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Anche il CG XVI (1975), come il precedente capitolo, venne prepa-rato attraverso una larga consultazione delle comunità. Il tema propo-sto – La formazione della Figlia di Maria Ausiliatrice, per una graduale conquista della sua identità di persona consacrata apostola, operante tra le giovani con lo spirito di Don Bosco e di Madre Mazzarello nella società e nella Chiesa oggi – fu esplicitato in tre sottotemi per facilitarne l’appro-fondimento.93 Dalla formulazione appare evidente la preoccupazione di definire meglio l’identità della FMA e dell’Istituto sulle coordinate sia della missione della Chiesa, sia dello spirito del Fondatore e della Confondatrice, nel contesto pluralistico della società.

Le deliberazioni del Capitolo fanno percepire il cammino di gradua-le assimilazione dei contenuti del Concilio da parte dell’Istituto. L’atten-zione ai segni dei tempi, l’atteggiamento critico di fronte al pluralismo e ai suoi valori, l’approfondimento del carisma attraverso una migliore conoscenza dello spirito di don Bosco e, soprattutto, di Maria Dome-nica Mazzarello sono indicatori di una riflessione che entrava in modo preciso nel rinnovamento voluto dal Concilio per la vita religiosa.94

Il capitoletto intitolato Madre Mazzarello: fedeltà creativa al carisma di don Bosco, che troviamo negli Atti del CG XVI, segnò l’inizio del cammino che avrebbe portato, negli anni seguenti, l’Istituto a definire in modo sempre più chiaro lo specifico apporto femminile delle FMA al carisma salesiano.95 L’unità inscindibile di consacrazione-missione venne esplicitata dalle capitolari attraverso la coscienza di essere comu-nità di persone consacrate per una missione.96

A livello educativo il Capitolo chiedeva ai suoi membri di approfon-dire il Sistema preventivo, di recuperare il senso dell’assistenza salesia-na come partecipazione disalesia-namica, ricca di entusiasmo, alla vita delle ragazze e, per un autentico servizio alla Chiesa locale, di realizzare vere comunità educanti.97 Il CG XVI sottolineava, infatti, la necessità che i laici, presenti attivamente nelle diverse opere delle FMA, fossero

for-93 Cf Atti. Capitolo Generale XVI (Roma 17 aprile - 28 luglio 1975), Roma, Istituto FMA 1975, 9-11.

94 Cf ivi 57-58.

95 Cf ivi 54-55.

96 Cf ivi 38.

97 Cf ivi 103-104.

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mati e aiutati a conoscere e a praticare il Sistema preventivo. La rifles-sione dell’Istituto esplicitava, in questo periodo, in modo più evidente il fondamento teologico-spirituale del metodo educativo salesiano.

Particolarmente puntuale e approfondita fu la riflessione sulla PG.

Molti in questo campo gli elementi di novità. La commissione inca-ricata di approfondire questa tematica fece una coraggiosa valutazio-ne dell’aziovalutazio-ne pastorale dell’Istituto e dall’analisi dei materiali, inviati dalle Ispettorie, mise in evidenza che la risposta più significativa alle indicazioni del CG XV Speciale era stata l’incremento degli OCG quo-tidiani e di quelli situati nelle periferie dei grandi agglomerati urbani.

Altro indicatore positivo fu la costituzione del consiglio oratoriano, con l’apporto e la partecipazione delle giovani e di collaboratori laici.

Le difficoltà maggiormente segnalate furono la scarsità del personale e l’insufficiente preparazione psicopedagogica delle suore.

