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Profili di analisi dei codici di condotta nel diritto del commercio transnazionale: la funzione di limite endogeno Il caso degli ICC

LA NUOVA LEX MERCATORIA

3.6 Profili di analisi dei codici di condotta nel diritto del commercio transnazionale: la funzione di limite endogeno Il caso degli ICC

Codes on Marketing and Advertising Practice.

Una volta analizzate le diverse componenti normative della nuova Lex

mercatoria occorre fare attenzione alla funzione che l‟autodisciplina possa

effettivamente svolgere non solo quale meccanismo produttivo di prassi contrattuali stratificate e progressivamente accolte da parte degli aderenti alla societas mercatorum ma anche nella sua dimensione di possibile limite in sede di applicazione arbitrale. Nel caso cioè in cui l‟arbitro si trovi ad applicare la Lex mercatoria quale Lex contractus.

A tale proposito si distinguono, in generale, due categorie di limiti: quelli di natura endogena o intrinseca e quelli di natura esogena o estrinseca. L‟autodisciplina, secondo le valutazioni della miglior dottrina, rientra in quelli appartenenti alla prima categoria.

Come già osservato in precedenza, non è scopo di questa tesi analizzare in modo approfondito il tema della Lex mercatoria. Come detto, però, essa rileva nella sua accezione di possibile paradigma di riferimento in ordine alle sue potenzialità di strumento interpretativo dell‟autodisciplina, specie alla luce delle influenze reciproche che i due fenomeni sono in grado di esercitare l‟uno sull‟altro.

Venendo quindi all‟analisi dell‟autodisciplina come limite endogeno della

Diremo anzitutto che le regole di autodisciplina costituiscono un limite endogeno della Lex mercatoria, nella misura in cui esse operino negativamente, dunque quali regole in grado di stabilire quello che i singoli operatori commerciali non possono fare.

L‟autodisciplina diviene, cioè, la quarta componente della lex mercatoria ogniqualvolta l‟applicazione della stessa, ad opera dell‟organo arbitrale, faccia ritenere necessario procedere con l‟individuazione del confine fra moralità e immoralità degli affari.

Ne consegue che, sulla base di quanto brevemente osservato, la dimensione autoregolativa rileva, nel caso in esame, sotto il profilo dell‟etica degli affari, aspetto che, come abbiamo visto non è certo in grado di esaurire la polimorfa congerie dei codici di condotta. Va comunque tenuto a mente che, nel caso di specie, l‟analisi va portata su un piano che lambisce la deontologia e che di fatto coincide con la c. d.

business ethics.

Va perciò osservato che detti codici assumono di fatto la natura di quarta componente normativa della Lex mercatoria ogniqualvolta la stessa trovi applicazione quale Lex contractus. Ne consegue che essi possono senz‟altro acquisire efficacia di diritto positivo a intermittenza, per così dire, tutte le volte in cui l‟interpretazione del diritto, lungi dall‟essere affidata al giudice di diritto interno, spetti all‟arbitro internazionale.

Va anche detto che, limitatamente alla nostra breve analisi, non interessano in questa sede, evidentemente, i codici di condotta di origine pubblicistica quali quelli che il singolo Stato indirizza alle imprese con sede legale nel proprio territorio né, tantomeno, quelli predisposti da organizzazioni intergovernative a contenuto meramente programmatico. Ne consegue che oggetto di questa breve indagine sono, nel caso di specie, i codici di origine privatistica e, fra questi, quelli a vocazione collettiva, dunque adottati da associazioni settoriali per tutti i propri membri. Si ricade, insomma, nel medesimo modello che caratterizza il

Codice di autodisciplina della comunicazione commerciale ancorché, in questo caso, si stiano considerando ipotesi a carattere transnazionale. Quei codici, infatti, rispondono a quel medesimo modello di funzionamento per adesione in base al quale, attraverso una determinata clausola, tutti i soggetti appartenenti ad un preciso settore del mercato si impegnano ad adottare i medesimi modelli di contratto predisposti dall‟associazione di categoria, a rispettare le stesse regole di business ethics e a sottoporre le controversie ad un arbitro di categoria o ad un diverso soggetto legittimato a decidere delle stesse e che certamente rientra nel novero di quei meccanismi di soluzione alternativi che rispondono al nome di Alternative

Dispute Resolution Methods.

