Anna Maria Agresti*
2. Un altro limite al mandato BCE: la proporzionalità
Il principio secondo cui il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione europea non devono andare oltre quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi dei trattati, prende il nome di principio di proporzionalità (si veda il dizionario online di EUR-lex dell’Unione europea). Esso rappresenta uno dei principi generali del diritto dell’Unione europea. Insieme al principio di sussi- diarietà, il principio di proporzionalità disciplina l’esercizio dei poteri conferiti dagli Stati membri all’UE. Il principio di proporzionalità è sancito dall’articolo 5 del Trattato sull’Unione europea (TUE). Le istituzioni e gli organi dell’UE devo- no applicarlo secondo i criteri stabiliti nel Protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità allegato ai trattati [vedi Protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità OJ C 115, 9.5.2008, p. 206-209]. Inoltre al punto n. 6 del Protocollo sui principi di
sussidiarietà e proporzionalità, viene stabilito che: “La forma dell’azione comu-
nitaria deve essere quanto più possibile semplice, in coerenza con un soddisfa- cente conseguimento dell’obiettivo della misura e con la necessità di un’efficace applicazione”. Di fatto ciò significa che quando una proposta o una norma non rispetti tali parametri di proporzionalità, è necessario che siano adeguatamente spiegati i motivi che hanno portato tale norma a travalicare tale principio. In que- sto modo si rende possibile da parte di ogni istituzione europea di fare chiarezza su quali siano le motivazioni che l’hanno spinto a utilizzare tali norme al fine di conseguire in maniera adeguata gli obiettivi della comunità europea.
Si analizzerà il principio di proporzionalità sia sotto un punto di vista dottrinale, sia rispetto a sua applicazione da parte della corte di giustizia euro- pea. Ci chiediamo in sintesi, come avvenga il controllo della proporzionalità da parte di quest’ultima e quali standard possano essere applicati in particolare per la trasparenza delle politiche messe in atto dalle istituzioni europee e nello specifico della politica della BCE.
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Sotto un punto di vista dottrinale, il principio di proporzionalità è entrato a far parte del diritto comunitario dalla nascita della prima Comunità europea, ba- sandosi sulla dottrina tedesca, esso è costituito da tre principali concetti: l’idoneità, la necessità e la proporzionalità, quest’ultima intensa nel senso più stretto del ter- mine. Il concetto d’idoneità esprime il grado di capacità dell’autorità legislativa e amministrativa di soddisfare gli obiettivi perseguiti dalla Comunità europea. L’ido- neità, pertanto, rappresenta lo strumento atto a individuare il mezzo più conforme al perseguimento degli obiettivi della Comunità europea (si veda Sandulli, p. 361). Il criterio di necessità ha lo scopo di raccomandare l’adozione di norme nella misura più idonea e meno restrittiva per i singoli soggetti della Comunità europea, impedendo in questo modo conseguenze pregiudizievoli nei dei cittadini. Infine, il criterio di proporzionalità in senso stretto, cerca di non pregiudicare eccessivamen- te i diritti dei singoli cittadini, nel momento in cui gli obiettivi pubblici debbano essere perseguiti dalle istituzioni comunitarie. In tal modo, questo principio, impo- ne un bilanciamento tra differenti posizioni giuridiche ovvero tra interessi pubblici ed interessi individuali. È da notare che l’utilizzo del criterio di proporzionalità in senso stretto implica da parte del giudice un’analisi di questioni economiche e politiche che richiedono competenze e ambiti differenti.
Se quindi la dottrina distingue questi tre concetti, la logica utilizzata dalla CGUE per finalizzare i propri giudizi, di fatto ricalca i principi suddetti. In primo luogo, il tribunale verifica se le misure sono idonee a raggiungere l’obiettivo pre- visto (il “test di idoneità”), poi se non vi sono altri mezzi disponibili che abbiano effetti meno onerosi su altri settori politici (il “test di necessità”) e, in alcuni casi, se il beneficio ottenuto è proporzionato al costo sostenuto (“proporzionalità stricto
sensu”). Quindi, la prima domanda da porsi è se di fatto si possano applicare in maniera uniforme questi tre concetti, ed in particolare il principio di proporziona- lità. Di fatto, in genere né la CGUE né i giudici nazionali applicano il principio di proporzionalità in una forma unica ( si veda F. Agostini, E. Cerrato, N. Jaberg, 2020); il giudice europeo, infatti, nell’elaborazione di un concetto di proporziona- lità lo relaziona al singolo caso oggetto di controversia, al fine di tutelare i diffe- renti interessi contrapposti, “da una parte, gli obiettivi della Comunità europea e,
dall’altra, i soggetti che potrebbero essere toccati dalle disposizioni comunitarie che con tale norme si intendono adottare”. In sintesi, il grado di controllo giurisdi- zionale varia in quanto, tale valutazione è intrinsecamente specifica dei fatti.
Ritornando alle politiche della BCE, visti i limiti istituzionali ed i prin- cipi a questa collegati, ci si chiede quale siano le modalità che la BCE, che in qualità di istituzione europea, dovendo bilanciare gli obiettivi comunitari con i diritti dei singoli cittadini nell’adottare le proprie politiche, rispetti i limiti che le sono imposti dal suo mandato. In pratica, la BCE dovrà, nel valutare le pro- prie scelte di politica monetaria, bilanciare gli effetti della sua politica con il
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potenziale impatto sulla stabilità dei prezzi, sull’economia (vedi Yves Mersch, Member of the Executive Board of the ECB, 9 April 2016) e sui cittadini. E nel fare ciò dovrà fare una valutazione in base al principio di proporzionalità sopra richiamato. Pertanto, ai fini del lavoro che qui si intende compiere, ci si chiede se la BCE nel momento di scegliere e forse ancor più nel momento comunica- re le proprie politiche monetarie, la BCE abbia fatto chiaro riferimento a tale bilanciamento. L’analisi di questi limiti e osservazioni potrebbe rappresentare inoltre uno stimolo per la BCE a rendere più efficace la sua trasparenza nei suoi processi decisionali di politica monetaria. Questo può far pensar che anche la comunicazione della BCE in futuro potrà cambiare comunicando di più su costi e benefici della sua analisi nelle scelte di politica economica.
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