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C OMITATO I TALIANO CONTRO LA T RATTA DELLE B IANCHE 1 Il dibattito in Inghilterra e in Italia

8. La II Conferenza Nazionale di Milano (1908)

La Seconda Conferenza Nazionale, organizzata nel 1908, rappresentò il definitivo lancio del movimento contro la Tratta non solo nella Penisola, ma anche nel contesto internazionale; contemporaneamente, decretò che fosse il comitato di Milano la sede del “comitato nazionale”. Al Convegno Ersilia Majno Bronzini aveva invito William Coote, come direttore dei lavori,

211 Ibidem.

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dimostrando di avere colto lo spirito internazionalista che caratterizzava l’impegno filantropico contro il traffico di donne. Un articolo uscito su «Schiave Bianche» raccontò che

Al tavolo della presidenza è un simpatico uomo dall'aspetto florido e dal bel viso aperto incorniciato da una barba bianchissima. È il Signor Coote, inglese e segretario del Comitato internazionale contro la tratta delle bianche.213

Prima però che William Coote prendesse la parola, Ersilia Majno Bronzini aprì i lavori, presentando l’attività che il Comitato aveva svolto fin dalla sua fondazione e focalizzandosi sugli obiettivi successivi. Tra gli scopi principali che i volontari milanese ritenevano basilari per un contrasto efficace alla Tratta delle Bianche, vi era quello di offrire maggiore tutela alle donne migranti, alle donne lavoratrici e ai minori. Seppur riconoscesse la gravità del traffico internazionale di donne e bambini, Ersilia Majno Bronzini introdusse la categoria di «piccola tratta», che andava parimenti contrastata e combattuta. Con tale definizione si riferiva al flusso di ragazze italiane appartenenti alle classi sociali più povere, che si spostavano all’interno del Paese in cerca di un lavoro nelle fabbriche e come domestiche. Sottopagate e sfruttate sul posto di lavoro, queste disperate rimpinguavano, spesso, il florido mercato della prostituzione per scampare alla miseria. Così come, in anni recenti, alcuni studiosi hanno classificato i fenomeni migratori non in base ai confini nazionali, ma a quelli del mercato del lavoro, già Ersilia Majno aveva inquadrato i movimenti interni delle donne più indigenti alla stregua di veri e propri flussi migratori, che, in quanto tali, rendevano le viaggiatrici assai vulnerabili al pari dei migranti stranieri214. Il Comitato italiano pertanto intese la battaglia per i diritti delle lavoratrici parte integrante della più ampia opposizione alla Tratta delle Bianche, come si vedrà in seguito.

Dopo il discorso della Majno, la parola passò a William Coote, il quale auspicò che il Comitato italiano condividesse le sue lotte con la Chiesa Cattolica. Si è visto, infatti, come i filantropi inglesi concepissero l’impegno nel sociale come una missione cristiana, percependo il volontariato come un aspetto della religione. Coote sperava che si costituisse «un comitato contro la tratta delle bianche coll’intervento d’individualità di ogni fede e d’ogni altro partito», sul modello inglese. Come si è scritto, ciò non si verificò e, anzi, in Italia la lotta alla Tratta delle Bianche non riuscì mai a coordinare le varie anime che la formavano.

213 Ibidem.

214 Si rimanda in particolare a Labour Markets, emigration, and International Migration, 1850-1913, in Timothy

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Il leader inglese, terminato il suo discorso, ebbe un colloquio privato con un membro dell’associazione cattolica per la protezione della giovine, il quale lo riportò in un articolo scritto su «Vita». Coote, non vedendo partecipare nessun membro del Clero alla riunione, si chiese perché

L’Italia è un terreno refrattario. C’è molta indifferenza, e vi dirò francamente che non so spiegarmi questo atteggiamento. Dopotutto, la lotta contro la tratta delle bianche è un’opera eminentemente religiosa. Come mai l’Italia, centro del cattolicesimo se ne disinteressa? 215

A tal proposito, chiese informazioni riguardo la creazione dell’Ufficio cattolico per la protezione della giovane e se c’era la possibilità di coinvolgere la partecipazione diretta di qualche cardinale, in particolare del milanese Ferrari216. Venuto a conoscenza del fatto che il religioso, sebbene avesse accolto con interesse la formazione di un movimento cattolico contro la Tratta delle Bianche, preferisse non prendervi parte in prima persona, osservò

Io comprendo pienamente questa misura prudenziale ma vi assicuro che il fatto di vedere un alto dignitario della Chiesa cattolica lanciarsi in un’opera eminentemente umanitaria, senza preoccupazioni confessionali, gli attira simpatie, simpatie che non s’arrestano alla persona e che rimbalzano sul cattolicesimo stesso […] trattandosi di fare del bene noi abbiamo bisogno di rivolgersi a coloro che rappresentano una così alta autorità217

Coote, di fatto, suggerì agli italiani di avviare un processo di centralizzazione delle attività, così da non disperdere le forze. Dato che il cattolicesimo era una componente assai importante all’interno del Paese, sarebbe stato auspicabile che le alte autorità ecclesiastiche fossero invitate a prendere parte dell’opera. D’altra parte, il filantropo inglese parlava in base alla sua esperienza filantropica senza accorgersi, forse, che i movimenti inglese e italiano erano assai diversi tra loro. Una delle principali differenze è ascrivibile alla partecipazione del volontariato

215 La citazione è contenuta in II Covegno Nazionale Contro la Tratta delle Bianche, in «Vita – Rivista di azione

per il bene», 1908, pp. 252-255.

216 Andrea Carlo Ferrari (1850-1921) fu eletto cardinale di Milano nel 1894 e è stato beatificato nel 1987. Per un

approfondimento sulla sua attività clericale si veda la biografia di Giovanni Rossi uscita l’anno della sua beatificazione. Giovanni Rossi, Il cardinal Ferrari, Assisi, Cittadella Editrice, 1987.

217 II Covegno Nazionale Contro la Tratta delle Bianche, in «Vita – Rivista di azione per il bene», 1908, pp. 252-

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religioso, che comportava una diversificazione nel modo di intendere la lotta alla Tratta delle Bianche. Sebbene in Italia si registrasse una certa presenza di intellettuali e volontarie ispirati dalla loro fede cristiana e ebraica (ma non vi furono adesioni ufficiale da parte del personale ecclesiale), non vi era quella concezione, tutta inglese, del riformismo sociale come missione cristiana. La NVA basò la sua ragione d’essere su istanze condivise all’interno della società, che si richiamavano alla libertà dell’individuo e al perseguimento della purezza sessuale; in Italia mancavano elementi così radicati da poter permettere una osmosi. Sulla rivista cattolica

Vita Nuova, in un articolo relativo al soggiorno di William Coote a Milano, si ricordò come in

Italia fosse impossibile la cooperazione tra tutte le forze scese in campo nel contrasto al traffico. Innanzitutto, nel comitato infatti «ci sono i socialisti che sono molto meno tolleranti dei [protestanti]. Di qui la nostra lega confessionale per la protezione della giovane». Il giornalista spiegò che le ragioni del successo del filantropismo sociale inglese, che tendeva a condensare le forze, anziché dividerle, ponevano le sue radici nella tradizione del paese: l’Inghilterra non era come l’Italia, bensì era il «Paese della libertà e della tolleranza, e le condizioni storiche non sono identiche»218,