Matteo De Poli, Alessio Di Amato, Giuliano Lemme, Alberto Lupoi, Cristina Eva Papadimitriu
2. Le norme «emergenziali» nel sistema dei contratt
Come anticipato, le misure straordinarie adottate – dal Governo e dalle Regioni – per il contenimento dell’epidemia da Covid-19 hanno inciso pesan- temente sulle attività di impresa, atteso che, come è ben noto, è stata imposta la sospensione in tutto il territorio nazionale di gran parte delle attività commer- ciali, industriali e professionali.
È vero che la legislazione d’emergenza ha toccato diverse aree del diritto privato, ma quella su cui ha inciso maggiormente è senza dubbio la materia contrattuale.
Lo shock economico derivante dalla pandemia solleva due problematiche interconnesse: quella della gestione delle sopravvenienze perturbative dell’e- quilibrio originario delle prestazioni contrattuali; quella dei relativi rimedi di natura legale e convenzionale (Benedetti-Natoli, 2020). Le problematiche riguardano la fase esecutiva di tutti i contratti sinallagmatici, che in quanto tali assolvono una funzione di scambio nel cui quadro una prestazione è in fun- zione dell’altra ed il vizio o difetto che colpisce la prima incide sulla seconda (Scognamiglio, 2020).
Il legame fra le due prestazioni – il c.d. sinallagma – è essenziale poiché qualora una delle prestazioni venga a mancare, l’altra diviene sproporzionata, vanificando in tal modo il senso dell’operazione programmata. Inoltre, se il contratto è commutativo, lo scambio avviene tra prestazioni economicamente equivalenti, pertanto le vicende successive alla formazione del negozio che in- fluiscono sul valore di una prestazione determinando uno squilibrio economico rispetto all’altra possono, ripercuotersi sulla sorte del contratto.
Come sopra esposto, nel tentare di limitare gli effetti della pandemia sull’universo delle imprese e dei debitori civili, il Governo italiano ha fatto ricorso a più riprese allo strumento del decreto-legge: il primo, il d.l. 2 marzo 2020; il secondo, il d.l. 17 marzo 2020, n. 18, c.d. «Cura Italia»; il terzo, il d.l. 8 aprile 2020, n. 23 c.d. «Decreto Liquidità»; il quarto, il d.l. n. 28/2020 (Cor- te di Cassazione, Relazione tematica, Novità normative sostanziali del diritto “emergenziale” anti-Covid 19 in ambito contrattuale e concorsuale, Roma, 8 luglio 2020).
Sul piano del diritto sostanziale, ne è venuta fuori una fitta trama di nor- me emergenziali e transitorie volte, nel complesso, ora a sterilizzare alcune disposizioni di diritto societario e concorsuali che appaiono in contrasto con la specificità della crisi, ora a concedere moratorie generalizzate, ora a «congela- re» la situazione dei rapporti negoziali nell’attesa di tempi migliori.
Con riferimento ai contratti di locazione commerciale, tale normativa emergenziale non ha finora fornito ai conduttori risposte soddisfacenti (Sul tema, Dolmetta, 2020), anche se non sono mancate pronunce giurispruden-
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ziali che hanno tentato, proprio sulla base di tale normativa, coordinata con i principi generali in tema di adempimento delle obbligazioni, di porre soluzio- ne al problema (Trib. Venezia, 14.4.20; Trib. Bologna, 12.5.20; Trib. Roma, 29.5.20). È da segnalare che l’Ufficio del Massimario della S.C., con relazione 8.7.20 n. 56, è intervenuto sul tema, richiamando il principio di buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c. che imporrebbe la rinegoziazione dei contratti.
Nello specifico, l’art. 65 del D.L. n. 18 del 17 marzo 2020 (c.d. Decreto «Cura Italia»), ha riconosciuto ai soggetti esercenti attività d’impresa (non ri- entranti tra quelle essenziali di cui al D.P.C.M. 11 marzo 2020), per il mese di marzo 2020, un credito d’imposta pari al 60% dell’ammontare del canone di locazione, purché relativo agli immobili rientranti nella sola categoria catastale C. 1 (negozi e botteghe).
