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l’animazione nella Pastorale giovanile salesiana

Due anni dopo la pubblicazione e la presentazione all’Istituto del PPGU, in collaborazione con il Dicastero SDB, Elisabetta Maioli con il CIPG proponeva all’attenzione delle Ispettorie il documento-sussidio L’animatore salesiano nel gruppo giovanile.

La riflessione, condotta con i SDB, era stata motivata dall’urgenza di qualificare la scelta educativa del gruppo (l’urgenza più sentita era,

87 Cf ad esempio Sintesi degli incontri di Studio sul Piano della Formazione e sul Pro-getto di P.G.U., Roma, 2 gennaio 1986; Roma, 13 gennaio 1987, in APGFMA/PPGU/

Incontri.

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infatti, rendere il gruppo un luogo veramente educativo) e dalla neces-sità di una riflessione sistematica sulla realtà associativa, perché questa fosse orientata da una comune prassi pedagogica.

L’animatore salesiano nel gruppo giovanile si presenta come un’indi-cazione autorevole per consolidare la relazione eduun’indi-cazione-pastorale e per orientare e sostenere la collaborazione a livello locale e Ispettoriale di SDB, FMA, Cooperatori, Exallieve/i. Il documento stimola la rifles-sione sull’animazione, sulla figura dell’animatore nel gruppo giovanile e offre un quadro di riferimento per la formazione degli animatori e delle/dei giovani.88 Il recente contatto del CIPG con le Ispettorie, in occasione della presentazione del PPGU, aveva messo in luce l’esisten-za di varie scuole per animatori dei gruppi e la necessità di elaborare una proposta formativa efficace.89

Nel nuovo documento risulta evidente la continuità con importanti riflessioni dell’Istituto FMA e della Congregazione Salesiana: rispetti-vamente L’associazionismo delle Figlie di Maria Ausiliatrice (settembre 1982) e La proposta associativa salesiana. Sintesi di una esperienza in cammino (gennaio 1985). In essi era stata presentata la prassi svilup-pata nei diversi contesti e approdata a questa conclusione: «I gruppi e movimenti che nascono in ambienti SDB, oltreché per l’apertura mas-sima e per la connotazione educativa, si caratterizzano per un tipo di rapporto, per un modo di elaborazione dei contenuti e per uno stile di accompagnamento che vengono designati con la parola animazione».90

L’interazione a livello centrale del Dicastero SDB per la PG e del CIPG FMA, manifesta la volontà di operare in comune, ricollegando idealmente i gruppi dei giovani alla corrente spirituale della Famiglia Salesiana.91

2.6.1. Il documento «L’animatore salesiano nel gruppo giovanile» (1986) Le finalità dichiarate nell’introduzione del testo si possono ricon-durre a due nuclei: l’animazione e la figura dell’animatore. Circa la prima tematica il documento presenta in modo organico l’animazione come modello formativo globale in grado di attualizzare elementi

tipi-88 Cf I documenti dell’Istituto per la PG (1989), in APGFMA/ASG/Incontri 1.

89 Cf ivi 2.

90 dicastero sdB - ciPg FMa, L’animatore 9.

91 Cf ivi 10.

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ci del carisma salesiano. L’educazione e l’evangelizzazione, concepite alla luce dell’animazione, implicano un rapporto educativo liberante e propositivo, un processo con obiettivi raggiungibili, una modalità per proporre le esperienze educative e un certo modello di gruppo. Per quanto riguarda il secondo nucleo il testo tenta di chiarire chi è, cosa fa e come agisce l’animatore salesiano in un gruppo.

Il documento-sussidio è articolato in otto capitoli, che ritengo im-portante presentare in modo sintetico. Il primo – L’animazione: una proposta tra intuizioni e sfide – è praticamente un’introduzione ai temi che verranno approfonditi negli altri sette capitoli. Da questa rifles-sione introduttiva emergono intuizioni educative fondamentali, alcune opzioni metodologiche che caratterizzano l’animazione, le principali sfide poste all’educazione e i problemi costatati nella pratica dell’ani-mazione. Il secondo – Il profilo dell’animatore nello stile salesiano – descrive le caratteristiche dell’animatore salesiano e della sua azione nel gruppo. L’animatore ha un ruolo specifico nella CE, condivide un modo di pensare, di agire e di vivere tipico della spiritualità salesiana, ha come punto di riferimento il progetto educativo della comunità, rea-lizza un cammino di crescita umana, di competenza professionale e di profondità spirituale ed è al servizio di molteplici gruppi.