Per quanto riguardava la Scuola, veniva sottolineata l’esigenza, ge-neralmente avvertita, di renderla più pastorale, luogo di vera educa-zione cristiana pur rispettando la necessaria autonomia dei vari inse-gnamenti.98 Altra urgenza segnalata fu la cura della corresponsabilità nella CE. In quel capitolo vennero poste le premesse per una migliore condivisione dei compiti formativi con i laici.99

Nettamente cambiato fu pure l’atteggiamento nei confronti della compresenza dei due sessi negli ambienti educativi. A partire dal 1975 la riflessione sul tema della coeducazione si fece più consistente e tenne meglio presente l’evoluzione sociale.100 Riguardo all’associazionismo è da notare che ormai da tempo le Pie Associazioni Giovanili erano state sostituite con i Gruppi d’Impegno Mariano, di cui era riconfermata la validità e l’importanza. Per gli SCS si ribadì la necessità di formarsi del-le reali competenze, in vista di un annuncio evangelico più pertinente alle esigenze del contesto socioculturale.101

98 Martha séïde, docente di Teologia dell’Educazione nella Pontificia Facoltà «Au-xilium», in un recente studio afferma: «L’emergere della prospettiva pastorale esercita pure un influsso notevole sulla caratterizzazione degli ambienti educativi e porta a sta-bilire delle priorità. Ad esempio, i centri giovanili vengono considerati come la formula attuale più rispondente alle esigenze delle giovani. All’istituzione scolastica non viene più dato lo spazio che le si assegnava in precedenza» (séïde, Il Sistema preventivo, in ruFFinatto - séïde (a cura di), L’arte di educare 305).

99 Cf Atti. Capitolo Generale XVI 111-113.

100 Cf ivi 125.

101 Cf ivi 117. 133.

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Venne, inoltre, messo in risalto dalla commissione che la costitu-zione e il funzionamento del CIPG e delle équipes ispettoriali aveva favorito una migliore preparazione delle FMA nei vari settori; tuttavia si sentiva fortemente il bisogno di unificare l’azione pastorale intorno alla persona della giovane. Gli Atti dell’assemblea capitolare annotano:

«Sebbene la costituzione e il funzionamento del CIPG e delle équipes ispettoriali abbiano favorito una maggiore preparazione delle suore nei vari settori, tuttavia oggi si sente il bisogno di unificare l’azione pasto-rale intorno al suo unico soggetto che è la persona della giovane».102

Nel corso del sessennio 1969-’75 erano nate nell’Istituto nuove forme di presenza apostolica, come, ad esempio, le piccole comuni-tà inserite nei quartieri periferici delle grandi citcomuni-tà, e si era intrapresa decisamente la via della collaborazione nella pastorale d’insieme della Chiesa locale.103

Il CG XVI diede nuovi orientamenti anche sulla formazione della FMA. Essa fu concepita come processo unitario che tenesse presente e realizzasse gradualmente l’identità della FMA. Nel processo vennero distinte due tappe: formazione iniziale e formazione permanente. In occasione del Capitolo, una commissione di esperte aveva abbozzato nelle sue linee essenziali un piano di formazione, con lo scopo di offri-re le indicazioni metodologiche per un’educazione graduale e unitaria delle giovani vocazioni e delle FMA. In sede capitolare, questo docu-mento base fu esaminato e la medesima équipe, che lo aveva predispo-sto, fu incaricata di redigerne la stesura definitiva.104

Nel CG XVI vennero pure istituite le Conferenze interispettoriali, strutture intermedie di carattere consultivo, formate da gruppi di Ispet-torie appartenenti ad uno stesso continente o contesto culturale. Oggi esse sono nodi di riflessione fondamentali per l’inculturazione del cari-sma, punti importanti per il decentramento del governo dell’Istituto.105 I profondi cambiamenti a livello socioculturale, pedagogico ed ec-clesiale, che caratterizzarono il periodo postconciliare, orientarono l’Istituto delle FMA verso un sempre più consapevole e qualificato ag-giornamento che consisté in un continuo ritorno ai Fondatori. Ersilia Canta, Superiora generale, animando tale processo, in una delle sue

102 Ivi 118.

103 Cf ivi 142-145. 151.

104 Cf ivi 189-190.

105 Cf ivi 198-200.

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lettere circolari affermava: «Aggiornarsi nella fedeltà a don Bosco si-gnifica credere nella validità sempre attuale del suo sistema educativo e alla forza carismatica del suo spirito».106

