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C OMITATO I TALIANO CONTRO LA T RATTA DELLE B IANCHE 1 Il dibattito in Inghilterra e in Italia

9. Lotta al vizio sessuale e lotta per l’uguaglianza sociale

9.1 L’attività del comitato italiano nel campo giuridico

Il Comitato italiano contro la Tratta delle Bianche guidato da Ersilia Majno perseguiva la battaglia contro la Tratta delle Bianche in nome della giustizia sociale, seguendo una visione di più ampio respiro e non limitata al solo fenomeno del traffico. Oltre alla lotta contro la tolleranza delle case chiuse, infatti, il comitato si prefiggeva l’obiettivo di ottenere una maggiore tutela nei confronti della donna lavoratrice e dell’infanzia.

Analogamente con quanto si prefiggevano i volontari della NVA, secondo la Presidente del comitato italiano contro la Tratta delle Bianche, il compito principale dell’associazione italiana doveva essere quello di «esplicare un’assistenza specialmente preventiva». Allo stesso modo Ersilia Majno Bronzini era convinta che

lo studio di tutte quelle misure sociale e morali che migliorando le condizioni delle ragazze del popolo indirettamente si oppongono a che esse diventino troppo facile preda d’immondi speculatori.235

234 Lodovico Corio, Milano in ombra. Abissi plebei, Milano, Stabilimento Civelli, 1885, p. 7. 235 Atti Parlamentari della Camera dei deputati, 9 marzo 1903, pp., 6232-6239.

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Mentre in Inghilterra la NVA si occupò molto delle straniere che viaggiavano da sole ed arrivavano nelle grandi stazioni di Londra e di Liverpool, in Italia l’azione del comitato era maggiormente rivolta verso la tratta interna al paese. Non dovendo pertanto confrontarsi con flussi migratori di donne provenienti da paesi esteri, il lavoro di prevenzione, secondo Majno Bronzini, doveva concentrarsi sulla figura della fanciulla e servire perché

noi non pretendiamo con essi di giungere a sopprimere la prostituzione, ma vogliamo che ad essa non siano forzatamente spinte, col turpe mezzo di delitti impuniti, giovani vittime ignare.236

Se da una parte la seduzione e il seguente abbandono delle ragazze erano considerate tra le principali cause dell’avvio del traffico di donne e del loro traviamento, dall’altra per istituire un’adeguata lotta a questo tipo di traffico era necessaria la querela da parte delle vittime, con tutte le difficoltà e le riluttanze che facilmente si possono immaginare. Il Comitato italiano organizzò alcune conferenze sulla querela di parte e nel 1906 la stessa Erislia Majno Bronzini fu invitata a tenere una relazione all’Università di Pavia.

Già negli anni precedenti l’argomento aveva suscitato diverse critiche. Il 9 marzo 1903, durante una interrogazione ai ministri degli esteri e di grazia e giustizia alla Camera, il deputato socialista Ettore Socci, parlando per conto di Luigi Majno Bronzini, Celli, Chiesi, Garavetti e Valeri, «sui provvedimenti che intendono adottare in Italia» in relazione alla Tratta delle Bianche, poneva in evidenza come la querela di parte fosse invalidante nei confronti delle donne. Permettendo che la giustizia potesse attivarsi soltanto in seguito a una denuncia della vittima di Tratta, si facilitava l’attività dei trafficanti che si nascondevano dietro l’omertà, spesso incoraggiata dall’ignoranza dei propri diritti da parte delle vittime. Durante il suo intervento Socci riportò l’esempio di un caso scoppiato a Venezia nel gennaio 1903. Si trattava di due minorenni vittime del traffico di donne e che però finirono per essere presentate come le uniche colpevoli davanti al giudice. Proprio riguardo la querela di parte

A porte chiuse si è svolto un curioso processo contro due ragazzine di quattordici anni imputate di lenocinio. La prima, per servire l’altrui libidine ed a fine di lucro eccitò la corruzione di un’altra ragazzina, minore degli anni dodici […] conducendola nella casa del Signor […]. L’azione penale contro il corruttore era dichiarata estinta. Il Pubblico Ministero