Rilevano in questo senso una molteplicità di codici, a partire ad esempio da quelli elaborati dalla International Chamber of Commerce (d‟ora in avanti ICC): si pensi al codice contro la corruzione nel commercio internazionale 86 e ai codes des pratiques loyales en matière de publicité. In particolare, con riferimento all‟etica transnazionale in materia di marketing e pubblicità, la tradizione della ICC è di lungo corso. Si pensi al fatto che la prima edizione del Code des pratiques loyales en matière de

publicité risale al 1937.

Non solo, esso rappresentò la piattaforma regolativa di riferimento per il primo codice di autodisciplina in materia pubblicitaria sviluppato anche nel nostro Paese a partire dal 1963. Quest‟ultimo aveva infatti come proprio predecessore il Codice delle Pratiche Leali in materia di pubblicità emanato nel 1937 dalla Camera di Commercio Internazionale.

Ma vi è di più. Perché è un fatto che ancor oggi il sistema degli ICC Codes

on Marketing and Advertising Practice detta un catalogo di elevati

standard professionali da osservare nelle pratiche di marketing e pubblicità, rappresentando in tal senso un punto di riferimento per il

86 Per una ricostruzione efficace delle diverse fasi che hanno caratterizzato l‟evoluzione

sistema autodisciplinare in tema di pubblicità e comunicazione commerciale a livello internazionale e nazionale.

Come per altre esperienze di autodisciplina precedentemente considerate, anche in questo caso si fa riferimento a raccolte di prassi commerciali che - dopo una progressiva diffusione, stratificazione e cristallizzazione presso tutti gli operatori di settore che vi aderiscono su base volontaria – sono arrivate a consolidarsi in veri e propri corpi di regole le quali, tuttavia, attraverso caratteristiche di duttilità e elasticità vengono poi via via adeguate alle mutate esigenze della collettività di aderenti al fine di garantire al meglio l‟efficienza della disciplina di settore.

La revisione di detti codici compete naturalmente alla Policy Commission di riferimento della ICC. Le proposte di revisione vengono inoltrate a tutti i comitati nazionali della ICC, poi ricentralizzate presso la sede di Parigi ove un gruppo precostituito di lavoro procede, anche sulla base dei pareri formulati dai comitati, alla redazione del nuovo testo.

Dopo di che, la Commissione convoca una riunione volta alla votazione del testo e lo stesso viene quindi trasmesso al Consiglio della ICC per l‟approvazione definitiva.

Ed è proprio attraverso questo iter che si è addivenuti nel 2006 alla recente revisione e riformulazione del Code des pratiques loyales en

matière de publicité del 1937 che ha ora preso il nome di Nuovo codice

unificato di prassi per le comunicazioni su pubblicità e marketing.

Redatto da una task force appositamente organizzata per la revisione dei codici, il Nuovo codice unificato è stato approvato dall‟Executive Board della ICC il 15 giugno 2006.

Si è trattato della più importante revisione unificata del codice di prassi della pubblicità dal 1937.

Tale revisione riunisce in unico testo vari codici di prassi sviluppati negli anni, compresi quelli relativi al marketing diretto, alla promozione delle vendite, alle comunicazioni di marketing e telemarketing, andando così a

costituire un conciso manuale di condotta etica in grado di contemplare una disciplina relativa a tutti gli aspetti di marketing e pubblicità.

3.7 Il parallelo cammino dell’Autodisciplina pubblicitaria attraverso la

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