Il terzo capitolo – Il gruppo: soggetto e luogo di animazione – pone al centro la domanda: come animare un gruppo? Il testo mette in luce che un gruppo è animato quando diventa protagonista dei processi che lo riguardano. Il gruppo viene così delineato come soggetto di formazione che utilizza un metodo ed è guidato da un animatore che ha funzioni e compiti propri. Il gruppo è laboratorio di vita in cui si apprende at-traverso l’esperienza e la ricerca; in esso l’animatore aiuta le/i giovani a diventare gruppo, si pone come mediatore tra l’ambiente, la comunità e il gruppo stesso, favorisce l’elaborazione del progetto educativo e in-coraggia a sperimentare nuovi stili di vita, orienta a prendersi cura della maturazione delle singole persone.

Il quarto capitolo – Cammino di animazione nei gruppi giovanili – descrive la funzione globale e specifica dell’animatore verso il gruppo che consiste nel garantire la qualità dell’itinerario formativo. Il ciclo vitale del gruppo è presentato quindi in sei fasi: l’aggregazione e l’ac-coglienza, l’appartenenza e la solidarietà, il primo confronto e l’amore alla vita, il progetto di gruppo e la scelta di fede, la maturità dinamica del gruppo e l’apprendistato dell’essere cristiano, l’inserimento comu-nitario e la vocazione personale.

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Per ogni singola fase vengono individuate le caratteristiche, i pro-blemi, gli obiettivi specifici, le attività, gli interventi e gli atteggiamenti dell’animatore.

Il quinto capitolo – Aiutare i giovani a divenire «gruppo» – appro-fondisce il primo dei compiti dell’animatore. La vita di gruppo viene considerata come punto di arrivo del lavoro formativo, per cui l’anima-tore è chiamato ad abilitare i membri del gruppo a interazioni positive e a questo scopo lavora attorno ad alcuni elementi: la comunicazione, la struttura, le utopie del gruppo.

Il sesto capitolo – Mediare tra gruppo e ambiente educativo, culturale, ecclesiale – descrive il significato del secondo compito dell’animatore e l’importanza che esso assume nell’animazione salesiana. Il capitolo propone alcune direzioni per il cammino: aiutare il gruppo ad essere aperto all’ambiente culturale e religioso; influire sull’ambiente, affinché le proposte vengano fatte nello stile dell’animazione; creare le condizio-ni per una partecipazione del gruppo alla vita dell’ambiente educativo;

aiutare il gruppo a interagire con altri gruppi dentro il MGS.

Il settimo capitolo - Aiutare il gruppo a progettare un nuovo stile di vita – considera in modo approfondito il terzo compito dell’animatore, che consiste nell’abilitare il gruppo ad acquisire una mentalità proget-tuale, che consenta di costruire un nuovo stile di vita.

Dopo aver evidenziato il significato del progettare e individuato nel cambiamento la sua categoria fondamentale, la riflessione si sposta sul-le condizioni per fare del gruppo il soggetto, il luogo del cambiamento e sugli ambiti in cui progettare un nuovo stile di vita.

Accompagnare ciascuno dei membri del gruppo nel suo cammino di maturazione e nelle sue scelte più personali è la tematica affrontata dall’ottavo ed ultimo capitolo del documento.92

Il carattere educativo del gruppo e lo stile di animazione salesiano, che riflette quello di Don Bosco, sono i motivi che fondano il quarto compito richiesto all’animatore. Il gruppo, proprio perché luogo edu-cativo, comporta che la persona sia raggiunta nella sua individualità, anche quando è attivamente inserita in un ambiente e in una comunità.