236 Ibidem.

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propose 2 anni di reclusione e 500 lire di multa per la prima, 6 mesi e 250 lire di multa per l’altra. Il tribunale, più umano, le mandò esenti da pena per difetto di discernimento. Questa la cronaca. Quel signore e gli altri corruttori, per la stupefacente liberalità del Codice, non potevano essere processati altro che per querela di parte.237

L’intervento di Socci rivelava l’inefficienza e, secondo le sue parole, la condiscendenza normativa e del sistema giuridico italiano dell’epoca nei confronti del problema. Tale critica fu ribadita sulle pagine del «Corriere della Sera» dal Professor Buzzati dell’Università di Pavia. In particolare, quest’ultimo riteneva una grave manchevolezza il fatto le uniche norme anti- Tratta fossero contenute nella legge sulla emigrazione non prendendo pertanto in considerazione tutte quelle donne che finivano nel mercato della prostituzione all’interno della Nazione e dei possedimenti italiani in Africa e che, essendo italiane, a livello penale non erano considerate come “emigrate”, escludendole da qualsiasi tutela.238

I volontari del comitato italiano prestavano inoltre particolare attenzione anche al problema dell’infanzia abbandonata che aveva assunto una certa rilevanza nel dibattito politico nazionale in seguito al disegno della Legge Giolitti239. Il tema sulla tutela dei minori era un argomento condiviso da tutti i militanti italiani contro la Tratta, ma, come si è scritto, i modi di affrontarlo erano assai diversi. Per Rodolfo Bettazzi erano le giovani ragazze senza protezione familiare che potevano, costrette dalla povertà e dai “tenutari”, entrare nel mercato della prostituzione e venire trafficate. In una sua analisi sulla moralità pubblica egli ricordò che

è noto ormai che in Russia i coloni vendono per un prezzo che va dai 10 ai 100 rubli le mogli e le figlie, che poi vengono condotte sulle piazze come un'altra qualunque mercanzia, ed in Italia si vendono le bambine. E tutto porta a conchiudere malinconicamente che però ogni dove si fa così!240

L’analisi di Bettazzi raccontava, con parole allarmanti, il pericolo per le minorenni di finire vittime del traffico di donne, mentre per le militanti milanesi la stessa tematica apriva il dibattito

237 Ibidem.

238 Giulio Cesare Buzzati, La questione delle schiave bianche di fronte al codice penale, in Corriere della sera, 12

marzo 1903.

239 Archivio unione femminile, FCTB, Varie, 71, 1; FCTB, 75, V, Petizione per la protezione giuridica dell’infania della donna e FCTB, 76, disegni di legge proposte e petizioni pro-infanzia, 1900-1916,

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nei confronti di rivendicazioni femminili come il ruolo della donna negli uffici tutelari e sull’attivazione della ricerca della paternità.

Il Comitato italiano contro la Tratta delle Bianche individuò nell’infanzia abbandonata uno degli aspetti più penosi della nuova società. La salvaguardia dell’infanzia secondo il Comitato Italiano contro la Tratta delle Bianche dipendeva fortemente da alcune condizioni giuridiche della donna madre, nubile e lavoratrice. Già durante il secondo Congresso Nazionale contro la Tratta delle Bianche si discusse riguardo la condizione delle ragazze minorenni destinate al mercato della prostituzione e vittime dei traffici; in quell’occasione si rilevò l’urgenza di proporre al Governo alcuni emendamenti per modificare la proposta di legge sull’infanzia abbandonata proposta da Giolitti che proprio in quegli anni era in votazione in Parlamento. Il Comitato italiano organizzò una grande campagna di propaganda perché si stabilisse la ricerca della paternità e maggiori garanzie per la donna non sposata241.

