomenologica, secondo i quali: nulla appare invano, ma non tutto ciò che una cosa è, appare realmente48. In altre parole: “ogni cosa reale è una fonte infinita di informazioni, ha una profondità nascosta, non è mai tutta data o presente” (De Monticelli, 2008, p. 225). Tale procedimento ha permesso di portare in evidenza temi e strutture portanti dell’esperienza e coglierne i nuclei generativi.

L’esito di questo processo è un’interpretazione più approfondita e concettuale di quanto le parole iniziali degli intervistati non consentissero, che permette una lettura critica dell’esperienza narrata, assunta da altre e diverse prospettive. L’impostazione è coerente con l’approccio fenomenologico, secondo il quale è possibile comprendere l’esperienza di un altro, il suo mondo vissuto, muovendo da ciò che è visibile sia per cogliere legami con ciò che non lo è, sia per approfondire le implicazioni di ciò che è visibile, implicazioni che si estendono in un’orizzonte di ipotesi, deduzioni, scavi concettuali. Come scrive Roberta De Monticelli, si tratta di seguire il profilo evidente delle cose per delinearne quello nascosto, facendosi guidare dal profilo in evidenza (De Monticelli, 1998, p. 57).

Il significato delle cose quindi non è costruito dal ricercatore e non rischia sovrimpressioni di idee pregresse, ma, nel dialogo che si instaura col reale, è portato alla luce in quanto già presente (è l’”a priori” di cui parla Husserl, in Idee

I). In questo modo l’atto interpretativo è messo al riparo dal rischio di imporre alle

cose un significato che viene da altrove rispetto al fenomeno stesso.

In sintesi l’orientamento che si è inteso perseguire per la realizzazione di questa ricerca, è riconducibile ai seguenti tratti essenziali: gli atti cognitivi sono considerati centrali nel processo di ricerca, che si avvale di descrizioni e di interpretazioni; imprescindibili sono anche la sensibilità e la formazione del 48 Precisa a proposito del principio di evidenza, Roberta De Monticelli: “Ogni tipo di cosa ha un modo specifico di darsi a conoscere, ovvero di apparire per quello che è, essenzialmente”. Mentre così definisce il principio di trascendenza: “Ogni tipo di cosa ha un modo specifico di trascendere la sua apparenza, ovvero di non apparire per quello che è, realmente”. E prosegue: “questi due Principi esprimono quello che la fenomenologia considera essenziale del rapporto fra fenomeni e realtà, apparenza ed essere. Nulla si mostra invano, ma la reciproca non vale: non tutto quello che una cosa è, realmente appare” (De Monticelli, 2008, pp. 224-226).

ricercatore, che contribuiscono alla costruzione del dato; l’esito prefigurato del processo di ricerca è costituito da essenze o strutture generali dell’esperienza oggetto di indagine.

Questi accorgimenti metodologici contribuiscono a dare concretezza ad una pedagogia come scienza che studia la coscienza intenzionale del soggetto e costruisce le condizioni per una sempre più mirata e precisa progettualità educativa e formativa.

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