In quel periodo le FMA furono orientate a guardare al Sistema pre-ventivo «non solo come a un metodo pedagogico, ma come a una sin-tesi vissuta di spiritualità, e come tale, ad un’espressione concreta della santità delle FMA».107

Nel periodo di governo di Ersilia Canta (1969-1981) vennero cele-brati importanti centenari dell’Istituto: fondazione (1972), prima spe-dizione missionaria (1977), prime Costituzioni stampate 1978, morte della Confondatrice (1981). Con la celebrazione del centenario delle missioni salesiane (1975) prese avvio il “Progetto Africa”.

1.5.1. Una nuova organizzazione per l’azione pastorale

L’Istituto nel 1975, dal punto di vista pastorale, si presentava orga-nizzato in settori (ognuno affidato ad una delegata), che riguardavano la dimensione della persona (catechesi, vocazioni …), l’attività o mezzi (sport, stampa teatro, gruppi), gli ambienti (Scuola, Oratorio ecc.). Si costatava, ancora, una marcata attenzione alle opere e alle attività da proporre più che alla persona della giovane e alla sua crescita gradua-le, armonica e una certa frammentarietà e dispersione delle proposte, spesso accostate, ma non integrate.108

Il CIPG di fronte a questa situazione nel CG XVI presentò un do-cumento che intendeva chiarire la natura, la finalità, la struttura del Centro e proporre un progetto, per una valida azione pastorale, in gra-do di raggiungere la giovane nella sua situazione concreta.109

106 canta Ersilia, Lettera circolare n. 594, Roma, 24 luglio 1976.

107 ruFFinatto, La fedeltà allo “spirito di don Bosco”, in ruFFinatto - séïde (a cura di), L’arte di educare 72-73.

108 Cf ciPg, In margine alle osservazioni sulla bozza del Progetto di PG, in APGF-MA/PPGU 1 (la sigla PPGU si riferisce alla documentazione archivistica relativa al Progetto di Pastorale Giovanile Unitaria del 1985).

109 Il documento è costituito da una premessa che presenta i principi e i criteri ispiratori del progetto e da due parti: linee di impostazione per il Centro Internazionale;

linee di impostazione per i Centri Ispettoriali e locali. Le pagine complessive del testo sono 23 (cf id., Per una Pastorale Giovanile Unitaria. Progetto presentato al Capitolo generale XVI per una nuova impostazione dei Centri di Pastorale Giovanile, Roma, Isti-tuto FMA 1975, 2).

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Il documento: Per una Pastorale Giovanile Unitaria. Progetto presen-tato al Capitolo generale XVI per una nuova impostazione dei Centri di Pastorale Giovanile, mentre presentava una struttura di coordinamento e un modello organizzativo, indicava gli elementi fondanti di una nuova mentalità pastorale. Nel testo si legge, infatti, che l’Istituto collabora all’azione pastorale della Chiesa, intesa come attuazione della missione salvifica di Cristo che si compie attraverso la triplice funzione profeti-ca, sacerdotale, regale e mira alla formazione del cristiano maturo nel-la fede inserito nel mondo contemporaneo. Ogni cristiano, in quanto membro della comunità ecclesiale, non è soltanto oggetto, ma soggetto attivo dell’azione pastorale. Impegnarsi in tale opera è collaborare con Cristo a formare la giovane come donna, come cristiana, come persona qualificata professionalmente.110

Il documento indicava, poi, i principi, cioè gli elementi che giusti-ficavano il nuovo progetto e i criteri che orientavano l’azione.111 Tra i principi troviamo la fedeltà all’azione pastorale della Chiesa, al carisma dell’Istituto, al valore e ai bisogni fondamentali della persona umana, l’attenzione al mondo contemporaneo, la fedeltà all’esigenza dell’unità nella pluralità e, infine, la valorizzazione della metodologia comparati-va, cioè la considerazione delle diverse culture e dei problemi comuni ai vari Paesi in cui l’Istituto era radicato.

