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Le norme «emergenziali» in ambito di imprese

Nel documento Supervisione bancaria e Covid-19 (pagine 69-73)

Matteo De Poli, Alessio Di Amato, Giuliano Lemme, Alberto Lupoi, Cristina Eva Papadimitriu

3. Le norme «emergenziali» in ambito di imprese

La pandemia e le conseguenti misure adottate dai singoli Stati allo sco- po di circoscrivere la diffusione del contagio stanno determinando un cambia- mento delle attuali condizioni di mercato, riflettendosi sul sistema economico- finanziario delle imprese.

Pertanto, seppur brevemente, si ritiene utile qualche breve cenno sull’ar- gomento.

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In uno studio intitolato Impact of the Coronavirus on the Italian non-

financial corporates, la Cerved rating Agency, nel prospettare i possibili oriz- zonti per il ritorno alla normalità e la ripresa delle attività, ha stimato per le imprese italiane una perdita cospicua di fatturato, prevedendo un rischio di

default di circa il 10, 4 per cento, una percentuale doppia rispetto al normale (il documento è in https://know.cerved.com).

Una forte raccomandazione è stata recepita ai legislatori europei dal Co- mitato esecutivo di CERIL (Conference of European Restructuring and Insol-

vency Law), (il documento, pubblicato il 20 marzo 2020, è reperibili sul sito http://www.ceril.eu/), che il 20 marzo 2020 ha veicolato sul proprio sito inter- net preoccupazioni sull’idoneità della normativa europea e di quella dei singoli stati nazionali ad affrontare una crisi nuova e inattesa, auspicando l’adozione di provvedimenti sospensivi di obblighi e termini di presentazione delle domande di accesso alle procedure concorsuali, con relativa irresponsabilità degli im- prenditori, a prescindere dall’effettiva prova della dipendenza dello stato in cri- si dalla straordinaria situazione in atto. Nel documento si evidenzia la necessità di superare la crisi di liquidità, non solo con interventi diretti anche in deroga al generale divieto di aiuti di stato, ovvero mediante l’acquisto straordinario di titoli effettuato dalla BCE, ma anche con una moratoria generalizzata delle azioni esecutive contro le imprese insolventi (Corno-Panzani, 2020).

Sulla premessa della carenza di liquidità collegata al lockdown, il d.l. n. 23 del 2020 ha introdotto una sequenza di misure temporanee per le aziende, incidenti sia sulla disciplina fallimentare, sia su quella delle imprese («Misure

urgenti in materia di accesso al credito e di adempimenti fiscali per le imprese, di poteri speciali nei settori strategici, nonché in materia di salute e lavoro, di proroga dei termini amministrativi e processuali»).

Gli articoli riguardanti la materia societaria sono quelli dal 5 al 10, ma, ai fini della presente trattazione, maggiormente interessanti risultano essere soprattutto gli articoli dal 6 al 10.

L’art. 6 del d.l. n. 23 prevede la sospensione ex lege, per l’esercizio in corso, dell’obbligo per le società di ricostruire il capitale in caso di perdita (artt. 2446, commi 2 e 3, 2447, 2482-bis, commi 4, 5 e 6, e art. 2482-ter), disat- tivando così le conseguenze previste dall’ordinamento per il caso di sua omis- sione. In altre parole, vengono ibernate dal 9 aprile 2020 e fino al 31 dicembre 2020 le norme sulle perdite del capitale e sullo scioglimento delle società.

La parentesi esonerativa si apre al di fuori di qualsiasi controllo pubblici- stico e intercetta tutte le imprese, senza distinzioni (D’Attorre, 2020).

In buona sostanza, le società di capitali che hanno subito perdite tali da attingerne il capitale in misura superiore ad un terzo, sono sollevate dall’ob-

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bligo di ricapitalizzarsi o di trasformarsi in altro tipo societario fino alla fine di quest’anno.

L’art. 7 dello stesso decreto sterilizza transitoriamente l’obbligo, fissato dall’art. 2423-bis, comma 1, n.1, c.c. di verificare la sussistenza della continu- ità aziendale per la redazione del bilancio relativo all’anno in corso. Le società che già operavano nella prospettiva della continuità aziendale sono abilitate

ope legis a seguire il medesimo criterio di redazione del bilancio 2020, anche qualora gli indici di continuità aziendale dovessero risultare deficitari all’at- tualità. Viene così introdotta una sorta di prorogatio del «going concern», che consente alle imprese di considerare validi gli schemi e le poste vigenti prima del Covid, anche se non del tutto rappresentative della realtà così come incisa dalla crisi.

Dunque, la norma ha un chiaro obiettivo: sospendere il giudizio sulle prospettive di continuità aziendale in occasione del bilancio d’esercizio «nel

presupposto che le difficoltà attuali siano temporanee e nella prospettiva del futuro recupero del going concern» (Guiotto, 2020).

