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L’indipendenza della BCE e il divieto di finanziamento monetario L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali (SEBC),

Nel documento Supervisione bancaria e Covid-19 (pagine 161-164)

Matteo Ortino

1. L’indipendenza della BCE e il divieto di finanziamento monetario L’obiettivo principale del Sistema europeo di banche centrali (SEBC),

retto dalla BCE, è il mantenimento della stabilità dei prezzi nell’area euro (art. 127, par. 1, TFUE). Per realizzare tale obiettivo il SEBC deve intervenire sulle condizioni di finanziamento all’economia reale. La stabilità dei prezzi infatti dipende anche dal livello complessivo delle attività economiche reali, che è a sua volta determinato anche dalle condizioni di finanziamento. Agendo su queste ultime il SEBC mira ad influenzare il livello complessivo delle attività economiche reali e così raggiungere il grado di inflazione voluto (quasi il 2% di inflazione nel medio termine).

I Trattati UE cercano di assicurare i presupposti necessari a garantire l’efficacia della politica monetaria, e cioè l’effettivo perseguimento e raggiun- gimento da parte del SEBC dell’obiettivo della stabilità dei prezzi. La con- dizione normativa più importante in tal senso è il riconoscimento e la tute- la dell’indipendenza della BCE (e delle banche centrali nazionali degli Stati membri dell’area euro). L’indipendenza costituisce tanto un diritto, quanto un obbligo in capo alla BCE di esercitare il proprio mandato senza interferenze esterne negative che possano farla deviare dal proprio percorso indirizzato alla stabilità dei prezzi verso altri obiettivi e interessi, in contrasto con il mandato conferitole. Le interferenze negative da evitare sono soprattutto quelle che po- trebbero provenire dalle autorità politiche, tanto nazionali, quanto dell’UE. Per questa ragione, l’art. 130 TFUE prevede quanto segue:

Nell’esercizio dei poteri e nell’assolvimento dei compiti e dei doveri loro attribuiti dai trattati e dallo statuto del SEBC e della BCE, né la Banca centrale europea né una banca centrale nazionale né un membro dei rispettivi organi decisionali possono solleci- tare o accettare istruzioni dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione, dai governi degli Stati membri né da qualsiasi altro organismo. Le istituzioni, gli organi e gli

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organismi dell’Unione nonché i governi degli Stati membri si impegnano a rispettare que- sto principio e a non cercare di influenzare i membri degli organi decisionali della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali nell’assolvimento dei loro compiti.

Ove la BCE fosse assoggettabile a pressioni politiche, il rischio più alto è che i governi facciano in modo di utilizzare gli strumenti di politica moneta- ria per fini elettorali e non per salvaguardare la stabilità dei prezzi. L’impegno di realizzare la stabilità monetaria perderebbe così di credibilità, venendosi a formare un’inclinazione inflazionistica nell’economia. Invece, isolando – nel senso suddetto – la politica monetaria dai politici è possibile creare le condi- zioni per un’inflazione bassa e stabile.

Oltre ai divieti previsti dall’art. 130 TFUE, vi è un secondo presidio pre- visto dai Trattati UE a tutela dell’indipendenza della BCE dai politici e quindi dell’efficacia della politica monetaria della BCE. Si tratta del c.d. divieto di finanziamento di cui all’art. 123, par. 1, TFUE:

Sono vietati la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilita- zione creditizia, da parte della Banca centrale europea o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate “banche centrali nazionali”), a istituzioni, organi od organismi dell’Unione, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l’acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Banca centrale europea o delle banche centrali nazionali.

Si tratta di una seconda ‘linea di difesa’ contro indebite pressioni politiche a danno di un corretto esercizio della politica monetaria. Tali pressioni riguar- dano in particolare il finanziamento della spesa pubblica mediante risorse della Banca centrale (il finanziamento monetario), e cioè l’acquisto da parte della ban- ca centrale dei titoli di debito pubblico al fine di finanziare il deficit di bilancio pubblico. Il divieto riguarda tanto la BCE, quanto le banche centrali nazionali degli Stati dell’area euro. La ratio del divieto di cui all’art. 123, par. 1, TFUE, è la seguente: anche se la BCE non può essere obbligata a finanziare il debito pubblico, se non le venisse imposto dall’ordinamento giuridico un divieto spe- cifico di procedere in tal senso, è inevitabile che sarebbe comunque soggetta a forti pressioni politiche nella situazione in cui i governi si trovassero in difficoltà finanziarie. Se non fosse esclusa a priori e de jure la possibilità per i governi nazionali di ottenere assistenza finanziaria alla BCE in caso di bisogno, e cioè quando non riescono più a convincere i mercati finanziari della sostenibilità del proprio debito, la BCE subirebbe (maggiori) pressioni ad intervenire, anche a danno della stabilità dei prezzi, e i governi avrebbero meno incentivi a mantene- re a monte una politica di bilancio sana, rendendo così più probabile l’insorgere futuro di problemi finanziari. Il divieto di finanziamento monetario è quindi uno

