Da quanto finora osservato, emerge con chiarezza quanto numerosi siano gli indici che suggeriscono una presa di autonomia da parte del sistema di
30 Si veda ad esempio quanto affermato nella pronuncia 30 gennaio 2001 n. 15: “Il
sistema di autodisciplina pubblicitaria è completamente autonomo ed autosufficiente non soltanto in relazione ad altri sistemi di controllo – come quello esercitato dalla RAI nell‟ambito dei suoi rapporti contrattuali con l‟inserzionista – ma anche in relazione alla disciplina statuale nella quale il controllo è deferito all‟A.G.O. e all‟Autorità Garante della concorrenza e del mercato, oltre ad altri organi dello Stato con riferimento a specifici settori merceologici”. In Rassegna del Giurì di Autodisciplina Pubblicitaria, a cura di V. GUGGINO, in Il Dir. ind. N. 3/2001, p. 298.
autodisciplina nei confronti dell‟ordinamento statuale. Una tale affermazione trova ragione del resto nelle brevi riflessioni che seguono. In primo luogo abbiamo visto quanto poco pacifica sia l‟efficacia inter
partes del presunto contratto volto a garantire l‟autodisciplina dei rapporti
da parte dei soggetti aderenti. Abbiamo infatti ribadito come gli effetti di tale contratto riverberino anche nei confronti dei soggetti aderenti in via non associativa, sottoscrittori peraltro di una clausola di accettazione, così pure verso coloro che mai abbiano firmato una tale clausola, se è vero che sulla base delle reiterate pronunce il Giurì ha inteso estendere progressivamente gli effetti del proprio giudizio. Alludiamo in particolare a qualsiasi soggetto estraneo al sistema che si rivolga al Giurì ex art. 36 del Codice così mostrando di volersi sottoporre all‟Autodisciplina attraverso una manifestazione di volontà tacita, con il che può essere convenuto in via riconvenzionale 31, al soggetto che non altrimenti vincolato accetti il contraddittorio con una propria dichiarazione durante il procedimento innanzi al Giurì 32, ed infine agli orientamenti adottati dal Giurì in tema di adesione di gruppi di società. Abbiamo infine segnalato gli effetti che le sentenze manifestano anche nei confronti dei consumatori, soggetti completamente estranei al presunto contratto e che pure ben possono valersi perlomeno in via indiretta di quanto disposto dalle pronunce del Giurì.
In seconda battuta, abbiamo osservato quanta incertezza regni in ordine alla qualificazione giuridica della clausola di accettazione con tre diverse soluzioni che si muovono giustappunto in un intervallo grigio e ondivago che oscilla fra due estremi: il contratto a favore di terzi e l‟uso normativo. Il tutto senza dimenticare l‟ipotesi della clausola d‟uso.
In terzo luogo, dopo una breve analisi delle regole che presiedono alla disciplina del procedimento innanzi al Giurì della pubblicità abbiamo tentato, peraltro senza successo, di riconoscere la più corretta ipotesi
31 Si veda in tal senso la decisione del Giurì n. 41/81.
interpretativa della natura di tale procedimento per accorgerci che tutte quelle proponibili andavano scartate: dall‟arbitraggio alla perizia contrattuale fino all‟arbitrato per le ben note motivazioni di cui supra.
Ma vi è di più.
Alludiamo nello specifico alla previsione di cui all‟art. 40 del Codice di autodisciplina, nonché per l‟ipotesi di inottemperanza alla pronuncia dell‟art. 42 che prevede la pubblicazione della pronuncia del Giurì.
Ora, va subito osservato come la decisione sfavorevole del Giurì, per la parte che la subisce, è in grado di raggiungere anche attraverso l‟inserzione in periodici e quotidiani un numero estremamente ampio di persone. La sua portata lesiva, poi, risulta evidente sia rispetto a quello che è il contenuto della comunicazione, certamente in grado di minare la credibilità professionale di chi la subisce, sia avendo riguardo ai destinatari di essa, cioè gli operatori di settore in cui il soggetto condannato svolge la propria attività, a causa della pronuncia nel notiziario dell‟Istituto di autodisciplina.