Nel testo si legge: «Questa nuova scienza giustifica l’esistenza di Centri a livello internazionale che, pur tenendo presente la diversità degli ambienti culturali, sanno individuare le costanti comuni e segna-larle a tempo opportuno. Giustifica anche l’esigenza di un Centro In-ternazionale di Pastorale Giovanile. Tale Centro, pur nella difficoltà di confrontare realtà e dati diversi per linguaggio e obiettivi, assicura la circolazione delle esperienze e quindi la valorizzazione di quanto di positivo e di significativo viene fatto nelle singole Ispettorie».112

Circa i criteri il documento distingueva quelli relativi all’azione pa-storale e quelli necessari per la strutturazione dei Centri di Papa-storale giovanile. Per quanto riguardava il primo aspetto il documento segnala cinque criteri: unità dell’azione pastorale nella pluralità degli interven-ti, centralità della persona della giovane, convergenza degli interventi

110 Cf ivi 3.

111 Cf ivi 3-6.

112 Ivi 4-5.

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educativi, attuazione del metodo preventivo e responsabilizzazione e partecipazione.

I criteri appena menzionati manifestavano la concezione unitaria dell’azione pastorale e ribadivano l’obiettivo della formazione cristia-na della giovane, posta al centro del processo educativo. La giovane doveva essere aiutata a scoprire la propria vocazione e a rispondervi con fedeltà. La dimensione vocazionale si rivelava intrinseca all’azione pastorale e al dinamismo della crescita umana. La convergenza degli interventi educativi e il loro coordinamento, la fedeltà al Sistema pre-ventivo, la reciproca responsabilità di educatrici e giovani nella propria crescita e nella costruzione della CE evidenziavano la dimensione co-munitaria della PG.113

Per quanto riguardava il funzionamento e la struttura dei Centri di PG si fissarono i seguenti criteri: concretezza delle realizzazioni, disponibilità del personale, forte impegno dell’Istituto a fornire una formazione qualificata e aderente all’oggi e, da parte delle FMA, ad un continuo aggiornamento, attenzione alle esperienze vissute e alle diffi-coltà incontrate nel lavoro di animazione delle diverse realtà a livello internazionale, ispettoriale, locale.114

Il documento presentava, quindi, la natura e i fini del CIPG: «Il Cen-tro Internazionale di Pastorale giovanile è un organismo di animazione e coordinamento per la promozione dell’azione pastorale […]. La finalità del Centro […] è la collaborazione nella promozione delle comunità educanti […]. In particolare il Centro si propone di sensibilizzare, ren-dere più consapevole e introdurre le FMA nella dinamica di una pasto-rale unitaria per raggiungere in modo più adeguato la giovane».115

Tra gli obiettivi troviamo indicati l’attenta osservazione e documen-tazione di situazioni, aspettative, orientamenti della società, della Chie-sa, dell’Istituto; lo studio comparativo, per rilevare le costanti comuni della documentazione raccolta e relativa valutazione, lo stimolo alla co-noscenza, allo studio, all’inserimento nei piani di azione pastorale delle Conferenze Episcopali; la ricerca e la proposta di realizzazioni nuove seguite dal CIPG; la sollecitazione circa l’aggiornamento del personale, dove non avveniva o ristagnava, aiutando le singole realtà a individuar-ne le cause.

113 Cf ivi 5-6.

114 Cf ivi 6.

115 Ivi 7-8.

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Il documento delineava per il CIPG una struttura dinamica, dispo-nibile al rinnovamento, propulsiva in termini di animazione, proiettata verso il futuro e perciò sempre attenta ai segni dei tempi, volta a faci-litare il superamento della frammentarietà, della sovrapposizione delle iniziative, concentrata sull’azione educativa, rivolta al soggetto nelle sue fasi di crescita, considerato a partire dal suo ambiente concreto.