92 Il titolo del capitolo è precisamente: «Accompagnare i singoli membri del grup-po» (cf ivi 170-180).

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2.6.2. L’animazione: uno stile educativo in linea con il carisma

Il documento presenta l’“animazione” come l’attualizzazione del Sistema preventivo, codificata nei testi costituzionali e nei documenti capitolari. Essa era, infatti, considerata negli anni Ottanta del secolo scorso uno dei tre punti fondamentali che assicurano la realizzazione di una PG caratterizzata dalla dimensione educativa, e richiamava la scelta del progetto e della CE.93

Il testo mette in evidenza che l’animazione richiede un clima di co-municazione all’interno dell’ambiente educativo tra le/i giovani e tra giovani e adulti. Il gruppo, quindi, come luogo di comunicazione, è il laboratorio ideale in cui le nuove generazioni, in sintonia con l’am-biente culturale, sociale ed ecclesiale, giungono a disegnare una visione cristiana della persona umana, in base a cui orientarsi.

L’animazione opera prevalentemente nel tempo libero, considera-to un originale luogo di formazione. Ciò non considera-toglie, si legge nel do-cumento, che «possa informare anche i processi che hanno luogo in ogni istituzione educativa, impostandoli sulla partecipazione attiva dei soggetti».94

Non c’è animazione là dove lo stare insieme, l’amicizia e la solidarie-tà reciproca prevalgono sull’impegno, cioè sulla realizzazione di attivisolidarie-tà in vista di un bene. Allo stesso modo non c’è animazione dove ci si incontra soltanto per esprimere un interesse o per svolgere un servizio, senza dare sufficiente spazio alle relazioni interpersonali e all’amicizia.

L’animazione non offre contenuti a fianco dell’esperienza, ma li of-fre incarnati in una esperienza: invita il gruppo, partendo dalle proprie attese e intuizioni, a scoprirne e ricercarne i valori nascosti. I contenu-ti possono così essere appresi in concreto, sapendo da una parte che l’esperienza veicola i valori come piccoli semi e li rende fecondi; dall’al-tra che c’è bisogno di momenti in cui riorganizzarli in modo riflesso.

C’è animazione, sottolinea il documento, dove le/i giovani che vi-vono in un territorio interagiscono con le proposte che provengono dalle istituzioni educative. All’inserimento attivo e critico nel territorio e nelle istituzioni educative l’animazione arriva attraverso la via della comunità, dell’ambiente educativo, dei rapporti personali. Non c’è mai solo consegna o trasmissione dall’ambiente o comunità alle nuove

ge-93 Cf ivi 37.

94 Ivi 40.

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nerazioni; c’è sempre anche il riconoscimento e la valorizzazione delle intuizioni culturali e religiose delle/dei giovani.

L’animazione è quindi descritta come un metodo esperienziale.95 La tradizione salesiana ha privilegiato, lungo la sua storia, alcune esperien-ze formative, ritenendole capaci, se vissute in termini educativi, di rive-lare i valori umani e di fede alla base dello spirito salesiano. Sono espe-rienze-proposte che la comunità offre come luogo di apprendimento, in attesa che permeino la vita di ognuno e si incarnino nel “progetto”

di ogni gruppo.

2.6.3. L’associazionismo e il Movimento Giovanile Salesiano

Il testo: L’animatore salesiano nel gruppo giovanile evidenzia che l’approfondimento dell’animazione in campo educativo stimola il ri-sveglio dell’associazionismo che viene considerato come un’esperienza

«capace di raccogliere le nuove domande educative di personalizzazio-ne e partecipaziopersonalizzazio-ne rimaste al margipersonalizzazio-ne personalizzazio-nelle altre agenzie».96

Il documento rileva che la comunità educativa dei diversi ambienti è il primo ambito in cui i gruppi si aggregano e si collegano (OCG, Scuo-la). La varietà dei gruppi trova nell’ambiente educativo la possibilità di partecipazione e di dialogo e sperimenta, nell’elaborazione, realizzazio-ne e verifica del progetto educativo-pastorale, il punto di incontro e di convergenza. Tutti i gruppi, qualunque sia la loro denominazione e la loro finalità, interagiscono per arricchirsi e per creare un clima cultural-mente vivace e cristianacultural-mente impegnato.