Ora, per quanto possa apparire utile per limitare l’impatto della crisi de- terminata dall’obbligo di chiusura dei locali in cui viene esercitata l’attività, il provvedimento riguarda solo una specifica categoria di immobili – lasciando fuori, ad esempio, uffici, magazzini, laboratori, – ed opera per un periodo di tempo molto limitato, esaurendo i suoi effetti in ambito prettamente tributario.
Di portata più generale la norma di cui all’art. 91 sempre del decreto c.d. «Cura Italia», secondo il quale «Il rispetto delle misure di contenimento di cui
al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 c.c., della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ri- tardati o omessi adempimenti».
Norma che (a parte le perplessità suscitate da alcuni passaggi, come quello relativo alle decadenze) sembra presentare due difetti: infatti, proprio il suo richiamo alla disciplina della responsabilità da inadempimento e del con- seguente danno, risulta banale e potenzialmente sovversivo.
Il riferimento all’esclusione dell’art. 1218 c.c. in caso di rispetto delle misure di contenimento è banale e superfluo perché ribadisce quanto già previ- sto dall’art. 1256 c.c. («se l’impossibilità è solo temporanea, il debitore, finché
essa perdura, non è responsabile del ritardo nell’adempimento»).
Invece, il richiamo all’art. 1223 risulta essere potenzialmente sovversivo in quanto la disattivazione del dispositivo dell’art. 1218 conduce anche alla disattivazione della conseguente responsabilità per la chiara ragione che se non c’è responsabilità, non può esserci danno: dunque, una possibile interpretazio- ne, che potrebbe dare senso alla norma e renderla utile, potrebbe essere quella di estendere il richiamo all’art. 1223 alla responsabilità da fatto illecito, atteso l’espresso rinvio operato dall’art. 2056 c.c..
Sicuramente più opportuna sarebbe stata una norma relativa ai rimedi sinallagmatici, volta a stabilire, se e in che misura, l’emergenza possa giusti-
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ficare la sospensione della prestazione, sterilizzando non tanto la richiesta di risarcimento, quanto la domanda di risoluzione: magari distinguendo contratto da contratto, perché non tutte le operazioni economiche sono uguali, e per tipo- logia e per qualifica dei soggetti contraenti.
Diversamente, la Germania è intervenuta immediatamente con la «Leg-
ge per la mitigazione delle conseguenze della Pandemia Covid-19 nel dirit- to civile, fallimentare e della procedura penale» del 27 marzo 2020, tradotta su diritto bancario.it (https://www.dirittobancario.it/sites/default/files/allegati/ articoli_1_-_5_legge_tedesca.pdf), il cui articolo 5 ha introdotto delle «Nor-
me contrattuali contingenti alla pandemia Covid-19», le quali prevedono, ad esempio, una sospensione dei pagamenti a consumatori e microimprese; un ter- mine di grazia per i conduttori di immobili non in condizione di corrispondere il canone; un differimento di tre mesi dall’ammortamento dei prestiti al con- sumi. Inoltre, nella legislazione tedesca dell’emergenza, un’attenzione molto opportuna viene dedicata a reprimere fenomeni di moral hazard dei debitori, i quali in questa fase sono particolarmente inclini a sospendere o a ridurre il flus- so dei pagamenti anche se non si trovano in una crisi di liquidità, adducendo quale pretesto l’emergenza sanitaria.
Infatti, la sospensione dei pagamenti da parte dei consumatori è subor- dinata alla duplice dimostrazione che la difficoltà di adempiere è conseguenza di circostanze connesse alla pandemia e che l’adempimento regolare mette- rebbe in pericolo il livello di vita adeguato per sé e per la propria famiglia. In generale, possiamo considerarle norme apprezzabili perché legate a parametri misurabili e perché espressive di valori di rango costituzionale, come la dignità personale che, in quanto tali, offrono solide basi all’effetto redistributivo che producono.
Pertanto, alla luce di tali considerazioni, appare evidente che il legisla- tore italiano dell’urgenza non è stato particolarmente attento nel dettare norme privatistiche, soprattutto non è riuscito a sostenere il confronto comparatistico con gli altri Paesi europei.