Il testo sottolineava: «Ciò che rende unitaria ed efficace la nostra azio-ne pastorale (formare una giovaazio-ne capace di inserirsi azio-nel mondo con-temporaneo come donna matura, come cristiana, qualificata dal punto di vista professionale), è il puntare non tanto sull’ambiente (Oratorio, Centro giovanile, Scuola, ecc.) o sui mezzi (S.C.S., sport, associazio-nismo, ecc.) che di per sé conducono a tanti settori separati, quanto sulla realizzazione di una pastorale convergente. Questo sia dal punto di vista educativo (promozione umana della giovane), didattico (pre-parazione professionale), catechistico (educazione alla vita di fede)».116 Si tratteggiava con sempre maggiore chiarezza il servizio di studio e di consulenza del CIPG a livello catechistico, educativo, didattico e, per quanto riguardava la comunicazione sociale (CS) in modo specifi-co, si orientava all’educazione all’immagine e con l’immagine.

Il documento passava, poi, a delineare i compiti e gli operatori del CIPG, focalizzando la tensione tra l’ambito pratico operativo di quanti lavoravano direttamente sul campo e a stretto contatto con i soggetti in crescita e l’ambito teorico di chi studiava determinati fenomeni, ma non sempre conosceva direttamente le sfide incontrate dagli educatori.

«La complessità della situazione in campo pastorale – si legge nel testo – fa emergere sempre più la necessità di operatori intermedi a tempo pieno, che sappiano farsi portavoce delle istanze della base e tradurre in linee operative le conclusioni scientifiche».117

Viene quindi proposta la seguente configurazione: la madre coordi-natrice della pastorale nell’Istituto; due consulenti di metodologia cate-chistica, una per l’infanzia e la fanciullezza e una per la preadolescenza, adolescenza e giovinezza; una consulente di metodologia educativa, una di metodologia didattica e due consulenti per la CS. Il documento contemplava anche operatrici a tempo parziale, invitate a prestare il loro servizio in circostanze particolari o per alcuni periodi di tempo.

116 Ivi 9.

117 Ivi 10.

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Nel documento vennero delineati i seguenti compiti del CIPG: formazione, studio e valutazione dei dati raccolti, documentazione, in-terscambio con i Centri ispettoriali di pastorale, esperimenti pilota per consentire alle consulenti il necessario contatto con le operatrici dirette della pastorale, proposte operative, corsi, giornate di studio e animazio-ne, conferenze, visite ai Centri ispettoriali, a centri di azione pastorale e a centri culturali. Erano, inoltre, dichiarate le fonti o i mezzi di cui il CIPG si serviva. Da notare la dichiarazione del ruolo di consulenza della Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione «Auxilium» e tra i mezzi offerti a livello formativo il riferimento al ruolo della rivista DMA.

Il documento illustrava, quindi, la fisionomia del Centro ispettoriale di PG: venivano richiamati gli stessi principi e criteri ispiratori descritti per il CIPG, si affermava che l’esistenza del centro a livello ispettoriale garantiva la vitalità e l’unità dell’azione pastorale a livello locale, secon-do lo spirito salesiano, evitava la frammentarietà e il sovrapporsi delle iniziative. La natura e il fine del Centro ispettoriale ricalcavano ciò che era stato indicato per il livello internazionale, la priorità ribadita era quella di promuovere comunità educanti per la formazione cristiana delle giovani; gli obiettivi erano così specificati: «Mentalizzare i respon-sabili e gli operatori dell’azione pastorale in ordine a obiettivi e mezzi;

animare l’azione pastorale senza sostituirsi a chi deve operare diretta-mente, coordinare gli interventi educativi, promuovere l’inserimento nelle situazioni e negli organismi della Chiesa locale, favorire l’unità dell’azione pastorale dell’Istituto anche tramite il Centro Internaziona-le di PastoraInternaziona-le giovaniInternaziona-le».118

Quanto agli operatori il documento proponeva la coordinatrice di PG (esigendo che ad assumere questo ruolo fosse una consigliera ispet-toriale) e la coordinatrice dell’azione catechistica, educativa e didattica.