Altro ambito di aggregazione sono il territorio e la Chiesa. Tutti i gruppi, qualunque sia il loro interesse prioritario, si sentono partecipi degli sforzi della comunità umana e cristiana nell’affrontare i problemi che emergono dalla situazione concreta del territorio. Pur nelle forme diverse e specifiche di servizio sanno trovare momenti di confronto e criteri comuni per verificare la loro incidenza sulla comunità. Infine il terzo ambito, in cui i gruppi si aggregano, sono le associazioni a livello nazionale e internazionale. Alcune di queste associazioni si sviluppano in ambienti salesiani; altre hanno origine e si esprimono in più ampi contesti, civili ed ecclesiali.

95 Cf ivi 139.

96 Ivi 37.

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Il documento ribadisce che «i gruppi e le associazioni che, pur mantenendo la loro autonomia organizzativa e la loro indipendenza operativa, si riconoscono nella spiritualità e nella pedagogia salesiana, costituiscono il Movimento Giovanile Salesiano».97 Come elementi fon-danti, che definiscono il Movimento, vengono segnalati il riferimento alla comune spiritualità e il tipo di comunicazione tra i gruppi.

Il MGS è indicato come una realtà aperta; un movimento chiamato a confrontarsi con le/i giovani più poveri, quelli che iniziano il cam-mino e gradualmente si aprono alla domanda religiosa e, nello stesso tempo, impegnato ad assicurare occasioni di crescita e di maturazione personale alle/ai giovani, che hanno fatto una scelta precisa di fede e di servizio, rendendoli sempre più testimoni del Vangelo tra gli altri giovani.

Il Movimento, più che su una organizzazione rigida, si realizza at-traverso la comunicazione tra i gruppi, anche se appare necessaria una struttura minima per il coordinamento e la circolazione di messaggi e di valori. Esso diventa, così, un ambito preciso dentro cui attivare i processi comunicativi. I gruppi e gli animatori, con libertà di iniziativa, trovano le strade opportune per sollecitare e organizzare i momenti di incontro e di confronto. Così concepito il MGS non è un’iniziativa per i giovani pensata e gestita da adulti: è delle/dei giovani. Esprime le loro istanze, costituisce il loro riferimento, usa il loro linguaggio nei vari

“appuntamenti” che scandiscono la loro vita. È perciò autonomo nella programmazione e nell’organizzazione rispetto a qualunque altra realtà associativa. L’orizzonte in cui si muove il MGS è l’impegno di formare

“buoni cristiani e onesti cittadini apostoli dei giovani”, secondo le pos-sibilità di ciascuno. Esso è la componente giovanile del più vasto movi-mento che guarda a Don Bosco e a Madre Mazzarello, per far rivivere oggi la loro spiritualità.98

2.6.4. Il profilo dell’animatore

Vero cuore del documento è la figura dell’animatore, di cui viene delineata la funzione globale e i compiti. L’animatore è presentato nel suo stretto legame con la CE. Egli ne condivide le scelte di fondo, in

97 Ivi 63.

98 cf ivi 64-65.

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essa vive le dinamiche personali più autentiche: l’opzione vocazionale, la passione educativa, l’approfondimento spirituale. Nella CE egli ha un ruolo specifico: stare in mezzo alle/ai giovani per sollecitarli ad asso-ciarsi, a maturare assieme attraverso l’esperienza di gruppo. Tale ruolo è solidale e complementare con gli altri ruoli e funzioni della comunità educativa, fino a costituire una mediazione tra dinamiche di gruppo e dinamiche comunitarie e istituzionali.99

Il profilo dell’animatore è caratterizzato dalla condivisione dello spi-rito salesiano, cioè di quei tratti caratteristici che sono dell’esperienza evangelica di Don Bosco e di Madre Mazzarello. Lo spirito salesiano costituisce il punto di riferimento decisivo del modo di pensare, agire e santificarsi dell’educatore, e anche l’indicazione fondamentale per dare vita a progetti educativi.