Fu organizzata una riunione presso l’Università di Pavia il 21 dicembre 1907 a cui furono invitati «numerosi medici ed avvocati e molte signore», quali il Professore Ernest Grassi, Paolo Mentegazza e Clivio, Camillo Broglio, Luigi ed Ersilia Majno242. La discussione prese in

considerazione numerose argomentazioni per migliorare il disegno di legge Giolitti sull’infanzia, concordando tutti sulla necessità di riconoscere una più importante ruolo alla donna negli uffici tutelari e ribadendo l’urgenza di una riforma che eliminasse il sistema della querela di parte per i reati sessuali contro i minori. Inoltre, si discusse sull’opportunità di una innovazione nei metodi e nei programmi di insegnamenti che permettesse di dare ai giovani una giusta nozione della vita sessuale.

Infine, il 13 febbraio 1911, fu annunciata alla Camera dei Deputati l’avvio di una petizione, che sarebbe poi stata inviata alla Commissione che aveva in esame il disegno di legge. Il Comitato italiano contro la Tratta delle Bianche supportò una campagna per sensibilizzare intellettuali, filantropi e femministe alle ragioni di questa petizione. La scheda della petizione

241 Fanny Dalmazzo, Il problema legislativo dell’assistenza ai minori abbandonati, Roma, 1923; Ead., Il groviglio e l’inefficienza delle disposizioni vigenti e del progetto Giolitti sui minorenni abbandonati o traviati, in «Scuola

Positiva», 1910.

242Relazione per gli anni 1910-911 e 1912-913, a cura di Comitato Italiano Contro la Tratta delle Bianche, Milano,

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conteneva anche la proposta per la “ricerca della paternità”243. La petizione ottenne un grande successo con il raggiungimento di 7294 firme244:

il Comitato contro la tratta delle bianche propone al Congresso l’approvazione dei seguenti voti, già approvati da altri comitati e anche dal Congresso Giuridico Italiano tenutosi a Milano nell’anno 1906, voti raccolti con una petizione con 8000 firme, già presentate al Parlamento e che si presenterà alla nuova Camera dei Deputati245

Il conseguimento di simile successo spinse il Ministro Orlando a complimentarsi con il comitato246:

mi affretto ad esprimere il mio compiacimento per l’opera perserverante e alacre, che in questi anni recenti ha compiuto… Certo, codesto Comitato non ignora attraverso quali difficoltà e resistenze, sia pure d’inerzia, riescono a trionfare nuovi istituti giuridici, quelli specialmente che si riferiscono al diritto privato e soprattutto al diritto familiare, dove più salda e resistente la tradizione persiste. Ma le difficoltà e gli ostacoli non debbono e non possono che infondere ardimenti nuovi e nuova fede al Comitato, perché continui nell’opera sua, formando la coscienza del popolo italiano in quest’alta questione di umanità e di civiltà. Da parte mia, seguirò con sincera simpatia i lavori del Comitato, augurando che i voti di esso non tardino ad essere espressione concorde della coscienza nazionale247.

In conclusione, anche se questa iniziativa aveva dimostrato la capacità di mobilitazione del comitato milanese, è indubbio che esso non riuscì a costruire una rete nazionale di comitati. Di conseguenza il comitato lombardo fu l’unica struttura in grado di dialogare con le associazioni di altri paesi.

243Archivio unione femminile, FCTB, Varie, 71, 1. 244 Ibidem.

245 Ibidem.

246 Tra le firme autorevoli che avevano sostenuto la petizione si ricordano Kuliscioff, Gaetano Salvemini e Vera

Modigliani. Tra le quasi ottomila contenute presso l’Archivio dell’Unione Femminile di Milano inoltre sono presenti tanti altri intellettuali dell’epoca, tra cui giornalisti, artisti e medici, Fausto Torregranca, Teresina Bontempi, Fernando Agnoletti, Guido Valensin.

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APITOLO

III:I

NTERNAZIONALIZZAZIONE DEL CONTRASTO