Nel testo si legge che per alcuni campi come cinema, teatro, stampa, sport, musica e altro le coordinatrici erano tenute a coinvolgere perso-ne competenti. Si affermava poi che la nuova impostazioperso-ne della PG non poteva non considerare in modo adeguato l’importanza degli SCS.

Il documento interpellava direttamente la coordinatrice della PG affin-ché valorizzasse le FMA già competenti nel campo degli SCS segnalan-dole tempestivamente alle comunità che chiedevano di essere aiutate in questo ambito o che andavano stimolate a chiedere un aggiornamento,

118 Ivi 16.

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e si auspicava che ella continuasse a provvedere alla formazione delle FMA anche in questo campo attraverso corsi interispettoriali e ispetto-riali, offrendo strumenti di lavoro specifici come riviste, schede filmi-che, videocassette, foto linguaggio.119

Circa le funzioni delle altre coordinatrici il documento sottolineava che l’ambito di azione della coordinatrice dell’azione catechistica era quello della pre-evangelizzazione, evangelizzazione, catechesi, catecu-menato, orientamento a forme specifiche di apostolato, con particolare attenzione alla dimensione vocazionale e missionaria del battesimo. Alla coordinatrice dell’azione educativa era assegnato il compito di seguire i problemi educativi, come ad esempio, quelli relativi all’assistenza sa-lesiana, alla relazione con le famiglie, all’incidenza dei mass-media, alla coeducazione, e l’uso in funzione educativa dell’associazionismo, dello sport, del teatro, della musica. Alla coordinatrice dell’azione didattica veniva affidato tutto il campo della preparazione professionale della giovane, la formazione degli insegnanti laici e religiosi, delle animatrici dei centri giovanili e quindi i problemi metodologici-didattici.120 Una sottolineatura particolarmente significativa è la seguente perché indica una modalità e uno stile di lavoro: «Ciò che deve distinguere specifi-catamente l’azione delle coordinatrici è lo sforzo continuo per lavorare insieme, accanto alle altre, insegnando a lavorare».121

I compiti del centro ispettoriale da portare avanti erano: la promo-zione della CE nelle singole realtà locali aiutando a rilevare difficoltà, ricercando mezzi per superarle, la realizzazione di interventi a livello locale quando richiesto per affrontare situazioni critiche o per necessità particolari, l’impegno per l’aggiornamento e la formazione del perso-nale in stretta collaborazione con l’équipe ispettoriale di formazione, la sensibilizzazione delle comunità locali ad inserirsi nel tessuto vivo della realtà parrocchiale e diocesana.

Il documento accennava brevemente anche all’impostazione della pastorale nella comunità locale, proponeva una struttura analoga a quel-la del livello ispettoriale e invitava a tenere conto delle esigenze e delle risorse delle comunità locali. Il coordinamento dell’azione pastorale era affidato alla direttrice della comunità, la quale avrebbe potuto a sua vol-ta delegare vol-tale incarico a un’altra FMA, competente in questo campo.

119 Cf ivi 18.

120 Cf ivi 19.

121 Ivi 20.

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Da questa rapida analisi appare evidente che il documento presen-tato al CG XVI non era solo la proposta di un nuovo modello orga-nizzativo, ma rappresentava un tentativo di risposta alle esigenze della missione giovanile in fedeltà al carisma dei Fondatori e alla pluralità delle situazioni e dei contesti socioculturali. È importante sottolineare

Da questa rapida analisi appare evidente che il documento presen-tato al CG XVI non era solo la proposta di un nuovo modello orga-nizzativo, ma rappresentava un tentativo di risposta alle esigenze della missione giovanile in fedeltà al carisma dei Fondatori e alla pluralità delle situazioni e dei contesti socioculturali. È importante sottolineare

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