Certo, va aggiunto, l‟inibitoria e la pubblicazione della decisione di condanna da parte del Giurì di autodisciplina colpiscono un soggetto vincolato, nel caso in esame, ed il danno de quo è dunque “negozialmente autorizzato” sì da non poter determinare in alcun modo l‟originarsi di pretese risarcitorie in capo al soggetto che aderisce al sistema.
Ed allora ecco sorgere un primo livello di riflessione.
Se il Codice di autodisciplina dovesse essere davvero considerato come privato regolamento allora, attesa la sua natura negoziale, esso dovrebbe comunque incontrare quei limiti di validità che sono propri delle pattuizioni contrattuali di talché i provvedimenti caratterizzati da una componente sanzionatoria – è appunto il caso della decisione del Giurì pubblicata in periodici e quotidiani – dovrebbero inevitabilmente misurarsi sia con il profilo della necessaria patrimonialità delle prestazioni dei contraenti, sia sotto l‟aspetto della disponibilità dei diritti che ne formano oggetto.
Non appare revocabile in dubbio che la prevista pubblicità della decisione del Giurì ai sensi degli articoli 40 e 42 del Codice di autodisciplina contenga una componente sazionatorio-punitiva giacché inevitabilmente destinata a nuocere rispetto all‟opinione pubblica alla reputazione del soggetto condannato. Ciò vale tanto più se si pensa a come la stessa giurisprudenza ordinaria consideri lesivo della reputazione e perciò fatto illecito la divulgazione che la parte vittoriosa faccia della sentenza di condanna della controparte, salvo che la pubblicazione della sentenza non sia stata disposta dal giudice ai sensi degli artt. 120 c.p.c. e 186 c.p.c. a titolo di specifica misura risarcitoria.
Ed ancora pare giusto porsi un ulteriore interrogativo, al fine di escludere l‟ammissibilità di una sanzione privata come quella rappresentata dalla pubblicazione della pronuncia del Giurì attraverso l‟inserzione in periodici e giornali.
Alludiamo, cioè, alle modalità che caratterizzano la tecnica di previsione contrattuale della pena, cui l‟inadempiente soggiace in forza della sua adesione al contratto. Una tale adesione - che fra l‟altro come abbiamo visto avviene attraverso la sottoscrizione di una clausola di accettazione fino addirittura a sfociare nelle modalità anomale dei facta concludentia, dell‟accettazione del contraddittorio con propria dichiarazione, ovvero con l‟indiretta adesione alla disciplina dettata dal Codice da parte della società controllata per effetto di quella della capogruppo – è come qualsiasi altra manifestazione di volontà contrattuale, un atto di disposizione dei propri diritti che è pertanto valido solo quando abbia ad oggetto, appunto, diritti disponibili. E tuttavia non pare essere tale il diritto alla reputazione, o quello all‟onore, posizioni giuridiche soggettive che attengono alla sfera della personalità, dunque per loro natura indisponibili.
Invece, il contraente che si assoggetta a sanzioni a carattere punitivo come certamente è la pubblicazione del provvedimento decisionale del Giurì di autodisciplina per quella sua componente afflittiva coincidente con la propria idoneità ad incidere sulla considerazione sociale della persona,
fisica o giuridica che sia, altro non fa che disporre di un proprio diritto per sua natura indisponibile.
Ma allora se così è, riesce difficile credere che proprio questo elemento legato alla pubblicazione della pronuncia del Giurì non divenga un ulteriore elemento disturbante in ordine alla qualificazione giuridica del Codice di Autodisciplina.
Ancora una volta, cioé, la sensazione è quella della creatura che si ribella al suo creatore. Se cioé l‟ordinamento privato del sistema di autodisciplina ammette al proprio interno profili sanzionatori così caratterizzati, allora riesce ancor più difficile considerarlo come una semplice ipotesi di negozio giuridico, anche atipico ma meritevole di tutela.
Insomma, da ordinamento privato derivato da quello statuale il sistema di autodisciplina pare progressivamente smarcarsi intraprendendo un progressivo percorso di emancipazione in cui segnali molteplici e ribaditi paiono suggerire una natura perlomeno meticcia, giusto a metà fra contratto e corpo di norme che probabilmente non pare accettabile, specie accogliendo le categorie ed i principi della tradizione, ma che pare legittimarsi attraverso i fatti e la volontà degli omnes della propria categoria.
1.8 La non riconducibilità del contratto di autodisciplina alla figura