L’animatore salesiano è una persona che per vocazione si dona alle giovani generazioni. Egli è mosso dunque dalla carità pastorale che lo rende sensibile e attento ad ogni situazione dove è in gioco la cresci-ta delle/dei giovani e li aiucresci-ta a discernere i fattori che collaborano a questa crescita e quelli che la compromettono. Egli traduce l’amore per le/i giovani in una prassi pedagogica, il Sistema preventivo, capace di svegliare le risorse interiori di ogni giovane, specialmente del più povero di comunicazione e di esperienze di crescita. La sua spiritualità ha alcuni tratti caratteristici: è semplice e accessibile a tutti. Scorge la presenza di Dio e fa esperienza della sua paternità. La certezza che Dio è dentro la storia lo aiuta a fare della propria vita il luogo in cui incon-trare il Signore e diventa il criterio con cui leggere insieme alle giovani generazioni l’esistenza. Egli non separa mai l’impegno dalla gioia, crede che il rapporto personale con Cristo è la chiave per vivere un’autentica esperienza di fede, capace di suscitare nella profondità della persona un’intensa vita spirituale e una fedele iniziativa apostolica. Vive la pro-pria esperienza di Cristo nella Chiesa, sentita come comunione di tutte le forze che lavorano per il Regno, come sacramento o manifestazione rivelatrice di salvezza, segno della presenza di Cristo e luogo dell’espe-rienza evangelica. Crede e sente Maria, Madre del Signore e Madre della Chiesa, la prima dei credenti, cui deve ispirarsi il suo modo di essere cristiano dentro la Chiesa, a servizio dell’annuncio della buona notizia del Regno a tutta la gioventù.100

99 Cf ivi 47-48.

100 Cf ivi 51-52.

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L’azione dell’animatore è orientata inoltre dal progetto educativo-pastorale salesiano. Egli conosce a fondo il progetto, lo interiorizza e lascia che i suoi valori e le sue grandi scelte permeino la sua vita perso-nale. L’approfondimento è in funzione di un lavoro educativo consape-vole, ma anche di un arricchimento personale. Il cammino formativo dell’animatore è delineato attraverso tre percorsi: la maturazione uma-na, la competenza professionale e la profondità spirituale.101

Il documento delinea, poi, la funzione dell’animatore che consi-ste nel garantire con la sua presenza e competenza l’unità e la quali-tà dell’itinerario formativo del gruppo, che appare convenientemente animato se riesce a integrare nel suo ciclo vitale la crescita umana e di fede in un unico itinerario. A mano a mano che dalla prima incipiente aggregazione il gruppo passa alla maturità di rapporti, per finire poi nello scioglimento, va anche approfondendo la sintesi culturale e la ri-flessione di fede. Il percorso procede da un primo confronto sui temi della vita, alla riflessione sistematica sulla fede e all’apprendimento del-la vita cristiana, per sfociare neldel-la scelta vocazionale.

Collegati a questa funzione globale ci sono alcuni compiti che il do-cumento approfondisce proprio per l’incidenza che hanno sullo svilup-po dell’itinerario di educazione alla fede.102

Anche per questo documento la Consigliera per la PG e il CIPG realizzarono una serie di incontri nei diversi continenti per la presenta-zione e l’approfondimento dei punti chiave, in continuità con le scelte educative del PPGU.103

101 Cf ivi 55-60.

102 «Il primo compito è aiutare i giovani a diventare gruppo, sviluppando un siste-ma di interazioni positive tali, che si possa parlare del gruppo come di un soggetto educativo. Il secondo compito è mediare tra il gruppo e l’ambiente educativo, sociale ed ecclesiale, favorendo uno scambio arricchente di stimoli e progetti. Il terzo compito è aiutare il gruppo ad elaborare un proprio progetto per sperimentare un nuovo stile di vita e abilitare i singoli a progettarsi. Il quarto compito è aiutare il gruppo ad aver cura della maturazione delle singole persone, fino a scoprire la propria vocazione nella società e nella Chiesa» (ivi 81).

103 L’archivio dell’Ambito per la PG documenta, ad esempio, che dal 1° al 6 ottobre 1987 furono realizzati incontri con le Ispettorie italiane (cf Maioli, Lettera all’Ispettrice e all’équipe ispettoriale, Roma, 3 settembre 1987, in APGFMA/ASG/Lettere), dal 6 all’11 marzo 1988, a Manila (Filippine) con le Ispettorie cinese, giapponese, filippina, coreana, dal 17 al 22 marzo, a Bangkok (Thailandia) con l’Ispettoria thailandese (cf id., Lettera alle Ispettrici e alle coordinatrici di PG, Roma, 16 dicembre 1988, in ivi).

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