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dei capisaldi non solo della ‘componente’ monetaria ma anche di quella econo- mica dell’Unione economica e monetaria, essendo entrambe basate su stabilità dei prezzi e finanze pubbliche sane (art. 119, par. 3 TFUE).

Una delle questioni più controverse sul tema riguarda l’esatta portata del divieto di finanziamento monetario, di cui all’art. 123 TFUE. Esso comporta che la BCE non può effettuare alcun tipo di acquisto di titoli di debito pubblici oppure che invece alcuni acquisti sono legittimi? Se il divieto fosse assoluto la BCE non potrebbe fare ricorso ad uno degli strumenti più importanti per in- fluenzare le condizioni di finanziamento e così perseguire l’adeguato livello di inflazione. Tra l’altro, nel corso degli ultimi anni l’importanza di tale strumento per la politica monetaria è aumentata in misura notevole, soprattutto nell’area euro, anche perché lo strumento «convenzionale» di politica monetaria, costi- tuito dai tassi di interesse, risulta ad oggi un’alternativa di limitata utilità.

Secondo l’interpretazione più convincente, sostenuta dalla stessa Corte di Giustizia dell’UE (Corte), il divieto di cui all’art. 123 TFUE non è da in- tendersi come assoluto. La BCE può legittimamente acquistare titoli di debito pubblico senza violare il divieto in parola, a condizione che il programma di acquisto rispetti determinati limiti, chiariti dalla stessa giurisprudenza UE.

Il primo limite è che la BCE non può, non solo effettuare acquisti di ti- toli sul mercato primario (come risulta dal tenore letterale dell’art. 123, par. 1, TFUE) ma, neanche procedere all’acquisto sui mercati secondari in presenza di condizioni che conferiscono, in pratica, al suo intervento un effetto equivalente a quello dell’acquisto diretto presso soggetti pubblici (Sentenze del 16 giugno 2015, Gauweiler, C-62/14, pt. 97; dell’11 dicembre 2018, Weiss, C-493/17, pt. 106). Secondo la Corte, non c’è tale effetto equivalente se gli investitori non possono essere certi che i titoli da loro acquistati sul mercato primario verranno riacquistati dal SEBC sui mercati secondari. Varie possono essere le modalità per far venir meno tale prevedibilità; per esempio, i programmi di acquisto possono prevedere delle soglie massimo di acquisto; mancata comunicazione del volume dei titoli emessi da uno Stato membro che verranno riacquistati nel corso di un determinato mese; periodi di black-out in cui i titoli non possono essere riacquistati (Gauweiler, pt. 106-107; Weiss, pt. 113-128).

Il secondo limite è che la BCE deve circondare «il proprio intervento di

garanzie sufficienti per conciliarlo con il divieto di finanziamento monetario […], assicurandosi che tale programma sia idoneo a sottrarre gli Stati mem- bri coinvolti all’incitamento a condurre una sana politica di bilancio che tale disposizione mira ad instaurare». (Gauweiler, pt. da 100 a 102 e 109; Weiss pt. 107). Esempi di tali garanzie sono: la temporaneità e il volume del programma di acquisto; la facoltà del SEBC di rivendere in qualsiasi momento i titoli acquistati; l’applicazione del c.d. capital key (il volume degli acquisti dei titoli di uno Stato

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membro è determinato dalla percentuale del capitale della BCE sottoscritto dalla rispettiva banca centrale); limiti di acquisto per emissione e per emittente; l’ado- zione di elevati criteri di idoneità fondati su una valutazione della qualità credi- tizia, ad eccezione degli Stati membri beneficiari di un programma di assistenza finanziaria. Questa tipologia di garanzie ha lo scopo di evitare che i singoli Stati membri abbandonino una politica di bilancio sana, giacché altrimenti rischiereb- bero di vedersi esclusi dal programma di acquisto titoli da parte del SEBC.

Nel documento Supervisione bancaria e Covid-19 (pagine 161-164)

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