Il successivo art. 8 permette ai soci di ottenere il rimborso dei finan- ziamenti effettuati ad appannaggio della società senza subire la postergazione rispetto agli altri creditori, quindi con un disinserimento transitorio dei vincoli derivanti dagli artt. 2467 e 2498-quinquies c.c. L’arco temporale entro cui i vincoli non rilevano né ricompresa fra l’entrata in vigore del decreto «liquidi- tà» (9 aprile 2020) e la fine dell’esercizio sociale in corso (31 dicembre 2020).

Il trattamento di favore per i soci consiste nell’opportunità di consentire all’ente il rastrellamento di tutte le risorse finanziarie possibili, quand’anche sotto la veste di prestiti “anomali” da parte di membri della compagine sociale.

L’art. 9 contiene agevolazioni in favore degli imprenditori in concordato o che abbiano intrapreso la via dell’accordo di ristrutturazione, riconoscendo loro la facoltà di chiedere una proroga del termine fino a novanta giorni per ri- formulare un piano e una proposta o ottenere un differimento del termine ex art. 161, comma 6, l. fall. anche in pendenza di istanze di fallimento; nel caso in cui l’omologa sia già stata pronunciata, gli imprenditori potranno posticipare sino a sei mesi i termini dei pagamenti programmati. L’obiettivo è quello di evitare che le procedure avviate o definite in condizioni di mercato non alterate dalla pandemia naufraghino definitivamente.

Infine, l’art. 10 dispone l’improcedibilità delle domande di fallimento depositate tra il 9 marzo 2020 e il 30 giugno 2020, facendo salve solo quelle proposte dal pubblico ministero e accompagnate da istanze cautelari o conser- vative ex art. 15 l.f.

In linea con gli altri Paesi Europei, il legislatore prevede l’improcedibi- lità, optando per una misura eccezionale e temporanea, volta a sbarrare sia le

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istanze dei creditori, sia quelle in proprio del debitore, consentendo in tal modo a quest’ultimo di «valutare con maggior ponderazione la possibilità di ricor-

rere a strumenti alternativi alla soluzione della crisi di impresa senza essere esposti alle conseguenze civili e penali connesse ad un aggravamento dello stato di insolvenza che in ogni caso sarebbe da ricondursi a fattori esogeni» (così la Relazione illustrativa al d.l.).

Da queste brevi considerazioni sull’intervento del legislatore in ambito so- cietario è possibile evidenziare come contratti e società procedano di pari passo e ciò è ancor più confermato da una lettera aperta di Mario Draghi al Financial

Time, pubblicata il 25 marzo 2020, nella quale delinea gli scenari dell’economia mondiale che saranno presumibilmente determinati dall’esigenza di affrontate le conseguenze della pandemia. L’ex presidente della BCE rileva che «livelli di

debito pubblico molto più alti diventeranno un aspetto permanente delle nostre economie», ma soprattutto osserva che alcune imprese, pensando di riuscire ad assorbire la crisi, potrebbero essere indotte ad «aumentare il loro indebitamento

per poter mantenere la loro manodopera occupata», così facendo però tali im- prese «potrebbero realisticamente rimanere sul mercato solo se i debiti fatti per

mantenere nel tempo l’occupazione fossero alla fine cancellati» (…only if the

debt raised to keep people employed during the time were eventually cencelled). La situazione che Draghi ipotizza con estrema chiarezza e lucidità è una gigantesca esdebitazione di massa, di portata enormemente più estesa di quella che siano abituati ad associare all’esito di procedure concorsuali. Se quanto ipotizzato si avverasse davvero, bisognerebbe allora rimeditare a fondo la figu- ra stessa dell’obbligazione, così come siamo soliti vederla, con il suo carattere di vincolatività e con il presidio di garanzia patrimoniale che l’accompagna.

Eppure, questo poderoso intervento normativo poco può rispetto alla valutazione del rischio creditizio da parte del sistema bancario. Negli ultimi cinque anni la normativa europea e la stessa Banca Centrale Europea sono intervenute per anticipare nel tempo il deterioramento dei crediti, così che le banche devono attivamente osservare l’evoluzione del debitore. Come dovreb- be allora comportarsi la banca nel momento in cui un debitore non opera sul capitale sociale solo perché una norma gli consente di non farlo? Potrebbe forse ignorare il reale andamento dell’attività d’impresa e non intervenire su quel credito? Ciò mostra una interconnessione della quale occorre tener conto, perché altrimenti gli effetti dell’intervento legislativo sono di molto ridotti. Es- sendo l’interconnessione di carattere economico, essa si propaga naturalmente attraverso lo strumento contrattuale: il contratto di finanziamento è adempiu- to dal debitore tramite i ricavi derivanti dalla propria attività regolata da altri contratti. Se i due aspetti però non sono in comunicazione ed in collegamento, se la rinegoziazione dell’uno non implica anche la rinegoziazione dell’altro,

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allora salta il sistema economico da quei contratti regolato. Che ciò possa por- tare all’obbligo di rinegoziazione della catena contrattuale, sino a giungere a chi è in grado di assorbire le nuove condizioni economiche (nel caso il sistema bancario) è forse troppo, ma è auspicabile lo sforzo per garantire una reazione dell’ordinamento coordinata e, cioè, una reazione che consideri il ciclo econo- mico nel suo insieme.

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